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Imparare dagli errori: ribaltamento di un escavatore

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

01/07/2008

Esempio tratto dall’archivio Ispesl Infor.mo.: procedure di lavoro errate e sottovalutazione del rischio nell’uso di un escavatore. Raccontare vicende vere relative a infortuni può sensibilizzarci sui rischi relativi ad ogni attività lavorativa.

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Con l’idea che gli esempi di incidentipossano essere più immediati ed efficaci nel sensibilizzarci sui rischi nei luoghi di lavoro, proseguiamo con la nostra rubrica “Imparare dagli errori”.
Per farlo prendiamo ancora spunto da INFOR.MO., un nuovo strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio contenuti nell'archivio del sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, avviato sperimentalmente nel 2002 grazie ad un progetto di ricerca ISPESL/Ministero della Salute.
 
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L’incidente che prendiamo ad esempio è accaduto nel 2004.
 
“L’infortunato era uno dei due soci titolari di una impresa edile artigiana, senza dipendenti, che aveva avuto l’incarico di eseguire la posa in opera di una vasca biologica in un terreno in pendenza vicino ad una casa in ristrutturazione”.
Per farlo era necessario eseguire uno scavo profondo circa mt 1,50 e posare all’interno la vasca biologica “costituita da due anelli di cemento sovrapposti. Ogni anello di cemento aveva un diametro di mt 1,5 ed un peso di circa 450 Kg”.
 
Mancando all’impresa mezzi di escavazione di proprietà, “lo scavo era stato appaltato ad una ditta la cui attività principale riguardava lavori di giardinaggio”.
“La ditta appaltata aveva trasportato sul posto un mini-escavatore, dotato di cingoli di gomma”. Eseguito lo scavo, il “conducente dell’escavatore aveva provveduto all’imbracatura del primo anello utilizzando delle funi metalliche e una fune di tessuto collegate al foro presente sul retro della benna di carico, previsto dal costruttore per agganciare i carichi”.
 
“L'anello era stato scaricato facendolo scorrere su due scivoli lungo il terreno in pendenza fino al bordo dello scavo; per questa operazione il miniescavatore procedeva in retromarcia con il braccio e la benna rivolti a monte”.
“Il conducente dell’escavatore era consapevole che l’anello di cemento aveva un peso superiore alle possibilità di sollevamento del braccio del miniescavatore”: per questo motivo non aveva sollevato l’anello ma aveva deciso di trascinarlo e la pendenza del terreno sembrava impedire l’eventuale ribaltamento in avanti della macchina.
 
“Quando l’anello si trovava di lato al bordo dello scavo, il braccio dell'escavatore veniva fatto ruotare verso destra di un angolo di circa 30° al fine di posizionare l’ anello sopra lo scavo. Non più supportato dal terreno il peso dell’anello gravava completamente sul braccio del miniescavatore; per effetto dell’azione di leva meccanica esercitata dal peso, il miniescavatore si ribaltava sul lato destro mentre l’anello di fatto cadeva sul fondo dello scavo”.
 
L’infortunato, che era nel raggio d’azione della macchina, “veniva colpito alla schiena e spinto in avanti dal tubo metallico posteriore destro di sostegno del tettuccio di protezione del posto di guida” con conseguente rottura dell'aorta toracica.
 
Il conducente dell’escavatore, trattenuto dalla cintura di sicurezza, rimaneva illeso al posto di guida.
 
Una breve analisi dell’incidente porta a concludere che l’infortunio “è stato causato da una serie di procedure di lavoro errate e da una chiara sottovalutazione del pericolo:
 
- “dal libretto di uso e manutenzione e dai diagrammi di carico il miniescavatore poteva sollevare, in quelle condizioni, un peso massimo di 260 Kg, di molto inferiore ai 450 Kg dell’anello di cemento”;
- “l’operatore dell’escavatore, consapevole delle limitate capacità di sollevamento dei carichi, aveva sottovalutato il pericolo di ribaltamento laterale derivante dal movimento di rotazione del braccio, ritenendo probabilmente che con il braccio rivolto a monte si annullassero o riducessero le possibilità di ribaltamento”;
- l’operatore, inoltre, “non aveva controllato che nel raggio d’azione della macchina non si trovasse l’infortunato”;
- l’infortunato “aveva sottovalutato il rischio di sostare nel raggio d’azione della macchina”.
 
Ricordiamo che nel D.Lgs. 81/2008 è presente il titolo III dedicato specificatamente all’uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale. In particolare al Capo I (Uso delle attrezzature di lavoro) e nell’articolo 71 sono indicati gli obblighi del datore di lavoro. Tra questi, al comma 4, l’obbligo di prendere le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano “installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso”.
 
 
 
 
Tiziano Menduto



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