Scuole e responsabilità penali per infortunio: le sentenze del 2016
Si propone di seguito una selezione di sentenze (senza pretese di esaustività) emanate dalla Cassazione Penale durante l’anno appena passato le quali hanno accertato le responsabilità per infortuni occorsi negli istituti scolastici.
Per esigenze di brevità (trattandosi di una rassegna che si propone di dare un quadro generale di diverse pronunce), si segnala che delle sentenze più complesse e articolate relative al crollo dell’edificio che ospitava il convitto de L’Aquila e al cedimento della controsoffittatura del Liceo Darwin di Rivoli si è potuto dare conto solo in maniera sintetica, senza potersi soffermare su tutti i passaggi rilevanti; se ne consiglia pertanto anche la lettura integrale in quanto sentenze di grande interesse.
Responsabilità dell’RSPP e del Dirigente scolastico di una scuola elementare per improvvisa caduta dell’anta del cancello. Il grado di diligenza richiesto all’RSPP in una scuola - Cassazione Penale, Sez.IV, 13 maggio 2016 n. 20051
La Cassazione conferma la condanna della prof.ssa G.S., dirigente scolastico di un Istituto scolastico statale, comprensivo del plesso scolastico scuola elementare …, per aver “omesso di provvedere, in qualità di datore di lavoro, […] affinché il cancello a due ante dell’istituto, cancello in evidente stato di degrado, potesse essere utilizzato in piena sicurezza”, oltre che del reato di “lesioni colpose lievi in danno dello studente V.G.O., di otto anni, e di A.B., genitore di un altro studente della scuola, lesioni procurate in conseguenza della improvvisa caduta dell’anta sinistra del cancello di cui si è detto”.
L’RSPP A.F. è stato assolto in primo grado dall’accusa di avere, “omesso di individuare il rischio connesso allo stato di ammaloramento del cancello a due ante […] e di prevedere, tra gli interventi da effettuare, la manutenzione del predetto cancello e, in particolare, la sostituzione dei cardini, visibilmente corrosi”, oltre che dal reato di “lesioni colpose”.
La Corte d’Appello ha invece poi dichiarato l’RSPP responsabile, ai soli effetti civili, del fatto illecito di lesioni colpose e lo ha condannato a risarcire, in solido con l’imputata, il danno.
Questi i fatti: una mattina si era verificato “l’’improvviso distacco […] di un’anta del cancello che costituiva il varco dell’istituto scolastico, con caduta dell’anta.” Così “la pesante anta colpiva, dunque, sia il genitore A.B. sia lo studente V.G.O.”.
Con riferimento all’RSPP, la sentenza ricorda che “l’imputato, nel segnalare nel suo scritto del 15 ottobre 2008 (documento di valutazione dei rischi, acronimo: D.V.R.) vaghi problemi alla “recinzione esterna dell’edificio”, evidentemente comprensiva di muri, cancelli, ringhiere e quant’altro, recinzione esterna descritta come connotata da “diffuso ammaloramento”, peraltro visibile ad occhio nudo, con particolare riferimento proprio al cardine inferiore sinistro (quello che aveva ceduto), non poteva certo specificamente riferirsi al cancello in questione, anche perché l’imputato, volendo riferirsi ad un altro cancello dell’immobile, sito in un altro punto, lo aveva in altra parte del documento specificamente individuato”.
La Corte precisa, “inoltre, che la verifica sulla stabilità del cancello in questione era stata superficialmente svolta dall’ing. A.F. soltanto mediante l’impiego, in un’occasione, di un cacciavite, a mo’ di “sonda”, su di un ferro del cancello, con una tecnica, cioè, all’evidenza, troppo grossolanamente approssimativa per potere avere una qualche validità tecnica ed una qualche affidabilità dal punto di vista predittivo.”
