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In cosa consiste la massima sicurezza tecnologicamente fattibile

In cosa consiste la massima sicurezza tecnologicamente fattibile
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

12/10/2022

I contenuti e il perimetro dell’obbligo del datore di lavoro di uniformarsi alle nuove e più idonee acquisizioni tecnologiche imposto dall’art.2087 c.c.: principi ed esempi concreti tratti dalle sentenze di Cassazione Penale.

Come noto, l’articolo 2087 del codice civile prevede che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. 

 

In termini di raccordo concettuale tra norma speciale e norma generale, peraltro, i tre parametri citati da tale norma sono richiamati anche dal D.Lgs.81/08 che, all’art.2, definisce la “prevenzione” come “il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno” (art.2 c.1 lett.n) D.Lgs.81/08).

 

Fatta tale premessa, l’articolo 2087 del codice civile introduce il principio della cosiddetta “ massima sicurezza tecnologicamente fattibile, così interpretato dalla Suprema Corte: “in materia di sicurezza del lavoro il datore di lavoro è tenuto ad uniformarsi alla migliore scienza ed esperienza del momento storico in quello specifico settore; e, nel caso in cui per i suoi limiti individuali non sia in grado di conoscere la miglior scienza ed esperienza, consapevole di tali limiti, deve avere l’accortezza di far risolvere da altri i problemi tecnici che non è in grado di affrontare personalmente” (Cassazione Penale, Sez. IV, 16 giugno 1995 n.6944).

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Ancora, “il datore di lavoro - e gli altri soggetti investiti della posizione di garanzia - devono in proposito ispirare la loro condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza” (Cassazione Penale, 8 febbraio 2013 n.6363).

 

In applicazione di tale principio, “pertanto, non sarebbe sufficiente, per mandare esente da responsabilità il datore di lavoro, che non abbia assolto appieno il suddetto obbligo cautelare neppure che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico, se il processo tecnologico sia cresciuto in modo tale da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa sempre più sicura (per riferimenti, Sez.4, 26 aprile 2000, Mantero ed altri)” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 18 gennaio 2011 n.1226).

 

Tutto ciò premesso, fermo restando che ovviamente l’obbligo contenuto nell’art,2087 c.c. è posto in capo al datore di lavoro, occorre sottolineare che, sulla base dell’impianto generale della normativa prevenzionistica e, di conseguenza, secondo la giurisprudenza, “l’importanza del ruolo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione” consiste primariamente nel fatto che “il datore di lavoro, normalmente a digiuno […] di conoscenze tecniche, è proprio concretamente avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che ottempera all’obbligo giuridico di analizzare e di individuare, secondo l’esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno del luogo di lavoro (Sez.U., n.38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv.261109).” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 13 maggio 2016 n.20051.)

 

Analizziamo a questo punto (in maniera sintetica e, come sempre, senza la pretesa di essere esaustivi in materia) due sentenze di Cassazione Penale ed i principi giuridici espressi dalla Corte in relazione a tali pronunce.

 

Esempi tratti dalla giurisprudenza

 

Con Cassazione Penale, Sez.IV, 27 gennaio 2016 n.3616, la Corte ha confermato la condanna di A.G., quale amministratore unico della s.r.l. B. Gas, per omicidio colposo derivante dall’aver “cagionato l’esplosione di un compressore verticale duplex marea Worthington, tipo VSA 4x4; a causa della quale C.M., operaio dipendente della stessa società, che stava provvedendo ad operazioni di carico delle autocisterne aziendali con GPL, riportava lesioni personali che lo traevano a morte”.

 

La sentenza d’appello aveva dato atto che “è vero che il compressore era dotato di un sistema di sicurezza funzionante (la c.d. “testa elastica”), ma che dalle dichiarazioni rese dai periti C. e M. emergeva chiaramente che lo stesso era idoneo solo a intercettare modeste o modestissime quantità di liquido (normalmente presenti insieme al gas) e non grandi quantità, quale quella che deve essere entrata nel compressore per provocare la forte pressione da cui è derivata l’esplosione.”

