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Nullità dell’appalto privo dei costi interferenziali: le conseguenze

Nullità dell’appalto privo dei costi interferenziali: le conseguenze
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

11/07/2024

Quando, in quali contratti e da chi devono essere indicati i costi delle misure atte a eliminare o ridurre le interferenze e quali sono gli effetti concreti della nullità del contratto per le parti contraenti e i lavoratori coinvolti.

Come noto, l’art.26 del D.Lgs.81/08 prevede che “nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del Codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell’articolo 1418 del Codice civilei costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. […]” (art.26 c.5 D.Lgs.81/08).

 

Ovviamente la norma parte dal presupposto che sussistano concretamente delle interferenze.

 

Ciò detto, ricostruiamo il campo di applicazione di questa disposizione, partendo dal riferimento in essa contenuto ai contratti di somministrazione di cose e di servizi nonché di appalto e subappalto, così come definiti dal codice civile.

 

Anzitutto, tale disposizione prevede che la necessità dell’indicazione dei costi interferenziali (che chiamerò così solo per esigenze di sintesi, intendendo con tale espressione “i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni”) ricorra in caso di stipula del contratto di somministrazione di cose, “con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose” (art.1559 c.c.).

Ciò “ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali” (ad es. fornitura di energia elettrica, gas etc.).

 

Si pensi, ad esempio, alla fornitura periodica di calcestruzzo, di plichi di carta, alla fornitura periodica o continuativa di materie prime etc.

 

Inutile dire che la somministrazione di cose - che ricade appunto nel campo di applicazione dell’art.26 D.Lgs.81/08 - non va confusa con la somministrazione di lavoro disciplinata dall’art.3 del medesimo decreto; ciò che fa sì che mentre il committente predispone il DUVRI per i fornitori (ove previsto dalla legge), non porrà certo in essere il medesimo adempimento per i lavoratori somministrati che ricevono il trattamento normativo previsto dall’art.3 c.5 del D.Lgs.81/08, cui si rinvia.

 

L’art.26 c.5 del Testo Unico, che obbliga all’indicazione dei costi interferenziali, si applica poi all’appalto, che è il contratto “col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro” (art.1655 c.c.) nonché di subappalto, per il conferimento del quale è necessaria l’autorizzazione del committente (art.1656 c.c.).

 

Il legislatore specifica poi che l’art.26 c.5 del D.Lgs.81/08, con relativo obbligo di indicazione dei costi interferenziali, trova applicazione anche in caso di “prestazione continuativa o periodica di servizi” (1677 c.c.).

 

I costi, che devono essere indicati “specificamente” all’interno di tali contratti, sono ad oggi (a seguito della modificazione - avvenuta molti anni fa - della prima versione della norma) rappresentati dai “costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni”.

 

Sotto questo profilo occorre prestare attenzione al fatto che il comma 5 dell’art.26 qui in analisi, che prevede l’obbligo di indicare - nei contratti richiamati - i costi legati alle misure interferenziali, non è raccordato sotto il profilo normativo con il comma 3-bis del medesimo art.26 che prevede i casi in cui il committente, pur sussistendo delle interferenze, può non elaborare il DUVRI.

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In sostanza, va dunque tenuto presente che, anche nei casi di (possibile, qualora si intenda avvalersene) esonero dal DUVRI (ad esempio nel caso dei lavori o servizi la cui durata non sia superiore a cinque uomini-giorno, sempre che essi non comportino i rischi particolari elencati dal comma 3-bis dell’art.26 del Testo Unico), resta comunque in piedi l’obbligo del committente, dell’appaltatore e di eventuali subappaltatori, di coordinare “gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi  reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva” (art.26 c.2 lett.b) D.Lgs.81/08).

Ciò potrebbe comportare l’individuazione e l’adozione di conseguenti misure interferenziali (pur in assenza di DUVRI), alcune delle quali potrebbero implicare dei costi.

 

Peraltro, l’incipit stesso del comma 3-bis dell’art.26, che elenca appunto i casi in cui può non essere utilizzato lo strumento del DUVRI, recita “ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2”. 

 

Tutto ciò premesso, va sottolineato a questo punto che la rilevanza della norma in oggetto è data anche e soprattutto dal fatto che la mancata specifica indicazione di tali costi all’interno dei contratti su richiamati è sanzionata con la nullità del contratto la quale, nell’ambito delle cause di invalidità dello stesso, è da ritenersi la più severa e gravosa.

 

In termini generali, occorre considerare che un contratto nullo non produce alcun effetto né tra le parti né tra i terzi (tranne in casi molto particolari) e, qualora i contraenti - ignorandone la nullità - gli abbiano dato comunque esecuzione, essi avranno diritto a pretendere la restituzione delle prestazioni effettuate, salvo anche in questo caso alcune eccezioni previste dalla legge.

