Sulla verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell'appaltatore
La lettura di questa sentenza della Corte di Cassazione ci induce ad effettuare un attento riesame di uno dei principali obblighi del committente di un’opera edile in materia di salute e sicurezza sul lavoro e più in particolare di quello previsto dall’art. 90 comma 9 lettera a) del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 che è utile ricordare. Lo stesso, infatti, ha disposto che il committente è tenuto a verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all’Allegato XVII dello stesso decreto legislativo e ha però aggiunto, con l’evidente scopo di semplificare l’adempimento, che, per i cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportino rischi particolari di cui all’allegato XI, tale requisito si considera soddisfatto mediante la presentazione da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dallo stesso Allegato XVII. Una verifica quindi chiaramente di natura amministrativa e affidata a una autocertificazione.
Nel caso in esame la suprema Corte è stata chiamata a decidere su di un ricorso presentato da un committente che, per effettuare dei lavori edili concernenti la impermeabilizzazione di un proprio capannone attraverso la sostituzione delle lastre in policarbonato, si era rivolto, benché i lavori commissionati necessitassero di una particolare competenza tecnica, a una ditta individuale senza dipendenti la quale per la loro realizzazione si era servito di un lavoratore, assunto in nero, che si è infortunato precipitando al suolo per il cedimento di una delle lastre in policarbonato, essendo totalmente privo dei dispositivi di protezione individuale e dell’opportuna formazione.
Nel rigettare il ricorso, la Corte di Cassazione ha ora avuto modo di ribadire che l'obbligo di verifica di cui al comma 9 lettera a) dell’art. 90 del D. Lgs. n. 81/2008 non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo, precisando altresì che detto controllo formale non può infatti esonerare il committente dalla verifica della concreta capacità della impresa prescelta ad eseguire la tipologia delle lavorazioni appaltate, specie (come nel caso in esame) nella ipotesi di attività intrinsecamente pericolose quali i lavori in quota. In tal senso, del resto, si è già espresso anche il legislatore allorquando per definire nel D. Lgs. n. 81/2008 la idoneità tecnico-amministrativa ha richiesto il possesso di capacità organizzative nonché la disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature in riferimento ai lavori da realizzare.
Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni
La Corte di Appello ha confermata la pronuncia di condanna del legale rappresentante di una società emessa dal Tribunale per il reato di lesioni colpose ai danni di un lavoratore precipitato da un'altezza di sei metri durante i lavori di rifacimento del tetto di un capannone di proprietà della società stessa riportando gravi lesioni che avevano comportato l'indebolimento permanente degli organi della deambulazione. Di tale reato e di una serie di contravvenzioni dichiarate prescritte era stato chiamato a rispondere il committente di alcuni lavori edili concernenti la impermeabilizzazione del capannone, delle travi e dei canali di gronda, attraverso la sostituzione delle lastre in policarbonato, in cooperazione colposa (del pari condannato ma non ricorrente) con il titolare della omonima ditta individuale affidataria dei detti lavori.
Al committente era stata addebitata una colpa generica e un profilo di colpa specifica per aver omesso di valutare, pur avendone l'obbligo ai sensi del D. Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, comma 9, lett. a), l'idoneità tecnico professionale dell'impresa affidataria. Secondo i giudici di merito, infatti, l'istruttoria dibattimentale aveva consentito di accertare che al momento dell'infortunio il lavoratore, precipitato al suolo per il cedimento di una delle lastre in policarbonato, era stato assunto in nero, era totalmente privo dei dispositivi di protezione individuale né gli era stata impartita formazione; per l'accesso al lavoro in quota; erano stato montati inoltre due trabattelli in metallo non conformi alla normativa di settore, in quanto privi di parapetti e fermapiedi.
La Corte territoriale aveva ritenuto sussistente il profilo di responsabilità colposa contestata, non avendo lo stesso verificata l'inidoneità della impresa affidataria, non ritenendo sufficiente, in proposito, il mero requisito della iscrizione nel registro delle imprese e avendo deciso incautamente di rivolgersi ad una ditta individuale priva di personale dipendente benché i lavori commissionati necessitassero di particolare competenza tecnica; il carattere rudimentale dei trabattelli montati in loco, ha evidenziato altresì la Corte di Cassazione, avrebbero dovuto renderlo consapevole della assoluta inadeguatezza dell'impresa prescelta.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, articolandolo con alcune motivazioni. Con un primo motivo si è lamentato per il fatto che la Corte di Appello non aveva tenuto in debito conto le previsioni dell'allegato XVII e dell’art. 90 del D. Lgs. n. 81 del 2008 relativo alla verifica della idoneità tecnico - professionale, secondo cui, nei cantieri di entità presunta minore di 200 uomini-giorno, è sufficiente la verifica della iscrizione alla Camera di commercio da parte del committente. La sentenza impugnata, secondo il ricorrente, aveva privato di ogni rilievo il chiaro dato normativo, affermando altresì che erano irrilevanti anche la stipula di un regolare contratto di appalto e la nomina di un direttore dei lavori, estendendo su di lui un obbligo di vigilanza che certamente la legge non gli ha attribuito.