 

In particolare, “la Corte evidenzia anche i dati tecnici a conforto delle proprie conclusioni, desunti dalle dichiarazioni dibattimentali rese dall’ing. M., secondo cui, ipotizzando una pressione di oltre 100 tonnellate, la presenza di un barilotto-trappola (che come detto sopra, interposto nella fase gas prima del compressore, intercetta l’eventuale liquido presente, impedendone l’ingresso nel compressore) avrebbe condotto a un evento diverso, con esiti diversi, e meno gravi. Infatti, in presenza del barilotto […] il liquido non sarebbe arrivato al compressore e il compressore non avrebbe sviluppato tale pressione.”

 

La Cassazione, nel rigettare il ricorso dell’imputato, imposta così la questione: “punto nodale dell’odierno decidere, dunque, è se dovesse essere preteso dall’odierno imputato […] che si dotasse di più nuovi accorgimenti idonei a garantire la sicurezza dell’impianto, pur in possesso di tutte le prescritte autorizzazioni, e in assenza di norme tecniche che impongano espressamente l’uso di barilotti trappola.”

 

La Corte richiama così “il principio che, allorquando l’imprenditore disponga di più sistemi di prevenzione di eventi dannosi, egli sia tenuto ad adottare (salvo il caso di impossibilità) quello più idoneo a garantire un maggior livello di sicurezza, principio cui non è possibile derogare soprattutto nei casi in cui i beni da tutelare siano costituiti dalla vita e dalla integrità fisica delle persone, laddove, viceversa, una valutazione comparativa tra costi e benefici sarebbe ammissibile solo nel caso in cui i beni da tutelare fossero esclusivamente di natura materiale,”

 

E - chiarisce la Cassazione - “a proposito di massima sicurezza tecnologica" esigibile dal datore di lavoro, tuttavia, il Collegio ritiene che, se è vero che questa Corte ha anche affermato che, in materia di infortuni sul lavoro, è onere dell’imprenditore adottare nell’impresa (nella fattispecie: nel cantiere edile) tutti i più moderni strumenti che offre la tecnologia per garantire la sicurezza dei lavoratori (così questa sez.4, n.43095 del 26.9.2005, Merighi, rv.232450 […] - il quale prevede che le macchine e le attrezzature devono possedere tutti i possibili requisiti di sicurezza per evitare infortuni - per avere omesso di munire la pala meccanica del dispositivo di sicurezza costituito dal segnalatore acustico di retromarcia) il principio de quo vada letto alla luce di quello meglio precisato dalla già citata sentenza 41944/2006, Laguzzi, secondo cui, qualora la ricerca e lo sviluppo delle conoscenze portino alla individuazione di tecnologie più idonee a garantire la sicurezza, non è possibile pretendere che l’imprenditore proceda ad un’immediata sostituzione delle tecniche precedentemente adottate con quelle più recenti e innovative, dovendosi pur sempre procedere ad una complessiva valutazione sui tempi, modalità e costi dell’innovazione, purché, ovviamente, i sistemi già adottati siano comunque idonei a garantire un livello elevato di sicurezza (così questa sez.4, n.41944 del 19.10.2006, Laguzzi, rv.235538).”

 

Prosegue la Suprema Corte: “ma - ricorda la Corte territoriale - il sistema di sicurezza costituito dal c.d. “barilotto trappola” "non costituiva una novità, esseno in uso in aziende analoghe, secondo il perito ing. M. e uno dei testi dedotti dalla parte civile, almeno dagli anni ‘90; inoltre, esso avrebbe potuto essere utilizzato senza neppure la necessità di sostituire il vecchio compressore ancora efficiente” (così pag. 7 della motivazione del provvedimento impugnato).”

