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Rischio stress: il carico di lavoro mentale e la valutazione

Rischio stress: il carico di lavoro mentale e la valutazione
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio psicosociale e stress

05/06/2013

Informazioni per favorire la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. I rischi psicosociali, le difficoltà e i requisiti della valutazione, i principi ergonomici relativi al carico di lavoro mentale, il coinvolgimento e la formazione.

Rischio stress: il carico di lavoro mentale e la valutazione

Informazioni per favorire la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. I rischi psicosociali, le difficoltà e i requisiti della valutazione, i principi ergonomici relativi al carico di lavoro mentale, il coinvolgimento e la formazione.

Bologna, 5 Giu – La valutazione del rischio stress lavoro correlato nei luoghi di lavoro non è una valutazione semplice da realizzare, benché quanto mai necessaria.
Per supportare le aziende nella sua realizzazione molti relatori - in corsi, seminari e convegni – hanno proposto in questi mesi sia un inquadramento generale del tema dei rischi psicosociali che specifiche indicazioni operative.
 
È il caso di Alberto Franchi ( AUSL di Bologna, Dipartimento di Sanità Pubblica, Area Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) che ha presentato una relazione su questi temi al “Corso di formazione per Medici Competenti: Rischio da stress lavoro correlato” promosso dal SIRS (Servizio Informativo per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza) e dall’Ass. Pol. Salute della Regione Emilia-Romagna.
 
Attraverso gli atti del corso, pubblicati sul sito di SIRS-RER, ci soffermiamo sul suo intervento “Valutazione del rischio da stress lavoro-correlato: inquadramento generale e normativo, indicazioni operative”.


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Per un reale inquadramento del tema, il relatore segnala alcune conclusioni raggiunte dall’Agenzia Europea per la sicurezza e salute sul lavoro (EU-OSHA) sulle cinque variabili che rendono emergenti ed in aumento i rischi psicosociali:
- “utilizzo di nuove forme di contratti di lavoro (contratti precari) e l’incertezza  e l’insicurezza del lavoro stesso (scarsità di lavoro);
- forza lavoro sempre più vecchia (poco flessibile e poco adattabile ai cambiamenti) per mancanza di adeguato turn-over;
- alti carichi di lavoro, con conseguenti pressioni sui lavoratori da parte del management;
- tensione emotiva elevata, per violenze e molestie sul lavoro;
- interferenze e squilibrio fra lavoro e vita privata”.
 
E riguardo ai rischi psicosociali, la relazione indica che si possono definire come quegli aspetti di progettazione e di organizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni fisici o psicologici (Cox e Griffiths. “The assessment of psychosocial hazard at work”. Handbook of Work and Health Psycology, 1995).
 
E proprio per comprendere le specificità e la difficoltà della valutazione dei rischi psicosociali, l’autore riporta il contenuto di una tabella di confronto tra gli aspetti relativi ai rischi tradizionali e ai rischi psicosociali [1]:
- definizione operativa: “generalmente quantitativa ed oggettiva” nei rischi tradizionali (RT); “spesso solo qualitativa e tendenzialmente soggettiva” nei rischi psicosociali (RP);
- soggetti “bersaglio”: gruppi di lavoratori (settore-specifici, mansione/lavorazione-specifici) (RT); “tutti i lavoratori (rischi ‘trasversali’ potenzialmente presenti in qualsiasi settore ed organizzazione del lavoro)” (RP);
- ambiente/ fattori extralavorativi: scarsamente/poco influente (RT); molto influente (RP);
- interventi preventivi: “possibile: prevenzione primaria, secondaria e terziaria” (RT); “molto spesso solo prevenzione secondaria e terziaria” (RP);
- dose soglia: identificabile/identificata per diversi fattori di rischio per la maggior parte dei lavoratori (valore limite) (RT); “impossibile da definire (valori di riferimento nella popolazione generale? Valori limite in lavoratori esposti?) (RP);
- effetti sul lavoratore: “effetti quasi sempre ‘avversi’ (RT);  “effetti favorevoli (alcune volte) (esposizioni brevi a basse dosi) (RP);
- presentazione clinica: “prevalentemente sintomi somatici” (RT);  “prevalentemente sintomi psicosomatici/psichici (RP).
 
