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La valutazione dei rischi in caso di avvicendamento della posizione di garanzia

La valutazione dei rischi in caso di avvicendamento della posizione di garanzia
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

08/04/2024

Nel caso di avvicendamento nella posizione di garanzia in una impresa già costituita, il nuovo datore di lavoro deve muovere dalla personale analisi dei rischi presenti in azienda potendo, all'esito di essa, anche solo fare proprie quelle già realizzate.

Questa sentenza della Corte di Cassazione è di indirizzo e di riscontro a quanti si chiedono cosa fare, nel rispetto dell’obbligo indelegabile della valutazione dei rischi e della redazione del documento di valutazione dei rischi, nel caso in cui in una azienda subentra un nuovo datore di lavoro.

 

La suprema Corte è stata chiamata a decidere nel caso in esame su un ricorso presentato dal direttore di una azienda commerciale condannato nei due primi gradi di giudizio perché ritenuto responsabile dell’infortunio di un trasportatore, dipendente di una ditta esterna, che, durante le operazioni di scarico della merce contenuta nel suo mezzo, è stato investito da un muletto condotto da un dipendente dell’azienda. L’accusa che era stata rivolta all’imputato era stata di non avere valutato compiutamente nel DVR il rischio connesso alla possibile interferenza tra personale a piedi e mezzi semoventi nelle fasi di scarico dei mezzi sul piazzale e per non avere conseguentemente indicato misure atte a eliminare o minimizzare tali rischi oltre che di non avere adottato misure tecniche, organizzative e procedurali tese ad evitare pericolose interferenze tra mezzi semoventi e personale a piedi nelle fasi di scarico e carico sugli autocarri sul piazzale.

 

L’imputato aveva basata la sua difesa sul fatto che era subentrato alla direzione dell’azienda solo da pochi mesi e che inoltre non era stato lui a elaborare il documento di valutazione dei rischi, documento che andrebbe rielaborato al verificarsi di alcune precise condizioni indicate nell’art. 29 comma 3 del D. Lgs. n. 81/2008. La suprema Corte ha rigettato il ricorso e, nel fare ciò, ha precisato che nel caso di un avvicendamento nella posizione di garanzia in una impresa già costituita, il nuovo datore di lavoro, per assolvere all'obbligo giuridico di gestione dei rischi presenti nella propria organizzazione, deve muovere dalla personale analisi dei rischi stessi in vista della individuazione delle misure di prevenzione e protezione, potendo, all'esito di essa, anche solo fare proprie quelle già realizzate.

 

La suprema Corte ha quindi ricordato che il principio generale che presiede all'impianto normativo in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro è infatti quello per cui, il datore di lavoro, nel momento in cui assume tale qualifica e la connessa posizione di garanzia, è tenuto personalmente a gestire i rischi nell'ambiente di lavoro ed è nel contempo investito dall’obbligo generale indelegabile di valutare tali rischi (art. 17  del D. Lgs. n. 81/2008) nonché di verificare l'adozione di tutte le possibili cautele atte all'azzeramento o alla minimizzazione degli stessi.


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Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

La Corte di Appello ha confermata la sentenza emessa dal Tribunale di condanna del direttore di una azienda commerciale in ordine al reato di cui agli artt. 590, comma, 3 del codice penale, in danno di un lavoratore dipendente di una impresa di trasporti. Il processo aveva avuto ad oggetto un infortunio sul lavoro, descritto nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente: il dipendente di una impresa di trasporti, con qualifica di trasportatore, aveva fatto accesso per la prima volta in una azienda commerciale e aveva eseguita una manovra di avvicinamento del proprio furgone alla ribalta in retromarcia; quindi era sceso dal mezzo per aprire le porte posteriori, scostandosi di qualche metro in attesa che sopraggiungesse un muletto che avrebbe dovuto scaricare la merce all’interno del mezzo; si era quindi messo a passeggiare intorno al furgone, quando era stato investito a seguito di una manovra del conduttore del muletto che non si era avveduto della sua presenza sulla traiettoria in retromarcia. A seguito dell'investimento, il trasportatore era caduto a terra e la ruota posteriore del semovente gli era passata sul piede, avanti e indietro, provocandogli fratture ad alcune ossa e lo scuoiamento dell'estremità con prognosi di durata della malattia superiore a 40 giorni.