 

Dunque, “nel caso che ci occupa, in altri termini, il tempo trascorso rispetto all’adozione diffusa di quel “barilotto-trappola” che avrebbe certamente impedito l’ingresso di liquido in misura così massiccia - e, di conseguenza, l’abnorme pressione che ha causato l’esplosione - imponeva al datore di lavoro, sebbene in possesso delle certificazioni di regolarità dell’impianto, di aggiornarsi circa i sistemi di sicurezza esistenti sul mercato e di adeguare il proprio impianto con una spesa estremamente contenuta.”

 

Analizziamo ora un altro caso.

 

Con Cassazione Penale, Sez.IV, 29 dicembre 2011 n.48606, la Corte ha confermato la condanna di S., quale amministratore unico della ditta “Vetreria S”, per aver cagionato “per colpa, consistita nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (D.Lgs. n.626 del 1994, art.35; [oggi, in base al principio di continuità normativa, D.Lgs.81/08, n.d.r.]), non prendendo le misure necessarie affinché lo scaricatore RBB fosse installato in conformità alle istruzioni del fabbricante, al dipendente B.A. lesioni guarite in giorni 49”.

 

In particolare, “il dipendente infortunato, nel sollevare con un’apposita attrezzatura, denominata “scaricatore RBB”, un pacco di lastre di vetro, ne aveva agganciato (con le zanche o zoccoli inferiori della macchina) un secondo, che, frantumandosi, gli era rovinato addosso, provocandogli le lesioni. Egli stesso dichiarava di “aver involontariamente spinto troppo” le piccole gambe che sorreggono le lastre e di avere quindi agganciato con lo spigolo la prima lastra del pacco successivo.”

 

Inoltre, “sia dalla stessa parte lesa che dal tecnico Asl P.M. veniva riferito che l’errato aggancio del secondo pacco di lastre era dipeso dall’assenza di un dispositivo di blocco posto sugli zoccoli estensibili inferiori dello scaricatore, previsto dal costruttore e ben descritto nel manuale d’uso, la cui funzione era proprio quella di garantire la presa ed il sollevamento in sicurezza di un pacco alla volta.”

 

La sentenza aggiunge che “tale assenza era ben nota nell’azienda, indipendentemente dalle sue cause, e tale dispositivo era stato sostituito nella relativa funzione dalla prassi divenuta oggetto di informazione d’esperienza al singolo lavoratore, infortunato compreso. Sempre lo stesso B. dichiarava che, al momento dell’assunzione, gli avevano spiegato che le alette andavano controllate con un pezzo di legno finale che si metteva tra un pacco e l’altro.”

 

L’imputato fa presente nel ricorso che “le due alette di plastica, erano poco funzionali sicché l’imprenditore era ricorso ad uno strumento artigianale, una tavoletta, avente funzione di sicurezza in luogo delle alette, sicché attesa l’equivalenza funzionale della tavola di legno utilizzata quale separatore al posto delle alette, era illogica l’affermazione della sentenza impugnata che negava tale circostanza.”

 

Il ricorrente osserva inoltre che “l’adozione del sistema alternativo della tavoletta da parte della Vetreria S. discendeva dal principio di adeguamento delle macchine che il Giudice di primo grado riteneva doveroso per l’imprenditore, anche alla luce del disposto dell’art.2087 c.c., del D.Lgs. n.626 del 1994, art.35, del D.Lgs. n.626 del 1994, art.36, n.8 e 6 e T.U. Sicurezza n.81/08, art.71.”

 

Come anticipato, la Cassazione ha rigettato il ricorso.

 

La Corte richiama anzitutto la sentenza d’appello che aveva evidenziato “come la colpa del datore di lavoro fosse consistita proprio nell’aver trascurato la differenza tra il sistema previsto dal costruttore e quello “artigianale” di fatto usato che non era privo di insidie né a prova di disattenzione o imprudenza altrui.”

 

A questo punto la Cassazione chiarisce che “è vero che l’art.2087 c.c., nell’affermare che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola obbligatoriamente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche, ma la stessa “novità” tecnologica delle misure di sicurezza esclude che le stesse possano consistere in meri ed estemporanei espedienti artigianali sostitutivi di quelli omologati e sperimentati.”

