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Controlli di sicurezza nei cantieri: il concetto di ultimazione dei lavori
Il cantiere non può considerarsi concluso e quindi non può considerarsi esaurita la posizione di garanzia del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione allorquando sono terminati i lavori edili nel senso stretto della parola. E’ quanto emerge da questa sentenza della Corte di Cassazione secondo la quale l’esecuzione dei lavori edili, pur essendo un elemento che caratterizza un cantiere temporaneo o mobile, non è sufficiente a definire anche i limiti spazio-temporali della sua esistenza che devono essere correlati alla conclusione di tutte le fasi di lavorazione anche successive a quelle edili vere e proprie funzionali al collaudo e alla consegna dell’opera.
Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione
La Corte di Appello ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare presso un Tribunale nei confronti di un coordinatore per la sicurezza in relazione al reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. L'infortunio era accaduto a un dipendente di una ditta subappaltatrice incaricata in un cantiere edile allestito in uno stabilimento per la realizzazione di un nuovo impianto di laminazione. Al momento dell'infortunio erano state realizzate tutte le opere edili, quelle meccaniche ed idrauliche e l'automazione era in fase di completamento; l'impianto era funzionante ma non produttivo e quindi con gli organi lavoratori e trasferitori in funzione benché privi di protezione. La messa a punto dell'impianto richiedeva una serie di prove di funzionamento ed il lavoratore deceduto era stato incaricato insieme ad un collega, di cambiare un tubo di gomma sotto la piattaforma di un macchina allorquando la stessa, essendo stata messa improvvisamente in funzione, lo ha schiacciato contro una base in ferro posta sopra la sua testa, causandone il decesso.
All'imputato è stato ascritto, in qualità di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, di aver omesso nel Piano di Sicurezza e Coordinamento indicazioni specifiche circa la fase di prove tecniche di impianto e di non aver previsto, per la fase di messa a punto dell'impianto stesso, particolari disposizioni e dispositivi di prevenzione e di tutela rispetto ai rischi di infortunio benché, in quella fase, l'impianto non disponesse ancora di un sistema di protezione collettiva dei lavoratori, non fossero state messe in atto misure di sicurezza oggettive e collettive a tutela dei lavoratori, non fosse stata predisposta segregazione delle aree interessate alle prove, non vi fossero segnali che indicassero l'effettuazione delle prove, tanto meno segnali di avvertimento del pericolo, non fosse prevista, né era in essere, sorveglianza degli accessi alle aree coinvolte dalle prove, basandosi il sistema di protezione dei lavoratori adottato solamente sul coordinamento delle operazioni, sulla comunicazione verbale e su una verifica visiva dell'area interessata. Si rimproverava altresì al coordinatore di avere omesso, nelle riunioni di coordinamento con le imprese interessate, di concordare un protocollo operativo condiviso per la gestione della messa in esercizio dell'impianto, in raccordo con la direzione dei lavori.
Ha ricorso in Cassazione l’imputato lamentando una erronea applicazione dell'art. 89 lett. a) e dell'All. X del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 che definiscono il cantiere temporaneo o mobile. Secondo il ricorrente, infatti, i giudici di merito avrebbero erroneamente interpretato l'art. 89, comma 1, lett. a) e l'All. X del D. Lgs. n. 81/2008 ritenendo che la posizione di garanzia del coordinatore della sicurezza nella fase di esecuzione perdurasse anche dopo la cessazione del cantiere temporaneo o mobile da lui coordinato. Posto, secondo il ricorrente, che tutte le attività lavorative elencate nell'All. X devono ritenersi assoggettate alla disciplina del Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 solo laddove vengano svolte all'interno di un cantiere edile o di genio civile, nel caso concreto, secondo il ricorrente, sono state erroneamente ricomprese nel perimetro del cantiere temporaneo o mobile anche le attività di taratura dell'impianto effettuate dopo la conclusione dei lavori edili. Tutti gli interventi sull'impianto di laminazione da realizzare dopo la fine dei lavori edili, secondo lo stesso, rientravano nella disciplina del luogo di lavoro fisso rappresentata dall'art. 26 de D. Lgs. n. 81/2008, a norma del quale il committente assume la direzione di tutte le lavorazioni strettamente connesse allo svolgimento del ciclo produttivo, estranee al cantiere temporaneo o mobile e quindi alle competenze del coordinatore della sicurezza in fase esecutiva.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha quindi rigettato. L'attività di posa e regolazione delle tubazioni ed opere idrauliche, ha sostenuto la suprema Corte, era oggetto dell'appalto in quanto parte dell'intervento di ristrutturazione generale dell'impianto di laminazione perché l'opera di ammodernamento di un impianto può dirsi completata solo ove lo stesso sia di nuovo idoneo al funzionamento, previo collaudo. Nel programma cronologico di svolgimento dei lavori erano chiaramente indicate le date in cui erano previste le prove a caldo dell'impianto. Il contenuto del POS dell’ impresa esecutrice rendeva evidente come l'incarico del coordinatore si dovesse esplicare non solo con riguardo alle opere edili ma anche con riferimento a quelle idrauliche ed elettriche ed inoltre il contenuto del verbale di una riunione di coordinamento evidenziava come l'imputato si dovesse ingerire non solo nella gestione delle opere edili ma anche nel coordinamento delle stesse con le altre opere in corso, con previsione anche della messa in esercizio della macchina.
