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Rischi da campi elettromagnetici: la valutazione iniziale

Rischi da campi elettromagnetici: la valutazione iniziale
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi campi elettromagnetici

09/04/2018

L’esposizione ai campi elettromagnetici con riferimento alla valutazione del rischio secondo le indicazioni della guida non vincolante della Commissione Europea. Focus sulla valutazione iniziale e sulle situazioni di lavoro più comuni.

Bologna, 9 Apr – Se il 29 giugno 2013 è stata pubblicata la Direttiva europea 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici (CEM) e la direttiva è stata poi recepita in Italia con il Decreto legislativo del 01 agosto 2016, n. 159, un utile supporto per i datori di lavoro soprattutto delle piccole e medie imprese (PMI) è fornito dalla Guida pratica in tre volumi della Commissione europea "Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della Direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici".

 

In particolare il primo e il secondo volume della Guida forniscono un approccio metodologico e consigli di buona pratica utilizzabili da ogni datore di lavoro per la gestione dei rischi associati all’esposizione ai campi elettromagnetici. Ed è spiegata l'applicazione pratica dell'approccio alla valutazione del rischio e i vari passi da seguire nel processo di valutazione, un approccio che è coerente con quello suggerito dalla piattaforma OiRA (Online Interactive Risk Assessment) che si sviluppa attraverso quattro fasi principali: preparazione, identificazione, valutazione e piano d'azione.


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La guida non vincolante e la valutazione del rischio CEM

Ad affrontare il tema della valutazione del rischio CEM partendo da quanto contenuto nella guida vincolante è un intervento che si è tenuto al convegno “dBAincontri2016 - Campi Elettromagnetici nei luoghi di lavoro. Legislazione, Valutazione, Tutela” (Bologna, manifestazione “Ambiente Lavoro”, 21 ottobre 2016) e che è contenuto in una pubblicazione che raccoglie gli atti del convegno.

 

Nell’intervento “Esposizione ai campi elettromagnetici: la valutazione del rischio secondo le indicazioni della guida non vincolante della commissione europea”, a cura di Gian Marco Contessa (ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile), si segnala che l’approccio presentato dalla Guida è “valido per tutti gli ambienti di lavoro, e può essere applicato anche a casi pratici diversi da quelli illustrati dai casi studio del secondo volume. Il processo è suddiviso in blocchi: quanto più la valutazione dei rischi è complessa, tanto più il datore di lavoro deve proseguire ai blocchi successivi”. Tuttavia in molti casi comuni la Guida fornisce “gli strumenti necessari per semplificare la procedura e condurla a termine già nella fase iniziale”.

 

Ci soffermiamo oggi proprio sulla fase di valutazione iniziale e sulle situazioni di lavoro più comuni.

 

La valutazione iniziale e le situazioni di lavoro più comuni

Il relatore indica che la prima fase del processo di valutazione del rischio “parte con un’ispezione iniziale dell’ambiente finalizzata all’inventario delle sorgenti CEM presenti e all’analisi del luogo di lavoro, delle pertinenti attività e della presenza o meno di lavoratori particolarmente sensibili (portatori di dispositivi medici impiantati attivi o passivi, lavoratori con dispositivi medici portati sul corpo, lavoratrici in gravidanza)”.

Il principale strumento operativo da utilizzare in questa fase iniziale è la Tabella 3.2, fornita nel primo volume della guida, che “riporta una lista di apparecchiature, attività e situazioni lavorative comunemente presenti nei luoghi di lavoro, classificate secondo le azioni da intraprendere per la valutazione del rischio anche in considerazione della presenza di soggetti sensibili, coerentemente con la filosofia già delineata dalla norma CENELEC EN50499 (recepita dal CEI nel 2009) applicativa della Direttiva 2004/40/CE”. Nella prima colonna della lunga tabella è dunque riportato “un elenco di attrezzature/ambienti di lavoro e nelle altre tre colonne l’indicazione della necessità o meno di una valutazione specifica in funzione della categoria di lavoratore interessato”. E si distingue “la condizione di utilizzo diretto da parte del lavoratore da quella di ambiente contenente il dispositivo, dal momento che le due condizioni richiedono un differente livello di valutazione nel caso dei soggetti sensibili”.

 

Nel caso di attività contrassegnate con un “No” in tutte e tre le colonne relative alle categorie di lavoratori “non è necessario effettuare una valutazione specifica (pur se rimane la necessità di una valutazione generale dei rischi ai sensi della direttiva quadro)”: il processo “si può concludere quindi in questa fase, semplicemente con la consultazione e l'applicazione nel contesto lavorativo della Tabella 3.2”.

