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Responsabilità amministrativa nelle imprese e modelli di gestione

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: SGSL, MOG, dlgs 231/01

12/04/2011

Un’analisi dell’intreccio tra i decreti legislativi 231/2001 e 81/2008. La convenienza di un SGSL, il campo di applicazione delle norme sulla responsabilità amministrativa, i casi di esclusione, l’efficacia esimente e la sentenza del Tribunale di Trani.

Milano, 12 APR - Sul sito dell’ Osservatorio Giuridico “LaPrevidenza.it” è stato pubblicato nei giorni scorsi un documento, a cura della Dr.ssa Silvana Toriello, dal titolo “Sistemi di gestione per la sicurezza nei luoghi di lavoro e responsabilità amministrativa nelle imprese”, un documento che analizza il “complesso intreccio” che esiste tra il D Lgs. 231/2001, che disciplina la cosiddetta responsabilità amministrativa degli enti, ed il Decreto legislativo 81/2008. Un intreccio che - come più volte PuntoSicuro ha raccontato - passa attraverso l’adozione da parte delle aziende di modelli organizzativi per la prevenzione. Adozione più facile “in un’azienda medio grande , un po’ più difficile in una piccola o piccolissima. Ciò in quanto in un ambito medio grande la necessità di gestire un numero notevole di dipendenti rende indispensabile una gestione della sicurezza organizzata e regolamentata da processi gestionali”.
 
Rimandandovi ad una lettura diretta ed esaustiva del documento della Dr.ssa Toriello, ci soffermiamo su alcuni suoi punti rilevanti o, comunque, non trattati recentemente dal nostro giornale. 
 
Intanto è bene ribadire che l’adozione di un SGSL (Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro) “conviene, anche sotto un profilo puramente economico, anche alle imprese più piccole in quanto determinandosi per effetto della introduzione dello stesso una riduzione degli infortuni consente una oscillazione in riduzione del tasso di tariffa con abbattimento del premio Inail. Inoltre l’Inail in base al recente decreto 3.12.2010, per la sola adozione di un SGSL riduce il premio assicurativo di una percentuale variabile dal 7 al 30% a seconda del numero di dipendenti”.
Un altro aspetto, sottolineato nel documento, è “la possibilità di finanziamenti, come specificato dal comma 6 dell'articolo 30. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra,infatti, tra le attività finanziabili ai sensi dell'articolo 11. Costituisce infine un esimente per i fini della responsabilità amministrativa di cui al D. Lgs. 231/2001”.
 
Detto questo il documento passa in rassegna il quadro normativo relativo all’applicazione del D.Lgs. 231/2001 che, con la legge delega del 3 agosto 2007, n. 123, si applica anche ai reati in materia di sicurezza sul lavoro, mirando a “coinvolgere nella punizione di certi illeciti penali il patrimonio degli enti che abbiano tratto un vantaggio dalla commissione dell'illecito”.
Un reato può essere “conseguenza anche della carente organizzazione dell’impresa e non solo di colposi comportamenti individuali. La responsabilità si estende alle condotte di impresa che rendono possibile, o addirittura favoriscono, la commissione dei reati. La responsabilità amministrativa dell'impresa si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto”. E in materia di salute e di sicurezza sul lavoro (SSL), “è necessario garantire un apparato organizzativo adeguato al corretto ed efficace assolvimento degli obblighi di SSL, dei quali sono destinatari i singoli soggetti. Detta responsabilità viene rilevata in sede penale aggiungendosi a quella della persona fisica che materialmente ha realizzato l’illecito. Essendo però nel nostro ordinamento imperante il principio secondo cui la responsabilità penale è personale, e quindi non è possibile rilevarla in capo ad un soggetto giuridico si è continuato ad individuarla come responsabilità amministrativa. Sostanzialmente l’obiettivo che per tal via è raggiunto è di coinvolgere il patrimonio degli enti e quindi gli interessi dei soci finora estranei alle conseguenze dell’accertamento di reati commessi dagli amministratori o dipendenti, con conseguente vantaggio della società”.
 
Altro punto da sottolineare, per fare chiarezza, è il campo di applicazione soggettivo.
Infatti le norme sulla responsabilità amministrativa si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche se prive di personalità giuridica.
“Viceversa non si applicano alle imprese individuali ancorché con dipendenti, alle aziende familiari, poiché è necessaria la dimensione collettiva dell’ente, allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici e agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale dove è in ballo la finanza pubblica e quindi il possibile riversamento degli effetti finanziari della responsabilità dell’ente sulla collettività. Tutte le altre società o associazioni, anche se non dotate di personalità giuridica, sono soggette alla responsabilità amministrativa, quando si configurano le ipotesi previste dal dec. lgs. 231/2001”.


