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Buone prassi per una movimentazione centrata sulla persona

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Linee guida e buone prassi

04/12/2013

Una buona prassi validata mostra la possibilità di passare nelle strutture sanitarie da una movimentazione centrata sull’operatore a una movimentazione centrata sulla persona. Il nuovo modello e il decalogo della movimentazione manuale dei pazienti.

Roma, 4 Dic – Una recente buona prassi validata dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza ci permette di fare un confronto sul tema della movimentazione dei pazienti tra la situazione italiana e quella inglese.
Attraverso i pochi dati disponibili, si nota in molte realtà italiane:
- un aumento degli infortuni e delle assenze per malattia;
- la comparsa di nuove sedi delle lesioni da sforzo.
Invece in Inghilterra, si rileva la riduzione degli infortuni (azzerati in alcuni ospedali) e la riduzione delle assenze per malattia fino all’80%.
 
Quali le ragioni di questa diversità?
Secondo gli studi effettuati dall’ Associazione culturale IGIEA - associazione che svolge attività di ricerca nell’ambito della formazione finalizzata alla sicurezza sui luoghi di lavoro in collaborazione con l’Inail/ex Ispesl, il Collegio IPASVI di Roma e l’azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini di Roma ed ASCLEPION Lazio – le ragioni “sembrano essere legate alla scelta del modello concettuale Bio Meccanico che attualmente orienta la lettura della realtà e la scelta delle misure di prevenzione da adottare basate sull’addestramento alle tecniche di movimentazione manuale dei malati e all’utilizzo degli ausili meccanici, questi ultimi considerati strumento essenziale per l’eliminazione del rischio alla fonte”. Approccio definito in Igiea come movimentazione centrata sull’operatore.
 
Invece in Inghilterra, e non solo, la strategia della prevenzione dei rischi lavorativi ha preso una strada completamente diversa che “trova espressione in una dichiarata politica di tutela del malato considerata il momento fondamentale del processo della tutela della salute dei lavoratori”. E a partire dall’esperienza inglese, “pragmatica e ispirata alla soluzione dei problemi direttamente sul campo piuttosto che alla loro misurazione, a partire dal 1998, l’associazione IGIEA ha sviluppato il modello professionale definito “movimentazione centrata sul malato”.
 
Veniamo dunque alla buona prassi validata nella seduta del 27 novembre 2013 dal titolo “Movimentazione Centrata sulla Persona (MCP)”, secondo un modello elaborato in IGIEA dal Dott. Massimo Ragonesi e dal Dott.Alessandro Perrone a partire dal 1996.
 
In particolare questa nuova interpretazione della movimentazione dei pazienti “determina il passaggio da una movimentazione centrata sull’operatore a una movimentazione centrata sulla persona perché rivolta non solo al paziente ma a qualunque persona sana che ha bisogno di aiuto per compiere i movimenti necessari a soddisfare i propri bisogni”.
La sperimentazione del modello MCP iniziata nel 2000 è stata attuata in diverse strutture sanitarie e case di cura e ha dimostrato che è possibile “l’eliminazione dei fattori ostacolanti l’autonomia del malato a livello dell’ambiente terapeutico, organizzativo e relazionale e che l’utilizzo di ausili per l’autonomia consente di eliminare o ridurre efficacemente la domanda di MMM” (movimentazione manuale dei malati).
 

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Gli obiettivi formativi del modello della MCP sono:
a) “fare acquisire conoscenze teoriche e aggiornamenti in tema di movimentazione centrata sul paziente secondo il modello Bio Psico Sociale della salute OMS;
b) fare acquisire abilità manuali, tecniche o pratiche in tema di valutazione dell’interazione dinamica persona/ambiente/infermiere e valutazione dello sforzo fisico;
c) fare migliorare le capacità relazionali e comunicative in tema di personalizzazione dell’assistenza infermieristica”.
 
La modalità formativa utilizzata ha alla sua base alcuni concetti fondamentali:
- “il modello concettuale di D. Orem: permette la condivisione di obiettivi assistenziali realmente raggiungibili in quanto secondari ad una accurata analisi delle risorse residue del paziente e ad una pianificazione ad hoc degli interventi;
- trasformare una prestazione in un processo: l’attività laboratoriale, attuata attivando un processo di learning organization, crea una condizione di continuità tra l’evento formativo e la pratica;
- la modalità formativa attuata ha come obiettivo principale quello di organizzare le conoscenze già presenti nel core formativo del professionista infermiere e, insieme con una rilevante parte esperienziale, creare nuove modalità di approccio al problema”.
 