 

Va inoltre considerato che, “salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice” (art.1421 c.c.) e che, salvo eccezioni, “l’azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione” (1422 c.c.).

 

Credo siano sufficienti questi pochi cenni alla disciplina che regola la nullità di un contratto perché appaia evidente che non si tratta di cosa di poco conto, avendo essa degli effetti notevolmente impattanti sul rapporto a prestazioni corrispettive tra le parti del contratto (es. committente, appaltatore e subappaltatori o committente e fornitori).

 

Normalmente, quando viene illustrato ad un uditorio l’art.26 c.5 del D.Lgs.81/08 su riportato, per la mia esperienza la prima domanda che viene posta è relativa a quale soggetto debba sostenere tali costi.

 

Come emerge da una attenta lettura di tale norma nel quadro di tutta la disciplina contenuta nell’art.26 del Testo Unico, il legislatore non ha specificato tale aspetto.

 

Ciò è stato anche rilevato dalla Suprema Corte allorché ha affermato che “il comma 5 dell’art.26 del D.lgs n.81/2008 si limita a richiedere questa indicazione nel contratto di appalto senza individuare il soggetto tenuto a renderla”(Cassazione Civile, Sez. Lav., 4 luglio 2017 n.16386).

 

L’interesse del legislatore, infatti, in questo caso non è legato all’identificazione del soggetto che, tra le parti, debba sostenere tali costi bensì alla (ulteriore) garanzia dell’adozione delle misure interferenziali tramite - in maniera mediata - l’indicazione dei costi.

 

Di fronte ad una contestazione relativa alla mancata indicazione dei costi interferenziali nel contratto di appalto, poi, secondo la Cassazione Penale non avrebbe neanche senso “obiettare che il contratto di appalto, in quanto contratto che non richiede la forma scritta (salvi casi espressamente previsti dalla legge come, ad esempio, nei contratti di appalto in cui è parte la Pubblica Amministrazione) possa ritenersi concluso anche per facta concludentia.”

 

Infatti, premettendo che “l’appalto può […] concludersi anche oralmente o, addirittura, per facta concludentia”, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che, “tuttavia, possiamo dire che per le condizioni richieste dal D.Lgs.n.81 del 2008 (art.26, comma 3, […] In caso di redazione del documento [DUVRI, n.d.r.] esso è allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture; art.26, comma 5: Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione […] devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell’art.1418 c.c. i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I costi di cui al primo periodo non sono soggetti a ribasso. […] A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale), è necessaria la forma scritta ad substatiam e ad probationem” (Cassazione Penale, Sez.III, 17 aprile 2014 n.17010).

 

Vorrei dare conto, infine, del fatto che la giurisprudenza si è occupata diverse volte anche del possibile collegamento tra la mancata indicazione dei costi interferenziali nel contratto d’appalto - con conseguente nullità del medesimo - e la non genuinità dell’appalto stesso.

 

Ad esempio, nel caso trattato da Cassazione Civile, Sez. Lav., 4 luglio 2017 n.16386, alcuni lavoratori hanno ricorso al fine di vedere dichiarata la violazione da parte della A.B.P. s.r.l. “degli obblighi assunti con conseguente costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze di questa alle stesse condizioni già in essere con I.S. s.r.l.”.

 

Con uno dei numerosi motivi di ricorso addotti in Cassazione, “i lavoratori si dolgono della violazione, ex art.360 n.3 cpc, dell’art 26 commi 3 e 5 D.lgs n.81/2008 e dell’art.29 del D.lgs n.276/2003, per non avere la Corte distrettuale accertato che A.B.P. srl non aveva provveduto alla elaborazione del DUVRI né all’indicazione dei costi relativi alla sicurezza del lavoro: mancanze, queste, che determinavano la nullità del contratto ex art.1418 cc rilevabile anche di ufficio.”

 

La Cassazione ha rigettato il ricorso, in quanto “a) la domanda di nullità dell’appalto era finalizzata alla declaratoria, in applicazione dell’art.29 del D.lgs n.276/2003, di costituzione del rapporto di lavoro degli odierni ricorrenti incidentali in capo ad ABP srl; b) nel contratto di appalto si dava atto che per ABP srl, non essendovi personale alle proprie dipendenze, non era prevista l’elaborazione del DVR (documento valutazione rischi) o DUVRI (documento unico di valutazione dei rischi da interferenza); c) erano stati indicati i costi […] al fine di garantire la sicurezza del personale e dei collaboratori.”

 

Di conseguenza è stata ritenuta, “nella fattispecie in esame, quindi, esclusa la possibilità di una costituzione del rapporto di lavoro in capo ad ABP srl, anche in considerazione dell’articolazione della domanda in relazione alle censure mosse” e “deve altresì evidenziarsi che i costi per la sicurezza erano stati indicati ed il comma 5 dell’art.26 del D.lgs n.81/2008 si limita a richiedere questa indicazione nel contratto di appalto senza individuare il soggetto tenuto a renderla.”

