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Il rischio di malattia professionale per i lavoratori edili

Il rischio di malattia professionale per i lavoratori edili

L’importanza della valutazione dei rischi per prevenire gli infortuni e le malattie professionali per i lavoratori del settore edile: alcune indicazioni. A cura di Marco Bottazzi.


Il settore edile è soggetto ad obblighi e adempimenti in tema di sicurezza sul lavoro specifici previsti da numerose normative applicative dei D.lgs. 626 prima e 82 poi. In particolare le norme che concernono i cantieri temporanei e mobili cioè i luoghi in cui si effettuano lavori edili e di ingegneria civile il cui elenco è riportato nell’allegato X del D.lgs. 81/2008. I cantieri temporanei e mobili sono soggetti a notifica preliminare all’Azienda sanitaria locale ed alla Direzione provinciale del lavoro (allegato XIII) ad opera del committente o del responsabile dei lavori. Il committente o il responsabile dei lavori, nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione; prima dell’affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l’esecuzione dei lavori.

 

Il coordinatore per la progettazione ha l’obbligo di redigere il Piano di sicurezza e di coordinamento (Psc). Mentre il coordinatore per l’esecuzione ha l’obbligo di aggiornare e adeguare il Psc all’evoluzione dei lavori il Piano di sicurezza e di coordinamento è costituito da una relazione tecnica (grafica e descrittiva) e dalle prescrizioni correlate alla complessità dell’opera da realizzare e alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, secondo i contenuti di cui all’All. XV; atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischi particolari di cui all’Allegato XI, rischi dovuti a interferenze lavorative di cantiere, con indicazione della stima dei costi per la sicurezza. Il Coordinatore per l’esecuzione dell’opera verifica l’idoneità del Piano operativo di sicurezza (Pos) delle imprese affidatarie ed esecutrici, assicurandone la coerenza con il Psc e, ove previsto, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento.

 

I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi un’unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti, redigono il piano operativo di sicurezza (Pos). Il Pos è il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell’Allegato XV. L’edilizia è tra i settori che espongono i lavoratori a maggiori rischi per la salute. A dimostrarlo sono non soltanto il numero degli infortuni e delle malattie professionali denunciate, ma anche il fenomeno diffuso delle inidoneità al lavoro riconosciute, dovuto per lo più quando, per esempio, si è costretti a salire su una impalcatura anche a 60 anni e oltre.

 

Il numero delle malattie professionali nel settore delle costruzioni è andato aumentando anche per l’allargamento tabellare che ha visto il riconoscimento dell’origine professionale di patologie quali quelle degenerative del rachide lombare da esposizione a vibrazioni e movimentazione manuale di carichi o i Ctd. Anche se poi negli ultimi anni si registra una sostanziale stabilità del dato annuo. Sin dall’approvazione del D.lgs. n. 626/94 e fino al D.lgs. n. 81/2008, sono stati fatti vari tentativi e date tante indicazioni – soprattutto da parte della Commissione consultiva, il cui compito è quello di elaborare le linee guida – per l’applicazione delle norme di sicurezza e prevenzione. Per il riconoscimento dei rischi e delle malattie professionali, a partire dal D.lgs. 626 in poi, si sono sempre utilizzate le banche dati, validate dalla Commissione consultiva, piuttosto che effettuare delle verifiche sulle condizioni di lavoro nei diversi cantieri. E questo ha influenzato le modalità di elaborazione dei Documenti di valutazione dei rischi. Si può affermare quindi che in Italia l’attenzione necessaria di cui aveva bisogno un settore ad alto rischio per la salute non c’è stata, come invece è avvenuto in altri Paesi europei. In Francia, per esempio, il sistema assicurativo prevede addirittura che i dati del settore delle costruzioni siano disaggregati dal resto delle malattie professionali generali. Cioè, quello che noi abbiamo di differenziazione tra industria e agricoltura, in Francia lo abbiamo con l’edilizia. In Francia come in Italia, nel settore edile, si registra una quota notevole di malattie professionali riconosciute che è rimasta stabile nell’ultimo quinquennio: nel 2016, ne sono state riconosciute 6.547, di cui oltre la metà ha determinato una inabilità permanente al lavoro.

