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Malattie professionali: i flussi informativi e il cancro occupazionale
Viterbo, 4 Gen – È lo stesso Piano Nazionale della Prevenzione 2014‐2018 a ricordare che sebbene le morti per infortunio “risultino adeguatamente poste in rilievo all’attenzione dell’opinione pubblica da parte dei mezzi di informazione, viene però sovente ignorato che il maggior numero di morti legate al lavoro è dovuto alle malattie professionali”… In particolare i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) “stimano che, nel mondo, circa l’80% dei 2.300.000 morti all’anno collegati al lavoro sono causati da malattie” …
Per questo motivo torniamo a parlare di malattie professionali e lo facciamo attraverso gli interventi di un secondo seminario, organizzato dalla Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione (SNOP), dal titolo “Ricerca attiva delle patologie professionali e miglioramento delle notizie sullo stato di salute dei lavoratori: l’occasione dei Piani Regionali Nazionale e regionali”. Seminario che si è tenuto a Viterbo il 30 ottobre 2015.
Riprendiamo alcuni temi emersi dagli interventi, partendo da un intervento che si è soffermato sui flussi informativi e sul sistema Malprof.
Nell’intervento “La sorveglianza delle malattie professionali: caratteristiche ed aspetti operativi del Sistema Malprof”, a cura del Dott. Giuseppe Campo (INAIL –Ricerca, Dipartimento Medicina, Epidemiologia, Igiene del lavoro e Ambientale), si ricorda che il fenomeno delle malattie professionali “è per sua natura difficile da rappresentare in termini quantitativi, oltre che qualitativi, e richiede di agire su più livelli per una migliore comprensione”.
Si segnala inoltre che, riguardo agli adempimenti per i flussi dei dati in Italia, le segnalazioni di malattie professionali (MP) sono “inviate dai medici ai vari Enti ed Istituzioni competenti (INAIL, ASL, Autorità Giudiziaria, …) nell'adempimento degli specifici obblighi normativi”.
E’ riportato a questo proposito un utile schema riepilogativo:
E tra le fonti di dati sulle malattie professionali a “gestione mista” (Regioni, Asl, Inail) abbiamo il Sistema informativo MALPROF sulle malattie professionali.
Tale sistema si pone l’obiettivo “di registrare le segnalazioni delle malattie correlate al lavoro secondo un modello di rilevazione ed analisi comune tra tutti i Servizi di prevenzione delle ASL presenti sul territorio nazionale”.
Dopo aver parlato dell’organizzazione del sistema Malprof e del coordinamento nazionale composto da referenti regionali e INAIL, vengono riportate alcune caratteristiche del modello MALPROF:
- “valutazione delle segnalazioni di malattia professionale per favorire uniformità nell’attribuzione del nesso di causa da parte dei medici dei Servizi di prevenzione;
- i dati in archivio riportano le patologie secondo il settore economico e la professione che hanno dato luogo all’esposizione”.
Accantonando momentaneamente il sistema informativo MALPROF, su cui PuntoSicuro si è soffermata più volte in passato, veniamo brevemente ad un secondo intervento tratto dal seminario SNOP.
Nell’intervento “Dalle esposizioni ai cancerogeni professionali allo sviluppo dei tumori, dall’evidenza dei tumori alla ricostruzione delle cause”, a cura di Roberto Calisti (SPreSAL - Civitanova Marche ASUR MARCHE - Area Vasta n. 3), riprendiamo alcune indicazioni relative alla storia del rapporto tra lavoro e tumori.
Si indica, ad esempio, che già “tra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, il tumori professionali era una realtà particolarmente pesante nel nostro Paese, soprattutto in conseguenza del tipo di sviluppo industriale che vi si era realizzato dopo il termine della seconda guerra mondiale. Molti, questa realtà, provavano a negarla o quanto meno a tenerla nascosta e/o a minimizzarla; qualcuno provava a farla emergere”.
