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Decreto 231: la composizione e i requisiti dell’Organismo di vigilanza
Roma, 16 Giu– Due degli elementi che l’articolo 6 del D.Lgs. 231/2001 richiede perché un ente possa essere esonerato dalla responsabilità amministrativa, conseguente alla commissione di alcune tipologie di reato, sono l’adozione di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire tali reati e l’affidamento del compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, l’Organismo di vigilanza (OdV).
Proprio perché l’assegnazione di questi compiti all’ Organismo di vigilanza e il loro corretto ed efficace svolgimento, sono presupposti indispensabili per l’esonero dalla responsabilità, è necessario valutare attentamente quanto richiesto dalla legge e l’idoneità dei requisiti per vigilare sul funzionamento del modello organizzativo.
Uno strumento idoneo per questa valutazioni è il documento di Confindustria, aggiornato nel 2014, dal titolo “ Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo. Ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.
Riguardo alla composizione dell’Organismo di vigilanza il documento segnala che la legge “non fornisce indicazioni puntuali”, dando la possibilità “di optare per una composizione sia monosoggettiva che plurisoggettiva”.
Tuttavia al di là della “indifferenza del legislatore rispetto alla composizione, la scelta tra l’una o l’altra soluzione deve tenere conto delle finalità perseguite dalla stessa legge e, quindi, assicurare l’effettività dei controlli”. Come ogni aspetto del modello, anche la composizione dell’Organismo di vigilanza dovrà dunque “modularsi sulla base delle dimensioni, del tipo di attività e della complessità organizzativa dell’ente. Ad esempio l’articolo 6, comma 4, del decreto 231 consente alle imprese di piccole dimensioni di affidare i compiti di Organismo di vigilanza all’organo dirigente”. E se l’ente non intende avvalersi di questa facoltà, “la composizione monocratica ben potrebbe garantire le funzioni demandate all’OdV. Invece, nelle imprese di dimensioni medio-grandi sembra preferibile una composizione di tipo collegiale”. E infine “qualora l’ente risulti dotato di un Collegio Sindacale (o organo equivalente nel caso di adozione di forme di governo societario differenti da quella tradizionale), potrebbe avvalersi di un’altra opportunità offerta dal decreto 231 (in seguito alle modifiche introdotte dalla legge 183 del 2011): l’attribuzione delle funzioni di Organismo di vigilanza al Collegio Sindacale”.
Veniamo ai compiti, requisiti e poteri dell’Organismo di vigilanza.
Queste sono le principali attività che l’Organismo è chiamato ad assolvere:
- “vigilanza sull’effettività del modello, cioè sulla coerenza tra i comportamenti concreti e il modello istituito;
- esame dell’adeguatezza del modello, ossia della sua reale - non già meramente formale - capacità di prevenire i comportamenti vietati;
- analisi circa il mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del modello;
- cura del necessario aggiornamento in senso dinamico del modello, nell’ipotesi in cui le analisi operate rendano necessario effettuare correzioni ed adeguamenti”.
Le linee guida si soffermano poi sui principali requisiti richiesti all’ Organismo di vigilanza per svolgere le funzioni previste dal decreto 231.
Il primo requisito è l’autonomia e indipendenza.
Ad esempio bisogna evitare che all’Organismo di vigilanza “complessivamente inteso siano affidati compiti operativi”. Inoltre:
- “non deve esserci identità tra controllato e controllante”;
- bisogna “eliminare ingerenze e condizionamenti di tipo economico o personale da parte degli organi di vertice”;
- è necessario “prevedere nel Modello cause effettive di ineleggibilità e decadenza dal ruolo di membri dell’Organismo di vigilanza, che garantiscano onorabilità, assenza di conflitti di interessi e di relazioni di parentela con gli organi sociali e con il vertice”.
Dunque la posizione dell’OdV nell’ambito dell’ente “deve garantire l’autonomia dell’iniziativa di controllo da ogni forma di interferenza o condizionamento da parte di qualunque componente dell’ente e, in particolare, dell’organo dirigente”. Infatti “nel sistema disegnato dal decreto 231, quest’ultimo è uno dei soggetti controllati dall’Organismo di vigilanza”.
Le linee guida ricordano che la giurisprudenza “ha affiancato al requisito dell’autonomia quello dell’indipendenza (cfr. G.i.p. Tribunale Milano, ordinanza 20 settembre 2004). Il primo requisito, infatti, sarebbe svuotato di significato se i membri dell’Organismo di Vigilanza risultassero condizionati a livello economico e personale o versassero in situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale”. E come ancora è stato evidenziato dalla giurisprudenza, per essere efficiente e funzionale ‘l'organismo di controllo non dovrà avere compiti operativi che, facendolo partecipe di decisioni dell'attività dell'ente, potrebbero pregiudicare la serenità di giudizio al momento delle verifiche’ (G.i.p. Tribunale Roma, 4 aprile 2003).