 

Gli addebiti di colpa per il direttore dell’azienda erano stati individuati nella negligenza, imprudenza e imperizia e nella violazione delle norme per la prevenzione infortuni sul lavoro e segnatamente dell'art. 29, comma 1, e dell'art. 71, comma 3, del D. Lgs. n. 81/2008 per non aver valutato compiutamente, nel documento di valutazione dei rischi, il rischio connesso alla possibile interferenza tra personale a piedi e mezzi semoventi nelle fasi di scarico dei mezzi sul piazzale e per non aver conseguentemente indicato misure tecniche, organizzative e procedurali atte a eliminare o minimizzare tale rischio.

 

L’imputato ha proposto ricorso con il proprio difensore avverso la sentenza d'appello formulando un unico motivo, con cui ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità, pur essendo stata accertata la esclusiva addebitabilità dell'infortunio alla condotta del carrellista e in relazione alla attribuzione delle violazioni contestategli, pur non avendo egli redatto il documento di valutazione dei rischi.

 

La Corte di Appello, ha osservato il difensore dell’imputato, aveva sostenuto che il comportamento del conduttore del muletto non poteva essere considerato causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, in quanto non era una condotta estranea al processo produttivo, invocando un pacifico principio giurisprudenziale che, tuttavia, non era pertinente nel caso concreto, in quanto riferito alla condotta del lavoratore che subisce l'infortunio e non già, come nel caso di specie, alla condotta di altro lavoratore. La Corte territoriale avrebbe dovuto invece, secondo il ricorrente, considerare che il carrellista, esperto e adeguatamente formato, aveva condotto il mezzo in modo del tutto inspiegabile e contrario alle più basiche regole di prudenza, manovrando il carrello semovente in retromarcia alla cieca, senza curarsi della presenza di persone, sicché l'infortunio avrebbe dovuto essere ricondotto alla esclusiva sua responsabilità. Anche se fosse stata presente la segnaletica orizzontale idonea a delimitare l'area di attesa dei visitatori, ha così proseguito il difensore, nulla sarebbe cambiato, in quanto il conducente del carrello aveva proceduto alla cieca, senza avere contezza di cosa o di chi fosse nella direzione percorsa dal mezzo.

 

La Corte di Appello poi, secondo il difensore, nel soffermarsi sugli addebiti di colpa dell'imputato, avrebbe fatto riferimento al mancato aggiornamento del DUVRI, quando in realtà nel caso in esame, non venendo in rilievo un appalto, era stato stilato solo il DVR, e non avrebbe, comunque, tenuto conto che tale documento era stato già redatto dal precedente datore di lavoro. In proposito inoltre la Corte avrebbe dovuto tenere conto che il direttore dell’azienda, al momento dell'infortunio, era subentrato nella posizione di garanzia da soli quattro mesi e non aveva alcun obbligo giuridico di provvedere alla redazione di un nuovo documento.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

Il ricorso è stato rigettato dalla Corte di Cassazione essendo stata ritenuta infondata la motivazione in tutte le sue articolazioni. La stessa ha fatto osservare che non era in contestazione la dinamica dell'infortunio così come sopra descritta, né il fatto che nel luogo di lavoro non fosse stato valutato il rischio derivante, nella fase dello scarico merci nel piazzale, dalla interferenza tra il personale a piedi e i carrelli e i mezzi semoventi. Nelle conformi sentenze di merito si era dato atto invece che gli organi accertatori, a seguito dell'infortunio, avevano prescritto di predisporre una zona protetta dove il carrello non poteva andare e passaggi pedonali nonché di apporre segnaletica a pavimento e di prevedere l'ingresso nel piazzale di un automezzo per volta.

