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Imparare dagli errori: ancora sui rischi di esplosione delle polveri

Brescia, 19 Giu – Concludiamo, con questa puntata della rubrica “ Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, un breve viaggio attraverso i rischi di infortuni connessi alle esplosioni da polveri, con particolare attenzione alle polveri combustibili.
Polveri che possono esplodere in presenza di cinque condizioni necessarie per creare le condizioni di esplosività. “I principali parametri che caratterizzano le esplosioni da polveri sono:
- la minima energia di ignizione (MIE),
- la minima temperatura di accensione della nube (MIT) e dello strato (LIT),
- il limite inferiore di infiammabilità (LEL): la concentrazione del materiale combustibile, al di sopra della quale la miscela con l'aria può innescarsi,
- la massima pressione di esplosione (Pmax),
- l’incremento massimo e medio di pressione (dP/dT)max e (dP/dT)medio”.
A ricordarlo è un documento che, in queste puntate della rubrica, ci ha permesso di soffermarsi sul rischio esplosione con particolare riferimento alle attività molitorie: “ La prevenzione delle esplosioni da polvere. Caso studio: le attività molitorie”, prodotto da Arpa Piemonte.
Dal documento - curato da B. Basso, F. Bellamino, C. Carpegna, M. Alviano, S. Iannello e G.M. Sai - raccogliamo ancora qualche esempio di infortunio e nuovi suggerimenti e indicazioni per la prevenzione.
Questi gli argomenti trattati oggi nell’articolo:
- Il rischio di esplosione da polveri: gli incidenti possibili
- Le esplosioni da polvere: la limitazione degli effetti delle esplosioni
Il rischio di esplosione da polveri: gli incidenti possibili
Il caso studio riporta una ricca rassegna di eventi incidentali occorsi per esplosione di polveri, con particolare, ma non esclusiva, attenzione alle attività molitorie e a quanto avvenuto nella Regione Piemonte.
Nell’articolo “ Imparare dagli errori: gli eventi incidentali per le esplosioni di polveri” abbiamo già presentato tre casi di gravissimi infortuni plurimi in Italia:
- 12 giugno 1989 (5 morti) – Esplosione del Molino Alimonti di Guardiagrele (CH);
- 9 gennaio 2001 (5 morti) – Esplosione nella Pettinatura Italiana di Vigliano Biellese (BI);
- 16 luglio 2007 (5 morti) – Esplosione del Molino Cordero di Fossano (CN).
Ne riprendiamo dal documento ancora due, ampliando in questo caso l’attenzione anche alle polveri metalliche e alle fibre tessili:
- 16 giugno 2000 – Esplosione da polveri metalliche presso la Nicomax di Gravellona Toce (VB): “Durante le operazioni di smerigliatura di manufatti in alluminio si ruppe il nastro continuo abrasivo che, muovendosi in modo disordinato, rimescolò la polvere di alluminio accumulata, consentendone l’innesco per la produzione di scintille dovute allo sfregamento. Si verificò così una prima esplosione, che investì l’operatore sotto forma di vampata, favorendo la produzione di altre scintille e frammenti incandescenti della tela smeriglio, i quali, aspirati dall’impianto di ventilazione, causarono l’accensione della polvere di alluminio presente nel ciclone, dando origine ad un’esplosione secondaria di entità maggiore. Infine il fronte di fiamma, incanalandosi verso il filtro a manica e favorito dall’aspirazione in atto, provocò l’innesco multiplo delle polveri finissime presenti negli interstizi, causando una terza esplosione che distrusse il filtro, proiettandone i frammenti anche a distanza superiore ai 50 m.
