Sull’estinzione degli illeciti secondo il D. Lgs. 758/1994
Come si è avuto modo di osservare già in precedenti occasioni il D. Lgs. 19/12/1994 n. 758, contenente le modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro, a più di venti anni dalla sua entrata in vigore, è ancora oggetto di precisazioni e di chiarimenti sulla sua applicazione da parte della Corte di Cassazione che spesso è intervenuta ad annullare sentenze emanate dai Tribunali in quanto risultate non conformi alle disposizioni impartite dal decreto legislativo medesimo. L'adozione della procedura di estinzione amministrativa dell’illecito in materia di salute e sicurezza sul lavoro ex D. Lgs. n. 758/1994, ha ribadito la suprema Corte in questa sentenza, costituisce una condizione di procedibilità dell'azione penale per cui il giudice prima di emettere una sentenza di condanna deve accertare d'ufficio che la procedura stessa sia stata regolarmente svolta. L’irregolarità nella procedura questa volta ha riguardato la mancata prova della notifica al datore di lavoro dell’ammissione al pagamento della sanzione ridotta dopo che lo stesso ha provveduto ad ottemperare alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza e dopo che quest’ultimo ne ha accertato l’adempimento. E questo è stato il difetto di procedura che ha portato la Corte di Cassazione ad annullare la sentenza di condanna emanata dal Tribunale rinviando allo stesso gli atti per un nuovo esame in diversa composizione.
La sentenza di condanna, il ricorso in Cassazione e le motivazioni
Il Tribunale ha condannato alla pena di 5.000,00 euro di ammenda il datore di lavoro di un’impresa edile riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. 146, 122 e 92 del D. Lgs. n. 81 del 2008. Nel dettaglio l'imputato è stato ritenuto responsabile di avere omesso, in qualità di datore di lavoro, durante l'esecuzione dei lavori di costruzione di un solaio posto al primo piano di un fabbricato adibito a civile abitazione, di proteggere le aperture dei muri prospicienti il vuoto mediante l'utilizzo di parapetti e tavole fermapiede, atti ad impedire la caduta di persone, di avere consentito inoltre che si utilizzasse un ponteggio non idoneo ad impedire la caduta di persone e cose nonché di non aver ottemperato agli obblighi di vigilanza imposti dall'art. 92 del D. Lgs. n. 81/2008 al coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo, con un unico motivo di censura, la inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1, lett. b) del codice di procedura penale, in relazione alla mancata valutazione della carenza di prova circa la comunicazione all'imputato dell'ammissione al pagamento della sanzione amministrativa. In sintesi secondo il ricorrente, la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere non rilevante, diversamente da quanto affermato dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, che non si fosse proceduto a comunicare all'imputato, successivamente all'accertamento dell'adempimento delle prescrizioni impostegli in occasione del sopralluogo, l'avvenuta ammissione al pagamento della sanzione pecuniaria dovuta per la definizione in sede amministrativa del procedimento a suo carico.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto accolto. La stessa ha preliminarmente ricordato che, secondo quanto stabilito dall'art. 20 del D. Lgs. 19/12/1994 n. 758 contenente le "Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro", nel caso in cui l'organo di vigilanza abbia accertato la commissione di un reato in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, esso impartisce al contravventore, allo scopo di eliminare la contravvenzione, un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario (comma 1), prescrizione con la quale l'organo può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro (comma 3).
Secondo quanto stabilito poi dall'art. 21 dello stesso D. Lgs., rubricato "verifica dell'adempimento", entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione (comma 1) e, quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione accertata. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica quindi al Pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonché l'eventuale pagamento della predetta somma (comma 2). Quando, invece, risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al Pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione (comma 3).
Ai sensi del successivo art. 23 dello stesso D. Lgs., ha precisato ancora la Sez. III, rubricato "sospensione del procedimento penale", il procedimento penale per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale, fino al momento in cui il Pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3. A mente, inoltre, dell'art. 24, rubricato "estinzione del reato", se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2, la contravvenzione si estingue e il Pubblico ministero richiede l'archiviazione della notitia criminis. Le disposizioni sopraindicate, ha ancora precisato la Sez. III, hanno continuato a trovare applicazione, anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 81 del 2008, giusta quanto disposto dall'art. 301 dello stesso decreto.
