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L’intervento del coordinatore in caso di carenze strutturali nei ponteggi

L’intervento del coordinatore in caso di carenze strutturali nei ponteggi
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

22/09/2023

Una deficienza strutturale di un ponteggio in cantiere rilevabile ictu oculi impone l'intervento del CSE i cui obblighi di tutela non possono non comprendere un dovere di attivazione in presenza di macroscopiche violazioni delle norme antinfortunistiche.

Torna la Corte di Cassazione a porre in evidenza in questa sentenza in commento, ma sarebbe ancor meglio meglio dire, data la ricorrenza riscontrata, continua la stessa ad occuparsi della posizione di responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione ( CSE) nel caso dell’infortunio di un lavoratore in un cantiere temporaneo o mobile. L’infortunio di cui alla sentenza in esame era successo a seguito della caduta di un lavoratore da un ponteggio, risultato mancante di alcuni elementi di protezione, sul quale lo stesso si trovava intento a disarmare un solaio. Condannati nei primi due gradi di giudizio i datori di lavoro dell’infortunato assieme al CSE e dovendo decidere sui ricorsi dagli stessi presentati la Corte di Cassazione, imbarcatosi nell’annosa questione dell’area di rischio di competenza del coordinatore per l’esecuzione, è giunta alla conclusione che la deficienza strutturale di un ponteggio in un cantiere edile con criticità rilevabili ictu oculi impongono l'intervento del coordinatore della sicurezza i cui obblighi di tutela, pur sostanziandosi in una funzione di alta vigilanza, non possono non ricomprendere un dovere di attivazione in presenza di macroscopiche violazioni della normativa antinfortunistica, pena lo svuotamento di ogni significativa funzione di controllo che la legge ha pure attribuito a detta figura professionale.

 

In merito poi alla nozione di rischio specifico e di rischio generico la suprema Corte ha riconosciuto che tale questione presenta aspetti di una certa complessità.  Tradizionalmente, infatti, ha tenuto a precisare, si è sempre ritenuto che i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi siano quelli scaturenti da situazioni contingenti, generatesi estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori o quelli relativi a precauzioni dettate da regole che richiedano una specifica competenza tecnica settoriale.

 

Con riferimento, in particolare, alla caduta dall’alto, ha precisato inoltre la Sez. IV, la giurisprudenza della Corte di legittimità è stata sempre incline a riconoscere che tale rischio non fosse di natura specifica, ritenendo che rientrasse nell'area di governo del coordinatore il quale deve verificare la conformità delle caratteristiche strutturali di base delle lavorazioni alle norme prevenzionistiche. In tempi più recenti, invece, nello sviluppo dei principi inerenti alla tematica in questione, nel ribadire che il coordinatore non può essere chiamato a rispondere degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo, è stato affermato, in linea con l'intento di evitare generalizzazioni riguardanti soluzioni preconcette in relazione alle molteplicità dei casi, come fosse preciso compito del giudice accertare se il rischio a cui è stato esposto l'infortunato dipenda dalla conformazione generale del cantiere ovvero si tratti di un rischio specifico attinente alle attività oggetto del contratto di appalto.

 

Interessanti sono state poi le considerazioni fatte nella sentenza dai giudici ermellini sulla responsabilità del coordinatore in mancanza della contestuale presenza di più imprese al momento dell’infortunio, questione evidenziata nel ricorso avanzato dal coordinatore. La norma, ha in merito sostenuto la suprema Corte, nel definire il perimetro di intervento del coordinatore, non richiede la concomitante presenza, di più imprese o lavoratori autonomi le cui attività siano suscettibili di sovrapposizione od interferenza. La responsabilità del coordinatore e i suoi compiti di alta vigilanza non sono limitati infatti al governo del solo rischio interferenziale, essendo tenuto al generale controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, indipendentemente dalla circostanza che, al momento dell'infortunio, si trovassero ad operare una o più imprese.

 

Ritenendo in definitiva che il coordinatore per l'esecuzione nel caso in esame si fosse sottratto all'adempimento di un preciso dovere di verifica e d'intervento in relazione ad un'area di rischio ricadente nel perimetro della sua funzione e giudicate infondate anche le motivazioni avanzate dagli altri ricorrenti la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi e condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.


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Il fatto, l’iter giudiziario, i ricorsi per cassazione e le motivazioni.

Il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale, a seguito di un giudizio abbreviato, ha condannato il legale rappresentante di una società e il gestore di fatto della stessa, in cooperazione colposa tra loro e con il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, alla pena ritenuta di giustizia per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme antinfortunistiche in danno di un lavoratore e ha condannato gli stessi per i reati contravvenzionali a ciascuno ascritti, riguardanti la violazione di specifiche norme antinfortunistiche.