Come altro motivo ha sostenuto che il sinistro era certamente da ascriversi, sotto il profilo della causalità, a precisi inadempimenti posti in essere dal datore di lavoro, quali la violazione dell'obbligo di formazione, di redazione del POS e di fornire al lavoratore i necessari dispositivi di sicurezza. La pronuncia aveva quindi ricondotto illogicamente alla sua responsabilità l'evento che era invece da ricondurre causalmente alle violazioni sopra dette, poste in essere dal solo datore di lavoro. Con un terzo motivo, infine, con riferimento ai controlli che, secondo la Corte territoriale, avrebbe dovuto esercitare in cantiere, il ricorrente ha affermato che la posizione di committente non implica la presenza assidua sul cantiere.
Le decisioni in diritto della Cote di Cassazione.
I motivi di ricorso sono stati ritenuti dalla Corte di Cassazione manifestamente infondati. La stessa ha ricordato di avere più volte affermato che, in tema di infortuni sul lavoro, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori per cui ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché all'agevole ed immediata percepibilità da parte del committente delle situazioni di pericolo; come precedente ha citato una sentenza della IV Sezione, la n. 44131 del 2/11/2015, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “La responsabilità del committente e l’eziologia dell’evento”.
Nel caso di prestazioni eseguite in attuazione di un contratto d'appalto, ha così proseguito la suprema Corte, l'estensione al committente della responsabilità dell'appaltatore è poi ammissibile soltanto laddove l'evento possa ritenersi collegato ad un'omissione colposa, specificamente determinata, che risulti imputabile alla sfera di controllo dello stesso committente. In particolare, è stato ripetutamente affermato che sussiste un preciso obbligo di diligenza, previsto anche dalla normativa antinfortunistica, in ordine all'esercizio dei criteri di scelta della impresa esecutrice, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente stesso di situazioni di pericolo, anche in considerazione, appunto, della natura dei lavori affidati all'impresa prescelta, attinente alla peculiare fattispecie analoga a quella che ha operato nel caso in esame, ossia la esecuzione di lavori in quota.
Di tali principi, secondo la Sezione IV, hanno fatto buon governo i giudici di merito. I temi probatori sono risultati, infatti, adeguatamente esplorati e illustrati sia dalla sentenza di primo grado, sia da quella impugnata, specie considerando che le due pronunzie, corrispondenti alla nozione ed aventi i requisiti della c.d. "doppia conforme", devono essere lette ed esaminate come un unicum motivazionale. Le pronunce avevano sottolineato in particolare che: 1) i lavori da eseguire, che comportavano un rischio rilevante connesso al fatto che gli stessi dovevano eseguirsi sul tetto del fabbricato, erano stati affidati ad una impresa individuale priva di personale dipendente (dato che emergeva dalla visura camerale acquisita agli atti del giudizio); 2) detta circostanza, agevolmente verificabile da parte del committente, aveva di fatto comportato che il titolare dell'impresa, al fine di eseguire i lavori, aveva incaricato un lavoratore assunto in nero; 3) le caratteristiche dell'impresa appaltatrice, dunque, già di per sé non garantivano il possesso dei particolari requisiti di idoneità per il compimento dei lavori in quota, certamente caratterizzati da notevole pericolosità e richiedenti specifiche attrezzature; 4) ad ulteriore riprova di ciò, le lavorazioni erano iniziate senza la consegna del POS; 5) la totale assenza degli strumenti di lavoro idonei ad eseguire la tipologia di lavori richiesta era immediatamente percepibile, atteso che l'istruttoria espletata aveva messo in luce la natura del tutto rudimentale dei cosiddetti trabattelli utilizzati per salire sul tetto del capannone, privi di parapetti e dispositivi antiscivolo.
Il rischio quindi, secondo la Corte di Cassazione, era stato correttamente evidenziato nella impugnata sentenza, così come in quella del primo giudice, ed era non solo prevedibile in astratto ma anche in concreto, attesa la peculiare sede delle lavorazioni (come detto, impermeabilizzazione del tetto del capannone) nonché la presenza, sulla superficie del tetto, di lucernai in policarbonato, che rendevano particolarmente insidiosa l'opera da eseguire, costituendo una superficie certamente non stabile e non solida. Ha inoltre ricordato che il committente a sua volta imprenditore risponde comunque della adozione delle misure generali di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Né può esimere il committente dalla responsabilità in ordine alla scelta dell'impresa appaltatrice, ha sostenuto ancora la suprema Corte, il fatto che le previsioni dell'allegato XVII del D. Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, relativo alla verifica della idoneità tecnico professionale, richiede, nei cantieri di entità presunta minore di 200 uomini giorno, soltanto la verifica della iscrizione alla Camera di commercio, eseguita da parte del committente. In caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, infatti, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché “l'obbligo di verifica di cui al D. Lgs. n. 9 aprile 2008, n. 81, art. 90, lett. a), non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo. Detto controllo formale non può infatti esonerare il committente dalla verifica della concreta capacità della impresa prescelta ad eseguire la tipologia delle lavorazioni appaltate” e qualunque sia l’entità del cantiere, specie nella ipotesi (come nel caso in esame) di attività intrinsecamente pericolose quali i lavori in quota, citando come precedente espressione della Corte di Cassazione in tal senso la sentenza n. 28728 del 16/10/2020, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “Le modalità della verifica della idoneità tecnico professionale”.
