La responsabilità del datore di lavoro nelle strutture aziendali complesse
Due sono i principi che emergono dall’analisi di questa sentenza e che vengono richiamati dalla suprema Corte di Cassazione e cioè il primo è che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in caso di una mancanza nelle attrezzature dei dispositivi antinfortunistici previsti dalle disposizioni di legge in materia di sicurezza sul lavoro è configurabile la responsabilità del datore di lavoro, quale titolare della relativa posizione di garanzia anche nelle strutture aziendali complesse, in quanto soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio, se non ha provveduto a predisporre un’idonea organizzazione della sicurezza e il secondo che gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti per cui, anche se emerge una sua eventuale responsabilità, non viene meno la concorrente responsabilità del datore di lavoro delegato alla sicurezza.
Tali principi sono stati evocati dalla suprema Corte chiamata in questa circostanza a decidere sul ricorso presentato da un datore di lavoro condannato dal Tribunale per avere messo a disposizione dei propri lavoratori dipendenti un trapano a colonna privo delle necessarie adeguate protezioni e che aveva basata la propria difesa sul fatto di avere organizzato in azienda un team di persone esperte, fra le quali anche il RSPP, con l’incarico di controllare le condizioni generali di sicurezza dell’azienda stessa nonché di valutare in particolare la conformità delle attrezzature in essa installate ai requisiti di sicurezza, e sul fatto che le carenze del trapano oggetto dell’infortunio non erano state portate a sua conoscenza e non erano note neanche al responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Il caso, la contravvenzione e il ricorso per cassazione.
Il Tribunale ha assolto il legale rappresentante, con delega alla sicurezza ex art. 16 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, dalla contravvenzione di cui all'art. 71, comma 1, dello stesso decreto dichiarandolo non punibile per particolare tenuità del fatto. Il reato era stato contestato con riguardo alla messa a disposizione dei lavoratori della società di un trapano a colonna privo di adeguate protezioni.
Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il difensore dell'imputato contestando, come unica motivazione, il fatto che non fosse stata predisposta una organizzazione aziendale tale da impedire che fossero utilizzati dai lavoratori macchinari non a norma in contrasto con quanto era invece emerso dalle prove assunte e, in particolare, dalla deposizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale aveva ricordato come l'imputato avesse organizzato un team di persone competenti per valutare la conformità delle attrezzature di lavoro ai requisiti di sicurezza. Nessuno aveva mai segnalato all'imputato, ha aggiunto altresì la difesa, la non conformità di quel trapano a colonna, ignorata anche dallo stesso RSPP per cui in un'organizzazione complessa, come era la società in questione, che all'epoca contava circa 400 dipendenti, non si poteva muovere alcun rimprovero per colpa al responsabile legale non avendo egli conoscenza, né conoscibilità, della situazione di difformità rispetto alla previsione normativa.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Secondo il consolidato orientamento della Cassazione, ha sostenuto la Sez. III, di recente ribadito alla luce delle considerazione svolte dalle Sezioni unite nella sentenza n. 38343 del 24/04/2014 Espenhan e aa., “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche nelle strutture aziendali complesse è configurabile la responsabilità del datore di lavoro - quale titolare della relativa posizione di garanzia, in quanto soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio - in caso di mancanza dei dispositivi di sicurezza delle attrezzature, per inottemperanza agli obblighi previsti dalla legge, tra i quali vi è quello, nella specie contestato, di cui all'art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2018”.
Correttamente quindi, secondo la suprema Corte, il giudice di merito, applicando i detti principi, aveva ritenuto che l'imputato, essendo non soltanto datore di lavoro quale legale rappresentante della società, ma anche delegato ai sensi dell'art. 16 del D. Lgs. n. 81/2008, non avesse predisposto un'organizzazione aziendale tale da impedire che fossero utilizzabili dai lavoratori macchinari non a norma.
Il RSPP, in qualità di teste, ha così proseguito la Sez. III, ha riferito che nella società amministrata dall'imputato, certamente da ritenersi organizzazione complessa in relazione alle dimensioni ed al numero dei lavoratori occupati, le questioni relative alla sicurezza del lavoro erano gestite da un team del quale erano parte diversi soggetti, tra cui, ovviamente, lo stesso RSPP, altri dirigenti, i preposti, oltre a consulenti esterni ma .non è stato in grado di riferire perché, e da quando, quel vecchio trapano a colonna sprovvisto delle precauzioni di sicurezza si trovava in tali condizioni per cui logica è apparsa la valutazione del giudice di merito circa l'inidoneità di quel lavoro di squadra a garantire l'obbligo di sicurezza violato nel caso particolare. Il fatto comunque che il RSPP non fosse a conoscenza della non conformità di quella attrezzatura e non avesse pertanto posto ad essa rimedio, né segnalato la circostanza all'imputato e che tale non conformità non fosse stata segnalata nemmeno a lui da non meglio identificati dirigenti e/o preposti che avrebbero dovuto farlo, non ha consentito al giudice di merito di ritenere che l'organizzazione al proposito adottata dall'imputato con l'ausilio dei suoi consulenti per rispettare gli obblighi di prevenzione fosse idonea, desumendosene semmai logicamente il contrario.
D'altro lato, se il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri “l'eventuale responsabilità dello stesso RSPP non fa venir meno la concorrente responsabilità del datore di lavoro delegato alla sicurezza neppure quando dall'inadempimento consegua un infortunio” sicché certo esonera il datore di lavoro dall'obbligo, che su di lui specificamente grava a norma dell'art. 71, D. Lgs. n. 81/2008 di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza.
La Corte di Cassazione ha sottolineato quindi in conclusione che, contrariamente a quanto osservato dal ricorrente nel proprio ricorso quando ha richiamato il disposto di cui all'art. 33 del D. Lgs. n. 81/2008, va certamente ribadito il principio secondo cui “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti”.
Gerardo Porreca
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