Il cantiere edile, secondo la Sez. IV, al momento dell'infortunio doveva ritenersi ancora in atto in quanto, benché fossero state già realizzate le strutture edili, dovevano ritenersi inquadrabili tra i lavori propri del cantiere temporaneo o mobile anche i lavori di installazione di impianti di tipo idraulico ed elettrico, necessari per il successivo svolgimento dell'attività produttiva dello stabilimento del committente. Tali lavori, infatti, non potevano dirsi terminati fintantoché vi fossero in cantiere operai di varie ditte ancora impegnati in messe a punto di quegli impianti ed in verifiche del loro funzionamento e dovevano ancora essere eseguite le prove di funzionamento a freddo e a caldo, preliminari al collaudo.
Occorre ricordare, ha così proseguito la Sez. IV, che il coordinatore per l'esecuzione è tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a verificare l'idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95, 96 e 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
Appare, dunque, chiaro, ha sostenuto ancora la suprema Corte, che il coordinatore per l'esecuzione riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto. Ed è proprio in relazione al primario compito di coordinamento delle attività di più imprese nell'ambito di un medesimo cantiere, normativamente attribuito a tale figura professionale, che deve trovare fondamento la definizione della sua posizione di garanzia nel cantiere temporaneo o mobile come positivizzata nell'art. 89, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 81/2008.
Come è evidente quindi, ha sostenuto ancora la Corte di Cassazione, “la lettera della legge non autorizza a ritenere che il cantiere temporaneo o mobile debba considerarsi concluso, e che sia correlativamente esaurita la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione, allorché siano terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con la pluralità delle lavorazioni che, ordinariamente, afferiscono ai cantieri in cui si eseguono lavori edili, e che sono agli stessi funzionali, quanto con la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavoratori legata al coordinamento delle diverse attività lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell'opera, ancorché i lavori edili in senso stretto siano stati terminati in un momento antecedente”.
“Ciò che mantiene operante la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione”, ha ancora precisato la Sez. IV, “non può essere tanto il mancato completamento delle attività inerenti ai lavori edili o di ingegneria civile propriamente detti, quanto piuttosto la persistenza di ulteriori fasi di lavorazione proprie dell'attività di cantiere nel suo complesso. L'esecuzione di lavori edili o di ingegneria civile giova, in altre parole, a connotare, in ragione del tipo di attività che ivi si svolge, il cantiere temporaneo o mobile, ma non è sufficiente a definire anche i limiti spaziotemporali di tale cantiere, diversamente correlati al perfezionamento di tutte le fasi di lavorazione, anche successive ai lavori edili o di ingegneria civile in senso stretto, funzionali al collaudo ed alla consegna dell'opera”.
In conclusione alla luce del principio interpretativo sopra esposto la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato l'assunto in base al quale sull’imputato non incombesse alcun obbligo di garanzia in ragione del fatto che le opere edili fossero terminate e che, con esse, fosse cessato il cantiere temporaneo da lui coordinato, posto che l'opera alla cui realizzazione il cantiere era preordinato non era stata consegnata al committente e nel cantiere si dovevano ancora svolgere attività di regolazione degli impianti strumentali alle prove di funzionamento, a loro volta preliminari al collaudo.
