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Guariniello: serve una Procura Nazionale sugli infortuni sul lavoro

Luigi Matteo Meroni

Autore: Luigi Matteo Meroni

Categoria: Approfondimento

25/01/2008

Un invito al Presidente della Repubblica perché si faccia promotore di una apposita legge. Intervista esclusiva di PuntoSicuro al Procuratore Guariniello. A cura di Luigi Matteo Meroni.

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Il direttore di PuntoSicuro ha intervistato il procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello che ha recentemente lanciato la proposta di istituire una Procura Nazionale sugli infortuni sul lavoro.
 
Al termine dell’articolo è possibile ascoltare l’audio integrale dell’intervista.
 
A cura di Luigi Matteo Meroni.
 
 
Dr. Guariniello, in Italia stiamo oggi vivendo un vasto elenco di drammi ed emergenze in sincronia. Tra questi vi sono certamente quello degli infortuni sul lavoro ma anche quello dell’attacco di alcune parti della politica alla magistratura. I cittadini ripongono però ancora molta fiducia nella magistratura, più del doppio rispetto a quella nei politici, e, dopo la tragedia di Torino, si aspettano oggi delle risposte concrete. La sua idea di istituire una procura nazionale sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali va in questo senso?
 
 
 
Sulla sicurezza sul lavoro abbiamo delle buone leggi in Italia.
Il problema del nostro paese è l’applicazione concreta di queste leggi. Allo scopo di garantire l’applicazione delle leggi sono indispensabili due cose. La prima che i controlli e la vigilanza affidati alle ASL, agli ispettorati del lavoro, ai vigili del fuoco e ad altri organi siano controlli effettuati con reale incisività ed efficacia.
 
Quindi bisogna che si ponga rimedio alle numerose carenze che caratterizzano l’attività degli organi di vigilanza. Bisogna accrescere gli organici, la professionalità degli ispettori, bisogna evitare che gli ispettori facciano contemporaneamente attività di vigilanza e di consulenza, bisogna che le ispezioni in linea generale non vengano preavvisate ma avvengano a sorpresa, che le ispezioni dei Vigili del Fuoco non si basino solo su un esame della documentazione ma si sviluppino anche con sopralluoghi e non solo se il datore di lavoro richiede il CPI ma a prescindere da tale richiesta.
 
Però c’è anche da porre rimedio ad alcune carenze che insidiano l’intervento della magistratura. Dobbiamo constatare che purtroppo i processi penali in materia di sicurezza sul lavoro in alcune parti del paese sono una rarità. Processi troppo spesso condotti in tempi non rapidi ma con notevole lentezza. Magari le indagini vengono fatte rapidamente – ma non è sempre così – però se anche vengono fatte rapidamente poi si arriva alla sentenza di primo grado però ci sono tre gradi di giudizio e più di una volta dobbiamo prendere atto che il reato è prescritto.
 
Se non funziona l’intervento della magistratura è evidente che noi possiamo anche prevedere pene elevatissime per i reati in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro però poi queste leggi rimangono scritti sulla carta e dilaga anche fra le imprese un senso di impunità. Dobbiamo pensare nuovi metodi e sistemi moderni. Tra questi credo che sia indispensabile pensare alla creazione di un organismo giudiziario che potrebbe avere una competenza per gli affari più rilevanti su tutto il territorio nazionale. Un organismo che potrebbe svolgere le sue indagini facendo utilizzo di professionalità specifiche.
 
Purtroppo noi oggi abbiamo un intervento giudiziario frammentato tra tante procure della Repubblica, ci sono procure di piccole dimensioni che possono essere investite di gravi fatti che però sono composte da pochi magistrati; lì non ci può essere un gruppo di magistrati specializzati in sicurezza e il rischio quindi di dover affrontare un processo che richiede competenze specialistiche e anche procedurali di grande rilievo. Va notato che anche in procure di grandi dimensioni spesso la materia di sicurezza sul lavoro viene posta in secondo ordine rispetto a temi , ad esempio di criminalità organizzata.
 
