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Dal processo Eternit ai rischi per le attività dei magistrati

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischi da amianto

16/02/2012

PuntoSicuro intervista Gian Carlo Caselli, Procuratore Capo della Repubblica a Torino. Dal processo Eternit agli strumenti investigativi. Dai rischi di smantellamento del pool di Guariniello al tema della responsabilità civile dei magistrati.

 
Torino, 16 Feb – La sentenza del 13 febbraio 2012 - relativa al processo Eternit istituito dal pool composto da Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli - è una sentenza importante che avrà ripercussioni non solo nelle aule giudiziarie italiane, ma anche nelle aule giudiziarie di altri paesi europei. Paesi dove le vittime dell’amianto non hanno avuto fino ad oggi molte possibilità di ottenere giustizia.
 
Non torniamo oggi sulla sentenza di cui PuntoSicuro ha già parlato ricordando le imputazioni - disastro ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche - e le condanne ai due imputati il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis de Cartier (condannati in primo grado a 16 anni, con l'interdizione dai pubblici uffici).
Cerchiamo invece di comprendere come sia stato possibile arrivare in questi anni a sentenze storiche come quelle di ThyssenKrupp e Eternit e quali sono i meriti di un pool e di una Procura che ha saputo innovare e migliorare i propri strumenti investigativi giudiziari…
 

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Abbiamo dunque posto alcune domande ad un magistrato italiano di grande esperienza comeGian Carlo Caselli, un magistrato che è stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura e ha operato fino al 1999 come Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ottenendo importanti risultati nella lotta alla mafia.
Successivamente Gian Carlo Caselli, dopo essere stato Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino, viene nominato nel 2008 Procuratore Capo della Repubblica presso il tribunale di Torino proprio nella stagione decisiva in relazione ai risultati conseguiti dal pool torinese coordinato dal magistrato Raffaele Guariniello.
 
Attraverso Caselli non solo possiamo comprendere le virtù presenti di questa Procura, ma anche le difficoltà future e i rischi eventuali correlati al rischio di smantellamento del pool, del gruppo specializzato su Sicurezza del Lavoro e Tutela del Consumatore, e alle norme sulla responsabilità civile dei magistrati.
 
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di leggere l'intervista trascritta o di ascoltarla.
 
 
 
 
 
Sappiamo che lei ha assistito alla lettura della sentenza del processo Eternit e ha sottolineato che i processi Eternit e ThyssenKrupp dimostrano che qualcosa è cambiato e sta cambiando…
 
Gian Carlo Caselli: Bisogna partire dalla stagione in cui i procuratori generali inaugurando l’anno giudiziario facevano a gara, per così dire, nel presentare gli infortuni sul lavoro come mera fatalità, dovuti ad un destino cinico e baro, se non addirittura ad operai perennemente distratti, quasi votati al suicidio.
Ci sono ancora mille e mille cose da fare per assicurare una maggior sicurezza sui posti di lavoro, e il Capo dello Stato ce lo ricorda ogni volta che può. Non dimentichiamo che il nostro paese è tuttora negativamente in testa alle statistiche europee e non dimentichiamo anche che i minori e gli stranieri in Italia hanno maggiori probabilità di infortunarsi rispetto ai cittadini “indigeni”. Quindi c’è ancora un percorso lunghissimo da fare e però – al di là che alcune cose che sono cambiate e possono cambiare consolidando questa traiettoria – i processi ThyssenKrupp, Eternit e anche un processo che si è concluso qualche mese fa, Pirelli (sempre condotto da un’esponente del gruppo di Raffaele Guariniello, la dottoressa Gabriella Viglione) (…) stanno qui a dimostrare che la strada da fare è lunghissima ma frattanto si è delineata, per quanto riguarda Torino, si è consolidata una nuova cultura, una nuova attenzione, una nuova sensibilità per la tutela dei diritti dei lavoratori sul posto di lavoro e più in generale per la tutela del diritto alla salute di tutti i cittadini.
Questa novità si è ottenuta grazie ai meriti professionali di Guariniello, Panelli e Colace – se parliamo di Eternit – ma anche grazie in generale ad un’organizzazione del lavoro fondata sulla specializzazione, la formazione di gruppi di lavoro. Ne abbiamo tanti nella Procura di Torino, come in ogni altra Procura delle stesse dimensioni: il gruppo riciclaggio, il gruppo che si occupa di criminalità organizzata, di sicurezza urbana, di reati contro la pubblica amministrazione, (…), …
 