Gerardo Porreca
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Rispondi Autore: stefanopileci - likes: 0 | 24/11/2015 (09:40:54) |
...Mi piacerebbe tanto capire quando un CSE smette di avere posizioni di garanzia... Sappiamo che i lavori non vengono mai chiusi ufficialemnte in tempi stretti, questo lo dovrebbe fare il DL ma le complicazioni burocratiche per chiudere i lavori sono infinite e i tempi altrettanto infiniti e nel frattempo il committente si fa i fattacci suoi arreda pulisce fa il giardino alleva i maiali... Così il CSE resta sempre con la sciabola sulla testa e si ritrova a dover garantire anche per la ditta delle pulizie presente settimanalmente. Diciamo pure che quando ci si vuole accanire contro qualcuno (il CSE)la legge non deficita in abbondanti possibilità interpretative e... Facessero le leggi coi soli numeri o parole molto vicine ad essi ( vedi Suva CH) si smetterebbe di parlare dibattere e poi aprlare e poi parlare...e infine trovare un CSE a cui caricare tutte le colpe. |
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0 | 24/11/2015 (13:00:58) |
Io sono d'accordo con la sentenza: se si vuole limitare il periodo di tempo, si deve scrivere un buon contratto per l'attività di CSE. Diversamente, la responsabilità del CSE termina quando termina il contratto d'appalto a cui si riferisce, che non è solo e soltanto l'opera civile. Nel caso in esame si trattava di un impianto produttivo industriale, ma il caso ricorre, ad esempio, con un edificio "civile": qui l'opera termina alla fine dei collaudi degli impianti e non certo al termine della pura opera civile. |
Rispondi Autore: lan_ps - likes: 0 | 24/11/2015 (13:17:55) |
La cosa che non si evince, e che invece mi piacerebbe capire, è se l'incidente può essere effettivamente attribuito al mancato coordinamento. Infatti le persone che stavano lavorando sul macchinario ed il cui errore ha causato la morte dell'operaio appartenevano magari tutti alla medesima ditta specializzata e quindi l'errore è forse da ricercare nel POS... |
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0 | 24/11/2015 (14:37:09) |
Le responsabilità sono indicate nel capoverso "All'imputato è stato ascritto, in qualità di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, di aver omesso nel Piano di Sicurezza e Coordinamento indicazioni specifiche circa la fase di prove tecniche di impianto e di non aver previsto, per la fase di messa a punto dell'impianto stesso, particolari disposizioni e dispositivi di prevenzione e di tutela rispetto ai rischi di infortunio ..." Ha validato il cronoprogramma, ha accettato i lavoratori in cantiere, ha verbalizzato etc etc: quindi ne è responsabile. Il fatto è che molti CSE (ed anche CSP) non hanno idea di queste attività e le sottovalutano (sono di estrazione "civile" e non conoscono tutto il processo costruttivo). D'altronde, nei vari corsi non se ne parla mai. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 27/11/2015 (14:58:53) |
La sentenza di ce anche questa cosa, di grandissima importanza: "nel capo di imputazione si rimproverava all'imputato, posto che il POS della subappaltatrice C.V.S. Montaggi s.r.l. non conteneva indicazioni relative al coordinamento delle fasi esecutive dell'opera, altresì di aver omesso, nelle riunioni di coordinamento con le imprese interessate, di concordare un protocollo operativo condiviso per la gestione della messa in esercizio dell'impianto, in raccordo con la direzione dei lavori e, in particolare, di fornire ai lavoratori della ditta CVS Montaggi s.r.l. nozioni adeguate circa le figure di riferimento per i lavori ancora da realizzare e per i relativi comportamenti da tenere in cantiere, benché fosse previsto nel piano operativo della società Siemens che quest'ultima, tramite il proprio responsabile di cantiere e la collaborazione del consulente esterno, curasse il coordinamento tra le ditte subappaltatrici operanti in cantiere ed i rapporti con la direzione lavori e con il coordinatore del committente, così provocando un tale difetto di coordinamento e di comunicazione che, nonostante fossero previste e concordate, tra la ferriera committente e l'appaltatrice, per il 13 ottobre 2008 con inizio alle 14:00, le prime prove a caldo dell'intero impianto, che operai della CVS Montaggi s.r.l., tra cui l'infortunato, ricevessero la disposizione di sostituire due tubi di ingranaggio posti sotto la placca di evacuazione a valle della cesoia, dove era poi avvenuto l'infortunio, in luogo non visibile dalla cabina di comando dalla quale era stato attivato l'impianto." |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 27/11/2015 (15:49:02) |
