Le responsabilià del coordinatore per una caduta da una copertura
Roma, 22 Dic – Sono molte le sentenze della Corte di Cassazione presentate in questi anni dal nostro giornale in materia di responsabilità dei coordinatori alla sicurezza nel comparto edile. Sentenze che hanno mostrato in questi anni, come raccontato ai nostri microfoni da Marco Masi, Responsabile Area Sicurezza sul lavoro ITACA, un orientamento non sempre univoco della Corte, ad esempio nell’affrontare il tema delicato della funzione di vigilanza del coordinatore per la sicurezza.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione che è intervenuta su questi temi - sottolineando che ai coordinatori compete la responsabilità di verificare che nel cantiere non vi siano carenze organizzative immediatamente percepibili e che le procedure di lavoro siano coerenti con il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) – è la sentenza n. 45862 del 5 ottobre 2017, che affronta un ricorso relativo al giudizio in merito alle responsabilità per una caduta dall'alto durante i lavori di pittura delle pareti esterne del vano ascensore.
Nella sentenza n. 45862 si indica che la Corte di Appello di Trento - Sez. Distaccata di Bolzano, ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio “la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Bolzano in relazione al reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione di norme antinfortunistiche commesso, secondo l'imputazione, da P.F. (e da altro imputato non ricorrente), ai danni del lavoratore A.S., in qualità di coordinatore della progettazione e di coordinatore per l'esecuzione dei lavori presso il cantiere di ristrutturazione del Centro Residenziale Resia”.
Questa la ricostruzione del fatto.
Il lavoratore “stava eseguendo lavori di pittura sulle pareti esterne del vano ascensore presenti sulla copertura del condominio di via Resia, già iniziati nei giorni precedenti anche con la rasatura; mentre si spostava su uno dei lucernari adiacenti alle coppie di vano ascensore, era precipitato da un'altezza di circa cinque metri attraverso il vetro riportando lesioni; per eseguire tale lavoro sul lucernario lungo circa tre metri e largo un metro e mezzo, il datore di lavoro gli aveva portato una tavola da mettere sul vetro ma il lavoratore, avendo in mano il rullo, il pennello ed il secchio del colore, aveva perso l'equilibrio ed aveva messo il piede sul vetro, rompendolo”. E in particolare a P.F. si rimproverava, nel capo d'imputazione, “la violazione degli artt. 91, comma 1, lett.a) in relazione all'art.158 e 92, comma 1, lett.a) e b) d. Lgs. 9 aprile 2008, n.81 sia per aver omesso di corredare il piano di sicurezza e di coordinamento di tavole e disegni esplicativi delle lavorazioni da effettuare sul tetto e di adeguare tale piano in relazione all'evoluzione dei lavori, sia per aver omesso di verificare l'applicazione da parte dell'impresa esecutrice delle disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento, sia per aver omesso di verificare la coerenza del piano operativo di sicurezza predisposto dall'impresa esecutrice con il piano di sicurezza e coordinamento”.
In particolare si segnala che nella sentenza impugnata, “la responsabilità del ricorrente è stata ancorata all'aver egli omesso di curare che il piano operativo di sicurezza dell'impresa fosse idoneo e coerente con il piano progettuale di sicurezza e coordinamento e che le opere di protezione previste in fase progettuale fossero attuate, non intervenendo affinché fossero predisposte opere provvisionali atte ad impedire cadute dall'alto in relazione ai lavori di rasatura e di tinteggiatura delle pareti adiacenti il lucernario, in considerazione dello sviluppo dei lavori, visibile ed a lui noto”.