 

Se invece, ad esempio, nella colonna dei lavoratori con dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA) compare un “Sì”, “si intende che in quel caso è richiesta una valutazione specifica per quella categoria, ed è quindi necessario procedere alle fasi successive del processo di valutazione - e ai capitoli successivi della Guida. I limiti imposti dalla Direttiva 2013/35/UE non garantiscono infatti un’adeguata protezione dei lavoratori esposti a rischi particolari”. E si ricorda, inoltre, che, “come riportato correttamente in alcuni punti della Guida, i livelli per la popolazione forniti dalla Raccomandazione 1999/519/CE possono servire da riferimento per la protezione dei lavoratori particolarmente a rischio solo in termini generali”.

In questi casi “è di supporto l’Appendice E della Guida, che presenta una rapida panoramica anche sugli effetti indiretti e sui lavoratori particolarmente sensibili, relativamente ai quali vengono fornite indicazioni aggiuntive per effettuare la valutazione del rischio (in particolare per informazioni specifiche relativamente ai lavoratori con DMIA si rimanda all’approccio delineato dalle norme della serie EN50527-1-X)”.

 

Si segnala poi che è interessante il caso studio dell’ufficio nel secondo volume, caso che mostra “come anche in un luogo di lavoro tra i più comuni, in cui apparentemente non sono riscontrabili sorgenti CEM di interesse protezionistico, possono comunque essere presenti apparecchiature come i laptop collegati al Wi-Fi o i telefoni senza filo che, in alcune condizioni di utilizzo, potrebbero costituire un rischio per i lavoratori portatori di DMIA”.

 

La valutazione e la responsabilità dei datori di lavoro

Poiché i casi presenti nella Tabella 3.2 “che non comportano la necessità di valutazioni specifiche si riferiscono ad apparati/condizioni espositive che non implicano rischi apprezzabili per la salute (apparecchiature conformi a norme recenti sulla limitazione dell’esposizione, sottoposte a corretta manutenzione, utilizzate come previsto dal fabbricante), sarà responsabilità del datore di lavoro dimostrare l’aderenza a tali requisiti dal momento che in caso contrario le indicazioni riportate potrebbero non essere applicabili”. E comunque i datori di lavoro “dovranno tener conto di eventuali mutamenti delle condizioni espositive nel tempo”.

 

Il processo di valutazione in un sistema virtuoso

Si ricorda, infine, che “in un sistema virtuoso il processo di valutazione dovrebbe partire già in fase di progettazione dell’attività produttiva, come è mostrato nel secondo volume della Guida nell’ esempio dell’elettrolisi: in questo caso studio l’impianto considerato era relativamente nuovo e già la progettazione aveva preso in considerazione le problematiche di sicurezza dai CEM, effettuando una modellizzazione teorica dei campi generati dalle sorgenti previste. Questo approccio ha permesso di attuare sin dall’inizio una serie di misure di protezione e prevenzione, al punto che non è stato necessario adottare alcuna azione supplementare successivamente alle valutazioni effettuate nell’ambito dello studio”.

 

In ogni caso se anche l'approccio metodologico non fosse applicato sin dalla fase di progettazione, l'analisi preliminare condotta con l'ausilio della già citata Tabella 3.2 della Guida consente comunque, “nella maggior parte delle realtà lavorative, di semplificare notevolmente il processo di valutazione del rischio”.

 

Concludiamo ricordando che l’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche su:

  • la valutazione dell’esposizione tramite analisi documentale o banche dati;
  • la valutazione dell’esposizione tramite misurazioni e/o calcoli;
  • la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione e protezione;
  • la valutazione del rischio in caso di deroga.

 

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “ dBAincontri2016 - Campi Elettromagnetici nei luoghi di lavoro. Legislazione, Valutazione, Tutela”, pubblicazione che raccoglie gli atti dell’omonimo convegno (Bologna, 21 ottobre 2016) e a cura di S.Goldoni, P.Nataletti, N.Della Vecchia, O.Nicolini (formato PDF, 9.01 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Campi Elettromagnetici nei luoghi di lavoro”.

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione Europea - Direttiva 2013/35/UE del 26 giugno 2013 - Disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) che ha abrogato la direttiva 2004/40/CE a decorrere dal 29 giugno 2013.

 

Decreto legislativo 1 agosto 2016, n. 159 - Attuazione della direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) e che abroga la direttiva 2004/40/CE. (16G00172).

 

 

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