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La sconfitta dello stress lavoro correlato: un successo italiano!

La sconfitta dello stress lavoro correlato: un successo italiano!
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio psicosociale e stress

01/04/2015

Dai risultati delle valutazioni dei rischi, lo stress lavoro correlato si presenta pressoché dappertutto a livelli bassi o inesistenti. Rarissimi i casi in cui è risultata necessaria la valutazione approfondita.

 
Bologna, 1 Apr - Pubblichiamo un articolo tratto da  “ Articolo 19” n. 04/2014, bollettino di informazione e comunicazione per la rete di RLS delle aziende della Provincia di Bologna realizzato dal  SIRS  (Servizio Informativo per i Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza) con la collaborazione di vari soggetti istituzionali provinciali (Provincia di Bologna, AUSL, INAIL, DPL, organizzazioni sindacali, ...). L'autore, dopo aver analizzato i risultati delle valutazioni dei rischi in Italia, affronta l'argomento con un po' di perplessità: come è possibile che il rischio stress lavoro correlato si presenti dappertutto a livelli bassi o addirittura inesistenti? Come mai nel resto d’Europa costituisce un problema sanitario e sociale di rilevanza drammatica? un articolo da leggere fra le righe...
 


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La definitiva sconfitta dello stress lavoro correlato: un successo tutto italiano!
di Graziano Frigeri
 
Secondo l’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza del Lavoro, “Lo stress è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa riferito più frequentemente e colpisce il 22% dei lavoratori dei 27 Stati membri dell’UE (dati del 2005)”. Sempre secondo l’Agenzia Europea, tale dato è destinato nel tempo ad aumentare. In base alle stime più recenti, la percentuale di lavoratori esposti a rischio di stress lavoro correlato si aggirerebbe tra il 27% ed il 30% dell’intera forza lavoro nella Unione Europea, corrispondente in termini assoluti, adottando un atteggiamento prudenziale, a circa 54 milioni di lavoratori: poco meno dell’intera popolazione italiana. Ma le Istituzioni e le Sanitarie italiane, i Sindacati e le Associazioni di Categoria, coloro che si occupano professionalmente di salute lavorativa e, soprattutto, i lavoratori italiani, possono tirare più di un sospiro di sollievo, e hanno motivo di provare autentico orgoglio nazionale: dei 54 milioni di lavoratori europei esposti a rischio di stress lavoro correlato, nemmeno uno si trova in Italia: lo certificano in modo inoppugnabile le migliaia di valutazioni del rischio da stress lavoro correlato effettuate dai datori di lavoro, coadiuvati dai loro consulenti (RSPP, Medici Competenti, Psicologi del Lavoro), seguendo rigorosamente il “percorso metodologico” suggerito dalle indicazioni fornite dalla Commissione Consultiva ex art. 6 del D.Lgs. 81/08 nel novembre 2010.
 
Discussione
Il percorso metodologico definito dalla Commissione, ripreso e fatto proprio dall’INAIL nel “ Manuale ad uso delle Aziende in attuazione del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.” edizione 2011 (che aveva recuperato e modificato, uniformandolo al “percorso”, un precedente manuale ISPESL, a sua volta ripreso da analogo protocollo inglese edito dal HSE, che peraltro in UK non ha avuto alcun utilizzo concreto nelle Aziende) prevede, in sintesi, i seguenti step: 1) Valutazione preliminare “oggettiva” condotta prendendo in esame “indicatori di rischio da stress lavoro-correlato “oggettivi e verificabili e ove possibile numericamente apprezzabili” valutati mediante “liste di controllo applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione”.
Sulla base di questa modalità di valutazione, che per definizione non tiene conto della percezione soggettiva dei lavoratori, sia singolarmente che come popolazione, il percorso, assicurano gli autori, è in grado di determinare l’esistenza, ed il livello, del rischio da stress lavoro correlato. Gli autori, in pratica, sebbene l’accordo europeo del 2004 espressamente citato dall’art. 28 come norma guida per la valutazione affermi che lo stress consiste in “una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all’altezza delle aspettative” hanno ritenuto che, in prima battuta, la percezione soggettiva dei lavoratori in ordine alle situazioni possibili fonti di rischio da stress lavoro correlato non fosse un elemento meritevole di essere presa in considerazione. Hanno invece ritenuto che il solo esame, mediante liste di controllo, degli indicatori di rischio “misurabili” sia sufficiente a definire il livello di stress lavoro correlato cui sono soggetti i lavoratori.
Nel caso la valutazione abbia “esito negativo”, vale a dire nel caso in cui i livelli di stress lavoro correlato così determinati si rivelino insignificanti, nessuna ulteriore azione è richiesta al datore di lavoro, salvo il monitoraggio periodico con le stesse procedure. Nel caso invece la valutazione preliminare abbia un “esito positivo”, cioè emergano elementi di rischio “tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi”. 2) Solamente se questi ultimi si rilevano inefficaci, si passa alla valutazione successiva, cosiddetta “valutazione approfondita” e, a solo questo punto, si può prende in considerazione quella che l’accordo europeo identifica come l’unità di misura dello stress lavoro correlato, cioè “la percezione soggettiva dei lavoratori”.
 