E “quanto all’argomento difensivo […], secondo cui l’ingegnere, che intendeva riferirsi al cancello, si sarebbe dovuto necessariamente adattare agli spazi precostituiti della modulistica ministeriale adoperata come schema per la relazione, è agevole osservare che, data l’importanza del ruolo assegnato dalla dirigente scolastica all’ing. A.F., appunto quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione di una scuola elementare, l’incaricato non poteva certo, burocraticamente, assolvere all’incombenza limitandosi a spingere con un cacciavite su di un ferro di un vecchio cancello e a compilare un modellino ministeriale definendo, imprecisamente, uno dei due cancelli come recinzione esterna genericamente malmessa (v. foglio n. 344 del fascicolo), senza preoccuparsi più seriamente della sicurezza dei bambini, oltre che dei numerosi genitori e lavoratori della scuola che ogni giorno varcavano quella soglia (pp. 9 ed 11 della sentenza di appello), il rispetto per l’incolumità dei quali avrebbe dovuto indurre l’imputato, quantomeno, ad adattare gli spazi di un formulario ministeriale per inserirvi parole di chiarezza a proposito del rischio che derivava da un cardine di un cancello in cattive condizioni.”
La Cassazione conclude sottolineando “l’importanza del ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione” cui la legge affida il compito di coadiuvare il “datore di lavoro normalmente a digiuno (come peraltro nel caso di specie) di conoscenze tecniche”.
Infatti “il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori.”
La sentenza conclude dunque rimarcando la rilevanza del ruolo “tutt’altro che defilato e secondario, e, anzi, di centrale importanza, dell’ing. A.F. sul quale, proprio in quanto dotato di specifiche competenza tecniche che non rientravano nel profilo professionale della preside, l’istituzione scolastica aveva il diritto di fare pieno affidamento (nel caso di specie risultato malriposto) nella individuazione di possibili fonti di pericolo per la popolazione scolastica.”
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Responsabilità del dirigente del Comune per omessa adozione di misure di prevenzione incendi in una scuola elementare: “Bisogna distinguere le misure di tipo “strutturale ed impiantistico” e gli adempimenti di tipo unicamente “gestionale” ed organizzativo” - Cassazione Penale, Sez.III, 15 luglio 2016 n. 30143
La Cassazione conferma la condanna del dirigente responsabile dell’area tecnica e manutentiva del comune di S. per non avere adottato “misure idonee per prevenire gli incendi all’interno della scuola elementare… atteso che gli estintori non erano stati sottoposti alla verifica periodica e che l’impianto idrico non era funzionante.”
E’ infondata la tesi difensiva “secondo cui la responsabilità in ordine alla sicurezza negli istituti scolastici sarebbe da attribuire ai capi delle istituzioni scolastiche ed educative statali.”
Infatti, precisa la Cassazione, “l’art. 18 comma 3 del d.lgs.n.81 del 2008 prevede che gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi dello stesso decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico.”
Quindi, “negli istituti scolastici bisogna distinguere le misure di tipo “strutturale ed impiantistico”, di competenza dell’ente locale proprietario dell’immobile, e titolare del resto dei potere di spesa necessario per adottare le dovute misure, e gli adempimenti di tipo unicamente “gestionale” ed organizzativo spettanti invece all’amministrazione scolastica con la conseguenza che, versandosi in fattispecie relativa alla riscontrata assenza di funzionalità dell’impianto idrico antincendio e alla mancata sottoposizione degli estintori alla verifica periodica, altrettanto correttamente il Tribunale ha concluso per la responsabilità dell’imputato, quale dirigente responsabile dell’area tecnica e manutentiva del Comune”.
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Convitto Nazionale de L’Aquila crollato a seguito del terremoto: condannati per omicidio colposo e lesioni colpose il Dirigente scolastico del Convitto e il Dirigente del settore edilizia e pubblica istruzione della Provincia. Rischio sismico e prevedibilità dei terremoti quali “eventi con i quali i professionisti competenti sono chiamati a confrontarsi” - Cassazione Penale, Sez. IV, 21 gennaio 2016 n. 2536
Con questa pronuncia la Cassazione ha condannato il Dirigente scolastico del Convitto (B) e il Dirigente del settore edilizia e pubblica istruzione della Provincia (M., il quale era stato assolto dal Tribunale ma è stato poi condannato dalla Corte d’Appello) per omicidio colposo in danno di Ce.Lu., N.O. e Z.M. e di lesioni colpose in danno di Co.Mi. e C.L. I responsabili civili Convitto nazionale D.C. e Ministero dell’istruzione sono stati altresì condannati, in solido con gli imputati, al risarcimento dei danni.