 

Di conseguenza, secondo la Corte, “in definitiva, una prassi che consenta al lavoratore l’uso di uno strumento non previsto per il normale sistema di funzionamento di un macchinario, per quanto possa esser ritenuto più funzionale, espone direttamente il datore di lavoro, indipendentemente dalla correttezza e diligenza dell’uso dello strumento alternativo da parte del lavoratore stesso, alla diretta responsabilità per le conseguenze infortunistiche derivanti dal mancato uso delle misure di sicurezza in dotazione al macchinario.”

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 3616 del 27 gennaio 2016 (u.p. 14 gennaio 2016) - Pres. Romis - Est. Pezzella – Ric. A. G. – Qualora la ricerca e lo sviluppo delle conoscenze portino alla individuazione di tecnologie più idonee a garantire la sicurezza non è possibile pretendere che l’imprenditore proceda ad una sostituzione immediata di quelle precedentemente adottate.

 

Corte di Cassazione Penale, Sez.IV – Sentenza n. 48606 del 29 dicembre 2011 - Scaricatore RBB e infortunio a causa dell'adozione di misure di sicurezza "artigianali", sostitutive di quelle omologate e sperimentate

 

Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n. 1226 del 18 gennaio 2011 (u. p. 25 novembre 2010) - Pres. Brusco – Est. Romis – P.M. De Sandro - Ric. N. R. - Il datore di lavoro risponde in maniera esclusiva dell'infortunio occorso all'operatore di una macchina marcata CE se legato ad un rischio subentrato per una modifica apportata alle sue caratteristiche costruttive originarie.

 

Corte di cassazione – Sentenza Cassazione Penale, Sez.IV, 13 maggio 2016 n. 20051 - Responsabilità dell'RSPP e del Dirigente scolastico di una scuola elementare per improvvisa caduta dell'anta del cancello






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Rispondi Autore: Stefano Maci - likes: 0
12/10/2022 (19:34:41)
Complimenti ! Bell'articolo interessante, grazie!
Rispondi Autore: Anna Guardavilla - likes: 0
12/10/2022 (20:33:41)
Grazie mille, gentilissimo.
Rispondi Autore: Leonardo Cuccaro - likes: 0
15/10/2022 (09:54:05)
Grazie per la bella sintesi sull'argomento. Esso è denso di spunti che potrebbero essere tranquillamente utilizzati per la futura (speriamo nell' imminente Accordo Stato Regioni) formazione dei Datori di Lavoro.
Aggiungo una mia nota di riflessione.
La Cassazione Penale del 13 maggio 2016 dice in sostanza che il Datore di Lavoro non è onnisciente e che quindi
si avvale del Servizio di Prevenzione e Protezione che lo aiuterà e lo indirizzerà alla ricerca della "MIGLIORE SCIENZA ED ESPERIENZA" per onorare il principio della "massima sicurezza tecnologicamente fattibile".
Ahimè, ci sono altrettanti RSPP che anch'essi non sono onniscienti e non possono umanamente far tutto: bisognerebbe avere un cervello IPERPOLIEDRICO per "riconoscere TUTTI i rischi, per poi GESTIRLI, soprattutto nelle realtà industriali dove il grado di complessità è elevato.
Quindi ci si rivolgerà ai "CONSULENTI QUALIFICATI", e qui mi vien da dire si potrebbe aprire un "vaso di pandora".
Perché? ....anche se ci sono state delle recenti sentenze della Cassazione che offrono spunti e indirizzi in merito, rimane a mio parere insoluta (a livello legale) la corretta e trasparente "RIPARTIZIONE INTERSOGGETTIVA DELLE RESPONSABILITA'" tra il datore di lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ed i consulente regolarmente ingaggiato.
Spero tanto di essere contraddetto.
Grazie ancora
Leonardo Cuccaro

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