Risultati
Nella realtà italiana, a fronte di un limitato numero di casi in cui si è proceduto fin dal principio a prendere in considerazione con vari strumenti (interviste, focus group, questionari) la percezione soggettiva dei lavoratori nel processo di valutazione del rischio da stress lavoro correlato, nella stragrande maggioranza dei casi, la valutazione è stata condotta seguendo il percorso indicato dalla Commissione.
 
A distanza di oltre cinque anni dalla emanazione del D.Lgs. 81/08 che, per la prima volta, indicò espressamente lo stress lavoro correlato come uno dei fattori di rischio da prendere in considerazione nel processo di valutazione, ed a oltre 3 anni dalla emanazione delle indicazioni della Commissione relativamente al percorso riassunto sopra, è possibile trarre un primo bilancio sufficientemente preciso della situazione. Sulla base delle migliaia di documenti di valutazione dei rischi redatti nella maggior parte delle aziende italiane di piccola media e grande dimensione, possiamo affermare con orgoglio che lo stress lavoro correlato si presenta pressoché dappertutto a livelli bassi o francamente inesistenti.
 
Nei pochissimi casi in cui siano stati evidenziati isole di livello “medio” (colorazione gialla secondo il manuale INAIL) le misure prontamente adottate dai datori di lavoro hanno prodotto la riconduzione dei livelli di rischio in area verde, non dovendosi pertanto ricorrere in pressoché nessun caso alla fase della “valutazione approfondita”.
 
Conclusioni.
1) L’applicazione su vasta scala del percorso indicato dalla Commissione nel novembre 2013 ha permesso di accertare, in soli tre anni, che il rischio da stress lavoro correlato in Italia è pressoché insistente. Nei rarissimi casi in cui in base alla valutazione preliminare sui dati “misurabili” ha evidenziato un rischio medio, le misure prontamente messe in atto dai datori di lavoro hanno azzerato o comunque ridotto ai minimi termini il rischio.
2) Il percorso metodologico sopra indicato, ed il successo straordinario da esso ottenuto, si fonda sull’assunto che, contrariamente a quanto generalmente finora riconosciuto a livello scientifico e ripreso anche dall’accordo europeo del 2004, la rilevazione della percezione soggettiva dei lavoratori per la determinazione dei livelli di stress lavoro correlato non sia rilevante per affrontare il problema, ma possa tuttavia essere presa in considerazione in un secondo tempo, a fronte di un eventuale insuccesso delle fasi precedenti; insuccesso peraltro, visiti i risultati ampiamente positivi, del tutto improbabile.
3) L’esperienza italiana, che ha permesso in soli tre anni di debellare un fattore di rischio che nel resto d’Europa costituisce un problema sanitario e sociale di rilevanza drammatica, andrebbe fatta propria dall’EU-OSHA e senz’altro proposta come standard di riferimento per tutti i Paesi dell’Unione.