Le procure debbono svolgere ugualmente bene entrambe le cose. Quindi creare un organismo che operi a livello centrale significherebbe rimediare alle attuali carenze dell’intervento giudiziario.
 
Si ravvisa la necessità di un organismo giudiziario che potrebbe avere una competenza per gli affari più rilevanti su tutti il territorio nazionale.
Abbiamo un buon esempio in Francia con il Pool de la Santèe. Un Pool di Pubblici Ministeri e di giudici istruttori i quali hanno una competenza per quasi tutto il territorio francese sugli affari e i reati di maggiore rilevanza sul piano nazionale che attengono la salute. Un esempio che ci potrebbe essere utile seguire per creare questa nostra Procura Nazionale sulla sicurezza sul lavoro.
 
Come si fa a realizzare concretamente questa idea? Quali sono i passaggi necessari?
 
Ci vuole una apposita legge che lo faccia. Io credo che autorità di grande peso, di grande rilievo come la Presidenza della Repubblica, così sensibile ai temi della sicurezza del lavoro, possano dire una parola a questo riguardo.
 


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Per il profano, ma anche per gli addetti ai lavori, la tragedia di Torino resta ancora un mistero. Nel dramma sarebbe almeno utile trarre qualche insegnamento e questo dovrebbe idealmente succedere per tutti i più gravi casi di infortuni su cui sui media si fa tanto clamore ma poca analisi utile alla prevenzione. Ci può dire qualcosa sulla dinamica del caso Thyssen? Come si fa a ricostruire la storia degli infortuni più gravi, a caso chiuso?
 
Vede, naturalmente non le posso dire sul caso specifico alcunché ma presumiamo che non è più un mistero per noi questo evento e spero che riusciremo a mantener fede all’impegno di chiudere al più presto le indagini preliminari entro il termine che ci siamo proposti, ovvero entro fine febbraio.
 
Un insegnamento si deve però trarre.
Questi eventi debbono utilizzare una metodologia di indagine che purtroppo non è frequente. Normalmente si fanno ispezioni e richieste di documenti per gli accertamenti. Però questi atti non sono sufficientemente penetranti. Ad esempio un atto come la perquisizione può essere maggiormente utile.
Ecco perché l’istituzione di una procura nazionale sarebbe utile anche sotto questo punto di vista perché consentirebbe lo sviluppo di metodologie di indagini più penetranti ed incisive.
 
Se lei vede un ispettore del lavoro questo chiede dei documenti alle aziende e si rimette infondo alla discrezione delle aziende se vogliono o non vogliono darti un documento.
 
È importante nell’immediatezza dell’infortunio che ci sia una conduzione delle indagini molto incisiva e uno degli atti più importanti – e noi lo abbiamo scoperto da tempo - è la perquisizione, un atto che normalmente le procure non compiono in questa materia della sicurezza.
 
 
Si veda anche:
 
 

 