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Dopo aver affrontato il campo di applicazione oggettivo, con riferimento ai reati cui si applica la disciplina in esame, il documento ricorda che perché ci sia responsabilità è necessario che sussista “interesse” e “vantaggio” dell’ente.
“Nel primo caso il termine ‘interesse’ individua una situazione favorevole all’ente da valutarsi prima che il reato sia stato compiuto, un elemento di carattere soggettivo riferibile al soggetto che commette il reato ed alla sua volontà, una finalità del suo agire”. Nel secondo caso il termine “vantaggio” rileva invece una “dimensione in tutto oggettiva che si riferisce agli effetti della condotta identificabili in una situazione favorevole all’ente da valutarsi in concreto dopo che il reato è stato commesso. Quindi la responsabilità dell’ente sorge chiaramente non solo quando il comportamento illecito dell’autore abbia determinato un vantaggio patrimoniale o non patrimoniale per l’ente, ma anche quando, pur in assenza di un oggettivo vantaggio, il fatto reato sia stato commesso nell’interesse dell’ente”.
 
Vediamo ora alcuni casi di esclusione della responsabilità amministrativa.
La responsabilità amministrativa non si applica in questi casi:
- la tipologia dell’azienda è fuori dal campo di applicazione del D.Lgs. 231/2001;
- pur essendo un’azienda che per tipologia rientra nel campo di applicazione e in presenza di lesioni gravi e gravissime, non c’è violazione di norme di igiene e sicurezza sul lavoro;
-non c’è interesse o vantaggio;
- l’azienda ha adottato e attuato un modello organizzativo di cui all’art. 30 del D.Lgs. 81/08, ma i soggetti di cui all’art. 5 del D.Lgs 231/01 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi o hanno evaso fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione.
In particolare l’ultima casistica “non è così facile da individuare allorché ci si riferisca ad una condotta colposa in materia di infortuni sul lavoro o malattie professionali, che di rado viene posta in essere per raggiungere fini o vantaggi propri dei singoli dirigenti, preposti o addetti alla lavorazione nel mentre l’ente seppure non può trarre vantaggio dall’evento morte o lesioni in quanto tale può trarne invece dalla condotta dell’autore che ha violato le norme di prevenzione. Da detta condotta l’ente può trarre concreti vantaggi ad esempio in termini di risparmio sui costi nei casi in cui l’infortunio sul lavoro sia causato dalla mancata attuazione di precise disposizioni in materia di prevenzione”.
 
L'impresa – continua la Dr.ssa Toriello - non risponde dei reati di cui sopra, se prova che:
a) “l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e' stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b)”.
 
Riguardo poi all’efficacia esimente derivante dall’adozione di un modello di gestione, si sottolinea che la “responsabilità dell’ente non scaturisce in automatico dalla mancata adozione allo stesso modo in cui l’adozione del modello non esclude la responsabilità dell’ente dovendo il giudice esprimersi in sede di giudizio penale sulla idoneità del modello”.
Infatti l’art. 30 del D. lgs 81/2008 statuisce che il modello per essere giudicato idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa, “deve essere idoneo a prevenire la commissione dei reati da parte dei soggetti che ricoprono una posizione funzionale nell’ente”.
Si ricorda poi che nel caso si abbia a che fare con reati commessi da “soggetti non apicali” l’ente è “ responsabile solo se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di controllo e vigilanza. E qui la norma aggiunge un’ulteriore presunzione: in ogni caso è esclusa la violazione dell’obbligo di vigilanza se l’ente ha adottato ed efficacemente attuato un modello di gestione idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello commesso”.
 
Il documento si conclude poi con una disamina dei modelli organizzativi, ai sensi del D.Lgs. 81/2008, e della sentenza dell’11 gennaio 2010 del Tribunale di Trani - Sezione Molfetta.
Con questa sentenza il Tribunale, in relazione all’infortunio sul lavoro del 2008 presso la Truck Center con 5 morti e un ferito grave in seguito a inalazione di acido solfidrico, ha “sanzionato in via amministrativa ex D.Lgs. n.231/01 tre società che, non avendo rispettato le disposizioni per la protezione dei lavoratori previste dal T.U. sicurezza, avevano concorso al verificarsi di un incidente sul lavoro di particolare gravità occorso nell’ambito di un appalto”. In particolare, “il Tribunale ha deciso che il documento di valutazione dei rischi non può essere considerato come un modello organizzativo previsto dal D.Lgs. n.231/01 al fine di evitare la sanzionabilità. I modelli organizzativi devono infatti caratterizzarsi non solo per la mappatura e per la gestione dei rischi legati agli infortuni sul lavoro, ma anche per un sistema di controllo sul sistema organizzativo per assicurarne la verifica e l’effettività”.
 
 
 

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