 

Agli stessi era stato contestato di avere cagionato la morte di un operaio dipendente che, mentre era intento a disarmare un solaio trovandosi su un'impalcatura priva dei requisiti tecnici richiesti in quanto mancante di parapetti, era precipitato da un'altezza di circa sei metri ed era deceduto successivamente in ospedale. La Corte di Appello aveva riformato solo la pena prevista nella pronuncia di primo grado, confermando la penale responsabilità degli imputati per tutti i reati a ciascuno ascritti. Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito l'infortunio era avvenuto presso un cantiere edile ove si stavano realizzando da parte di una ditta subappaltatrice dei lavori di ristrutturazione di un capannone industriale essendo l’operaio precipitato da un'altezza di almeno sette metri per la mancanza di parapetti nello spazio vuoto lasciato tra il tavolato ed il manufatto.

 

Gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori hanno proposto ricorso per cassazione adducendo alcune motivazioni. La difesa del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, in particolare, ha contestata l'affermazione della responsabilità dell’imputato sostenendo che fosse estraneo all'area di rischio a cui era stato esposto il lavoratore. L'infortunio, ha sostenuto inoltre la difesa, è avvenuto in un momento nel quale non vi era alcuna interferenza fra le attività lavorative facenti capo ad imprese e soggetti diversi per cui non si era verificato alcun rischio interferenziale ricadente nella sfera di dominio del CSE.

 

I giudici di merito, interpretando in maniera inadeguata le emergenze processuali, avevano ritenuto maggiormente attendibili gli esiti del sopralluogo effettuato a distanza di tempo dagli ispettori dell'ASL, considerando più convincente la tesi che l'operaio fosse caduto nello spazio vuoto esistente tra il ponteggio ed il capannone, e sostenendo l'inattendibilità delle dichiarazioni rese dall'imputato. Tale ricostruzione oltre ad essere opinabile, non aveva esclusa la validità di quanto lamentato nell'atto di appello in ordine alla natura del rischio concretizzatosi nel caso in esame, argomento con il quale la Corte di merito non si era confrontato.

 

Il rischio della caduta dall'alto, ha così proseguito la difesa del CSE, non costituisce un elemento tipico del c.d. rischio generico affidato al coordinatore per la sicurezza. La funzione di "alta vigilanza" propria di tale figura non impone un controllo puntuale e costante delle singole lavorazioni. L'attività a cui era adibito l'operaio (lavori di carpenteria) riguardava una procedura lavorativa specifica di cui era responsabile il solo datore di lavoro. La Corte territoriale aveva finito per configurare una estensione della funzione di garanzia del coordinatore, senza inquadrare la natura del rischio concretizzatosi e mancando di verificare se l'accadimento fosse stato conseguenza di un'attività riconducibile all'interferenza fra le lavorazioni di più imprese o se, invece, abbia riguardato l'esclusiva attività della singola impresa. La Corte di Appello inoltre avrebbe dovuto poi affrontare, secondo la difesa, la questione della rilevanza della posizione del coordinatore nella fattispecie concreta, in ragione della presenza di una sola impresa nel cantiere, impegnata nel disarmo del solaio.

 

Secondo la difesa, in conclusione, la decisione della Corte territoriale avrebbe violato il principio di diritto stabilito nella giurisprudenza di legittimità, in base al quale, in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza gravante sul coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico e non il rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo citando in merito la sentenza n. 3288 del 23/01/2017 pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo "La vigilanza del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione". In tale sentenza, infatti, era stato escluso che il rischio da caduta dall'alto fosse ontologicamente riconducibile alla categoria dei rischi generici e che si doveva accertare in concreto se lo stesso fosse derivato dalla conformazione generale del cantiere oppure riconducibile alla singola lavorazione oggetto del contratto di appalto.

 

L'erronea conclusione a cui era giunta la Corte di merito non sarebbe mutata, secondo la difesa, in ragione della contestazione specifica elevata a carico dell'imputato della violazione dell’art. 92, comma 1, lett. e) del D. Lgs.n. 81/2008 in forza della quale il coordinatore per l'esecuzione dei lavori segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese esecutrici dei lavori, l'inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 94, 95, 96 e 97, comma 2, del D. Lgs. n. 81/2008 e delle prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 100 del medesimo D. Lgs.. Tali obblighi, invero, non operano allorché il pericolo inerisca al rischio specifico del datore di lavoro. Le modalità di allestimento del ponteggio non hanno avuto alcun ruolo causale rispetto all'evento e l'impalcatura, nella sua conformazione, non presentava alcun profilo di cedimento, tale da rendere inutile l'accertamento sulla natura del rischio.