Riassumiamo brevemente i motivi del ricorrente (P.F.):
a) “violazione degli artt.90,92 e 158 d. lgs. n.81/2008 per avere la Corte di Appello fondato la condanna sull'individuazione di compiti del coordinatore per la sicurezza non conformi al dettato normativo, che presuppone la presenza nel cantiere di più imprese esecutrici e di lavoratori autonomi attribuendo a tale figura una posizione di garanzia inerente al rischio interferenziale piuttosto che prevedere un ulteriore livello di controllo per prevenire i reati propri del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti;
b) violazione degli artt.91,92 e 158 d. lgs. n.81/2008 nonché travisamento della prova per avere la Corte di Appello ritenuto che l'imputato fosse consapevole fin dal primo momento che l'appalto comportasse lavorazioni in copertura sebbene le risultanze istruttorie avessero categoricamente escluso che i lavori avessero ad oggetto anche la rasatura e la tinteggiatura delle facciate del vano tecnico degli ascensori collocati sul tetto dell'edificio”.
La Corte di Cassazione ricorda poi che al ricorrente, coordinatore per l'esecuzione dei lavori, si contestavano alcune violazioni “sia per aver omesso di corredare il piano di sicurezza e di coordinamento di tavole e disegni esplicativi delle lavorazioni da effettuare sul tetto e di adeguare tale piano in relazione all'evoluzione dei lavori, sia per aver omesso di verificare l'applicazione da parte dell'impresa esecutrice delle disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento, sia per aver omesso di verificare la coerenza del piano operativo di sicurezza predisposto dall'impresa esecutrice con il piano di sicurezza e coordinamento”. E si segnala che i giudici di merito hanno affermato la responsabilità penale di P.F. “confutando le deduzioni difensive, che si erano incentrate:
a) sulla previsione in fase progettuale di misure idonee a prevenire i rischi di caduta dall'alto, nonostante nella richiesta di offerta non fossero state previste lavorazioni in copertura;
b) sui sopralluoghi settimanali eseguiti dall'imputato in fase di esecuzione dei lavori, nel corso dei quali egli non era stato informato della variante, messa in opera dopo il suo ultimo sopralluogo del 15 maggio 2009;
c) sul rischio elettivo assunto dal lavoratore per un suo comportamento volontario”.
In particolare i giudici di merito “hanno elencato una serie di emergenze istruttorie (l'indicazione del rischio da caduta attraverso lucernari nel piano di sicurezza e coordinamento redatto dallo stesso imputato, la previsione nel contratto di appalto della tinteggiatura di tutte le superfici esterne delle facciate, l'inserimento di lucernari e vani ascensore in copertura nella planimetria allegata al piano della sicurezza in fase progettuale) dalle quali hanno desunto la prova che l'imputato ‘sapesse della presenza di lucernari sulla copertura del condominio e di pareti da intonacare’ e che comunque il progredire delle lavorazioni rendesse ‘visibile lo sviluppo del lavoro’”.
Con il primo motivo di ricorso viene proposta la questione dell'inapplicabilità al caso concreto della responsabilità da rischio interferenziale che si fonda sulla violazione dell'obbligo di coordinamento previsto dall'art.92 d. lgs. n.81/2008.
A questo proposito la Corte di Cassazione premette, in proposito, che “la presenza di un piano di sicurezza e coordinamento con relativa nomina di un coordinatore per l'esecuzione è indice sintomatico della scelta e della necessità di attribuire ad un soggetto diverso dai datori di lavoro, dirigenti e preposti un piano prevenzionistico tendente a regolare il rischio interferenziale, anche in relazione al susseguirsi di pluralità di lavorazioni affidate ad imprese che non operino contemporaneamente nel cantiere”. E dunque si tratta di “censura che non supera il vaglio di ammissibilità perché, secondo quanto, anche recentemente, affermato da questa Suprema Corte, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., dispone che non possano essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. Tale regola trova il suo fondamento nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di Appello”.
Veniamo al secondo motivo di ricorso che ripropone il “tema dell'esigibilità da parte del ricorrente di un comportamento alternativo in quanto non sarebbe stato informato dei lavori che si andavano ad eseguire in copertura”.
