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Videoterminalisti: la correlazione tra formazione e valutazione

Videoterminalisti: la correlazione tra formazione e valutazione
Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Informazione, formazione, addestramento

05/12/2018

Un contributo sull’obbligo e le modalità formative dei videoterminalisti con riferimento alla valutazione dei rischi, alla normativa e ad una sentenza della Corte di Cassazione sulla correlazione tra valutazione e formazione.

Videoterminalisti: la correlazione tra formazione e valutazione

Un contributo sull’obbligo e le modalità formative dei videoterminalisti con riferimento alla valutazione dei rischi, alla normativa e ad una sentenza della Corte di Cassazione sulla correlazione tra valutazione e formazione.

 

Pubblichiamo la seconda parte di un contributo dell’avvocato Rolando Dubini che affronta il tema della formazione dei videoterminalisti e della correlazione, con riferimento ad una sentenza della Corte di Cassazione, tra valutazione dei rischi e formazione. La prima parte è stata pubblicata su PuntoSicuro con il titolo “ La formazione per il videoterminalista e la valutazione dei rischi”.

 

Approfondimento sulla correlazione valutazione dei rischi, formazione correttamente progettata (che include la verifica dell’apprendimento)

Una valutazione dei rischi non accurata, incompleta, insufficiente o comunque non adeguata ed una insufficiente formazione dei lavoratori equivalgono, penalmente, ad una mancata valutazione e formazione dei lavoratori. Ed inoltre risulta impossibile effettuare una formazione sufficiente ed adeguata in mancanza di una valutazione dei rischi sufficiente ed adeguata.

 

La sentenza 2043 del 2008 della Corte di Cassazione sez. III penale chiarisce in modo inequivocabile la portata dell'obbligo del datore di lavoro di effettuare una idonea (completa) valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e dell'obbligo al precedente strettamente connesso e conseguente di fornire una sufficiente e adeguata formazione ai lavoratori dipendenti pervenendo alla conclusione che una valutazione dei rischi non accurata o comunque non adeguata ed una insufficiente formazione dei lavoratori corrispondono, ai fini dell'applicazione della sanzione penale, ad una mancata valutazione dei rischi e ad una mancata formazione dei lavoratori.


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La fattispecie riguarda una datrice di lavoro rinviata a giudizio e condannata dal giudice del Tribunale di Brescia per i reati di cui:

  • all’articolo 4, comma 2, del D. Lgs. n. 626/1994 [ora articolo 28 D.Lgs. n. 81/2008] per avere omesso, quale titolare di un laboratorio di confezioni, di effettuare una idonea valutazione dei rischi reali e specifici presenti nell'ambiente di lavoro e legati alle particolari situazioni lavorative, per aver omesso di adottare una collaborazione fattiva con il medico competente ed il responsabile dei lavoratori per la sicurezza per la redazione del documento di valutazione dei rischi, per la mancanza di misure di prevenzione da adottare e di un programma per realizzare le stesse, ed
  • all'articolo 22, comma 1, dello stesso D. Lgs. n. 626/1994 [ora articolo 37 D.Lgs. n. 81/2008] per non avere progettato ed attuato una adeguata attività formativa per tutti i lavoratori, contenente gli obiettivi specifici, la definizione di moduli didattici e gli strumenti per la verifica di apprendimento.

 

L’imputata, nel fare ricorso alla Corte di Cassazione, poneva in evidenza che, così come era emerso dalle dichiarazioni rilasciate in giudizio dal teste dell’accusa, era stato riscontrato “solo” il mancato aggiornamento annuale del documento di valutazione dei rischi e non anche l’assenza del documento stesso come contestato nel capo di imputazione, che invece dagli atti risultava essere stato redatto fin dal 1996 e che inoltre in merito alla attività di formazione dei dipendenti questa era stata pur attuata ma ritenuta “insufficiente”.

 

La Sezione III penale della Corte di Cassazione ha però rigettato il ricorso osservando che con il capo di imputazione relativo alla valutazione dei rischi “è stato contestato all'imputata di ‘non avere effettuato una idonea valutazione dei rischi presenti nell'ambiente lavorativo’, il che comprendeva non solo l'ipotesi in cui il documento di valutazione non fosse stato redatto, ma anche quelle in cui non fosse stato aggiornato o non fosse comunque adeguato”. “Il giudice del merito, poi, - prosegue la Corte di Cassazione - “ha ritenuto sussistente il reato di cui al capo a) appunto perché il documento di valutazione dei rischi (pur essendo stato redatto) non era sufficiente ed adeguato, in quanto non individuava gli specifici pericoli cui i lavoratori erano sottoposti in relazione alle diverse mansioni svolte e non specificava quali misure di prevenzione dovevano essere adottate”.

Analogamente, per quanto riguarda la imputazione relativa alla formazione dei dipendenti, la Sezione III ha ritenuto sussistere il reato contestato “perché è stata accertata una insufficiente attività formativa, per la mancanza di una attività di istruzione e informazione inerente ai rischi cui i lavoratori erano esposti, circostanza questa del resto nemmeno contestata nella sua oggettività” ed ha concluso che “era stato contestata non solo la mancanza di attuazione e progettazione di attività formativa, ma anche di non aver assicurato ‘adeguata attività formativa’, il che comprendeva pure le ipotesi di attività formativa insufficiente ed inadeguata”, nonché progettata in modo inidoneo (rammentando che nel capo di imputazione si fa presente che la progettazione idonea deve includere la verifica dell’apprendimento), circostanza inevitabile in presenza di una valutazione dei rischi carente.

 

Le modalità della formazione

La formazione è un’attività dinamica che può evolvere nel tempo e svilupparsi con diverse forme tra le quali possono figurare:

  • lezioni frontali in aula;
  • formazione interattiva;
  • e-learning;
  • informazioni in assemblee;
  • distribuzione di opuscoli;
  • recapito di lettere, circolari ed e-mail;
  • esercitazioni pratiche nei reparti.

 

Ad esempio solitamente le aziende ove vi è uso intenso di videoterminali possono appartenere a settori a rischio basso, ad esempio banche ed assicurazioni, nelle quali la formazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 37 del DLgs 81/08 può essere erogata tramite corsi in aula e in e-learning, sia per quanto riguarda i rischi generali dell’azienda (4 ore), che per quelli specifici (4 ore per aziende a rischio basso).

Nelle 4 ore dedicate ai rischi specifici può essere affrontato, tra gli altri, il tema dei rischi derivanti dall’utilizzo di attrezzature munite di videoterminali.

 

Data anche la particolarità dello strumento è comunque auspicabile, in aggiornamento ma anche ad integrazione della formazione minima di legge per adeguarla alle risultanze della valutazione dei rischi, come prescrive l’accordo sulla formazione Stato regioni, l’erogazione di un corso on line, con contenuti affidabili.

 

Importante è poi l’aggiornamento formativo quinquennale, anche in questo caso usufruibile in modalità e-learning, composto da sessioni di durata variabile.

Per quanto riguarda gli addetti ai videoterminali argomenti imprescindibili saranno, ai sensi di legge, l’ergonomia dei posti di lavoro, la sorveglianza sanitaria dei videoterminalisti, le misure per prevenire i rischi alla salute dell’operatore (tra i quali la legge pone l’accento sull’affaticamento mentale) e le interruzioni del lavoro ogni due ore.

 

 

 

Rolando Dubini, avvocato in Milano, cassazionista

 

 

La prima parte del contributo, che si è soffermata sull’obbligo formativo e la definizione di videoterminalista, è stata pubblicata nell’articolo “ La formazione per il videoterminalista e la valutazione dei rischi”.



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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