 

La Corte di merito inoltre aveva sorvolato sul tema della natura del rischio che è essenziale al fine di definire la posizione processuale del coordinatore. Al riguardo, era stato anche affermato significativamente come, al cospetto di un rischio specifico dell'impresa, l'intervento del coordinatore per l'esecuzione dei lavori costituisse un'ingerenza nella gestione dei lavori estranea alla sua sfera di competenza, comportando la presa in carico di rischi specifici dell'impresa esecutrice.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi proposti dagli imputati. In premessa la stessa ha sottolineato, quanto alla dinamica dell'infortunio occorso al lavoratore ed alla causa del suo decesso, come i giudici di merito, attraverso un esaustivo richiamo alle circostanze fattuali ed una puntuale analisi delle emergenze probatorie, avessero ritenuto che il lavoratore fosse deceduto in seguito della precipitazione da un ponteggio allestito presso un manufatto in ristrutturazione nel cantiere individuato dagli inquirenti; il ponteggio, infatti, si presentava su un lato, per tutta la sua altezza, privo di parapetti ed allestito non in aderenza all'edificio. Gli stessi hanno quindi ritenuto, con argomentare logico e coerente, che il fatto fosse riconducibile alla responsabilità del legale rappresentante della società, dell’amministratore di fatto della stessa e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

 

Con riferimento, in particolare, alla posizione del CSE la suprema Corte ha osservato che, ai sensi dell’art. 92 del D. Lgs. n. 81 del 2008, il coordinatore per la sicurezza, oltre a dovere assicurare il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di verificare la corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle imprese esecutrici e la scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell'incolumità dei lavoratori. Ha altresì il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori ed ha l'obbligo di segnalare al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, l'inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 94, 95, 96 e art. 97, comma 1, ed anche di sospendere le lavorazioni in caso di pericolo grave e imminente.

 

Così come sottolineato in sentenza, quindi, ha precisato la Sez. IV, il coordinatore non poteva esimersi dal verificare che il ponteggio allestito nel cantiere fosse dotato degli accorgimenti diretti ad evitare le cadute dall'alto dei lavoratori e che fosse stato allestito in modo da aderire al manufatto, contestando l'inadempienza all'impresa esecutrice ed informando la committenza.

 

La pronuncia impugnata, quindi, ha fatto buon governo dei principi interpretativi enunciati dalla giurisprudenza della Corte di legittimità, secondo i quali "In tema di infortuni sul lavoro, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di alta vigilanza, consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS".

 

Giova, sul punto, ribadire, ha evidenziato ancora la Sezione IV, che, in tema di prevenzione antinfortunistica, al coordinatore per l'esecuzione dei lavori non è assegnato esclusivamente il compito di organizzare il lavoro tra le diverse imprese operanti nello stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle stesse delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori. Da ciò emerge come la suddetta figura professionale sia titolare di un'autonoma posizione di garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dalla legge, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche e comprende un controllo effettivo sul concreto rispetto dell'osservanza del POS e dei processi di lavorazione al fine di evitare che siano trascurate o disapplicate le disposizioni ivi contenute. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è, dunque, tenuto a verificare l'eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere, e tanto in relazione a ciascuna fase dello sviluppo dei lavori in corso di esecuzione.

 

Secondo la giurisprudenza della Corte di legittimità, inoltre, sebbene l'alta vigilanza non imponga una presenza diuturna del coordinatore sul cantiere ed un potere-dovere di immediato intervento, obblighi riguardanti altre figure professionali, come i preposti e i dirigenti, è comunque richiesto che tale vigilanza sia effettiva. Il compito di alta vigilanza deve esplicarsi attraverso manifestazioni tangibili di coordinamento, di informazione e di verifica, sia pure su un piano diverso rispetto a quello proprio del preposto o dirigente, figure "prossime al posto di lavoro". Mentre tali figure operative però, essendo prossime al posto di lavoro, hanno poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli (art. 92, comma 1, lett. f) del D. Lgs. n. 81/2008). Può dirsi che il coordinatore per l'esecuzione, identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse la attuazione dei piani "attraverso la mediazione dei datori esecutori". Non può quindi esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettate dalle necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie).

 

L'evidente deficienza strutturale del ponteggio allestito nel cantiere, i cui difetti e le cui criticità erano rilevabili ictu oculi”, ha sostenuto ancora la Corte di Cassazione, “impongono anche l'intervento del coordinatore della sicurezza, i cui obblighi di tutela, pur sostanziandosi in una funzione di alta vigilanza, non possono non ricomprendere un dovere di attivazione in presenza di macroscopiche violazioni della normativa antinfortunistica, pena lo svuotamento di ogni significativa funzione di controllo che la legge ha pure attribuito a detta figura professionale”.