Come PuntoSicuro abbiamo dato notizia del decreto 160 del 2006 che impone la rotazione decennale ai magistrati e che rischia di portare allo smantellamento di alcuni di questi gruppi…
 
G.C.C.: Non è un rischio, ma è una certezza perché è legge dello Stato che dovrà essere applicata nel primo semestre di quest’anno. Abbiamo di fronte a noi però ancora un certo lasso di tempo durante il quale tutti quanti noi speriamo che possa intervenire una benefica e provvidenziale modifica di questa legge che, però, allo stato degli atti rimane legge dello stato. Se le cose rimangono tali e quali noi avremo il dovere di rispettarla, ovviamente (…).
Per tutti i gruppi di lavoro specializzati questa norma impone un trasferimento in blocco d’ufficio, senza alternative, ad un nuovo gruppo di lavoro quando il pubblico ministero sia appartenente ad un certo gruppo da dieci anni.
E per quanto riguarda il gruppo di Raffaele Guariniello a Torino, sarebbe proprio il gruppo che subirebbe le defaillance più significative, perché su nove componenti del gruppo ben sei sono ultradecennali e dovrebbero essere trasferiti. Risultato? Fine della memoria storica di un certo tipo di reati, azzeramento o quasi di una professionalità faticosamente costruita nel corso degli anni sul piano investigativo e giudiziario, tabula rasa con gravissime, io credo, ripercussioni per quanto riguarda la tutela dei diritti dei cittadini, della loro sicurezza, della loro salute. Un siluro sotto la linea di galleggiamento dell’interesse dei cittadini e della collettività. Un lusso che non ci possiamo permettere.
Un’altra cosa ancora. Se questa legge è confermata i guasti sono quelli che sono, invece bisognerebbe soprattutto preoccuparci di consolidare e diffondere queste pratiche virtuose. Distruggerle è contro logica. Gli studi professionali di avvocati, da tempo ormai, quelli più importanti, si organizzano articolandosi su più soggetti in modo che ciascuno sia padrone di un coriandolo del sapere giuridico, per possederlo in toto, in ogni risvolto, in ogni interstizio in modo che non sfugga la più piccola opportunità di ottenere un risultato positivo. Una siffatta parcellizzazione, coriandolizzazione delle specializzazioni, in un ufficio di Procura non è possibile. Ma almeno quel tanto di specializzazione che siamo riusciti ad ottenere nel corso di questi anni (…) non buttiamola a mare. Sarebbe davvero contro gli interessi del paese. Senza retorica, mi permetto di dirlo.
E lasciatemi dire (…) anche questo (…). Recentemente la Camera dei Deputati ha approvato, molto frettolosamente, apparentemente con un colpo di mano, quindi senza pensarci più su di tanto - in una materia invece delicatissima, complessa che vorrebbe meditazione, equilibrio e prudenza – una norma sulla responsabilità civile dei magistrati.
Che i magistrati debbano pagare come chiunque altro quando sbagliano va da sé, i magistrati oggi pagano, si potrebbe fare qualcosa di più o di meglio, ma non in questa maniera un po’ abborracciata che sa tanto – è stato scritto – di regolamento di conti, di piccola vendetta.
Sono sicuro che se una legge del genere fosse già esistita nel momento in cui è cominciato il processo Eternit, Guariniello, Panelli e Colace avrebbero fatto esattamente quello che ha portato alla sentenza di primo grado… Ma se questa norma dovesse diventare legge definitiva mi domando quanti Guariniello, quanti Colace, quante Panelli domani riusciremo a trovare in giro per l’Italia. Perché la legge della responsabilità civile dei magistrati - così come frettolosamente, maldestramente congegnata con questo emendamento – espone il magistrato alla bufera di ricorsi basati sul nulla, scaturenti dal niente che qualunque azzeccagarbugli anche dotato di un minimo di fantasia può scatenare a raffica con particolare esposizione alle iniziative, alle intimidazioni dei soggetti forti. E qui stiamo parlando di Thyssenkrupp, di Eternit e via seguitando. L’esempio è assolutamente calzante.
Perché il mestiere del magistrato (…) è quello, nel perimetro della legge, di scegliere tra le tante opzioni che in questo periodo sono possibili per quanto riguarda le valutazioni di fatto e in diritto. Ora se c’è questo pericolo, questa esposizione a rischio di rappresaglie o intimidazioni – indirette, ma pur tuttavia sempre tali, attraverso le azioni risarcitorie basate sul nulla – ecco che il magistrato inconsapevolmente finirà per scegliere l’opzione più comoda, più tranquilla. Ma così è la fine della giustizia giusta, della speranza di una giustizia uguale per tutti. Al solito voleranno gli stracci ma chi poi conta avrà un modo in più per difendersi non tanto “nel”, quanto piuttosto “dal” processo.
E questo ancora una volta non conviene, non conviene ai cittadini tutti, prima ancora che al regolare funzionamento della giurisdizione.
 