 
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Rispondi Autore: Confente Pier Giorgio - likes: 0
25/01/2008 (09:24)
Non sono assolutamente daccordo con la tesi del procuratore che si muove lungo la vecchia strada "guardie - ladri" che trascura la complessità dei moderni cicli produttiv e le sempre nuove sostanze e prodotti che l'industria moderna adopera e produce.
L'inseguire con leggi e con poliziotti / magistrati detti fenomeni è una strada defaticante ed improduttiva all'attuale livello dei problemi (sia degli infortuni che delle malattie professionali sempre nuove e meno tipiche).
E' invece necessario uno sforzo collettivo, innanzi tutto culturale e scientifico, che veda veramente impegnati gli attori previsti dalle direttive europee : imprese e lavoratori supportati entrambi da organizzazioni di ricerca e studio.
L'idea dell'ispettore e/o procuratore "sceriffo" che pistala alla mano entra in fabbrica ed arresta i cattivi è primitiva e fuorviante.
Nonostante la mia esperienza e preparazione, sono un ingegnere che da 40 si occupa di sicurezza, ogni volta che entro in una fabbrica debbo fare molta fatica,esami approfonditi e lunghi colloqui con i responsabili e gli addetti, per individuare i pericoli effettivi (non quelli legali.
Mancano supporti adeguati(durata di vita dei componenti, statistiche di infortuni e mancati infortuni accompagnati dalla descrizione della loro dinamica,caratteristiche medie degli ambienti di lavoro, ecc.) per una analisi dei rischi dignitosa.
Gli ultimo gravi avvenimenti mettono in luce una carenza "organizzativa", di "analisi dei rischi", di "misure sostitutive" e l'azione "puramente burocratica" degli organi dello stato.
La formazione, poi, perfino quella certificata da esami dei VV.F. mette in luce l'astrattezza, spesso l'inutilità, e comunque la sua estraneità dall'ambiente di lavoro.
Questi sono gli argomenti da dibattere e da approfondire e non l'idea di "miracolose" superprocure.
Rispondi Autore: Dott.ssa Anna Furfaro - likes: 0
06/10/2009 (15:13)
Sono rimasta profondamente colpita dal Commento inserito dall’Ing Conferente Pier Giorgio, quale risposta all’intervista fatta dal Direttore L.M. Meroni al Procuratore Dott. R. Guariniello.
Pur non avendo un’esperienza quarantennale nel settore della Sicurezza e delle Malattie Professionali, posso sicuramente asserire di avere esercitato per una ventina d’anni la mia professione, dedicandomi molto, oltre ad altro, alla Valutazione dei Rischi Aziendali e nello specifico alla Valutazione dell’esposizione dei Lavoratori a rischi meccanici, fisici, chimici e biologici, nei più svariati settori merceologici, dall’industria metalmeccanica a quella chimica, farmaceutica, alimentare, ecc.
Io ritengo, a differenza di quanto sostenuto, che sebbene “i colloqui siano lunghi ed approfonditi con responsabili ed addetti”, il reale problema sia riuscire ad acquisire una fiducia tale da far sì che i suddetti ci indichino le reali problematiche, forse proprio dovute a non conformità legislative.
“…Durata di vita dei componenti, statistiche infortuni…”, eventuale “albero dei guasti”, caratteristiche e problematiche connesse con gli ambienti di lavoro, dovrebbero essere, forse, frutto del Nostro Lavoro e della Nostra Professionalità, in qualità di Consulenti, si da poter effettuare un’adeguata Valutazione dei Rischi e anche più che dignitosa.
Una corretta ed approfondita valutazione consentirebbe, non solo di ridurre l’incidenza, il numero e la gravità degli Infortuni, ma anche un’ottima PREVENZIONE per la riduzione di MALATTIE PROFESSIONALI: problematica spesso trascurata e poco evidenziata, di scarso eco sui media, ma grave e seria realtà nel mondo industriale.
Quanto poi ai commenti effettuati circa “l’ispettore e/o Procuratore “sceriffo” che entra con la pistola alla mano in fabbrica per arrestare i cattivi…, ecc”, mi domando se abbiamo letto lo stesso articolo e la stessa intervista effettuata al Procuratore Dott. Guariniello. Le dichiarazioni fatte, ahimè, da un Collega, le ritengo, per chi legge altamente “fuorvianti e primitive”, altro che la proposta di avere una Procura con Magistrati specializzati e Professionisti specializzati del settore.

Il reale problema ritengo sia, invece, una profonda mancanza di formazione, aggiornamento nonché specializzazione degli Enti preposti ai controlli, nonché una forte carenza di organico: non è ammissibile che, a fronte di un infortunio gravissimo, ad es., conseguente all’esplosione di un container contenente materiale altamente esplosivo, con deturpazione del volto e dell’85% del corpo del povero malcapitato, venga assegnato l’incarico ad un Vigile Urbano (con estremo rispetto per la categoria, ma sicuramente specializzata in ben altro), di effettuare i rilevamenti e le modalità dell’infortunio.
Sicuramente, è forte anche la responsabilità dei Professionisti del settore, i quali, non dovrebbero mai sentirsi “arrivati”, e, forse, non interrompere mai aggiornamento e studi adeguati, perché sia a livello Nazionale che Internazionale le fonti, per fortuna, non mancano.
Organismi Giudiziari, con sezioni “dedicate”, che abbiano la possibilità di portare avanti indagini “tecnicamente qualificate”, e se necessario, anche perquisizioni, non lo troverei improduttivo, come asserito, ma forse, una svolta definitiva al continuo incremento di gravi infortuni sul lavoro, nonostante l’esistenza di una Legislazione Italiana in materia, più che ottima e forse concorrenziale rispetto agli altri Paesi Europei, seppur non applicata, con il risultato (che non ci fa certo onore) di essere il Paese Europeo con il numero più alto d’infortuni e malattie professionali. Allo stato attuale, è più frequente che il Datore di Lavoro e/o Preposto si senta “tutelato” dall’attuale modalità di “controllo”, piuttosto che interessato ad una seria Valutazione dei Rischi.

