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Spazi confinati: il rischio azoto nel settore chimico e farmaceutico

Spazi confinati: il rischio azoto nel settore chimico e farmaceutico
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Spazi confinati

05/07/2017

Un intervento si sofferma sul rischio azoto nel settore chimico/farmaceutico e sulle implicazioni nei lavori in appalto. L’approccio metodologico per le perdite di azoto, gli spazi confinati, la manutenzione di serbatoi/vasche e i lavori in appalto.

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Spazi ed ambienti confinati
Informazione e formazione dei lavoratori (D. Lgs. n. 81, 9 aprile 2008, Artt. 82 e 66 e DPR n. 177/2011)

 

Modena, 5 Lug – Anche se in alcune attività i rischi relativi agli spazi confinati possono essere limitati è necessario prendere comunque le giuste precauzioni, ad esempio:

- “valutare i rischi in modo completo;

- identificare in modo chiaro gli spazi confinati o sospetti di inquinamento;

- erogare idonea formazione;

- prevedere per ciascuno spazio confinato le idonee procedure;

- per lavoro in appalto prevedere la emissione di un permesso lavori e duvri;

- prevedere sempre la gestione delle emergenze”.

 

Sono alcune indicazioni delle precauzioni prese da un’azienda nel settore chimico/farmaceutico e raccontate in un intervento al 6° convegno nazionale sulle attività negli spazi confinati, dal titolo “ Confined Spaces Safety: something new?”, un evento organizzato nell’ambito del progetto “ A Modena la sicurezza sul lavoro in pratica” dal Centro di Ricerca Interdipartimentale sulla Sicurezza e Prevenzione dei Rischi C.R.I.S. e dall’ European Interdisciplinary Applied Research Center for Safety (Modena, 23 novembre 2016).

 

Nell’intervento “Rischio azoto nel settore chimico/farmaceutico e implicazioni nei lavori in appalto”, a cura di Andrea Volpato (Corporate HSE CHIESI Farmaceutici SpA), sono affrontati diversi argomenti: pericolo azoto nei locali di lavoro (modalità di valutazione dei rischi),  pericolo azoto in spazi confinati (identificazione degli “spazi confinati”, permessi di lavoro e modalità di consegna delle aree); lavori in appalto in spazi confinati (predisposizione DUVRI + applicazione DPR 177/11, esempi di schede informative). 

 

Riguardo all’azoto liquido e ai serbatoi, con riferimento specifico all’esperienza dell’azienda farmaceutica, gli elementi di criticità possono essere: “i riduttori; le connessioni agli impianti; rubinetti”, e benché nell’azienda la linea è per gran parte saldata si è ipotizzato anche una “rottura di una linea (molto improbabile)”.

E se molte fonti autorevoli, come i produttori di gas tecnici “danno indicazioni diverse nell’identificare diversi livelli soglia di ossigeno (legata anche al tempo di presenza nell’area)”, nell’azienda Chiesi è stata fatta questa scelta:

- 19.5% “come proporzione minima nei luoghi di lavoro senza effetto sull’uomo;

- 19%, condizione in cui l’organismo entra in uno stato di sofferenza ancorché non percepibile;

- 18%, condizione in cui intervengono i primi sintomi di malessere da carenza di ossigeno;

- 14% perdita di conoscenza e morte”. 

Questo l’approccio metodologico:

- “poiché non esiste una normativa tecnica di riferimento per la determinazione del rischio di perdita di azoto da un impianto, viene proposto di operare in analogia con quanto si fa per la valutazione del rischio ATEX e utilizzare i riferimenti normativi della guida CEI 31-35;

- il cap. GB.3, relativo ai ‘Fori di emissione dovuti a guasto ed emissioni strutturali’, permette di stimare la dimensione dei fori in funzione della tipologia di componente soggetta a guasto, strategia di manutenzione, dimensione dei componenti;

- la normativa ATEX non richiede di ipotizzare il cedimento di più componenti contemporaneamente, quindi si tratta di individuare gli elementi di linea più pericolosi presenti nel locale”.

L’approccio adottato ha “successivamente trovato conferma in uno studio commissionato da altra azienda farmaceutica presente nella zona del Lazio all’università La sapienza di Roma, nel 2008”. E su queste basi “è stato elaborato un foglio elettronico che consente di valutare la quantità di azoto che deve essere rilasciata in ambiente da un’eventuale perdita per raggiungere i 3 livelli di soglia così definiti:

- ALERT, ossigeno residuo 19,5% (accettabile);

- ACTION, ossigeno residuo 18% (allarme);

- DEATH, ossigeno residuo 14% (condizione non accettabile neanche con sistemi di rilevazione)”.

