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Sull’obbligo della presenza di un preposto sul luogo di lavoro

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

16/04/2012

Il preposto in quanto delegato alla diretta sorveglianza dei lavoratori a lui affidati anche se non viene richiesta una sua presenza continua sul posto di lavoro è comunque tenuto a una costante vigilanza sull’operato dei lavoratori stessi. Di G.Porreca.


 
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
All’attenzione della Corte di Cassazione in questa sentenza sono stati gli obblighi di sorveglianza del preposto alla luce delle disposizioni previste in merito dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. Al preposto, ha sostenuto la suprema Corte, non viene richiesta una presenza continua sul posto di lavoro per lo svolgimento della sua funzione di sorveglianza ma è comunque necessario che lo stesso ponga in essere una costante ed assidua vigilanza e dia istruzioni precise anche per lavori che possano ritenersi di semplice esecuzione tanto più quando si tratti di un lavoro che egli stesso ha ordinato ed al quale il lavoratore è stato addetto per la prima volta.
 


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La formazione particolare aggiuntiva (art. 37 D. Lgs. n. 9 aprile 2008, n. 81, Accordo Stato Regioni 21/12/2011)

Il caso, l’imputazione e il ricorso in Cassazione
La sentenza è riferita ad un infortunio sul lavoro accaduto ad un dipendente di una ditta che aveva preso in appalto i lavori di pulizia in uno stabilimento, mentre era intento a pulire una grata. Il lavoratore era stato incaricato dal suo capo squadra di svolgere delle operazioni di pulizia di una grata consistenti nell’eliminare delle cicche di sigarette, rifiuti e quant'altro esistenti su di una lamiera situata al di sotto di una griglia metallica, posta sul marciapiede, quasi a livello del piano stradale, al fine di evitare che gli stessi potessero cadere sui dei motori di condizionamento sottostanti. Per fare tale intervento il lavoratore ha appoggiato il piede sulla lamiera che, essendo però di spessore molto sottile, non ha sostenuto il peso del suo corpo per cui è precipitato rovinosamente all'interno della buca da un'altezza di circa 3 metri.
 
Per tale infortunio è stato imputato il capo squadra il quale è stato condannato dal Tribunale a due mesi di reclusione per il reato di cui all'articolo 590 c.p., commesso in danno del collega, che ha dichiarato comunque di non doversi procedere in ordine alla contravvenzione di cui all’articolo 4, comma 5, lettera e) del D. Lgs. n. 626/1994 in quanto estinta per intervenuta prescrizione. La condanna inflitta dal Tribunale è stata successivamente confermata dalla Corte di Appello per cui il capo squadra ha presentato ricorso per cassazione lamentando fra le motivazioni che la stessa Corte non aveva tenuto conto delle dichiarazioni rese da due lavoratori della stessa squadra che avevano affermato che il preposto, ogni volta che si doveva fare un lavoro, dava istruzioni ai lavoratori così come aveva fatto anche per quanto riguarda la pulizia della grata allorquando ha spiegato al lavoratore come si doveva fare ed avevano riferito che l'ispettore intervenuto per effettuare le indagini aveva ritenuto corretto il modo di procedere dell'azienda.
 
La condotta del lavoratore nella circostanza, secondo l’imputato, era stata del tutto abnorme ed imprevedibile ed il preposto si è altresì lamentato che nell'applicare i principi che regolano la materia della sicurezza sul lavoro non era stato tenuto conto della abnormità del comportamento dello stesso lavoratore citando a proposito una sentenza del 10/11/2009 della quarta sezione della Corte di Cassazione secondo la quale l'abnormità è configurabile anche riguardo ai comportamenti connessi con lo svolgimento delle mansioni lavorative, allorché siano consistiti in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore. Secondo l’imputato stesso, inoltre, la Corte di Appello non aveva applicato correttamente la legge penale in materia di sicurezza sul lavoro in relazione ai limiti del dovere di sorveglianza del preposto in quanto lo stesso, per pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione, non è tenuto a una costante presenza sul luogo di lavoro.

Le decisioni della Corte di Cassazione
 
Il ricorso non è stato accolto in quanto l’infortunato ha precisato di non essere stato puntualmente ed appositamente informato su come doveva essere svolto il lavoro che il giorno dell'incidente stava svolgendo, avendolo solo appreso per sentito dire dai suoi colleghi, per cui il datore di lavoro è venuto meno al dovere di dare precise istruzioni al lavoratore incaricato di svolgere un lavoro e di controllare che egli lo svolga senza mettere in pericolo la propria e l'altrui incolumità, quello che è poi il preciso compito del preposto. L’infortunato ha infatti dichiarato che pur se svolti i corsi di formazione gli stessi erano stati fatti non sullo specifico profilo e che, per quanto riguardava la pulizia delle griglie dopo l'installazione delle lamiere, era stato loro detto soltanto di stare attenti a non farsi male, confermando dunque che nessuna specifica istruzione era stata data su come eseguire le operazioni di pulizia e che soprattutto non erano stati informati che la lamiera sottostante la grata non fosse in grado di reggere il peso di una persona.
 
Per quanto riguarda il comportamento abnorme del lavoratore reclamato dal preposto la Sez. IV ha ribadito che lo stesso nella circostanza era assolutamente da escludere avendo il lavoratore semplicemente posto il piede sulla grata nel tentativo di svolgere l'opera di pulizia che gli era stata ordinata e che nessuno tra l’altro gli aveva spiegato come dovesse essere effettuata tale operazione. La suprema Corte non ha accettate, infine, le considerazioni che l’imputato ha fatto in merito alla necessità della presenza costante del preposto. “Nella specie infatti”, ha concluso la Sez. IV, “non è questione di presenza continua, ma di corretto esercizio delle tipiche funzioni del preposto che, in quanto delegato alla diretta sorveglianza dei lavoratori a lui affidati, è certamente tenuto, indipendentemente dalla presenza al momento del fatto, ad una attenta ed assidua vigilanza e specialmente a dare istruzioni anche per lavori che possono ritenersi di semplice esecuzione, tanto più quando, come nel presente caso, si sia trattato di un lavoro che egli stesso aveva ordinato e di lavoratore che vi era stato addetto per la prima volta”.
 
 

 


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