 

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Le patologie maggiormente riconosciute sono quelle muscoloscheletriche e periarticolari (tunnel carpale ecc.), che rappresentano il 75% dei riconoscimenti. Di queste malattie, il 10% è dovuto a movimentazione manuale dei carichi. Un altro elemento, che non troviamo mai nelle nostre casistiche, ma che stiamo riscontrando nelle indagini in corso in diversi settori, è che il 4% dei riconoscimenti in Francia nell’edilizia è da ricondurre a lesioni croniche dei menischi. Quindi, la patologia del ginocchio, che in Italia non è ancora stata riconosciuta come di origine professionale, in Francia determina un numero di riconoscimenti abbastanza significativo (quasi 250 casi). Quello che, invece, stupisce nei dati francesi è la scarsa presenza dell’amianto come fattore di rischio. Solo il 2% delle malattie professionali riconosciute in Francia è dovuto a questa esposizione. Ma anche la scarsa percentuale di riconoscimenti di un’altra patologia legata di più al mondo dell’edilizia: cioè quella della sordità (solo il 2%). Ciò si spiega con il fatto che si tratta di patologie che determinano un minore aggravio di costi per lo Stato. Infatti, poiché queste malattie non implicano automaticamente la cessazione dell’attività lavorativa, almeno per un certo periodo, il meccanismo assicurativo francese non prevede l’attivazione del possibile riconoscimento della malattia professionale. Tuttavia, al di là delle differenze assicurative tra i due Paesi, è importante il grande numero di malattie osteo-articolari riconosciute in Francia come di origine professionale (soprattutto tunnel carpale, gomito e spalla), un dato che emerge anche nelle indagini avviate come Patronato tra i lavoratori del settore. L’edilizia è un settore sul quale si è maggiormente esercitato il mondo scientifico e la medicina del lavoro, un settore che in Italia ha delle caratteristiche abbastanza particolari: si tratta, infatti, di un settore che occupa circa 2 milioni di lavoratori, in gran parte stranieri, che hanno molte difficoltà nel comprendere le normative di salute e sicurezza. In più è importante segnalare che circa l’80% della manodopera è impiegata in aziende con meno di 5 dipendenti, dove gli adempimenti normativi sono spesso disattesi. Il che produce una perdita di informazioni preziose per valutare le reali condizioni di lavoro. Frequentemente dobbiamo confrontarci con aziende che esistono per il tempo necessario ad ultimare una costruzione, e dunque con lavoratori che accumulano tante storie lavorative frammentate, difficili da mettere insieme. L’edilizia è comunque un settore noto per l’incidenza di malattie professionali. Tant’è che già nel 2004 l’European Agency for Safety and Health at Workin un documento dal titolo «Improving Safety and Health in Construction: The Need for Action During Procurement, Design and Planning, Construction and Maintenance» afferma che:

1) i lavoratori edili soffrono più dei colleghi di altri settori di disturbi muscolo-scheletrici, come lombalgie, cervicalgie e problemi degli arti;

2) molti di essi risultano ancora oggi esposti ad amianto;

3) i carpentieri hanno un rischio relativo elevato di sviluppare un tumore delle cavità nasali come risultato dell’esposizione a polveri di legno;

4) le polveri generate dal taglio e dalla lavorazione di prodotti contenenti silice cristallina, come ad esempio la sabbia, sono in grado di sviluppare silicosi e gravi patologie respiratorie;

5) il ripetuto contatto con sostanze a base liquida, come ad esempio olii, resine e prodotti a base di cemento, può provocare problemi cutanei (dermatiti professionali) e, meno frequentemente, asma allergica;

6) numerosi lavoratori edili risultano esposti ad alti livelli di rumore e vibrazioni a causa dell’utilizzo di macchinari, tra cui i martelli pneumatici.

 

Tali esposizioni incrementano il rischio di ipoacusia da rumore e di disturbi a carico del sistema mano-braccio. In sintesi, secondo l’agenzia europea i principali problemi per la salute sono correlati ai seguenti fattori di rischio:

1) movimentazione manuale di carichi pesanti;

2) mantenimento protratto di posture incongrue;

3) rumore;

4) vibrazioni;

5) polveri;

6) ritmi di lavoro;

7) lavoro straordinario.

