La responsabilità per un infortunio causato da macchina non conforme
E’ stata interessata la Corte di Cassazione in questa occasione per decidere su di un ricorso presentato dal fornitore di un macchina, presso la quale era avvenuto l’infortunio mortale di un lavoratore in un cantiere edile, condannato perché ritemuto responsabile dell’accaduto in concorso con il datore di lavoro per avere violato l’articolo 6 dell’allora vigente D. Lgs. n. 626/1994, ora sostituito dall’articolo 23 del D. Lgs. n. 81/2008, che vietava la fabbricazione e la vendita di macchine non rispondenti alle norme in materia di sicurezza sul lavoro. La macchina in argomento era un vibroinfissore utilizzato per manovrare una palancola durante alcune opere di contenimento in corso nel cantiere e l’accusa mossa al fornitore era stata quella di non avere controllato che nel manuale d’uso della macchina venduta non era stato indicato in alcun punto, in modo esplicito, l'obbligo di utilizzare una catena di sicurezza il cui uso avrebbe certamente impedito l'evento.
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile dalla suprema Corte che, nel ribadire quanto già indicato nel capo di imputazione nei due primi gradi di giudizio, ha sostenuto che il venditore di una macchina ha l’onere di verificare la congruità di un prodotto importato e commercializzato e dei suoi accessori rispetto alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro e risponde di un infortunio se nel manuale stesso non è stato indicato l’utilizzo di un accessorio di sicurezza.
Il fatto, la condanna, il ricorso e le motivazioni
La Corte di Appello, pur riducendo la pena nei confronti del legale responsabile di una società, ha confermata la condanna del medesimo per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme cautelari antinfortunistiche. L'addebito nei confronti dell'imputato era stato quello di aver cagionato la morte di un lavoratore dipendente di un’impresa, nel corso di alcune opere di contenimento consistenti nella posa di palancole manovrate mediante un vibroinfissore, morte avvenuta a causa della caduta di una di queste staccatasi dalla pinza del macchinario.
La Corte territoriale, conformemente a quanto stabilito dal primo giudice, aveva ritenuto la responsabilità (oltre che del datore di lavoro nelle more deceduto) dell’imputato quale responsabile della società che aveva fornito il vibroinfissore all’impresa, atteso che il manuale d'uso dello stesso non contemplava in alcun punto, in modo esplicito, l'obbligo di utilizzare una catena di sicurezza, cautela che, se usata, avrebbe impedito l'evento.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato lamentando una carenza motivazionale. Lo stesso ha messo in evidenza che nella sentenza di condanna non era stato ben spiegato sulla base di quali elementi fosse stato sostenuto che l’imputato avrebbe dovuto individuare dall’esame del contenuto del manuale d'uso, predisposto dalla ditta costruttrice e fornito dalla stessa unitamente al macchinario, una situazione di pericolo connessa alle indicazioni sulla "catena di sicurezza" e attivarsi di conseguenza. Non era stato dato conto inoltre, ha sostenuto il difensore, della rimproverabilità dell'evento all'imputato, al di là della violazione della regola cautelare contenuta nel D.P.R. n. 459/1996. L'imputato, secondo lo stesso, era solo il rivenditore del macchinario né era stato verificato se lo stesso potesse avvedersi che la formulazione del manuale fosse idonea a giustificare una sorta di superamento della regola prevenzionale afferente l'utilizzo della "catena di sicurezza". L'imputato era altresì consapevole del fatto che l’impresa utilizzatrice, esperta del settore, aveva ben presente l'obbligo, sancito da precise norme, di utilizzo della catena di sicurezza, per cui non aveva motivo di ritenere che il contenuto del manuale d'uso avrebbe potuto causare l'incidente.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione. Secondo la stessa il ricorrente ha formulato questioni già puntualmente esaminate e disattese dalla Corte di appello e dal Tribunale con motivazioni del tutto coerenti e adeguate. Le motivazioni delle sentenze di merito, infatti, ha sostenuto la suprema Corte, hanno dato ampio conto della circostanza che l'imputato si sarebbe dovuto rappresentare la situazione di pericolo connessa alle mancate indicazioni sulla "catena di sicurezza" all'interno del manuale d'uso del macchinario che ha determinato l'evento mortale.
Già il primo giudice aveva osservato che il manuale d'uso del vibroinfissore fornito dalla ditta dell’imputato non contemplava in alcun punto, in modo esplicito, l'obbligo di utilizzare una catena di sicurezza, nonostante tale obbligo fosse contemplato nel D.P.R. n. 459/1996, carenza che integrava la violazione di cui all'art. 6 del D. Lgs. n. 626/94, che vietava la fabbricazione e la vendita di macchine non rispondenti alla disciplina in materia di sicurezza. Tale norma, aveva precisato il Tribunale, “ha come diretto destinatario il venditore del macchinario, avendo egli l'onere di verificare la congruità del prodotto importato e commercializzato e dei suoi accessori rispetto alla normativa in materia di sicurezza”, un onere necessario considerata la complessità del macchinario utilizzato e la pericolosità del tipo di lavorazione adottato.
La Corte territoriale aveva poi, in maniera congrua e logica e come tale insindacabile in cassazione, indicato sulla base di quali elementi l’imputato poteva basare la valutazione della sua non conformità, con specifico riferimento al carente contenuto del manuale d'uso e quindi alla presenza della specifica situazione di rischio poi concretizzatasi. Tutti elementi che, in linea con gli insegnamenti della cassazione in tema di prevedibilità, ha così concluso la suprema Corte, sono apparsi sicuramente riconducibili alle concrete e specifiche qualità personali dell’imputato, quale importatore e rivenditore del macchinario in questione.
Al rigetto del ricorso da parte della Corte di Cassazione è conseguita quindi la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Gerardo Porreca
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