 

Quanto al profilo del nesso di causa, ha così proseguito la Sezione IV, la Corte di Appello ha spiegato che la condotta colposa dell'imputato, titolare della posizione di garanzia, consistita nella omessa valutazione del rischio connesso all'interferenza, nell'area di carico e scarico della ditta, fra pedoni e mezzi e nella conseguente omessa predisposizione delle misure atte a prevenire eventi dannosi ad esso collegati, era stata causale rispetto all'evento verificatosi. La Corte territoriale aveva altresì dato atto anche che la condotta del lavoratore, conducente del muletto che aveva investito la vittima, per quanto eventualmente colposa, non poteva valere ad interrompere il nesso di casualità fra condotta dell'imputato e l’evento infortunio, in quanto non aveva attivato un rischio eccentrico rispetto a quello governato dal titolare della posizione di garanzia. Il percorso argomentativo era apparso logico, coerente con i dati di fatto riportati e rispettoso dei principi individuati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento del nesso causale. I giudici hanno adeguatamente vagliato il tema della causalità della colpa intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l'evento e correttamente avevano rilevato che all'interno dell'area di rischio considerata, la condotta dei lavoratori può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivare un rischio esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.

 

Quanto poi al profilo dell'addebito di colpa, ha sottolineato la Sezione IV, la Corte di Appello ha confermato la sussistenza della colpa specifica, ex art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008, consistita nella mancata valutazione da parte del datore di lavoro del rischio connesso alla compresenza nella zona di lavoro di persone (fra cui i visitatori esterni, quale il trasportatore, in attesa che la merce fosse caricata sul suo furgone) e mezzi semoventi. Nessun rilievo aveva assunto inoltre la circostanza che la Corte di Appello avesse fatto riferimento al DUVRI, ovvero al documento unico di valutazione dei rischi interferenti, la cui adozione da parte del datore di lavoro committente, è prevista ai sensi dell'art. 26, comma 3, del D. Lgs. n. 81/2008, nel caso di appalto, nonostante nel caso in esame non si versasse in tale ultima ipotesi, in luogo che al DVR.  Invero, al di là della improprietà terminologica, nella sostanza la Corte di Appello ha correttamente richiamato l'obbligo, non ottemperato nel caso di specie, da parte del datore di lavoro di analizzare e individuare tutti i fattori di pericolo concretamente presenti sul luogo di lavoro e di indicare nel documento apposito le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. D'altronde è principio pacifico quello per cui la semplice redazione del documento di valutazione dei rischi non esclude la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione.

 

La Corte di Cassazione ha considerato corretto anche il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale nell'addebitare all’imputato la mancata analisi del rischio specifico nel relativo documento. Il principio generale che presiede all'impianto normativo in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro infatti, ha precisato, è quello per cui, il datore di lavoro, nel momento in cui assume tale qualifica e la connessa posizione di garanzia in forza della quale è tenuto a gestire i rischi nell'ambiente di lavoro, è nel contempo investito di un obbligo generale di verifica dell'adozione di tutte le possibili cautele atte all'azzeramento o minimizzazione di tali rischi. In tale ottica l'obbligo primario, non delegabile da parte del datore di lavoro per espressa disposizione normativa (art. 17 del D. Lgs. n. 81/2008), è quello della valutazione dei rischi e della individuazione degli strumenti cautelari atti a governarli, nonché della redazione del documento che tali valutazioni e prescrizioni consacra.

 

La valutazione dei rischi, definita dall'art. 2 lett. q) del D. Lgs. n. 81/2008, ha ricordato ancora la suprema Corte, è costituita dall'analisi globale e documentata di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito della organizzazione in cui prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza. Tale valutazione deve essere consacrata in un documento, che, ai sensi dell'art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008 deve avere anche certe caratteristiche e che solo nel caso di costituzione di nuove imprese deve essere adottato nel termine di 90 giorni. “Nel caso di avvicendamento nella posizione di garanzia in una impresa già costituita”, quindi in definitiva, “il nuovo datore di lavoro, nell'assolvere all'obbligo giuridico di gestione dei rischi presenti nella organizzazione, deve muovere dalla personale analisi di tali rischi in vista della individuazione delle misure di prevenzione e protezione, potendo, all'esito di essa, anche solo fare proprie quelle già realizzate”. E’ pacifico, dunque, che il documento sulla sicurezza possa fondare l'imputazione colposa al datore di lavoro di specifici eventi lesivi, quando essi siano espressione di un rischio non individuato o non correttamente gestito e non contestato.