 

La silice è un elemento molto pericoloso, tanto che la Iarc l’ha riconosciuta come cancerogeno certo per l’uomo. Il documento europeo continua affermando che il ripetuto contatto con sostanze a base liquida, come ad esempio olii, resine e prodotti a base di cemento, possono provocare problemi cutanei (dermatiti professionali) e – anche se meno frequentemente – asma allergica. Numerosi lavoratori risultano esposti ad alti livelli di rumore e vibrazioni a causa dell’utilizzo di macchinari, tra cui i martelli pneumatici. Tali esposizioni incrementano il rischio di ipoacusia da rumore e di disturbi a carico del sistema mano-braccio. Da ciò se ne deduce che, già nel 2004, l’Europa, sulla base degli studi epidemiologici, forniva delle indicazioni su quali potessero essere i rischi; e devo dire che questi dati sono praticamente sovrapponibili a una grande indagine realizzata dal gruppo di Bergamo su oltre un migliaio di lavoratori, che, appunto, accusavano ipoacusie da rumore (circa la metà dei soggetti studiati ne era affetto) e presentavano delle lesioni cutanee da contatto, per le quali abbiamo maggiore difficoltà a far emergere dati concreti, a causa della scarsa attenzione da parte delle strutture specialistiche di diagnosi, con la conseguente perdita di dati preziosi per il nostro lavoro di tutela. Gli autori della Linee guida Simlii ricordano a questo riguardo come il rumore sia certamente il fattore di rischio che ancora oggi determina il maggior numero di malattie professionali, segnalate e riconosciute nel comparto edile. In letteratura è riportata la difficoltà di effettuare la Vr secondo quanto stabilito dalle norme, nonostante ciò, la misura del rumore prodotto da macchinari/utensili e durante lo svolgimento dei compiti lavorativi, anche senza ricostruire il Lex8h giornaliero e il Lex8h settimanale, dimostra come l’attività dei cantieri sia caratterizzata da rumore fluttuante ma sicuramente d’intensità elevata. Quando la valutazione è estremamente variabile il Ddl può applicare l’articolo 191 del D.lgs. 81, attuando una valutazione che considera una esposizione «cautelativa» che supera i valori superiori di azione. Se si fa riferimento al rumore impulsivo vorrei ricordare che per avere un LEX > 80 dB(A) bastano: – 30 minuti a 92 dB(A) come si ha nei saldatori, uso di mazze con scalpelli per lavori edili, trattori non cabinati, ecc; – 15 minuti a 95 dB (A) livello generato da avvita-dadi, smerigliatrici di testa, seghe circolari per tagli alluminio, ecc; – 8 minuti a 98 dB(A) livello generato da smerigliatrici angolari a disco, martelli demolitori, taglio jolly ceramici, ecc. Numerose sono le sostanze chimiche utilizzate in edilizia, con una rapida e continua introduzione nel mercato di nuovi prodotti tra i materiali isolanti, coibenti, adesivi, distaccanti, oltre a nuovi additivi utilizzati in cementi e intonaci (vedi schema allegato). È del tutto recente la segnalazione di casi di accessionalità acuta a carico delle vie aeree, con sintomi sia respiratori sia generali, in seguito all’esposizione in questo settore a nuovi agenti impermeabilizzanti contenenti fluoropolimeri acrilati. Un ulteriore rischio per la salute dei lavoratori edili è rappresentato dall’angioneurosi e dalle patologie dell’apparato osteo-articolare, malattie sulle quali siamo in grado di raccogliere maggiori dati perché rappresentano quelle che spesso denunciano i nostri assistiti, over cinquanta, che però si rivolgono a noi non per chiedere il riconoscimento di una malattia professionale, ma solo perché non sono più in grado di tornare a lavorare e hanno raggiunto un’età che li espone al rischio di essere difficilmente ricollocabili: spesso si tratta di persone con contratti di lavoro a termine e con una storia lavorativa e una documentazione sanitaria insufficiente per un eventuale ottenimento del riconoscimento professionale della patologia.

 

Ernia

 