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Rispondi Autore: Stefano Bocchino - likes: 1
01/04/2015 (08:55:48)
Articolo più che condivisibile. C'è da aggiungere che, applicando il metododo proposto, i fattori "sentinella" incidono solamente se sono in aumento nell'ultimo anno. Quindi se io ho una situazione pessima (come infortuni, rotazione personale, assenze, ecc.), ma costante, per il metodo proposto allora non c'è problema!!
(c'è anche da dire che se da consulente esterno vai da un DDL di PMI e gli dici di fare interventi per diminuire lo stress LC questo ti spara fuori dalla finestra...)
Rispondi Autore: @Paukzen Federico Incandenza - likes: 2
01/04/2015 (09:26:45)
All'inizio l'articolo mi sembrava ironico (cit. "dei 54 milioni di lavoratori europei esposti a rischio di stress lavoro correlato, nemmeno uno si trova in Italia").
Da una ricerca ISPESL del 2005 condotta in Veneto è emerso che tra i lavoratori che denunciavano un qualche problema sul lavoro lo stress era il primo fattore (26,9%), registrando percentuali simili all'Europa.
Purtroppo per tutti credo le valutazioni siano un po' sottovalutate "pilotate".
Buon lavoro
Rispondi Autore: Sabina Spagnolo - likes: 0
01/04/2015 (10:03:57)
è uno scherzo del primo di aprile?
Rispondi Autore: Samuela Guglielmi - likes: 0
01/04/2015 (10:13:27)
i risultati dovrebbero portarci a rivalutare il metodo invece che a festeggiare... chiunque passi un po' di tempo nelle aziende ha la chiara percezione che il problema ci sia. ma col metodo usato lo stess risulta sempre non rilevante... concordo sulla necessità di avere uno strumento veloce per una prima valutazione ma lo strumento va sicuramente corretto (basterebbe dare il giusto peso ai rischi che possono comportare danni permanenti alla salute o comunque che sono stati stimati alti nella valutazione dei rischi perchè c'è il danno non improbabile di morte del lavoratore) e i risultati di questo studio lo confermano in maniera inequivocabile. l'autore, che ringrazio, ha dato chiarissima evidenza del problema con un taglio ironico di indiscussa eleganza.
Rispondi Autore: Antonio Floriani - likes: 0
01/04/2015 (10:20:04)
Vi posso confermare che la valutazione del rischio stress lavoro correlato se fatta su base oggettiva da sempre risultati superficiali e sembra che lo stress non esista
Se andiamo a farla su base soggettiva, vi confermo che per certi ruoli e certe mansioni lo stress è molto elevato ed a livello patologico nelle percentuali citate da veneto e Unione Europea
Basterebbe che la valutazione stress lavoro correlato la facessero i medici di base per far emergere dati più attendibili. Chiedete loro perchè ansiolitici, sedativi ipnotici, antidepressivi sono in seconda posizione di vendita dopo gli antidolorifici/antinfiammatori?
Rispondi Autore: Gianfranco CUZZUCOLI - likes: 0
01/04/2015 (10:50:45)
la Sicurezza e la Salute nei Luoghi di lavoro in Italia purtroppo è ricondotta solamente ad Infinità di carta straccia senza nessuna valenza. Non c'è da meravigliarsi, per come stanno le cose, che ci si limiti ad una valutazione preliminare non facendo scaturire un rischio medio-alto di slc. quando si baderà più alla sostanza che alla forma forse forse i livelli oggettivi di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro miglioreranno.
Rispondi Autore: Harleysta - likes: 0
01/04/2015 (11:05:24)
...è forte la redazione di puntosic, questo pesce d'aprile è uno spettacolo...
Rispondi Autore: Arch. Andrea Iovino - likes: 1
01/04/2015 (11:22:13)
Meraviglioso constatare che siamo sempre i migliori: abbiamo imprese e aziende virtuose prime in Europa!Valutiamo i rischi in maniera sostanziale e non formale e non ci limitiamo a riempire con le crocette i questionari per valutare il rischio stress lavoro correlato. Tutto ciò mi conforta. Mah...sarà vero?
Rispondi Autore: Damiano Guerra - likes: 0
01/04/2015 (13:28:53)
Avrò fatto più di 200 valutazioni stress lavoro-correlato, le volte in cui il risultato è stato medio sono poche, ma non rare. Ovviamente il discorso cambia se a rispondere è un datore di lavoro, il quale normalmente non coglie il significato dei quesiti
Rispondi Autore: Marco Galbiati - likes: 0
01/04/2015 (17:21:40)
Sono d'accordo con la collega Sabina. Bello scherzo di primo aprile!!!! debellare in Italia qualcosa di pilotabile.....
Rispondi Autore: Mauro Queirolo - likes: 0
01/04/2015 (18:29:36)
Spero (e credo) l'articolo sia stato fatto in senso ironico... I parametri "da crociare" che, normalmente, si prendono in considerazione per effettuare la valutazione dello stress correlato al lavoro sono, nella quasi totalità dei casi ed al minimo, incompleti e per niente esaustivi. Specialmente di questi tempi, basta girare per le aziende e, attraverso un minimo di dialogo con i dirigenti ed i lavoratori tutti, si capisce che questa problematica è totalmente sottovalutata ma, certamente, presente ed oltre il livello di guardia!