Inoltre gli strumenti utilizzati nel percorso formativo, utili per implementare il documento della sicurezza sono:
- “scala di Borg: permette di rilevare lo sforzo fisico percepito da un soggetto; è uno strumento comunemente utilizzato nelle prove cardiologiche da sforzo e gode di una validità strumentale attraverso il confronto tra sforzo fisico percepito e risultati elettromiografici;
- indice di Braden: è un indice utilizzato nell’assistenza infermieristica per determinare il livello di rischio che presenta un paziente di sviluppare lesioni da pressione; comprende 6 variabili e, nello studio presente, è stata considerata esclusivamente la variabile mobilità, in quanto era necessario utilizzare un criterio, per definire il livello di autosufficienza del paziente, che fosse di semplice comprensione e che permettesse di differenziare il livello di autosufficienza su più variabili rispetto al criterio dicotomico non collaborante-parzialmente collaborante dell’indice MAPO;
- scheda dell’interazione dinamica persona-ambiente-infermiere: questa scheda viene utilizzata durante la formazione d’aula per valutare l’ambiente terapeutico nel quale si svolge l’attività di movimentazione-riabilitazione con una modalità metodologicamente corretta e standardizzata;
- griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MMM - gruppo A: questa scheda ha permesso di indicare lo sforzo fisico percepito dall’operatore per ogni singola fase di attività di movimentazione predefinite (spostamento letto-sedia e spostamento sul letto da laterale a controlaterale);
- griglia per la valutazione dell’impegno dell’operatore durante la MMM - gruppo B: questa scheda indica lo sforzo fisico percepito dall’operatore per ogni singola fase di attività di movimentazione predefinita (spostamento letto-sedia e spostamento sul letto da laterale a controlaterale); in questa scheda viene inoltre identificato il tipo di intervento assistenziale effettuato secondo il modello concettuale di D. Orem (intervento in sostituzione di forza, in integrazione di forza, in educazione o nessun intervento); nella scheda vengono anche segnalati gli eventuali ostacoli, della persona o dell’ambiente terapeutico, che il discente ha imparato a osservare e valutare con le schede dell’interazione dinamica persona-ambiente-infermiere”.
 
Nella presentazione delle buone prassi non solo sono presenti alcuni esempi di schede e griglie utilizzabili nel percorso formativo, ma è riportato un decalogo della movimentazione manuale dei pazienti (tratto da E. Occhipinti):
1. “Mantieni quanto più possibile posizioni simmetriche;
2. Usa contemporaneamente le due mani;
3. Tieni il carico quanto più vicino possibile al corpo;
4. Effettua il movimento regolarmente e senza scatti o movimenti bruschi;
5. Evita le torsioni del tronco, ruotando l’intero corpo;
6. Evita le inclinazioni laterali del tronco effettuando un passo lateralmente;
7. Nel sollevare carichi da terra riduci la flessione del tronco flettendo anche le ginocchia;
8. Colloca gli oggetti più pesanti nella zona compresa tra l’altezza delle spalle (cm 140) e quella delle nocche a braccia rilasciate lungo il corpo (cm 70);
9. Usa uno sgabello o una scaletta se devi porre un oggetto al di sopra dell’altezza del capo evitando così di inarcare troppo la schiena;
10. Chiedi la collaborazione di un collega se il carico da movimentare è pesante o troppo ingombrante”.
 
Riportiamo anche alcune raccomandazioni per la movimentazione sicura dei pazienti secondo il modello MCP di Igiea.
 
Ad esempio “prima di effettuare un intervento di movimentazione manuale di un paziente, valutare se esiste una valida alternativa”. “Se il paziente non è autosufficiente o la sua movimentazione comporta particolari rischi per lui o per chi lo assiste, utilizzare un sollevapazienti meccanico. In tutti gli altri casi, potenziare il livello di autonomia del paziente per consentirgli, laddove possibile, di provvedere ai movimenti in modo autonomo”, infatti “l’80% dei pazienti appartenenti ad un campione di 1200 persone appartenenti a tutte le aree sanitarie trattato secondo i principi della MCP può migliorare il proprio livello di autonomia”.
Se poi non è possibile evitare un intervento di movimentazione di un paziente, “scegliere il metodo più appropriato”.
Un metodo di movimentazione manuale “è appropriato quando è:
- sicuro dal punto di vista lavorativo e clinico;
- deontologicamente corretto;
- coerente con le finalità assistenziali-terapeutiche-riabilitative;
- adeguato rispetto alle caratteristiche del paziente e al contesto specifico nel quale si deve svolgere l’attività rispondente alle Buone Prassi esistenti”.
 