Un altro requisito è quello dellaprofessionalità.
Ad è esempio è bene “nominare soggetti competenti in materia ispettiva e consulenziale, in grado di compiere attività di campionamento statistico, di analisi, valutazione e contenimento dei rischi, di elaborazione e valutazione dei questionari”. Ed è opportuno che “almeno taluno tra i membri dell’Organismo di vigilanza abbia competenze giuridiche”.
Il requisito della professionalità si riferisce dunque al “bagaglio di strumenti e tecniche che l’Organismo di vigilanza deve possedere per poter svolgere efficacemente la propria attività”.
E come chiarito dalla giurisprudenza, è necessario che la scelta dei membri dell’OdV avvenga con la verifica del possesso di specifiche competenze professionali: “non è sufficiente un generico rinvio al curriculum vitae dei singoli. Il modello deve esigere che i membri dell’OdV abbiano competenze in ‘attività ispettiva, consulenziale, ovvero la conoscenza di tecniche specifiche, idonee a garantire l’efficacia dei poteri di controllo e del potere propositivo ad esso demandati’ (così Trib. Napoli, 26 giugno 2007)”.
Concludiamo con il requisito della continuità di azione.
Le linee guida sottolineano che per garantire “l’efficace e costante attuazione di un modello cosi articolato quale è quello delineato dal decreto 231, soprattutto nelle aziende di grandi e medie dimensioni, si rende necessaria la presenza di una struttura dedicata a tempo pieno all’attività di vigilanza sul Modello, priva di mansioni operative che possano portarla ad assumere decisioni con effetti economico-finanziari” (cfr. Trib. Roma, 4 aprile 2003). Ma ciò non esclude che questa struttura “possa fornire anche pareri sulla costruzione del Modello, affinché questo non risulti debole o lacunoso sin dalla sua elaborazione: eventuali consulenze, infatti, non intaccano l’indipendenza e l’obiettività di giudizio su specifici eventi”.
In particolare, con specifico riferimento agli OdV a composizione plurisoggettiva, il requisito della continuità di azione può essere soddisfatto attraverso diverse soluzioni.
Ad esempio “mediante la presenza di componenti interni i quali, alle condizioni prima indicate in punto di autonomia ed indipendenza, possono offrire un contributo assiduo, determinante per assicurare la necessaria continuità d’azione. Oppure, soprattutto nelle ipotesi in cui si opta per la nomina di membri esclusivamente esterni, la costituzione di una segreteria tecnica anche interfunzionale, in grado di coordinare l’attività dell’Organismo di vigilanza e di assicurare la costante individuazione di una struttura di riferimento nella società, anche ai fini di eventuali informazioni o denunce da parte di soggetti operanti al suo interno”,
In definitiva al momento dell’adozione del Modello, l’organo dirigente dovrà:
- “disciplinare gli aspetti principali relativi al funzionamento dell’OdV (es. modalità di nomina e revoca, durata in carica) e ai requisiti soggettivi dei suoi componenti;
- comunicare alla struttura i compiti dell’OdV e i suoi poteri, prevedendo eventuali sanzioni in caso di mancata collaborazione”.
L’OdV deve essere dotato di tutti i poteri necessari per assicurare una puntuale ed efficace vigilanza su funzionamento e osservanza del modello di organizzazione, gestione e controllo.
E nel Modello dovrebbe inoltre “essere specificato che:
- le attività poste in essere dall’OdV non possano essere sindacate da alcun altro organismo o struttura aziendale, fermo restando che l’organo dirigente vigila sull’adeguatezza del suo intervento, poiché ad esso compete la responsabilità ultima del funzionamento (e dell’efficacia) del Modello organizzativo;
- l’OdV deve avere libero accesso presso tutte le funzioni della società - senza necessità di alcun consenso preventivo - onde ottenere ogni informazione o dato ritenuto necessario per lo svolgimento dei compiti previsti dal decreto 231;
- l’OdV può avvalersi, sotto la sua diretta sorveglianza e responsabilità, dell’ausilio di tutte le strutture della società, ovvero di consulenti esterni”.
Concludiamo questa breve presentazione dei compiti e dei requisiti dell’Organismo di Vigilanza ex 231/2001, segnalando che le linee guida si soffermano anche su particolari aspetti della costituzione dell’OdV:
- devoluzione delle funzioni di Organismo di vigilanza al Collegio Sindacale;
- attribuzione del ruolo di Organismo di vigilanza al Comitato controllo e rischi;
- compatibilità tra il ruolo di Internal Audit e le funzioni di Organismo di vigilanza.
Confindustria - Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo. Ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 - aggiornato al marzo 2014
RTM
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