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Sanzione a impresa affidataria per mancata consegna del POS al CSE
E’ da non credere. Il Tribunale condanna un imputato per aver violato un obbligo in materia di salute e sicurezza sul lavoro per il cui inadempimento il legislatore ha previsto una sanzione amministrativa e la Corte di Cassazione, alla quale è stato inviato il ricorso inviato inizialmente alla Corte di Appello, interviene a porre un rimedio. Il caso riguarda l’obbligo della verifica da parte dell’impresa affidataria della congruenza del piano operativo di sicurezza ( POS) di un impresa subappaltatrice rispetto al proprio per un cantiere edile, obbligo previsto dall’art. 97 comma 3 lettera b) del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e la cui violazione, in base all’art. 159 comma 2 lettera c), è punita a carico del datore di lavoro e del dirigente con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da 548,00 a 2.192,00, e l’obbligo della trasmissione da parte del datore di lavoro della stessa impresa affidataria di trasmettere al coordinatore il POS delle imprese subappaltatrici, previa verifica della congruenza dello stesso rispetto al proprio, obbligo previsto dall’art. 101 comma 3 del D. Lgs. n. 81/2008 e la cui violazione, in base all’art. 159 comma 2 lettera d), è punita a carico del datore di lavoro e del dirigente con una sanzione amministrativa pecuniaria da 548,00 a 1.972.80 euro. La suprema Corte, resasi conto che era stata applicata per un illecito amministrativo la procedura prevista invece per un illecito penale, ha annullata la sentenza di condanna dell’imputato ed ha disposto di trasmettere gli atti del procedimento all’Ispettorato del Lavoro competente per territorio per l’irrogazione della sanzione amministrativa.
Il caso
Il Tribunale ha dichiarato il datore di lavoro di un’ impresa affidataria, colpevole della contravvenzione di cui all'art. 97 comma 3 lett. b) del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81. e lo ha condannato alla pena di mille euro di ammenda, pena condizionalmente sospesa. All’imputato, in particolare, era stato contestato, nella qualità di legale rappresentante di un’impresa appaltatrice, di non aver trasmesso al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione il piano operativo della sicurezza di una ditta alla quale aveva trasferito dei lavori in subappalto. L’imputato ha fatto ricorso in appello, poi convertito in ricorso per cassazione, denunciando una violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97, comma 3, che gli era stato contestato per averlo il Giudice del Tribunale condannato per una condotta penalmente irrilevante, quale è la omessa trasmissione del POS, e sanzionata soltanto in via amministrativa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 101 comma 3 e 159 comma 2 lett. d) del D. Lgs. n. 81/2008, e sostenendo altresì che all’illecito amministrativo era stata erroneamente applicata la procedura che costituisce una condizione di procedibilità dell'azione penale (contestazione della violazione, assegnazione di un termine per adempiere, ammissione al pagamento della sanzione).
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. La stessa ha posto in evidenza che l'art. 97 del D. Lgs. n. 81/2008 prevede numerosi obblighi che il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve adempiere nel caso in cui l'esecuzione delle opere sia poi affidata ad altre imprese e che tra questi obblighi vi è quello in particolare di "verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione", condotta questa di natura contravvenzionale e sanzionata dall'art. 159, comma 2, lett. c), del decreto in esame contestata al ricorrente.
La Sez. III ha fatto presente altresì che una disposizione (apparentemente) analoga è poi contenuta nell'art. 101, comma 3, dello stesso D. Lgs. n. 81/2008, a mente del quale "prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all' impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l'esecuzione", condotta quest’ultima sanzionata in via amministrativa, ai sensi dell'art. 159, comma 2, lett. d), del decreto in oggetto, riconosciuta in fatto al ricorrente. Il citato art. 101, ha così proseguito la suprema Corte, costituisce solo apparentemente una ripetizione dell'art. 97, comma 3, lett. b), in quanto risponde invece ad una differente ratio, ben desumibile anche dal titolo dell’articolo stesso che riguarda per l’appunto gli "obblighi di trasmissione".
L’obbligo in capo al datore di lavoro dell'impresa affidataria, ha quindi precisato la suprema Corte, di "verificare" la congruenza dei piani operativi, prima di inviarli al coordinatore per la sicurezza costituisce invero un obbligo di natura tecnica e quindi di analisi, di studio e di controllo nel delicato ambito antinfortunistico, e richiede una attenta attività “valutativa” come del resto confermato dal fatto che lo stesso articolo richiede per il suo adempimento una adeguata e specifica formazione nonché dalla natura penale della relativa violazione. Quello invece della trasmissione del POS al coordinatore per l'esecuzione è un obbligo di natura “esecutiva”, per ottemperare al quale non è richiesta alcuna formazione né competenza specifica rispondendo solo alla necessità che il professionista riceva de facto il documento e svolga, anche su di esso, la propria attività per cui il legislatore, per sanzionare la sua omissione, ha prevista una sanzione di natura amministrativa. La disposizione di cui all’art. 101, comma 3 del D. Lgs. n. 81/2008, ha fatto notare ancora la Sez. III, può dirsi perfettamente speculare rispetto a quella dell’art. 97 comma 3 lettera b) nella misura in cui, pur prevedendo anch'essa l'obbligo, in capo al titolare dell'impresa affidataria, sia di valutazione del POS che della sua trasmissione al coordinatore, ha però come oggetto esclusivo soltanto quest'ultima.
Tutto ciò premesso, la suprema Corte ha posto in evidenza che l’imputato è stato condannato proprio con riguardo alla condotta materiale costituita dalla mancata trasmissione del POS al coordinatore e non anche per la mancata verifica della sua congruenza rispetto al proprio per cui ha concluso che la Corte territoriale “ha errato nei termini del primo motivo di gravame, assegnando responsabilità penale per un fatto che non è previsto dalla legge come reato. Ne segue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti all'Ispettorato del lavoro per l'irrogazione della sanzione amministrativa”.
Gerardo Porreca
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 30/03/2015 (09:41:25) |
Un altro bell'esempio di come, in certi casi (per fortuna non in tutti) funziona la Giustizia nell'italico stivale. Chissà a cosa pensavano i funzionari degli enti di vigilanza, il PM e il giudice monocratico. Con un po' più d'attenzione, la collettività avrebbe risparmiato un bel po' di soldi. |