 

Ancora ed infine, con Cassazione Civile, Sez. Lav., 9 novembre 2020 n.25053, la Corte si è pronunciata sul ricorso di D.C. avverso la decisione che non aveva accolto la sua domanda “intesa all’accertamento della non genuinità dell’appalto conferito dalla G.R. s.r.l. alla società cooperativa B. & W. ed alla costituzione di un diretto rapporto di lavoro subordinato con la prima società, ai sensi dell’art.29, comma 3 bis, del d.lgs.276/2003”.

 

La Corte d’Appello aveva ritenuto inammissibile l’allegazione tardiva, da parte del ricorrente, “secondo la quale il contratto di appalto sarebbe stato nullo per violazione dell’art.26 T.U. 81/2008 e delle clausole contrattuali 4.2. e 4.3, con riguardo a dedotte interferenze di lavorazioni svolte anche da non meglio precisata società M.A.C.”.

 

Con uno dei suoi motivi di ricorso in Cassazione, D.C. “denunzia violazione e falsa applicazione dell’art.26 T.U. n.81/08, in relazione agli artt.1418 e 1421 c.c., con riferimento alla validità del contratto d’appalto tra la Cooperativa B&W e la Srl G.R., sostenendo che la lavorazione promiscua di lavoratori di due distinte società nello stesso capannone rendeva applicabile il quinto comma dell’art. 26 T.U. 81/2008, con nullità dell’appalto rilevabile anche d’ufficio”.

 

La Cassazione ha rigettato il ricorso di D.C., in quanto da un lato “le interferenze delle lavorazioni eccepite non erano state confermate in sede istruttoria” e, dall’altro, il richiamo al contenuto dell’art26, comma 5, T.U. 81/2008” sarebbe insufficiente, dal momento che “la disposizione normativa richiamata attiene, invero, alla violazione delle prescrizioni sui costi relativi alla sicurezza nei contratti di somministrazione, ma la censura formulata dal lavoratore, ritenuta dal giudice del gravame connotata da novità, non si collega a precise deduzioni in fatto che diano fondamento alla stessa”.

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

 

  

 

Scarica le sentenze di riferimento:

Corte di Cassazione Civile, Sez. Lav. – Sentenza n.16386 del 4 luglio 2017 - Ricollocamento lavoratori. DUVRI e costi relativi alla sicurezza del lavoro

 

Corte di Cassazione Civile, Sez. Lav. – Sentenza n.25053 del 9 novembre 2020 - Domanda intesa all'accertamento della non genuinità di un appalto. Rigetto





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Rispondi Autore: Giovanni - likes: 1
11/07/2024 (07:16:01)
Buongiorno e come sempre grazie della sua disamina. L'argomento si complica quando gli appalti sono aggiudicati dalle "stazioni di committenza" (es. CONSIP). I DUVRI "ricognitivi", redatti dalle stazioni di committenza, quando ci sono, spesso sono privi dell'analisi dei costi per la sicurezza e nemmeno contengono clausole che rinviano tale valutazione alle aziende sede di esecuzione dell'appalto. La situazione si complica maggiormente negli appalti di fornitura di beni che comprendono il noleggio o comodato d'uso di attrezzature di lavoro. Buona giornata
Rispondi Autore: Claudio Camarotto - likes: 0
11/07/2024 (10:34:17)
Buongiorno, interessante approfondimento in merito ad una tematica spesso nebulosa. Con la citata sentenza della Cassazione Penale n. 17010 del 17.04.2014 viene definita come "necessaria la forma scritta ad substantiam e ad probationem". Nei casi in cui non vige l'obbligo di una formula contrattuale scritta, l'eventuale definizione mediata dei costi interferenziali in sede di riunione di coordinamento, opportunamente verbalizzata, potrebbe essere sufficiente per rispondere all'indicazione della sentenza?
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
11/07/2024 (12:32:49)
"l'eventuale definizione mediata dei costi interferenziali in sede di riunione di coordinamento, opportunamente verbalizzata" rappresenta sicuramente una modalità valida di riconoscimento dei costi della sicurezza, e una integrazione degli accordi contrattuali
Rispondi Autore: MASSIMO UGHI - likes: 0
11/07/2024 (15:11:14)
Buongiorno, articolo molto interessante ma, rispetto al quale, mi porto dietro una domanda: io sono RSPP di un’azienda sanitaria che, normalmente, usufruisce di appalti/forniture contrattualizzate mediante centrale di committente (talvolta soggetti ad ulteriori contratti attuativi). In tema di DUVRI, quindi, si ricade in art. 26 comma 3ter e la domanda che pongo e’ la seguente: e’ corretto che, come normalmente mi accade, che la centrale di committenza compili il DuVRI ricognitivo con “costi interferenziali” a zero? Grazie in anticipo per la cortese risposta.

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