Il documento oltre a proporre un inquadramento normativo del tema della valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, riporta - anche con riferimento ad alcune indicazioni del     National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) – i principi ergonomici relativi al carico di lavoro mentale, come indicati nelle Norme Tecniche UNI EN ISO 10075:
- UNI EN ISO 10075 – parte 1 (2003) “Termini generali e definizioni” (stress, strain, effetti sulla salute). La norma sottolinea che “qualsiasi attività, anche quella a prevalente impegno fisico, può indurre stress mentale”. E come indicato in Appendice A, punto A.4: …nella presente norma internazionale “stress” è considerato, in maniera del tutto neutrale, come termine che comprende tutti quei fattori valutabili che interferiscono dall’esterno con un individuo influenzandolo mentalmente;
- UNI EN ISO 10075 – parte 2 (2002) “Principi di progettazione” (indicazioni per evitare gli effetti nocivi del carico psicofisico attraverso una corretta progettazione dei fattori tecnici e organizzativi sulla base delle risorse umane disponibili);
- UNI EN ISO 10075 – parte 3 (2005) “Principi e requisiti riguardanti i metodi per la misurazione e la valutazione del carico di lavoro mentale” (corretti criteri metodologici delle procedure).
 
In relazione alla UNI EN ISO 10075 – parte 3, l’autore riporta i “requisiti per una corretta procedura:
- obiettività: assenza di influenze significative da parte del valutatore;
- affidabilità: gli indicatori misurano puntualmente ciò che s’intende misurare;
- omogeneità: la procedura è composta di parti che misurano le stesse caratteristiche;
- consistenza: le forme parallele di uno strumento di misura portano a risultati identici;
- stabilità: la stessa procedura di misurazione ripetuta porta agli stessi risultati;
- affidabilità interna: 2 o più indicatori che misurano le stesse caratteristiche portano agli stessi risultati;
- sensibilità: lo strumento coglie ogni cambiamento indotto nel parametro da misurare;
- generalizzabilità: i dati ottenuti in una certa misurazione possono essere estesi ad un ben definito universo di situazioni e/o popolazioni di lavoratori;
- valori critici: adozione di definiti, validati ed aggiornati standard di riferimento o soglie di accettabilità rispetto ad un certo parametro”. 
E (punto 4.2.2.) per documentare l’obiettività di un metodo di misurazione, si deve dimostrare che la persona che esegue la valutazione o la misurazione non influenza punteggi/osservazioni. Infatti (punto 4.3.2.) i risultati della misurazione devono essere esenti da qualsiasi condizionamento significativo da parte della persona che esegue, analizza e presenta la valutazione.
 
Rimandandovi ad una lettura integrale del documento agli atti, riprendiamo ora alcune indicazioni generali per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato.
 
La valutazione presuppone:
- il coinvolgimento (nell’intero processo di VR) “di tutti gli stakeholders aziendali e delle figure aziendali che partecipano alla gestione del rischio [dirigenti, preposti (capi-reparto, operatori più anziani ed esperti,…)]”;  
- la costituzione del “gruppo di valutazione (eventuali esperti esterni);  
- incontri periodici (verbali);  
- cronoprogramma dichiarato delle fasi della VR. 
 
Senza dimenticare che la “comunicazione, informazione e formazione specifica” è:  
- “momento di particolare rilevanza;  
- preliminare e propedeutico ad una corretta VR;  
- indispensabile per favorire un adeguato livello di partecipazione al processo di VR;
- (successivamente) fondamentale per individuare, pianificare ed implementare in modo condiviso possibili azioni correttive e di miglioramento”.
È dunque necessaria una:
- “preliminare ed adeguata informazione specifica per tutti i lavoratori (tutte le partizioni organizzative);  
- preliminare ed adeguata formazione specifica per tutti gli attori aziendali (stakeholders) coinvolti nel processo di VR, e per tutte le figure aziendali coinvolte nella gestione del rischio [(dirigenti, preposti (capi-reparto, operatori anziani/esperti,…)]”.
Si segnala anche l’importanza della partecipazione (attiva) di:  
- tutti i RLS;  
- rappresentanze dei lavoratori (delle diverse partizioni organizzative o gruppi di operatori)”.
 
L’intervento si conclude poi con alcuni cenni sul documento di valutazione del rischio stress lavoro-correlato, con riferimento a quanto contenuto nel documento “Valutazione del rischio stress lavoro-correlato. Prime indicazioni operative per l’attività di controllo e vigilanza” curato da un gruppo di lavoro Area PSAL – Dipartimento di Sanità Pubblica, Azienda USL di Bologna.
 
 
 
“ Valutazione del rischio da stress lavoro-correlato: inquadramento generale e normativo, indicazioni operative”, a cura di Alberto Franchi (AUSL di Bologna, Dipartimento di Sanità Pubblica, Area Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro), intervento al “Corso di formazione per Medici Competenti: Rischio da stress lavoro correlato” (formato PDF, 562 kB).
 
 
Tiziano Menduto
 



[1] Con riferimento ad una tabella modificata da: Gino Pozzi.  Salute mentale e ambiente di lavoro.  Ed. Franco Angeli, 2008; Rick, Briner. “Psychosocial risk assessment: problems and prospects.” Occup Med 2000.
 


Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
 

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