L’evento risale alla notte del 6 aprile 2009, quando “a seguito di una violenta scossasismica, l’edificio che ospitava il Convitto nazionale in L’Aquila subiva rilevanti crolli di porzioni di muratura e dei solai, a seguito dei quali derivavano gli eventi lesivi oggetto del processo”.
Secondo la Cassazione, al Dirigente scolastico del Convitto va ricondotto il “profilo di colpa afferente alla mancata adozione di iniziative in prossimità dell’evento, volte a sottrarre i giovani alla rovina dell’edificio.”
Va tenuto presente che “la proprietà dell’edificio è del Convitto nazionale, ente giuridico pubblico presieduto da un rettore.” In base alla legge, infatti, “tutte le istituzioni scolastiche vengono poste sotto la cura delle amministrazioni Provinciali, ma quelle appartenenti a soggetti diversi dagli enti territoriali non vengono trasferite in proprietà alle Province.” E “sono previste convenzioni per disciplinare il rapporto tra Ente proprietario e Provincia. Dunque i convitti, istituzioni educative ma non scolastiche, sono configurati come enti autonomi con sedi di loro proprietà.”
In questo quadro, “il dirigente scolastico ha numerosi obblighi definiti dal D.Lgs.n.81 del 2008, art.2 e dal D.M. n. 292 del 1996, art. 1: egli riveste la qualità di datore di lavoro. […]
La rilevanza di tale normativa è stata recepita dalla circolare ministeriale n. 119 del 29 aprile 1999” che “si inserisce nella normativa di riferimento costituita dal richiamato D.Lgs.n.81 e da alcuni decreti ministeriali attuativi.”
Secondo la Corte, “vi è dunque in primo luogo un obbligo di valutazione dei rischi da esprimere in apposito documento con la collaborazione del responsabile della sicurezza.”
Inoltre, “gli obblighi in questione si intendono assolti ai sensi del D.Lgs.n.81, art.18, comma 3, con la richiesta di opportuni interventi nei confronti delle amministrazioni competenti; fermo restando l’obbligo di garantire nelle more dell’intervento richiesto un equivalente livello di sicurezza e, nel caso in cui ciò non sia possibile, di interrompere l’attività.”
Su questo, “ulteriore conferma si rinviene nel D.M. 29 settembre 1998, n. 382.”
Va aggiunto poi che “i consulenti hanno posto in luce la vetustà costruttiva e la scadente qualità del manufatto, come documentato anche dal crollo di numerosi solai, del tetto, di murature portanti. Coerenti in tal senso sono anche le relazioni di C. Engineering, del Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione ing. I., dei tecnici dell’Università di l’Aquila: essi hanno relazionato le amministrazioni interessate alla gestione e sicurezza dell’edificio.”
Il dirigente scolastico non ha solo gli obblighi gravanti sui di lui - quale datore di lavoro - ai sensi del D.Lgs.81/08: “analogo obbligo derivava dalla qualifica di organo di vertice dell’ente proprietario e quindi custode dell’immobile, secondo quanto previsto dalla normativa civilistica.”
Infatti “il Convitto, pur con le sue peculiarità, è una scuola media di secondo grado e tale qualificazione rende evidente l’obbligo di garantire la sicurezza dei ragazzi ospiti. Tale obbligo si aggiunge e sovrappone a quello che deriva dal rapporto contrattuale […].”
Infatti, in generale, secondo la giurisprudenza della Cassazione, “la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che, quanto all’ istituto scolastico, l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni”. Inoltre, “tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza”.
Riguardo al Dirigente del settore edilizia e pubblica istruzione della Provincia de L’Aquila, la sua posizione di garanzia era “basata sulla legge e sul contratto.”
Infatti “rileva la convenzione stipulata nel 2002 tra Provincia e Convitto” che “prevedeva oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria ed anche i necessari interventi di ristrutturazione”.
Inoltre “si parla nel documento anche di verifiche tecnico-strutturali e messa a norma; e ciò rende evidente lo stesso ambito degli interventi di competenza della Provincia e quindi del M.”
Per quanto riguarda l’aspetto economico, “l’inesistenza di fondi sufficienti ed i vincoli di carattere culturale ed artistico, secondo la Corte, non potevano limitare l’obbligo di sicurezza per il quale il M. avrebbe dovuto attivarsi coinvolgendo le varie amministrazioni competenti, ed eventualmente attivando conferenza di servizi per affrontare in modo complessivo il problema.