Concludiamo riportando i risultati raggiunti.
 
L’esperienza ha infatti dimostrato “che l’applicazione del modello MCP di Igiea, rispetto all’approccio tradizionale (tecniche di movimentazione standard), a parità di condizioni di lavoro riduce lo sforzo fisico del 39%. La riduzione dello sforzo fisico è determinato dal miglioramento dell’autonomia dei pazienti trattati nell’80% circa del campione in conseguenza della corretta gestione (in alcuni casi eliminazione) di 9 fattori di rischio appartenenti a tre nuove categorie identificate dal modello IGIEA e su 2 nuovi fattori di rischio appartenenti alle vecchie categorie”.
Inoltre una ulteriore esperienza di laboratorio “ha mostrato che è possibile ridurre lo sforzo fisico percepito dagli infermieri di un ulteriore 40% utilizzando letti elettrici con caratteristiche tecniche definite. La possibilità di utilizzare i letti elettrici ha permesso agli infermieri coinvolti nel progetto di intervenire su altri 4 fattori di rischio appartenenti a 2 delle nuove categorie di fattori di rischio”.
 Lo studio ha poi permesso di evidenziare che l’attività di movimentazione da “prestazione”, “ossia attività che ha alla base uno standard definito, può essere reinterpretata in chiave di processo riabilitativo, consentendo una applicazione più estesa di quanto previsto in materia di responsabilità professionale (profilo professionale degli infermieri), utilizzando le competenze acquisite con la formazione di base e permanente, la capacità di analisi e di osservazione, implementata dalle conoscenze necessarie per dare una risposta assistenziale appropriata al paziente basata sulla analisi della situazione, sulla definizione delle risorse e degli obiettivi condivisi con il paziente e sulla valutazione dei risultati (processo di nursing)”.
 
Veniamo infine ai benefici evidenziati.
 
Per la sicurezza sui luoghi di lavoro:
- riduzione dei rischi da MMC (fino all’80% di riduzione dello sforzo fisico con l’introduzione di ausili per l’autonomia e letti elettrici; sforzo fisico, in molti casi, di livello estremamente basso e non a rischio di lesioni);
- riduzione, in termini qualitativi e quantitativi, la domanda di movimentazione nell’80% dei malati osservati;
- riduzione del numero dei certificati con limitazione lavorativa per MMC (35.000 circa in Italia);
- riduzione del peso delle limitazioni contenute nei certificati di idoneita con prescrizione”.
 
Per il malato:
- “miglioramento della qualità del servizio assistenziale;
- miglioramento del livello di autonomia dell’80% dei malati osservati;
- costruzione di misure di barriera verso interventi assistenziali inefficaci, se non potenzialmente pericolosi per il malato, in quanto sovradimensionati rispetto alle esigenze e pertanto responsabili di una progressiva perdita di autonomia;
- implementazione delle misure di sicurezza per la prevenzione delle cadute attraverso il miglioramento della conoscenza del malato, l’attuazione di interventi di assistenza personalizzata e il miglioramento o mantenimento dell’autonomia residua”.
 
Per la ricerca (Evidence Based Nursing):
- “acquisizione e sviluppo di nuove conoscenze e dati utili alla sperimentazione di un modello di valutazione dei rischi da MMC basato sulle evidenze”.
 
Per l’azienda sanitaria:
- “valorizzazione delle risorse umane
- professionalizzazione delle risorse umane;
- creazione di comunità di pratica;
- partecipazione attiva del personale;
- miglioramento dell’immagine aziendale”. 
 
Il modello MCP può essere trasferito a diverse tipologie di strutture sanitarie “in quanto non mira al trasferimento e all’insegnamento al discente di tecniche di movimentazione, ma piuttosto alla sua acquisizione di un metodo di movimentazione personalizzato secondo le esigenze della singola persona e dell’ambiente terapeutico nel quale si trova”.
 
 
 
 
 
 
 
RTM
 
 
 
 

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Rispondi Autore: carmen pala - likes: 0
26/02/2014 (16:17:41)
Buongiorno. E' veramente un piacere sapere della validazione di alcuni modelli concettuali appropriati. Sono una fisioterapista e come tale mi viene naturale adottare un approccio di movimentazione del paziente centrato sulla persona. Il nostro scopo è infatti quello di riabilitare utilizzando le potenzialità e le capacità del paziente, sviluppando la sua autonomia. Nell'ospedale in cui lavoro, cerco di trasmettere agli altri operatori, compreso il personale infermieristico e oss, questo tipo di concetti.Buone pratiche a tutti!

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