E secondo quanto si evince dalla lettura della sentenza impugnata, “il giudizio di responsabilità dell'imputato è stato formulato ponendo in evidenza sia l'inidoneità del piano operativo di sicurezza (POS) predisposto dall'impresa, sia la mancata applicazione di talune disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento predisposto dal P.F.; si trattava, in particolare, di dispositivi di sicurezza collettivi (posizionamento di tavole sulla superficie dei lucernari) in relazione ai quali il POS non risultava coerente con il rischio la cui analisi sarebbe stato obbligo del coordinatore per l'esecuzione verificare in considerazione del noto sviluppo dei lavori e dell'avvio di opere di rasatura e tinteggiatura di superfici presenti sulla copertura dell'edificio”.
Si ricorda poi che la definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità del coordinatore per la sicurezza discende, da un lato, “dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall'altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nell'art. 5 d. lgs. 14 agosto 1996, n.494, attualmente trasfuso nell'art.92 d. lgs. n. 81 del 2008, a mente del quale il coordinatore per l’esecuzione è tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a verificare l'idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e art. 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e Imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate”.
E appare chiaro che il coordinatore per l'esecuzione “riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto (Sez. 4, n. 3809 del 07/01/2015, Cominotti, Rv. 26196001; Sez.4, n. 443 del 17/01/2013, Palmisano, Rv. 25510201; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv. 24753601; Sez. 4, n. 1490 del 20/11/2009, dep. 2010, Fumagalli, non massimata sul punto)”.
La sentenza impugnata non ha “escluso la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione, ritenendo che ricadesse nella sua sfera di controllo la verifica della congruità delle misure antinfortunistiche previste nel POS dal datore di lavoro in relazione al piano di sicurezza e coordinamento già predisposto. Se, dunque, la medesima pronuncia ha accertato che il POS redatto dall'impresa A., alle cui dipendenze era assunto il lavoratore infortunato, non prevedeva alcuna misura di prevenzione con riguardo ai lavori di rasatura e di pittura da eseguire in copertura”, “né contemplava specifiche misure di protezione contro il rischio di caduta nel lucernario, tale punto della decisione non risulta attinto da specifica censura né evidenzia responsabilità del coordinatore per la sicurezza sovrapposte a quelle del datore di lavoro, ritenuto colpevole per aver concretamente fornito al lavoratore una tavola da posizionare sul lucernario, del tutto inadeguata come piano di lavoro”.
Si ribadisce, infine, che, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, “il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di ‘alta vigilanza’, consistenti:
a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori;
b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento;
c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Sez. 4, n. 27165 del 24/05/2016, Battisti, Rv. 26773501; Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013, Lorenzi, Rv. 25716701)”. E in particolare – continua la Cassazione – “si è condivisibilmente sottolineato (Sez. 4, n.37597 del 5/06/2015, Giambertone, non mass.) che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni”.
Inoltre ancorché “non possa ascriversi a tale figura professionale l'obbligo di eseguire un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative (Sez.4, n.3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bel lotti, Rv. 26904601; Sez.4, n.18149 del 21/04/2010, Celli, Rv. 24753601), la pronuncia ha correttamente delineato il compito, normativamente previsto, al cui assolvimento il ricorrente risulta essere stato non ottemperante, ossia quello di verificare che nel cantiere non vi fossero carenze organizzative immediatamente percepibili, che le procedure di lavoro fossero coerenti con il piano di sicurezza e coordinamento e che i rischi elencati in quest'ultimo documento fossero stati adeguatamente valutati dal datore di lavoro. La Corte territoriale, nel sottolineare come i lavori in copertura fossero stati già indicati nel piano di sicurezza e coordinamento dallo stesso P.F., ha con motivazione esente da vizi indicato un valido presupposto argomentativo per escludere che l'attività svolta dal lavoratore al momento dell'infortunio costituisse estemporaneo ed imprevedibile sviluppo delle lavorazioni non riconducibile all'area di rischio sottoposta all'alta vigilanza del coordinatore per l'esecuzione”.
Tutto ciò premesso la Corte di Cassazione, in conclusione, rigetta il ricorso.
Tiziano Menduto
Scarica la sentenza da cui è tratto l’articolo:
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