Tutto ciò ci porta ad un altro dato importante che investe le caratteristiche generali del settore edile, dove sono prevalenti i cantieri temporanei e mobili, che hanno una durata temporale limitata, più o meno lunga, in funzione del lavoro da svolgere. Il che comporta che chi vi lavora è sottoposto a frequenti cambiamenti delle postazioni. Per questa tipologia di lavoro, sia il D.lgs. 626 che il D.lgs. 81 prevedono che non vi sia bisogno di fare, ogni volta, misurazioni di livelli espositivi soprattutto per i rumori e le vibrazioni, ma si può fare riferimento alle banche dati, in particolare quelle validate dalla Commissione consultiva. Quindi non è necessario spendere soldi con i consulenti per avere un dato che si può ottenere in modo più semplice. Alcune di queste banche dati sono anche di matrice Inail, e quindi dovrebbero essere note non solo ai medici di Patronato che li utilizzano per presentare le domande, ma soprattutto ai medici dell’Istituto, che dovrebbero utilizzarle per mettere in discussione l’eventuale dato contenuto nel Dvr fatto dall’azienda. Inoltre va osservato che quando parliamo di cantieri temporanei o mobili, che implicano opere di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, trasformazione, si tratta di attività in cui si manifestano rischi per la salute molto diversi: per esempio, mentre nei lavori di costruzione, abbiamo attualmente un rischio minore per esposizione a sostanze chimiche pericolose, nei lavori di riparazione e demolizione questa considerazione va ribaltata, perché si lavora su manufatti costruiti tanti anni prima, quando l’utilizzo dell’amianto era consentito. Si tratta di un aspetto delle problematiche che è ben presente nella legislazione, tanto che il D.lgs. 81 specifica cosa occorre fare quando si lavora a contatto con questo materiale, il cui rischio non era stato considerato nell’effettuazione delle misure di prevenzione aziendali iniziali. Non fa parte, invece, dei cantieri temporanei e mobili la costruzione di palchi per spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e manifestazioni fieristiche, i cui rischi per la salute fanno riferimento al cosiddetto «decreto palchi», emesso dalla Commissione consultiva nel 2014, che è molto più vincolante di quanto non sia il decreto sul cantiere temporaneo e mobile. Vorrei ricordare che questo decreto nasce a seguito di un incidente mortale avvenuto durante la costruzione di un palco sul quale si sarebbe dovuta esibire Laura Pausini.

 

Dicevamo prima che la maggior parte delle aziende edili è composta da realtà produttive con meno di cinque dipendenti, dove sono presenti lavoratori che fanno capo a datori di lavoro diversi. Se non ci fosse il coordinamento nel Documento di valutazione dei rischi, queste maestranze rischierebbero di perdere un’adeguata tutela perché, spesso, il rischio per la loro salute non è legato all’esposizione diretta determinata dal proprio datore di lavoro, ma dalla presenza delle altre realtà produttive. Faccio un solo esempio: se ho dei lavoratori che svolgono semplicemente dei lavori di carpenteria ma, nello stesso momento, ce ne sono altri che sono impiegati in opere di isolamento utilizzando bitumi, catrami e altre sostanze a caldo, è chiaro che l’esposizione ai rischi riguarda tutti coloro che complessivamente in quella realtà operano.

 

Si tratta di un elemento importante di cui dobbiamo tenere conto e di cui dovrebbe tener conto anche l’Inail, quando è chiamato a valutare una malattia professionale in edilizia, perché spesso l’elemento di rischio non è dato dall’azienda principale da cui si è direttamente dipendenti, ma deriva da un’altra azienda o dalla fusione dei diversi rischi presenti in quella realtà produttiva. In altre parole, quando si dice che «deve esserci un’adeguata esposizione temporale a quel determinato fattore» non ci si deve limitare a ciò che afferma il datore di lavoro principale, ma occorre valutare il contesto: se mi dice che il dipendente usa il martello pneumatico per venti minuti al giorno, ma omette di segnalare che contemporaneamente a fianco c’è un operaio di un’altra ditta che fa la demolizione di un’opera per otto ore, è chiaro che il rischio deve essere valutato più complessivamente. Purtroppo, spesso questo non avviene. Un altro elemento su cui riflettere, che emerge in tutti gli studi effettuati nel settore edile, riguarda il non corretto uso, o meglio il mancato utilizzo, dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi). Purtroppo, nonostante la giurisprudenza consolidata affermi che questo elemento non interrompe il nesso di causalità della malattia professionale, non si ragiona abbastanza sulle cause del mancato utilizzo di questi mezzi di protezione da parte del lavoratore. È vero che indossando le cuffie ci si può proteggere dal rumore circostante, ma è pur vero che l’isolamento in cui si trova il lavoratore potrebbe esporlo ad altri rischi infortunistici, che potrebbero non essere oggetto di valutazione da parte dell’Inail.