Anna Furfaro

Rispondi Autore: ing. Alessandro Brasso - likes: 0
07/10/2009 (17:26)
Prima di dare un piccolo contributo ai vari commenti relativi all’intervento del Dott. Raffaele Guariniello, oggetto di questo forum, è giusto presentarsi: a 18 anni ero in cantiere, ho posato pipelines, condotte ed ossigenodotti per una grande azienda del Gruppo IRI e da molti anni mi occupo di sicurezza sul lavoro ed in-formazione per la sicurezza.

Condivido quasi totalmente quanto scritto dalla Dott.ssa Anna Furfaro, a parte l’ultimo severo commento “Allo stato attuale, è più frequente che il Datore di Lavoro e/o Preposto si senta “tutelato” dall’attuale modalità di “controllo”, piuttosto che interessato ad una seria Valutazione dei Rischi”.
Al contrario, non condivido molte affermazioni del collega ing. Confente Pier Giorgio: soprattutto in merito al concetto di guardie e ladri, alla mancanza di supporti adeguati (..ma allora quando abbiamo iniziato, a metà degli anni ‘70 che non esisteva quasi nulla?) , alla formazione inutile od inadeguata (come in tutti gli ambienti occorre saper preventivamente verificare e scegliere dove andare e con chi operare, indipendentemente dall’Attestato facile. Troppi si improvvisano, a fronte del miraggio economico) ecc. Ma non giudico, è probabile che il collega operi in un contesto particolare.

Chiaramente, il mio settore di conoscenza è quello delle costruzioni edili, strutture ed impianti e su questo vorrei dare alcune notizie.

Primo punto
Dai dati del CPT di Torino, In Italia, su una media di 8 ore lavorative per 220 giorni l'anno, si registra un infortunio sul lavoro ogni 6,6 secondi. In particolare il settore delle costruzioni, con più di un terzo del totale, detiene il poco invidiabile primato degli infortuni mortali dell'intero settore industriale italiano. Nella quasi totalità gli infortuni e le malattie professionali non sono da imputarsi ad un vuoto legislativo, ma all'assenza o alla negligenza nell'applicazione delle misure di prevenzione e protezione prescritte o dalla poca conoscenza ed attenzione alle norme base per una più sicura attività lavorativa in cantiere.

Uno studio dell'Unione Europea ha dimostrato il fortissimo legame esistente tra il rischio di infortunio in cantiere e numero di addetti, individuando nella condizione di maggior pericolo quella in cui le persone lavorano da sole; un dato che va analizzato tenendo conto della tendenza alla "scomposizione": il numero di imprese edili presenti sul territorio continua a crescere a fronte di un numero di addetti per singola impresa sempre minore, portando il territorio nazionale all'allarmante media di 3,7 addetti per impresa!
L'Italia è il paese europeo con la maggior "scomposizione", una tendenza che richiede un presidio sempre maggiore in cantiere, allo scopo di informare e salvare la vita dei lavoratori.

Ed è proprio in questo contesto che si inserisce l'attività degli organismi bilaterali di settore (CPT ed Ente Scuola CIPET) : sensibilizzare tutti gli attori interessati - imprenditori, capi cantiere ed operai e tecnici delle istituzioni- fornendo loro gli strumenti necessari per conoscere ed affrontare efficacemente le problematiche inerenti il proprio posto di lavoro.