 

Per quanto riguarda poi nel caso in esame il profilo riguardante la natura del rischio a cui era esposto il lavoratore, è evidente come l'allestimento di un ponteggio non rispondente ai requisiti tecnici e connotato dalla visibile mancanza di parapetti da un lato, per tutta l'altezza, palesi una carenza strutturale della lavorazione in atto nel cantiere, rientrante nell'ambito delle verifiche a cui era tenuto il coordinatore della sicurezza in relazione alla rispondenza delle lavorazioni ai requisiti di sicurezza contemplati nel POS e nel PSC. L'analisi delle connotazioni del pericolo a cui è stato esposto il lavoratore rivela come esso non fosse legato ad uno specifico rischio della lavorazione, ricadente nell'ambito della esclusiva area di governo del suo datore di lavoro.

 

Bisogna quindi intendersi sulla nozione di rischio specifico e rischio generico, su cui richiama principalmente l'attenzione la difesa dell'imputato, sostenendo la ricorrenza del primo e l'assenza del secondo, con effetti dirimenti in ordine alla mancanza di responsabilità dell'imputato. La questione della nozione di rischio specifico e rischio generico, ha precisato la suprema Corte, presenta aspetti di una certa complessità. Tradizionalmente si è ritenuto che i rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi fossero quelli scaturenti da situazioni contingenti, generatesi estemporaneamente dallo sviluppo dei lavori o quelli relativi a precauzioni dettate da regole che richiedano una specifica competenza tecnica settoriale.

 

Con peculiare riguardo alla caduta dall'alto, la giurisprudenza della Corte di legittimità, ha precisato ancora la Sezione IV, è stata sempre incline a riconoscere che tale rischio non sia di natura specifica, ritenendo che rientri nell'area di governo del coordinatore, il quale, come detto in precedenza, deve verificare la conformità delle caratteristiche strutturali di base delle lavorazioni alle norme prevenzionistiche. In tempi più recenti, nello sviluppo dei principi inerenti alla tematica in questione, nel ribadirsi che il coordinatore non può essere chiamato a rispondere degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo, si è comunque affermato, in linea con l'intento di evitare generalizzazioni riguardanti soluzioni preconcette in relazione alle molteplicità dei casi, come sia preciso compito del giudice accertare se il rischio a cui è stato esposto l'infortunato dipenda dalla conformazione generale del cantiere, ovvero si tratti di un rischio specifico attinente alle attività oggetto del contratto di appalto.

 

Tutto ciò premesso la Corte di merito, secondo la Cassazione, ha logicamente ritenuto nel caso in esame che, stante l'evidente difformità del ponteggio realizzato nel cantiere rispetto alle norme prevenzionistiche del PSC (si cita in motivazione lo specifico art. 100 del PSC), il coordinatore per l'esecuzione si sia sottratto all'adempimento di un preciso dovere di verifica e d'intervento in relazione ad un'area di rischio ricadente nel perimetro della sua funzione. Pertanto, sono state ritenute infondate le censure sollevate dal ricorrente avverso la sentenza impugnata con riguardo all'asserita mancata specificazione della natura del rischio e degli obblighi cautelari gravanti a carico dell'imputato.

 

Parimenti infondata è risultata l'ulteriore questione agitata nel ricorso, riguardante la mancanza della contestuale presenza di più imprese al momento dell'infortunio, essendo tale elemento ininfluente ai fini della ricorrenza della responsabilità del coordinatore. La norma, nel definire il perimetro di intervento del coordinatore, non richiede la concomitante presenza, di più imprese o lavoratori autonomi le cui attività siano suscettibili di sovrapposizione od interferenza. Invero, sulla base di quanto si è detto in precedenza, la responsabilità del coordinatore e i suoi compiti di alta vigilanza non sono limitati al governo del solo rischio interferenziale, essendo tenuto al generale controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, indipendentemente dalla circostanza che, al momento dell'infortunio, si trovassero ad operare una o più imprese.

 

Risultando in conclusione infondate per le varie motivazioni indicate dettagliatamente nella sentenza anche le lagnanze presentate dagli altri ricorrenti datori di lavoro dell’operaio infortunato, la Corte di Cassazione ha rigettato in conclusione tutti i ricorsi presentati condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 30167 del 12 luglio 2023 (u.p. 6 aprile 2023) - Pres. Serrao – Est. Bruno – PM Orsi - Ric. (omissis). - Una deficienza strutturale di un ponteggio in cantiere rilevabile ictu oculi impone l'intervento del CSE i cui obblighi di tutela non possono non comprendere un dovere di attivazione in presenza di macroscopiche violazioni delle norme antinfortunistiche. 



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Rispondi Autore: Fausto Oggionni - likes: 0
22/09/2023 (11:46:30)
Buongiorno, da cui se, come RSPP, noto all'interno di un cantiere recintato nel perimetro aziendale un ponteggio che "pare a vista" non rispettare le norme, oltre a controllare la presenza e la completezza del PIMUS, del montaggio v/s lo stesso, è norma e bene fermare i lavori e avvertire subito il CSE ed il direttore dei lavori, corretto?
Il tutto a tutela delle persone e dell'azienda.
Grazie.
Fausto

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