Sulla distinzione degli spogliatoi in base al genere
Si è occupata la Corte di Cassazione in questa breve sentenza dell’obbligo che il datore di lavoro ha di mettere a disposizione dei lavoratori nella propria azienda locali spogliatoio distinti per genere di appartenenza nel rispetto del loro diritto di riservatezza ed in applicazione delle disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Nel confermare la sentenza di condanna di un datore di lavoro inflitta dal Tribunale e nel rigettare il ricorso dallo stesso presentato la suprema Corte ha ricordato in merito che l’utilizzo degli spogliatoi con una turnazione fra lavoratori e lavoratrici, così come si è verificato nel caso in esame, è consentito dalle disposizioni di legge solo per aziende il cui numero di dipendenti non superi le cinque unità.
Il caso e il ricorso in cassazione
Il legale rappresentante di una casa di riposo ha ricorso in cassazione contro la sentenza con la quale il Tribunale lo aveva condannato alla pena di giustizia avendolo riconosciuto responsabile, nella sua qualità di datore di lavoro, dei reati di cui agli artt. 53 comma 1, 64 comma 1 lettere a) e c) e 68 del D. Lgs n. 81 del 2008, per avere omesso di mantenere le condizioni igienico sanitarie dei locali della casa di riposo in condizione tali da garantire la sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro.
Il ricorrente ha contestato la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la stessa, dapprima ha affermato che all'interno della predetta struttura assistenziale erano in corso dei lavori di ristrutturazione e successivamente ha affermato che al momento dell'accertamento non vi erano operai presenti ed in quanto ha sanzionato penalmente la sua condotta sebbene egli si fosse adoperato per rimuovere le situazioni di rischio a carico dei lavoratori adibiti presso la struttura assistenziale da lui diretta. Il ricorrente ha censurata, altresì, la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermata la sua penale responsabilità per non avere attivato per i lavoratori dipendenti degli spogliatoi distinti in base al genere di appartenenza di costoro senza avere sottoposto ad un adeguato vaglio la effettiva integrazione del reato contestato e la concreta offensività della condotta.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso proposto è stato dalla Corte di Cassazione ritenuto inammissibile stante la manifesta infondatezza dei motivi posti a suo fondamento. La stessa Corte ha messo in evidenza che non è stata ravvisata nessuna contraddittorietà nella sentenza della Corte di Appello essendo stato accertato che al momento dell'intervento dei verbalizzanti la struttura in questione era pienamente in funzione, ospitando essa dei degenti, e che in servizio presso la medesima vi era un numero di dipendenti comunque superiore a cinque unità, sebbene un'elementare norma di precauzione, volta a preservare i dipendenti dal rischio di infortuni, avrebbe imposto la sospensione della sua funzionalità durante lo svolgimento dei lavori di ristrutturazione in questione e sino al ripristino delle condizioni di ordinaria e salubre fruibilità della struttura ed avrebbe ancora comportato l'obbligo comunque di rimuovere preventivamente gli evidenti fattori di rischio contestati.
Con riferimento all’utilizzo degli spogliatoi la Corte di Cassazione ha messa in evidenza la compressione nel caso in esame, del diritto alla riservatezza vantato dai dipendenti della impresa del ricorrente, derivante dalla mancata distinzione del locale spogliatolo fra i due generi di appartenenza del personale sostenendo che tale compressione può dirsi neanche evitata o ridotta entro termini di ragionevole tollerabilità se si tiene conto che il ricorrente, come dallo stesso segnalato, aveva previsto la possibilità per i fruitori del locale di una gestione turnata dello spogliatoio in funzione del genere di appartenenza. Una soluzione del genere ha così concluso la Sezione III, è stata, infatti, prevista dal legislatore come idonea ad elidere la rilevanza penale del fatto solo nel caso in cui si tratti di aziende che occupino un numero di dipendenti non superiore a cinque unità mentre nella circostanza gli addetti al servizio della impresa erano ben più di cinque.
Considerata quindi la inammissibilità del ricorso il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Gerardo Porreca
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