Tanto premesso, la Corte di Cassazione ha ulteriormente osservato che allorché, come nel caso sottoposto al suo esame, si sia sostanzialmente incorso in un error in procedendo, il giudice di legittimità è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all'esame diretto degli atti processuali. Dall’esame degli stessi è emerso che, a seguito dell'accertamento ispettivo eseguito da personale dell'organo di vigilanza competente, al quale aveva presenziato lo stesso datore di lavoro, erano state impartite alcune prescrizioni volte ad eliminare le fonti di pericolo originate dalla condotta inosservante dell'imputato, ripristinando in azienda idonee condizioni di sicurezza.
Successivamente, in occasione di un ulteriore sopralluogo, i verbalizzanti avevano constatato l'avvenuta ottemperanza delle suddette prescrizioni e quindi era stata determinata, nella misura di 2.100,00 euro, la sanzione pecuniaria che, entro il termine di 30 giorni, il contravventore avrebbe dovuto pagare al fine di potere accedere all'archiviazione del procedimento penale. L'ammissione al pagamento della sanzione pecuniaria però non è stata comunicata al datore di lavoro, secondo quanto ricavabile dalla copia, in atti, della relativa nota a firma del personale dell'organo di vigilanza, recante unicamente il timbro del protocollo in uscita dell'Azienda sanitaria provinciale ed il timbro in entrata della sola Procura della Repubblica locale.
La suprema Corte ha quindi ricordato che, secondo la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, introdotta dagli artt. 19 e seguenti del D. Lgs. n. 758/1994, il processo rimane sospeso fino al momento in cui pervenga al Pubblico ministero una delle comunicazioni prima ricordate, tra le quali vi è anche quella dell'avvenuto pagamento della somma una volta che il contravventore sia stato ammesso a provvedervi a mente del ricordato art. 21 il che comporta, ovviamente, la necessità che il contravventore abbia avuto notizia del verbale di ammissione al pagamento redatto dalla Pubblica amministrazione successivamente alla verifica della avvenuta eliminazione della violazione.
Se per un verso, ha precisato ancora la Sez. III, la giurisprudenza di legittimità ritiene che tale conoscenza non debba necessariamente conseguire alla formale notifica del predetto verbale, per altro verso essa ritiene comunque necessario che si faccia ricorso a una modalità idonea a raggiungere comunque il risultato di "notiziare" effettivamente il contravventore della ammissione al pagamento e del relativo termine. Inoltre, configurando l’adozione della procedura amministrativa di estinzione dell'illecito, secondo la consolidata opinione giurisprudenziale, una condizione di procedibilità dell'azione, “il giudice, prima di pronunciare sentenza di condanna per una delle contravvenzioni stabilite dal d.lgs. n. 81 del 2008, deve accertare, d'ufficio, che si siano regolarmente svolti tutti i vari passaggi della procedura stessa (Sez. 3, n. 43825 del 4/10/2007, dep. 26/11/2007, Di Santo, Rv. 238260), dovendo, in caso contrario, pronunciare sentenza di annullamento della pronuncia di condanna (così Sez. 3, n. 13340 del 1/10/1998, dep. 18/12/1998, Curaba G., Rv. 212484)”.
Nel caso in esame, ha così concluso la Corte di Cassazione, il Tribunale ha erroneamente ritenuto "all'evidenza irrilevante" la circostanza che non risultasse la conoscenza, da parte dell'imputato, della avvenuta ammissione al pagamento della sanzione amministrativa nel termine di trenta giorni e, pertanto, non essendo stato completato l'iter amministrativo concretante la condizione di procedibilità dell'azione penale, la stessa Corte ha cassata la sentenza impugnata. Sulla base quindi di tali considerazioni la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, al Tribunale di provenienza in diversa composizione.
Gerardo Porreca
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