In particolare su questo argomento “si avevano studi epidemiologici, processi civili e penali ed anche alcuni testi che oggi chiameremmo di ‘medicina narrativa’, i quali ebbero una particolare rilevanza per l’evoluzione dell’opinione pubblica” (nelle slide sono riportati alcuni stralci del libro del 1976 “La fabbrica del cancro. L’IPCA di Ciriè”).
Tuttavia da allora il quadro dei rischi è andato cambiando:
- “molte lavorazioni e molti agenti di particolare pericolosità sono scomparsi o semplicemente sono stati esportati verso Paesi ‘in via di sviluppo’ (dove, ovviamente, esercitano i medesimi effetti che ‘da noi’);
- ‘da noi’, le esposizioni occupazionali a cancerogeni sono divenute nel complesso di minor intensità e meno costanti in una singola storia lavorativa (spesso interessano solo una fase, anche, relativamente breve della storia di lavoratori che cambiano molte occupazioni), ma spesso si sono sparse a macchia d’olio in una miriade di condizioni di ‘bassa’ esposizione;
- ‘da noi’, quindi, il range delle esposizioni occupazionali a cancerogeni non è più ‘a bianco e nero’ e si è certo tutto spostato verso il basso, ma con una articolata lista di grigi, dai più ai meno scuri. Se prima poteva bastarci di parlare di ‘professionalmente esposti’ e ‘non professionalmente esposti’, oggi dobbiamo definire scale articolate di più classi di professionalmente esposti su livelli diversi, scale i cui gradini più bassi sono in overlapping con quelli di alcune fasce di ‘popolazione generale’ con esposizioni ambientali significative;
- le esposizioni occupazionali a cancerogeni che vediamo (o almeno, dovremmo vedere – spesso siamo un po’ miopi) oggi sono più difficili da identificare e da misurare che in passato. Se prima potevamo ipotizzarle ‘a buon senso’ appena si entrava in un luogo di lavoro” (in questi luoghi “spesso il fumo, la polvere e l’imbrattamento cutaneo li si vedeva a occhio nudo”), oggi “per conoscere e poter prevenire, dobbiamo ottenere informazioni più approfondite, avere capacità di ragionamento e possibilità di misura molto più affinate, costruire matrici lavoro-esposizione che ci consentano di inferire, di sistematizzare le conoscenze e di trasferirle da un contesto all’altro”.
Rimandando ad una lettura integrale dell’intervento, riportiamo una delle conclusioni del relatore in risposta alla domanda: il cancro è un fenomeno complesso?
Certamente è un fenomeno complesso, tuttavia – risponde Roberto Calisti - è necessario che “questa incontrovertibile complessità non sia presa a scusa per asserirne l’incomprensibilità e, soprattutto, per asserire l’incomprensibilità delle sue cause e della dinamica della sua rete di causazione. Agenti causali e reti di causazione possono e devono essere studiati e compresi meglio che sia possibile, sia ‘a priori’ (quando si parla di prevenzione), sia ‘a posteriori’ (quando si cerca di capire perché un determinato caso di cancro si è generato)”.
“ La sorveglianza delle malattie professionali: caratteristiche ed aspetti operativi del Sistema Malprof”, a cura del Dott. Giuseppe Campo (INAIL –Ricerca, Dipartimento Medicina, Epidemiologia, Igiene del lavoro e Ambientale), intervento al seminario “Ricerca attiva delle patologie professionali e miglioramento delle notizie sullo stato di salute dei lavoratori: l’occasione dei Piani Regionali Nazionale e regionali” (formato PDF, 1.21 MB).
“ Dalle esposizioni ai cancerogeni professionali allo sviluppo dei tumori, dall’evidenza dei tumori alla ricostruzione delle cause”, a cura di Roberto Calisti (SPreSAL - Civitanova Marche ASUR MARCHE - Area Vasta n. 3), intervento al seminario “Ricerca attiva delle patologie professionali e miglioramento delle notizie sullo stato di salute dei lavoratori: l’occasione dei Piani Regionali Nazionale e regionali” (formato PDF, 662 kB).
RTM
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