- 19 gennaio 2001 – Esplosione presso lo stabilimento Finelvo di Ochieppo (BI): “L’esplosione avvenne nel capannone in cui veniva effettuata la produzione di un filato in poliammide denominato ‘filo floccato’. A causa di una fermata prolungata della linea di finissaggio, il materiale accumulatosi sulla batteria di scambio si surriscaldò, dando origine ad un fenomeno di combustione a brace che, al momento del riavvio del ventilatore, innescò l’atmosfera aria/fibre, causando un’esplosione primaria nel condotto di ricircolo dell’aria. A tale esplosione ne seguì una seconda, più violenta, che si propagò nei condotti di evacuazione determinando la fuoriuscita di materiale in fiamme nel reparto e danni generalizzati alle apparecchiature coinvolte, nonché danni meccanici alle strutture degli edifici e gravi ustioni ad alcune persone presenti”.
Le esplosioni da polvere: la limitazione degli effetti delle esplosioni
Continuiamo a raccogliere alcuni suggerimenti per la prevenzione delle esplosioni, sempre con riferimento al documento piemontese, ricordando, tuttavia, che il caso studio riguarda, in particolare, le attività molitorie.
Il documento ricorda che, in alcuni casi, “la prevenzione di atmosfere esplosive e la prevenzione di fonti di ignizione non sono attuabili con sufficiente sicurezza”. E quindi devono essere adottate “misure che limitano gli effetti di un'esplosione a dimensioni non pericolose”.
Queste “si configurano con:
- la progettazione resistente alle esplosioni
- lo scarico della pressione di esplosione
- la soppressione delle esplosioni
- l’isolamento delle esplosioni”.
Ad esempio, per quanto riguarda la progettazione resistente alle esplosioni si segnala che “parti dell'impianto, quali recipienti, apparecchi, condutture, devono essere costruite in modo da resistere ad un'esplosione interna senza squarciarsi”. E si distinguono generalmente “i seguenti tipi di costruzione resistenti alle esplosioni:
- costruzione per la sovrapressione massima di esplosione;
- costruzione per la sovrapressione di esplosione ridotta in relazione allo scarico della pressione di esplosione o alla soppressione delle esplosioni”.
Il concetto di "scarico della pressione di esplosione" comprende, invece, “in senso ampio tutto ciò che serve, quando si genera o si propaga un'esplosione, ad aprire l'impianto originariamente chiuso in cui l'esplosione ha luogo, per breve tempo o permanentemente, in direzione non pericolosa mediante un dispositivo di scarico (ad esempio dischi di sicurezza o pannelli o sportelli di esplosione). Tale dispositivo deve funzionare in modo tale che l'impianto/ l'installazione non sia sollecitato al di là della loro resistenza alle esplosioni, portando così ad una sovrapressione di esplosione ridotta”.
Veniamo ai dispositivi di soppressione delle esplosioni che “impediscono il raggiungimento della pressione massima di esplosione mediante una rapida immissione in recipienti ed impianti di opportuni materiali in caso di esplosione. Contrariamente allo scarico della pressione di esplosione, gli effetti di un'esplosione restano limitati all'interno dell'apparecchio”.
Infine, accenniamo ai sistemi di isolamento dell’esplosione.
Infatti, nel caso in cui avvenga un'esplosione in una parte dell'impianto, “questa può propagarsi alle altre parti collegate in serie e provocare in esse ulteriori esplosioni. Gli effetti dell'accelerazione, a causa delle installazioni presenti negli impianti, o la propagazione in condutture, possono portare ad un rafforzamento degli effetti dell'esplosione. Le pressioni di esplosione conseguenti possono essere di gran lunga superiori alla pressione massima di esplosione in condizioni normali e portare alla distruzione di parti dell'impianto anche nel caso di costruzioni resistenti alla pressione di esplosione o all'urto di pressione dell'esplosione. Per questo motivo, è importante limitare le possibili esplosioni nelle singole parti dell'impianto. Ciò si ottiene mediante l'isolamento delle esplosioni”.
Rimandiamo, infine, alla lettura integrale del documento che riporta non solo ulteriori dettagli e informazioni sulle varie misure per la limitazione degli effetti delle esplosioni, ma che segnala anche alcuni dispositivi, sperimentati nella prassi “per evitare la propagazione di esplosioni di polveri in condutture collegate, in dispositivi di trasporto o di altro tipo così come la fuoriuscita di fiamme dalle parti dell'impianto”.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

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