E comunque, se a causa di qualche ostacolo non fosse stato possibile alcun intervento significativo ed efficace, ne doveva conseguire la segnalazione all’ente di appartenenza, al vertice del Convitto ed agli organi amministrativi competenti per l’adozione dei conseguenti provvedimenti di inibizione all’uso della struttura e dichiarazione di inagibilità. Ai problemi finanziari si sarebbe inoltre potuto ovviare con la procedura di somma urgenza che consente di far fronte a spese eccezionali e non previste nel bilancio. Dinanzi ad una evidente, segnalata, visibile inidoneità dell’immobile a garantire i livelli minimi di sicurezza sismica ed in presenza di una sequenza sismica persistente il M. è rimasto inerte; non ha posto in essere alcun intervento.”
Concludiamo con un passaggio della sentenza che concerne il rischio sismico e la sua prevedibilità: “Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che i terremoti, anche di rilevante intensità, sono eventi rientranti tra le normali vicende del suolo, e non possono essere considerati come accadimenti eccezionali ed imprevedibili quando si verifichino in zone già qualificate ad elevato rischio sismico, o comunque formalmente classificate come sismiche (particolarmente Sez. 4, del 27/01/2010 n. 24732, Rv. 248115). In breve, si tratta di eventi con i quali i professionisti competenti sono chiamati a confrontarsi (Sez.4, 16/11/1989 n.17492, Rv.182859).”
In ogni caso, “qualunque valutazione in tale delicata materia va naturalmente rapportata anche a ciascuna peculiare situazione concreta; e di ciò pure il giudice è chiamato a tener conto, come sempre è del resto richiesto nella delicata valutazione sulla colpa. Si vuol dire che la adeguatezza del comportamento dell’agente chiamato a gestire il rischio sismico andrà in ogni caso rapportato alle caratteristiche dell’edificio, alla sua utilizzazione, alle informazioni scientifiche, specifiche e di contesto, disponibili in ordine a possibilità o probabilità di verificazione di eventi dirompenti. Insomma, riassuntivamente, si tratterà di valutare tutte le contingenze proprie del caso concreto.”
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Sentenza di Cassazione sul Liceo Darwin: Responsabilità di 3 Dirigenti della Provincia e di 3 RSPP per il cedimento della controsoffittatura (che in realtà era un solaio sospeso) - Cassazione Penale, Sez. IV, 22 marzo 2016 n. 12223
Questi i fatti: “in data 22 novembre 2008 alle ore 11,05 nell’aula della 4 G del liceo “Darwin” di Rivoli si verificava il cedimento pressoché totale della controsoffittatura in laterizio realizzata tra il 1962 ed il 1964 e consistita da tavelloni alti sei centimetri e lunghi un metro e da corree in cemento armato aventi interasse di circa un metro, costituite da un tondo metallico inglobato in un getto di calcestruzzo di circa un centimetro di spessore ed inferiormente da intonaco di finitura, controsoffittatura appesa al sovrastante solaio mediante elementi di sospensione (pendini). Il cedimento si era verificato durante l’intervallo delle lezioni in concomitanza con lo sbattimento della porta di ingresso dell’aula dovuto ad una forte corrente d’aria.”
A seguito del crollo lo studente V.S. era deceduto ed altri studenti avevano riportato lesioni.
Erano stati tratti a giudizio alcuni dirigenti della Provincia di Torino e alcuni RSPP succedutisi negli anni.
In particolare, quali dirigenti della Provincia, si trattava di DM.M. (funzionario della I Ripartizione Edilizia della Provincia di Torino nonché Progettista e Direttore dei Lavori per il cambio di destinazione d’uso dell’edificio negli anni 1979-1981 e 1983-1984, e poi dal 21 marzo 1996 al 30 giugno 1998, Dirigente Responsabile presso il Servizio Edilizia Scolastica della Provincia di Torino), M.S. (dirigente della Provincia di Torino presso il Servizio di Edilizia Scolastica in diversi periodi fra il 1998 ed il 2008), M.E. (dirigente della Provincia di Torino presso il Servizio Gestione Manutentiva Edifici Scolastici dal 2002 al 2008) ed M.M. (dal 2002, addetto al Servizio edilizia scolastica I della Provincia di Torino assegnato nello specifico al Liceo Darwin, assolto poi dalla Corte d’Appello).