Stante quindi la manifesta infondatezza dei motivi, la Corte di Cassazione ha in definitiva dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una ulteriore somma in favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero. Ha condannato altresì il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili (eredi della persona offesa deceduta nelle more del giudizio) che ha liquidate per complessivi 4.800 euro, oltre accessori come per legge.
Gerardo Porreca
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Rispondi Autore: Fabrizio Veneziani - likes: 0 | 12/02/2024 (07:10:39) |
Buongiorno. Qualche giorno fa non ho autorizzato come CSE una ditta ad impiegare in cantiere due lavoratori autonomi in quanto sprovvisti di attestato di formazione sicurezza e giudizio idoneità alla mansione e senza averli indicati nel proprio POS. Mi sono sempre comportato così in passato. La ditta si è risentita facendo presente che in trenta anni di attività di cantiere era la prima volta che accadeva. I due autonomi sono sempre stati accettati a suo dire in qualsiasi cantiere, anche da grandi committenti pubblici. Si è rivolta alla locale Cassa Edile che ha confermato alla impresa che ai sensi dell'art. 21 D.Lgs 81/2008 i due autonomi possono lavorare senza formazione e idoneità. Di conseguenza la ditta ha rifiutato il lavoro mettendo in difficoltà me e il Committente visto che dovevano iniziare i lavori oggi. Cosa ne pensa ? |
Autore: federico b. | 12/02/2024 (09:00:00) |
Concordo con lei. Sappiamo bene che in un cantiere, soprattutto ad alto rischio, la catena di sicurezza è forte quanto il suo anello più debole. Non sposso avere i lavoratori dipendenti formati, addestrati e idonei e poi uno o due autonomi senza formazione e idoneità, che sono quindi più esposti ad infortuni o malori. Come RSPP di capocommesse io chiedo sempre ai subappaltatori autonomi attestati e idoneità, senza se e senza ma. Che poi sappiamo che se si fanno male poi l'art.21 è sempre opinabile. |
Autore: Giancarlo Giannone | 12/02/2024 (09:47:02) |
Mi permetto di osservare che in effetti il lavoratore autonomo non è tenuto a effettuare la formazione nè è tenuto a sottoporsi a sorveglianza sanitaria, a meno che non utilizza attrezzature particolari che richiedono tali obblighi. |
Rispondi Autore: Francesco - likes: 0 | 12/02/2024 (08:07:08) |
Mi permetto di fare una considerazione. In Italia, incidenti del genere avvengono? Credo proprio di sì. Il problema, a mio avviso, è che le imprese abbiano la possibilità di avvalersi di lavoratori in nero troppo spesso. È giusto che un committente abbia delle responsabilità, tuttavia, siamo sicuri che, anche a fronte di una puntuale verifica e di un controllo capillare del committente, un'impresa non si avvalga di lavoratori irregolari? Non sento più parlare di patente a punti per le imprese, che fine ha fatto? Inoltre, e chiudo, quante opere hanno avuto difetti di esecuzione con conseguente condanna del committente? |
Rispondi Autore: Aldo Perron - likes: 0 | 12/02/2024 (08:20:59) |
il primo filtro dovrebbe essere la camera di commercio: ho un caso concreto in cui il responsabile tecnico come definito dal DM37/08 non aveva i requisiti: la domanda è se c'è volontà di effettuare controllo effettivo, ma i vari sindacati degli autonomi si oppongono altrimenti molti artigiani dovrebbero cambiare mestiere |
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0 | 12/02/2024 (09:37:47) |
Sono chiaramente d'accordo. Tuttavia vorrei mettere l'accento su di una situazione in cui spesso mi sono trovato. In diversi casi fra il Committente ed il Fornitore si crea un rapporto fiduciario personale e che esula e scavalca l'oggettività delle cose. Ciò determina un lavoro ingrato per il CSE (ma anche per l'RSPP in sede di Duvri). E' assolutamente necessario fare intendere al Committente che la verifica della idoneità formale e tecnica della Ditta Appaltatrice è PRINCIPALMENTE un suo interesse sia per la Sicurezza e sia per la ottimane esecuzione dei lavori, al di là dei rapporti interpersonali. |