 

Infondato ha ritenuto inoltre la Corte di Cassazione il rilievo evidenziato dal ricorrente di essere subentrato nella posizione di garanzia da soli quattro mesi e di non essere stato lui a redigere il DVR, sottolineando che l'art. 29, comma 3, del D. Lgs. n. 81/2008 prevede l'obbligo di rielaborazione immediata della valutazione solo in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità e che nessuna di tali evenienze si era verificata nel caso in concreto. L'obbligo gravante sul ricorrente di intervenire per colmare le carenze del DVR originario infatti, ha sottolineato la suprema Corte, è di carattere generale ed è connesso all'assunzione della posizione di garanzia e delle responsabilità originate da tale funzione, mentre la previsione di cui all'art. 29 citato che ancora l'aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi alla ricorrenza di alcune specifiche situazioni, è dettata per l'ipotesi in cui non vi sia alcun avvicendamento nella posizione di garanzia.

 

Correttamente inoltre in tal senso aveva rilevato la Corte di Appello che in tema di reati omissivi colposi, quando l'obbligo giuridico di impedire l'evento connesso ad una posizione di pericolo ricade su più persone obbligate a intervenire in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva del titolare della posizione di garanzia non viene escluso dal fatto che tale condotta omissiva sia stata tenuta originariamente dal garante precedente, a cui questi sia succeduto, essendo preciso onere del garante in carica intervenire fin dal momento in cui abbia assunto il ruolo ad emendare le eventuali carenze che possano mettere in pericolo la sicurezza. Nel caso in esame, quindi, non ha avuto rilievo il tema dell'aggiornamento del DVR e dei presupposti dell'aggiornamento stesso quanto il tema della carenza del DVR originario. Lo stesso ricorrente, peraltro, aveva ricordato di avere provveduto, proprio perché subentrato nella posizione di garanzia, a sottoscrivere il DVR presente in azienda "per presa di conoscenza" e che, in tal modo, per l'ordinamento aveva fatto propria quella valutazione dei rischi, come detto, gravemente carente.

 

Al rigetto del ricorso è quindi seguito, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Sezione IV penale - Sentenza n. 8282 del 26 febbraio 2024 (u. p. 28 settembre 2023) -  Pres. Dovere  – Est. Ricci – P.G. di Nardo - Ric. omissis.  - Nel caso di avvicendamento nella posizione di garanzia in una impresa già costituita, il nuovo datore di lavoro deve muovere dalla personale analisi dei rischi presenti in azienda potendo, all'esito di essa, anche solo fare proprie quelle già realizzate.




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Rispondi Autore: Pablo - likes: 0
08/04/2024 (08:09:24)
Datori di lavoro che firmano "per conoscenza" un documento la cui redazione è un atto non delegabile e che quindi può essere riconducibile esclusivamente a loro; per non parlare di quelli che firmano "per approvazione": come se uno firmasse per approvazione o conoscenza una propria autodichiarazione.
Siamo ai livelli di quelli che si salutano da soli e si rispondono pure.
Ignoranza, malafede o sdoppiamento di personalità?
Rispondi Autore: Daniele - likes: 0
10/04/2024 (17:13:34)
Nell'articolo si esamina la responsabilità del Datore di Lavoro subentrante. Cosa accade invece ad un RUP, un RL, al CSE subentrante in cantiere infrastrutturale di grande complessità con centinaia di POS già verificati e ancora attivi, di aggiornamenti PSC già esperiti, di VITP e Notifiche già trasmesse? Secondo tale sentenza, mi par di capire, il CSE (ma anche le altre figure di legge sopra richiamate) dovrebbero ri-verificare la documentazione già in essere e, nel caso, "congelare" tutte le lavorazioni attinenti nell'attesa di esprimere un nuovo giudizio? Nella realtà delle cose mi sembra sufficiente un "passaggio di consegne" dove il soggetto di responsabilità in uscita informa il subentrante di tutte le posizioni in sospeso e delle eventuali criticità in essere ancora da risolvere o in via di risoluzione, restando inteso che a mano a mano che i documenti vengono integrati/modificati, in relazione all'avanzamento dei lavori, il responsabile di ruolo provvede a revisionare il tutto. Mi sembra di capire però che questa procedura, in caso di infortunio, non esonera il subentrante dalle proprie responsabilità seppur dovute a colpe e/o omissioni del predecessore. Ma se le cose stanno così lo stesso dovrebbe valere anche per tutti gli amministratori che subentrano in carica, in riferimento a tutti gli atti (ancora attivi) emanati/verificati per esempio, dal sindaco uscente, all'assessore, ecc ecc.

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