Si segnala poi che gli elementi di impianto determinanti nel generare il rischio di asfissia sono principalmente:

- “livello e tipologia della ventilazione (n. di ricambi d’aria);

- pressione dell’azoto nella linea;

- tipologia costruttiva delle linee: materiale tubazioni, tipologia di giunzioni, connessioni con flessibili;

- eventuale presenza di valvole di sicurezza/dischi di rottura non convogliati in area sicura;

- presenza di punti di campionamento”. 

L’analisi dei rischi ha dunque messo in evidenza nell’azienda la “sostanziale coerenza delle scelte impiantistiche adottate e non ha richiesto l’installazione di nuovi impianti di monitoraggio. Sono state però effettuate le seguenti azioni:

- eliminazione delle prese di azoto libere in reparto o protezione con «cieche»;

- riduzione della pressione di esercizio delle linee di azoto (ove applicabile);

- limitazione della portata di efflusso (ove applicabile);

- allarme per guasto impianto di condizionamento;

- verifica del convogliamento in zona sicura degli scarichi di sicurezza;

- rivalutazione del sistema di gestione delle emergenze”.

 

Riguardo al pericolo azoto negli spazi confinati, sono riportate alcune soluzioni per la manutenzione di serbatoi/vasche:

- “procedure operative che indicano al personale operante in aree di pericolo le misure da adottare. In particolare: manutenzioni impianti e macchine, con indicazioni su attività in spazi confinati e la necessità di stilare permesso di lavoro; procedure di reparto per bonifica impianti; procedure di emergenza, compreso il recupero di personale”;

- “gli spazi confinati sono opportunamente segnalati” (nel documento sono presenti immagini della codificazione degli spazi confinati, “perché per ogni tipologia esistono indicazioni per la corretta gestione”;   

- “se l’attività viene svolta da esterni ci sono specifiche procedure conformi al DPR 177/2011”. 

 

Nel documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, sono poi riportate diverse indicazioni, con esempi di procedura operativa, per i serbatoi di reparto, anche in relazione alla modalità di gestione delle emergenze.

A questo proposito, si fa riferimento anche al fatto che il recupero in emergenza di una persona dall’interno di un serbatoio di reparto “comporta dei seri problemi in quanto la conformazione dei locali e la ridotta altezza esistente fino al controsoffitto (che essendo in classe di sterilità non può essere rimosso), rende impossibile l’uso di un treppiedi o altro supporto presente in commercio”. E per risolvere questo problema l’azienda Chiesi ha “proceduto direttamente alla progettazione e alla realizzazione di una struttura idonea per il supporto del sistema di recupero (argano a mano) certificato CE. Assieme alla struttura, Chiesi ha provveduto anche alla realizzazione di un manuale di uso e manutenzione e ad una procedura di recupero molto dettagliata in quanto per il recupero della persona è necessaria una imbracatura di sicurezza aggancio anteriore e uno frontale e diversi passaggi”.

 

Riportiamo, in conclusione quanto indicato dalla relazione (che si sofferma anche su piani di lavoro e permessi di lavoro) sui lavori in appalto in spazi confinati.

 

In caso di appalti esterni e con spazi confinati viene redatto un DUVRI che:

- “informa sui rischi interferenziali;

- indirizza il rispetto del DPR 177/2011, ovvero: nomina del Rappresentante del datore di lavoro (ai sensi dell’art 3 del DPR 177/2011) con funzione di indirizzo/coordinamento/verifica; richiede lettera firmata dal DDL ditta appaltatrice sul rispetto del Decreto (esperienza triennale, formazione, procedure di emergenza, sorveglianza sanitaria..); richiede elenco personale impiegato; richiede formazione personale impiegato; verbale di coordinamento; richiede la presenza di un piano di lavoro specifico; richiede la compilazione di un idoneo permesso di lavoro”.

 

 

Rischio azoto nel settore chimico/farmaceutico e implicazioni nei lavori in appalto”, a cura di Andrea Volpato (Corporate HSE CHIESI Farmaceutici SpA), intervento al VI convegno nazionale sulle attività negli spazi confinati “Confined Spaces Safety: something new?” (formato PDF, 2.16 MB).

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sui rischi relativi agli spazi confinati

 

 

Tiziano Menduto



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