Inoltre: La sentenza di primo grado ha enunciato i seguenti argomenti a sostegno della ritenuta attualità della posizione di garanzia del Coordinatore al momento dell'infortunio: 1) l'attività di posa e regolazione delle tubazioni ed opere idrauliche era oggetto dell'appalto in quanto parte del revamping (ossia dell'intervento di ristrutturazione generale) dell'impianto di laminazione perché l'opera di ammodernamento di un impianto può dirsi completata solo ove lo stesso sia di nuovo idoneo al funzionamento, previo collaudo; 1)nel programma cronologico di svolgimento dei lavori erano chiaramente indicate le date in cui erano previste le prove a caldo dell'impianto; 3) le prove a caldo sono logicamente distinte dal collaudo, che avrebbe dovuto seguire entro quindici giorni dal termine delle prime; 4) il contenuto del POS della Siemens Vai Metals Tecnologies s.r.l. rendeva evidente come l'incarico del C. si dovesse esplicare non solo con riguardo alle opere edili ma anche con riferimento a quelle idrauliche ed elettriche; 5) il contenuto del verbale della riunione di coordinamento del 2 settembre 2008 evidenziava come l'imputato si ingerisse non solo nella gestione delle opere edili ma anche nel coordinamento delle stesse con le altre opere in corso, con previsione anche della messa in esercizio della macchina”. Dal che risulta chiarissima la colpa del coordinatore, e l'inconsistenza degli argomenti difensivi. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 27/11/2015 (17:03:55) |
Il caso in questione lo conosco molto bene. Il problema, come emerge chiaramente, è che questo CSE si era preso l'incarico di gestire tutto l'appalto che aveva una parte edile ed una parte impiantistica. Ora, fermo restando che il legislatore ha fatto una sciocchezza nell'ampliare a dismisura la tipologia di lavori che possono esser considerati edili o d'ingegneria civile, rispetto a quanto previsto dalla direttiva 92/57/CEE (solo 13 ben precise tipologie - vedi allegato I alla citata direttiva) e che l'intera direttiva è stat recepita come peggio non si poteva fare, sta di fatto che è una legge ed è soggetta ad applicazione e ad interpretazione del giudice in fase di giudizio. Vale la pena di ricordare che i lavori relativi all'installazione di un impianto si possono considerare conclusi quando esso viene “messo in servizio” e cioè quando viene per la prima volta utilizzato conformemente alla sua destinazione d’uso (art. 2, comma 2, lettera m) del D. Lgs. n° 17/2010 – Attuazione della direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine) - Stessa cosa diceva il DPR n° 459/1996 vigente all'epoca dei fatti). Pertanto, fino a quando un impianto o una macchina non vengono messi a disposizione dei lavoratori del committente e non entrano in produzione, la loro installazione non può dirsi conclusa. Le prove di funzionamento in atto al momento dell’evento fanno parte della fase di installazione e non della fase di produzione e, pertanto, non si può considerare esaurito l’incarico di CSE visto che questi aveva accettato di occuparsi dell'intero lavoro. Se io come CSE devo devo occuparmi di una "vigilanza alta" questa la devo espletare anche fissando le "regole" per gestire situazioni come quelle poi risultate all'origine dell'evento. Avendo imprese in sala comandi ed imprese che operano in linea, la mia preoccupazione, come CSE, deve essere quella di fissare almeno i punti fermi per evitare che chi sta in sala comandi non sappia che c'è gente in linea e che l'avviamento della linea o di parte di essa avvenga solo previa verifica di assenza di gente in linea. Per far questo ci sono N modi .... come ad esempio una procedura di lock-out/tag-out. Nessuno di questi N modi, è stato preso in considerazione ed attuato nel caso in discussione. Per questi motivi ci sono state, per il CSE, le condanne in I grado, in appello e in cassazione. Accanto al CSE, giusto per la cronaca, sono stati condannati in I grado, in un procedimento stralciato, anche il committente, il datore di lavoro dell'impresa affidataria ed il datore di lavoro dell'impresa esecutrice da cui dipendeva il ragazzo siciliano di 21 anni che era morto il 13 ottobre 2008. |
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0 | 30/11/2015 (15:12:45) |
La sintesi di Catanoso è perfetta. Ricordiamolo questo ragazzo di Gela 21 anni, Gaetano Infurna, morto col torace sfondato. E' un monito a tutti coloro che operano nel campo della sicurezza a perseguire sempre la massima sicurezza tecnica e/o procedurale e/o organizzativa. L'importanza di queste sentenze è ci aiutano a capire quali sono i modi per gestire correttamente la propria posizione di garanzia nei luoghi di lavoro. Anche al di là del merito. |