 

Per questa ragione, quando parliamo di cantieri temporanei e mobili, bisogna considerare che le comunicazioni fatte alla Asl lasciano traccia di ogni specifica realtà produttiva. Quindi, l’Inail può chiedere alla Asl territoriale le informazioni su quel cantiere dove è stato il lavoratore, che si rivolge al Patronato per ottenere un’adeguata tutela. Quello che è importante è che, nel caso dell’edilizia, dovrebbe essere disponibile il piano di sicurezza e di coordinamento; cioè ci deve essere un committente con un responsabile dei lavori, il quale ha l’obbligo di tener conto di tutti i rischi presenti in quella realtà lavorativa già in fase di progettazione del cantiere, in modo tale da ridurre i pericoli. Per attivare un circolo virtuoso di controlli sui cantieri edili, anche se già più numerosi rispetto a quelli che si effettuano negli altri settori produttivi, è importante pretendere che l’Inail chieda informazioni adeguate sui Documenti di valutazione dei rischi e sulle modalità con cui vengono aggiornati per sapere anche se sono stati oggetto di valutazione da parte delle Asl. Solo in questo modo i Dvr diventano attendibili. Lungo questo solco si inserisce l’attività di sorveglianza sanitaria sui lavoratori impiegati nei cantieri temporanei e mobili, svolta dal medico competente, che per essere efficace dovrebbe tenere in considerazione non solo il rischio presente in un determinato momento all’interno dell’azienda, ma anche la sua evoluzione. Attualmente, al medico competente, al medico del lavoro, ma anche al valutatore, è concesso di non fare misurazioni ogni volta che si apre un cantiere e di utilizzare banche dati disponibili che al momento riguardano fondamentalmente solo i rischi da rumori e vibrazioni.

 

La Simlii, qualche anno fa, si occupò di edilizia, contribuendo alla presentazione di una pubblicazione che fa il punto sui dati epidemiologici, in particolare per tumori, patologie respiratorie, patologie da rumore, disturbi muscolo-scheletrici (i dati sono riportati in diverse newsletter medico-legali della nostra Consulenza). Malattie che in edilizia rappresentano un problema tutt’altro che marginale. E lo dimostra il fatto che l’Europa stessa è pervenuta ad un aggiornamento della direttiva Ue sui cancerogeni, il cui testo è stato sottoposto alla valutazione dei diversi comitati di Lussemburgo. La principale novità di questo documento consiste innanzitutto nel superamento del Reach e Clp, cioè il sistema di valutazione della tossicità di una sostanza, con l’inserimento, nella direttiva Ue su tumori e cancerogeni, anche della silice e della polvere di legno che, non essendo sostanze chimiche, non erano inserite. Ma quello che è assolutamente nuovo in assoluto è il fatto che la nuova direttiva aumenta il numero di cancerogeni per i quali viene previsto un Tlv, passando dai 3 Tlv della precedente direttiva ai 22 attuali (ivi compresa la silice).

 

Sull’argomento vorrei ricordare che alla conferenza sui cancerogeni professionali, realizzata dal sindacato europeo lo scorso novembre, il tema dei Tlv era stato affrontato perché in alcuni Paesi (come la Francia e la Danimarca) è già una realtà. Va tuttavia sottolineato che l’estensione proposta dalla nuova direttiva ha un valore per l’azione di prevenzione, molto meno per quella legata al riconoscimento di una eventuale malattia professionale, anche perché sappiamo che latenze e livelli di esposizione per molte sostanze cancerogene sono in genere molto lunghi.

 

Quindi, per ora è difficile prevedere in tempi rapidi gli effetti di un allargamento della direttiva Ue. Tenete conto, tra le altre cose, che la direttiva impone un’attenzione anche a quei «endocrine disruptors» (i perturbatori endocrini), cioè a tutta la tematica legata alle sostanze che hanno influenza sul sistema ormonale, sul sistema riproduttivo ecc., le quali vengono prese in considerazione e diventano oggetto di specifiche indicazioni. L’attenzione al tema dei cancerogeni è tanto più importante in edilizia in considerazione del fatto che finora ci si è limitati a considerare la silice e l’amianto, come agenti principali, quasi esclusivi, di tumori del polmone per i lavoratori del settore, escludendo altre sostanze. L’esposizione professionale ad asbesto interessa gli operai del settore edile e attualmente il rischio si presenta per i lavoratori coinvolti nelle bonifiche dei siti contaminati da amianto.

 

Attività a rischio di attuale esposizione professionale nel settore delle costruzioni

• rimozione di coperture di cemento-amianto;

• demolizione di impianti o strutture edilizie che contengono amianto;

• decoibentazione di amianto friabile di edifici ed impianti;

• manutenzione di parti di edifici o di impianti che contengono amianto;

• interventi in aree dimesse interessate dalla presenza di amianto;

• movimentazione e trasporto di rifiuti contenenti amianto.

