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Una sentenza emessa quattro anni fa crea ancora discussioni
Quattro anni or sono il Pretore presso il Tribunale di Cagliari assolse un imprenditore, accusato di aver installato sui propri pc diverse copie di programmi regolarmente acquistati.
La sentenza fu motivata dal giudice in base al testo dell'art. 171-bis della L.A.
Detto articolo, infatti, prevede che si configuri il reato di plagio solo nel caso in cui sussista il fine di lucro definito quale ''volonta' diretta specificamente a lucrare dalla produzione''.
L'imprenditore inquisito fu dunque assolto, poiche' nel suo specifico caso non sussisteva alcuna prova relativa ad attivita' commerciali derivate dalla duplicazione, bensi' una attivita' interna all'azienda relativa alla gestione.
La sentenza, tuttavia, fu criticata dalle aziende produttrici di software che, capitanate dalla Business software alliance, da anni si battono per forme di restrizione e di controllo sulla diffusione degli applicativi.
I produttori intendono perseguire la pirateria informatica attraverso la tutela dei diritti d'autore, ma anche attraverso l'estensione agli applicativi della normativa sui brevetti, via pero' ancora controversa data la non univocita' in materia giudiziaria della definizione di quel che si puo' o non si puo' brevettare.
In Parlamento infine e' stato recentemente discusso il disegno di legge n. 4953, sul testo del quale sono previste alcune modifiche destinate a creare apprensione negli imprenditori, ma forse anche nei semplici utenti, poiche' alla dicitura ''a fini di lucro'' dell'art. 171-bis si sovrapporrebbe quella ''per trarne profitto'', mentre a quella essenziale ''a scopo commerciale'' si aggiungerebbe ''o imprenditoriale''.
Da cio' deriva che potrebbe configurarsi reato di plagio quanto era stato contestato di fronte al pretore di Cagliari, dato che la duplicazione di un sistema applicativo, anche se per uso aziendale interno estraneo ad ogni finalita' commerciale, cadrebbe sotto la dicitura ''a scopo imprenditoriale'', pregiudicando la correttezza dell'operazione effettuata e la legalita' dell'atto imprenditoriale.
La sentenza fu motivata dal giudice in base al testo dell'art. 171-bis della L.A.
Detto articolo, infatti, prevede che si configuri il reato di plagio solo nel caso in cui sussista il fine di lucro definito quale ''volonta' diretta specificamente a lucrare dalla produzione''.
L'imprenditore inquisito fu dunque assolto, poiche' nel suo specifico caso non sussisteva alcuna prova relativa ad attivita' commerciali derivate dalla duplicazione, bensi' una attivita' interna all'azienda relativa alla gestione.
La sentenza, tuttavia, fu criticata dalle aziende produttrici di software che, capitanate dalla Business software alliance, da anni si battono per forme di restrizione e di controllo sulla diffusione degli applicativi.
I produttori intendono perseguire la pirateria informatica attraverso la tutela dei diritti d'autore, ma anche attraverso l'estensione agli applicativi della normativa sui brevetti, via pero' ancora controversa data la non univocita' in materia giudiziaria della definizione di quel che si puo' o non si puo' brevettare.
In Parlamento infine e' stato recentemente discusso il disegno di legge n. 4953, sul testo del quale sono previste alcune modifiche destinate a creare apprensione negli imprenditori, ma forse anche nei semplici utenti, poiche' alla dicitura ''a fini di lucro'' dell'art. 171-bis si sovrapporrebbe quella ''per trarne profitto'', mentre a quella essenziale ''a scopo commerciale'' si aggiungerebbe ''o imprenditoriale''.
Da cio' deriva che potrebbe configurarsi reato di plagio quanto era stato contestato di fronte al pretore di Cagliari, dato che la duplicazione di un sistema applicativo, anche se per uso aziendale interno estraneo ad ogni finalita' commerciale, cadrebbe sotto la dicitura ''a scopo imprenditoriale'', pregiudicando la correttezza dell'operazione effettuata e la legalita' dell'atto imprenditoriale.
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