Secondo punto
A maggior ragione, in un momento di profonda crisi a livello nazionale e internazionale, il sistematico ricorso al criterio del massimo ribasso nell'aggiudicazione delle gare per le opere pubbliche da parte delle stazioni appaltanti mette in pericolo la sopravvivenza delle imprese e, oltre tutto, non garantisce le amministrazioni pubbliche sulla realizzazione delle opere stesse.
Si auspica l'adozione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e della trattativa privata per le gare almeno fino a cinquecentomila euro.
Molti appalti pubblici usano la formula del massimo ribasso (siamo giunti ad aggiudicazioni che molto spesso superano il 50%!!. Ma non dovrebbero essere “offerte anomale” o non accettabili se solo si sommano ore uomini/giorno per paga base contrattuale più contributi ed oneri sicurezza …) portando cosi a forme di sfruttamento del personale ed a usare materiali scadenti ed a qualsiasi forma di risparmio, compresi lavori non portati a termine e lunghi e costosi contenziosi giudiziari.


Terzo punto
Un altro problema è, senza farne di tutta l’erba un fascio, la mancanza di veri controlli tecnici da parte degli uffici pubblici comunali, provinciali, regionali ecc .
È evidente che se i controlli (…DURC, INAIL, INPS, Cassa Edile, POS, Identità dei lavoratori …ecc. ) fossero reali, approfonditi e ripetuti, almeno negli appalti pubblici, non si andrebbero a penalizzare tutti i lavori, perchè le uniche cose che sarebbero penalizzate sono le aziende/imprese criminali – nere – grigio bianche, corrotte ecc. che hanno provocato e provocano gravi danni alla collettività. Le imprese che invece sono sane e fanno il loro lavoro di onesto imprenditore (che comunque deve portare un utile), investendo in mezzi attrezzature e risorse umane, sarebbero anzi premiate e preferite a quelle non in regola. In ogni caso è quasi certo che se un’impresa fa quello per cui è convenientemente e correttamente pagata, rispettando norme, tempi e standard, non teme controlli e non vi è nulla che possa penalizzarla, anzi.


Partiamo da questi punti importanti allora, assumendo però una direzione comune: vogliamo, in un contesto come quello del nostro Paese, tendere, con nuovi criteri, agli obiettivi della realizzazione dei lavori con il raggiungimento degli standard richiesti, senza ritardi e lavoro nero, garantendo importi degli appalti e dei salari adeguati, rispettando le norme di sicurezza sul lavoro (come è normale che sia)?
Se è questa la direzione comune possiamo allora discutere o contribuire alla discussione , con chi di competenza, sui modi e le forme concrete per applicare i suddetti punti potendo certamente trovare soluzioni che, perlomeno, in tal senso, siano più efficaci di quelle attuali.
Rispondi Autore: Fulvio Panzera - likes: 0
19/02/2012 (09:57:13)
Sono medico Specialista in Malattie dell'apparato respiratorio e in Medicina del Lavoro oltre che Consulente Tecnico del Tribunale di Cosenza.
Le tristi vicende che hanno portato alla recente sentenza Eternit hanno provocato amarezza, sconcerto e profonda commozione.
A mio avviso la mancanza di senso morale è alla base di tutto quanto avvenuto ed è per questo che, indipendentemente dalla preparazione e dal livello scientifico dei componenenti, una eventuale Procura Nazionale del Rischio sul Lavoro dovrebbe essere affidata a soggetti di comprovata onestà e correttezza, di cristallina moralità e assolutamente incorruttibili.
In questo settore,purtroppo,spesso è solo dalla mentalità criminale,orientata esclusivamente al lucro, che derivano i guai più seri
Fulvio Panzera
Rispondi Autore: falcone alfonso - likes: 0
05/02/2014 (16:51:56)
desidero essere contattato telefonicamente al 338/73/30/035-377/48/05/454 x bronchite da amianto lavorativo da 40 anni vi prego chiamatemi ho poca dimestichezza con il portale

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