 

Quanto sopra riportato induce a ritenere che le nuove diagnosi di mesoteliomi riflettano prevalentemente esposizioni avvenute nel passato (vedi tabella); tuttavia considerando che anche esposizioni di lieve entità possono provocare la comparsa di tale neoplasia, non si può escludere, particolarmente in ambito edilizio, la futura comparsa di nuovi casi attribuibili alle attuali esposizioni.

 

Elenco non esaustivo dei possibili usi e delle applicazioni dell’amianto nel settore delle costruzioni in ambito civile e industriale (da Linee guida Simlii)

• Manufatti in cemento-amianto (lastre per copertura di tetti e tettoie, tegole, tubi, canne fumarie e serbatoi);

• Prefabbricati in cemento-amianto;

• Applicazione a spruzzo per il rivestimento di strutture metalliche e travature per aumentarne la resistenza al fuoco;

• Preparazione e posa in opera di intonaci applicati a spruzzo o a cazzuola;

• Costruzione di pannelli per realizzare controsoffittature;

• Miscelazione con polimeri per la produzione di pavimenti in vinil-amianto;

• Realizzazione di sottofondo per pavimenti in linoleum;

• Coibentazione di impianti termici e di linee per il passaggio di fluidi ad elevata temperatura;

• Coibentazione di locali destinati all’installazione di caldaie con feltri morbidi, pannelli in gesso-amianto o cartone-amianto e fogli di carta-amianto.

 

Per quanto concerne le alterazioni benigne correlate all’esposizione all’amianto, di particolare interesse risultano le placche pleuriche e gli ispessimenti pleurici, in merito ai quali, tuttavia, sono carenti in letteratura studi recenti condotti su campioni di lavoratori appartenenti esclusivamente al settore edile. Quello che mi interessa quindi sottolineare è che in realtà i possibili cancerogeni legati al mondo dell’edilizia non sono più solo quelli classici (silice e amianto), ma sono anche legati alla maggiore presenza di chimica all’interno del settore e quindi, ad esempio, a idrocarburi policiclici aromatici, usati in tutta la bitumatura, ma anche ad altre sostanze utilizzate delle quali abbiamo poche conoscenze. Considerate che il Carex ci dice che gli esposti a cancerogeni, in edilizia e nel settore delle costruzioni, sono oltre 800 mila. Quindi, su quasi 2 milioni di lavoratori, abbiamo un numero elevato di esposti a cancerogeni del gruppo 1, 2 e 2b. Siamo sempre in presenza di situazioni che richiedono analisi e studi più approfonditi. Una stima del rischio cancerogeno in edilizia è stata fornita dal progetto «OccamIsod-Sirtop» che relativamente al comparto dell’edilizia ha osservato un eccesso di mortalità per tutti i tumori nei soggetti maschi in Veneto sia white collars che blue collars. Dato questo confermato anche da un recentissimo studio pubblicato dal Lancet.

 

Uno studio caso-controllo condotto in Germania nel 2000 da Bruske-Hohlfeld et al. su lavoratori maschi appartenenti a differenti comparti produttivi, ha evidenziato per alcune categorie di operai edili (muratori, carpentieri, verniciatori, pittori ed intonacatori) un maggior rischio di sviluppare il cancro del polmone, anche dopo una opportuna correzione di alcuni fattori di confondimento, tra cui il fumo di sigaretta. In particolare è stata osservata un’associazione statisticamente significativa con l’esposizione a fibre minerali artificiali (Or 1.48, Ic 95% 1.17-1.88), a silice cristallina (Or 1.41, Ic 95% 1.22-1.62), ad emissioni veicolari (Or 1.43, Ic 95% 1.231.67) e idrocarburi policiclici aromatici (Or 1.53, Ic 95% 1.14-2.04). Voglio concludere ricordando che nelle Linee guida della Simlii che hanno posto un’attenzione particolare alla problematica gli Autori concludono che: «È possibile affermare che i lavoratori edili possono essere esposti ad una varietà di sostanze cancerogene, tra cui fibre minerali, silice libera cristallina, radiazioni ultraviolette, idrocarburi policiclici aromatici, rispetto alle quali occorre adottare specifiche misure nella Vr ed, eventualmente, nella sorveglianza sanitaria ed epidemiologica».

 

[…]

 

L’articolo è tratto da:

Notiziario INCA online N.1/2018 - Seminario di aggiornamento dei medici legali Inca Cgil - ATTI CONVEGNO Roma, 14-15 dicembre 2017 (pdf)

 



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