Rispondi Autore: Boussedra Majid - likes: 0
02/04/2015 (00:09:16)
Spero che chi ha scritto stia scherzando! Ha raccontato la favola di Alice nel paese delle meraviglie. Spero che non lo legga nessun precario dei Call Center, lavoratori dei centri commerciali o Amazon per non parlare delle centinaia di migliaia di operai/e nelle catene di montaggio...
E l'ennesima figuraccia di fronte all'Europa.
Rispondi Autore: Stella Lazzarini - likes: 0
02/04/2015 (07:40:23)
Carissimi, vi leggo e mi chiedo dove stia esattamente il problema, sono una psicologa e mi rivolgo a tutti voi e in particolare ai miei colleghi.
Da anni mi occupo di valutazioni di rischio stress lavoro-correlato e a differenza dei miei colleghi fatico ad effettuare, all’interno dei SPP, valutazioni con rischio basso.
Non comprendo esattamente l’accanimento o viceversa la promozione di un metodo piuttosto che un altro. Nessun metodo mi ha mai sollevata dalle competenze che dovevo sviluppare in quanto consulente. Competenze di tipo organizzativo/trasversali di processo e di supporto.
Competenze che spaziano dalla psicologia alla sicurezza, dall’economia alla giurisprudenza.
Purtoppo nessun metodo può dare tutto, ma suggerire, stimolare e accompagnare!
Sorrido quando i miei colleghi propongono un metodo puttosto che un altro o un questionario piuttosto che un altro neanche fosse lo strumento in assoluto a determinare la capacità di analisi.
Non basta inserire obbligatoriamnete le valutazioni soggettive, non basta fare una raccolta di dati oggettivi, occorre analizzare, contestualizzare e riflettere sui dati emersi.
COME rilevare, CON QUALI COMPETENZE e COSA fare con quanto rilevato!
Basta parlare di metodo, parliamo seriamente di rischi trasversali e di benessere organizzativo!
Iniziamo a preoccuparci seriamente di salute e benessere dei lavoratori all’interno di un processo culturale che deve cambiare anche con il nostro aiuto!
Rispondi Autore: Giovanni - likes: 0
02/04/2015 (09:15:41)
E' stupefacente che qualcuno nutra seri dubbi sul tenore dell'articolo (ovviamente ironico). E stupisce anche che qualcunaltro non colga (forse nel tentativo di utilizzare retoricamente una finta ingenuità) il punto sollevato: non viene promosso o bocciato questo o quel metodo, bensì richiamata l'attenzione sul fatto che archiviare la pratica "stress lavoro correlato" a buon mercato, evitando la valutazione soggettiva, non pare propriamente in linea con quanto richiesto dalla legge (accordo europeo 2004 espressamente richiamato nel T.U. 81/2008). E non è sicuramente in linea con il buon senso, stando ai clamorosi risultati di successo italico ironicamente sbandierati nell'articolo qui pubblicato.
Rispondi Autore: Luigi Orlando - likes: 0
07/04/2015 (19:58:25)
Faccio questo mestiere da oltre 20 anni. Ho fatto anche io numerose valutazioni dei rischi in vari settori, tra cui lo stress lavoro correlato.
Effettivamente il risultato non è andato oltre il rischio medio, che a mio parere e già un grosso campanello d'allarme per tutti in primis per il Datore di Lavoro. Detto questo oggi mi sono arrabbiato moltissimo perchè ho visto una valutazione dei rischi completa (fatta a 150 Euro) a loro dire,per me era carta straccia vi erano solo foglio stampati di un noto software. Quindi di che stiamo parlando se in giro ci sono questi " professionisti" non ho parole. Saluti a tutti i professionisti seri, Luigi ORLANDO
Rispondi Autore: Harleysta - likes: 0
08/04/2015 (08:32:15)
...eeehhhh, caro Orlando, ha scoperto l'acqua calda, ormai funziona tutto così: software, copia/incolla, ecc. sicuramente manco vanno in azienda, almeno per quella cifra...
Rispondi Autore: Giovanni - likes: 0
21/05/2015 (08:58:29)
Ed ecco la news con cui l'INAIL sbandiera il successo italiano: "Gestione dello stress lavoro correlato, l’Italia all'avanguardia in Europa" (rintracciabile nel sito istituzionale dell'INAIL). Secondo un'indagine promossa proprio dall'EU-OSHA "L’Italia si posiziona tra i primi cinque Stati europei per la gestione dello stress lavoro correlato e i piani di azione messi in campo per fronteggiarne i rischi." Devo forse ricredermi circa il tono ironico del post qui sopra pubblicato da PuntoSicuro? Che sia profetica la conclusione numero 3): "L’esperienza italiana, che ha permesso in soli tre anni di debellare un fattore di rischio che nel resto d’Europa costituisce un problema sanitario e sociale di rilevanza drammatica, andrebbe fatta propria dall'EU-OSHA e senz'altro proposta come standard di riferimento per tutti i Paesi dell'Unione."? Mah!
P.S.: pubblicherei il link della news INAIL, per chi fosse interessato, ma temo non sia consentito dalla "policy dei commenti" di PuntoSicuro.

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