Lei in merito ai possibili rischi per l’attività dei magistrati, ha già fatto un appello alla politica…
 
G.C.C.: Sì, la Procura di Torino - tutti i magistrati, dal primo all’ultimo – ha sottoscritto un documento, mi pare nel luglio scorso - oso definirlo particolarmente articolato, motivato, ponderato – e l’abbiamo inviato all’universo mondo. (…) Beh, non abbiamo avuto molta audience, francamente. Adesso ci stiamo riprovando, in tanti modi, rispettosi dell’autonomia e competenza di ciascuno, ma anche preoccupati di segnalare quelle che – dall’interno, dal vivo dell’operatività giudiziaria – ci sembrano conseguenze che sarebbe meglio evitare…
 
Torniamo a quello “che sta cambiando” in merito ai processi sui temi della sicurezza e salute sul lavoro... In un’intervista per PuntoSicuro il Dott. Guariniello ci ha raccontato che anche nelle procure di grandi dimensioni spesso la materia di sicurezza sul lavoro viene posta in secondo ordine rispetto ad altri temi. Oggi, con queste sentenze, sta aumentando l’attenzione delle Procure sui temi della sicurezza?
 
G.C.C.: Io credo che sia non solo utile, ma perfino necessario. Altrimenti le “prediche” sacrosante e benvenute del Capo dello Stato rischiano di cadere nel nulla.
Una strada potrebbe essere quella che il Dott. Guariniello molto caldeggia e che mi vede d’accordo: creare una sorta di Procura nazionale per la tutela dei diritti e della sicurezza sui posti di lavoro, della salute e della tutela dell’ambiente in modo da diffondere, ovunque sul territorio nazionale, in tutte le procure, queste pratiche virtuose, queste prassi che si sono rivelate particolarmente incisive e produttive, così da fare in modo che questa nuova cultura, questa nuova sensibilità, questa nuova attenzione ai problemi che abbiamo esaminato in questa nostra conversazione sia patrimonio di tutti e non solo riscontrabile in alcuni, pochi, punti. Eliminando quella che, volendo essere molto benigni, si potrebbe definire macchia di leopardo e invece è soltanto qualche puntino qua e là. Bisogna diffondere queste esperienze virtuose che sono efficaci per la tutela dei diritti dei cittadini.
 
Il pool che si occupato a Torino di questi temi ha un’organizzazione di lavoro particolare, che potrebbe essere esemplare. Hanno inaugurato un modo nuovo di affrontare i temi della sicurezza sul lavoro…
 
G.C.C.: Non c’è dubbio. Il Dott. Guariniello, i suoi sostituti, professionisti di primissimo ordine - come quelli degli altri gruppi di lavoro: io ho l’onore di presiedere una Procura dove trovare uno che vale poco è davvero un’impresa ardua - hanno avuto il merito di aver saputo creare una rete di collaboratori interni alla nostra procura e esterni (polizia giudiziari, tecnici, uomini dell’ASL, ispettori del lavoro, …) particolarmente coesa, capace di fare squadra e di contribuire con una interazione dei rispettivi saperi e competenze per avere uno strumento investigativo giudiziario di particolare incisività e specializzazione.
 
 
 
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
 
 


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