Gli RSPP/ASPP del liceo Darwin che si erano avvicendati negli anni erano T.F. (RSPP negli anni 2000-2004), S.D. (RSPP dal 13 ottobre 2005 al 3 settembre 2006 e ASPP dal 16 febbraio 2007), P.P. (RSPP negli anni 2006-2008).
I reati contestati erano disastro, omicidio e lesioni personali.
Il Tribunale di Torino aveva assolto tutti gli imputati ad eccezione di DM.M.
Esso individuava “la causa esclusiva del crollo nella presenza di microscopiche fissurazioni denominate cricche nei pendini. Riteneva la penale responsabilità del DM.M. sul presupposto che la demolizione dei tramezzi e la realizzazione del locale poi divenuto aula della 4G era stata opera dell’imputato quale progettista e direttore dei lavori dell’appalto che prevedeva, ai fini del cambio di destinazione d’uso dell’edificio da seminario a scuola e del passaggio di proprietà del manufatto alla Provincia- la demolizione di alcune stanzette e la creazione di aule ad uso scolastico al piano interessato al crollo, in assenza di alcun nuovo rinforzo.”
E addebitava inoltre “al DM.M. la mancata ispezione del vano sovrastante il controsoffitto accessibile da una botola posta su quest’ultimo.”
Il Tribunale aveva invece assolto gli altri imputati, poi condannati, sulla base dell’assunto secondo cui “non si era in presenza di segni di dissesto agevolmente riconoscibili ed in quanto gli stessi avevano fatto legittimo affidamento sull’operato del DM.M.”; assunto poi smentito dalla Corte d’Appello.
Infatti la Corte d’appello di Torino aveva confermato la responsabilità di DM.M. ma aveva condannato anche M.S., M.E., T.F., S.D. e P.P.: secondo la Corte, infatti, le cause dell’evento erano da individuarsi “non solo nelle “cricche” più o meno presenti nei pendini, ma nell’eccessivo ed irregolare interasse fra questi ultimi, “difetto facilmente percepibile ad un’osservazione visiva” ed addebitabile ad una anomalia progettuale.”
Inoltre “il controsoffitto crollato non era in realtà un semplice controsoffitto” in quanto “si trattava di un solaio sospeso e non di un semplice controsoffitto.”
Infine, la Corte d’Appello “affrontava poi espressamente il tema della centralità dell’idea dei rischi e dell’obbligo preliminare della loro valutazione”.
La Cassazione conferma le sei condanne già stabilite dalla Corte d’Appello.
Secondo la Cassazione “è pacifico che il liceo Darwin dipendesse per gli interventi strutturali e di manutenzione dalla Provincia, mentre “datore di lavoro” era da intendersi l’istituzione scolastica, soggetto che non possiede poteri decisionali e di spesa.
Non può pertanto dubitarsi della posizione di garanzia dei funzionari della Provincia cui gravava l’obbligo degli interventi di manutenzione straordinaria dell’edificio.
Ciò tuttavia non comporta che la scuola resti esente da responsabilità anche nel caso in cui abbia richiesto all’Ente locale idonei interventi strutturali e di manutenzione poi non attuati, incombendo comunque al datore di lavoro (e per lui come si vedrà al RSPP da questi nominato) l’adozione di tutte le misure rientranti nelle proprie possibilità, quali in primis la previa individuazione dei rischi esistenti e ove non sia possibile garantire un adeguato livello di sicurezza, con l’interruzione dell’attività.”
La Corte precisa che “ulteriore conferma si rinviene nel decreto ministeriale n. 382 del 1998 e nella circolare ministeriale n. 119 del 1999 che prevede l’obbligo per l’istituzione scolastica di adottare ogni misura idonea in caso di pregiudizio per l’incolumità dell’utenza.
Si configura insomma una pregnante posizione di garanzia in tema di incolumità delle persone. Tale obbligo è stato palesemente violato a causa della mancata valutazione della inadeguatezza dell’edificio sotto il profilo della sicurezza a causa della presenza del vano tecnico sovrastante il controsoffitto.”
Si rinvia alla sentenza integrale per gli interessanti passaggi relativi al ruolo dell’RSPP in generale, alla “misura oggettiva della colpa” e al modello di agente, al tema della prevedibilità e della prevenibilità.
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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