La figura del Coordinatore di cantiere “di fatto” privo di un incarico
Come è stato più volte ricordato, il principio di effettività permea tutta la normativa di salute e sicurezza sia a livello normativo che giurisprudenziale, affondando le sue radici in una concezione sostanzialistica dei rapporti giuridici e rappresentando un fondamentale canone applicativo e interpretativo con riferimento alle posizioni di garanzia, agli obblighi e alle responsabilità.
Per le figure di datore di lavoro, dirigente e preposto, tale criterio è stato codificato in una norma di legge nel 2008 con l’introduzione all’interno dell’ordinamento giuridico dell’art.299 del D.Lgs.81/08 (“Esercizio di fatto di poteri direttivi”).
Ciò però non significa che il principio di effettività non possa essere applicato dalla giurisprudenza ad altri ruoli prevenzionistici nel caso in cui una posizione di garanzia venga comunque di fatto esercitata in veste non formale, ovvero senza uno specifico incarico.
Vediamo dunque - mediante l’analisi di alcuni casi giurisprudenziali - come la Cassazione applica il criterio di effettività alla figura del Coordinatore di cantiere.
Con Cassazione Penale, Sez.IV, 29 dicembre 2016 n.55166, la Corte ha confermato la condanna di P.R., in qualità di coordinatore di cantiere in fase di progettazione e di esecuzione, per il reato di omicidio colposo in danno di H.C.G.G., dipendente della ditta C. esecutrice delle opere in un cantiere.
In particolare, era stato accertato come “il lavoratore si trovasse a lavorare in quota al di sopra della copertura di capannone industriale intento a posizionare le nuove lastre metalliche di copertura che avevano preso il posto della vecchia copertura in amianto e ciò faceva in violazione del POS il quale prescriveva che gli operai di regola dovevano operare dall’interno del fabbricato, ovvero dall’esterno servendosi di piattaforma elevatrice munita di navicella cui dovevano comunque rimanere collegati”.
I Giudici hanno riconosciuto all’imputato P.R. “la veste, di diritto o di fatto, di coordinatore per la progettazione e la esecuzione, laddove [egli] tale veste aveva ricoperto in analoghi interventi eseguiti sui capannoni 1, 2 e 5”, nonché sulla base della considerazione “che il P.R. era presente nel cantiere il giorno dell’infortunio, che lo stesso in documenti ufficiali quali la DIA e la notifica preliminare alla Usl in data 20.11.2008 aveva indicato sé stesso quale coordinatore per la esecuzione delle opere e che aveva indicato quali ditte esecutrici non solo la impresa C. ma anche altra ditta (G.L. e R.M. s.n.c.), sostanzialmente riconoscendo non solo la qualifica rivestita, ma anche la necessità di procedere alla predisposizione di un piano per il coordinamento e la esecuzione, ponendosi il rischio interferenziale di almeno due ditte chiamate ad operare nel cantiere.”
La Corte d’Appello “rilevava sul punto che il P.R. aveva del tutto omesso la predisposizione di un siffatto piano e pure presente in cantiere, aveva avuto modo di osservare che i dipendenti della impresa C. operavano in dispregio del Pos e che lo stesso Pos risultava carente in quanto prevedeva la possibilità per l’operatore di lavorare in quota vincolato alla piattaforma, senza considerare che, in caso di caduta, esso avrebbe potuto coinvolgere la stessa piattaforma elevatrice; contestava pertanto al coordinatore di non essere intervenuto in funzione adeguatrice del POS, disponendo, se del caso, la sospensione della lavorazione come era sua facoltà ed obbligo.”
Tra i motivi di ricorso in Cassazione, la difesa dell’imputato “assumeva in particolare che il P.R. non solo non aveva rivestito in relazione al cantiere in oggetto la veste e il ruolo di coordinatore per la progettazione e la esecuzione delle opere ma che, in relazione alla natura e all’estensione delle opere da realizzare e all’impiego per tale finalità di un’unica impresa, non era prevista una tale figura di responsabile, essendo sufficiente la posizione di garanzia del datore di lavoro che aveva predisposto il Pos.”
Secondo il ricorrente, più in particolare, “dalla documentazione relativa al piano di lavoro e da quella trasmessa dalla C. all’Asl risultava che il P.R. agiva nella mera qualità di direttore dei lavori e che non aveva assunto alcuna veste di garanzia in relazione alla sicurezza sul luogo di lavoro.”
Nel rigettare il ricorso e confermare la condanna di P.R., la Cassazione ha chiarito che “le opere di rifacimento della copertura dell’impianto industriale, variamente ripartito e strutturato, erano comprese in un complessivo intervento di sostituzione di coperture di molteplici capannoni aziendali, il quale si era svolto continuativamente sulla base della presentazione di apposite Dia da parte dell’arch.P.R., incaricato dalla committenza (Oleificio R.) della progettazione, della direzione dei lavori e indicato quale coordinatore per la progettazione e la esecuzione del complessivo intervento edilizio all’atto del conferimento dell’incarico.”
E “a tale proposito il giudice di appello, dopo avere evidenziato il succedersi delle varie Dia presentate dall’arch.P.R. e dopo avere rappresentato, sotto il profilo amministrativo, lo svolgersi dei distinti procedimenti che avevano condotto al rifacimento dei capannoni 1, 2 e 5, dava atto che in relazione al capannone n.3, ristrutturato in continuità temporale rispetto alle precedenti lavorazioni (tutte intervenute negli anni 2007 e 2008), come è possibile desumere dalla data della Dia, il P.R. non figurava quale coordinatore in fase di esecuzione.”
A questo punto - e questo è il passaggio che qui ci preme sottolineare - “assumeva peraltro il giudice di appello che tale posizione di garanzia gli competeva sia di diritto, evocando la fonte della investitura formale sulla base di una serie di atti amministrativi, di cui il P.R. deduceva il parziale travisamento, sia comunque di fatto, atteso che il P.R. era stato espressamente indicato quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione all’atto dell’incarico della progettazione in relazione all’intervento complessivo, in conformità alla disposizione sopra richiamata (art.90 commi III e IV D.Lgs. 2008/81).”
Ciò che maggiormente rileva a fronte di tale quadro, infatti, a parere della Cassazione, è la constatazione che “il P.R. aveva costantemente diretto e coordinato tutti i lavori che si erano succeduti nell’area di intervento che, come emerge dalle tavole allegate […], costituiva un complesso industriale unitario, che si sviluppava in un fabbricato industriale principale, sebbene suddiviso in più articolazioni, che nel corso delle lavorazioni aveva visto il concorso e l’avvicendarsi di maestranze facenti capo a diverse ditte, rispetto alle cui lavorazioni aveva assunto il ruolo che gli viene assegnato in imputazione.”
In tale ottica, quindi, “poco rileva la circostanza che, in relazione allo specifico segmento di lavorazione nel corso del quale si realizzò il sinistro, il P.R. dismise formalmente la veste del coordinatore per la scurezza in fase di esecuzione, sul presupposto che soltanto la impresa edile C. si sarebbe occupata della esecuzione dell’intervento e che pertanto difettava la esigenza di gestire un rischio interferenziale, laddove come è emerso nel corso della istruttoria dibattimentale altri soggetti erano intervenuti nel cantiere (il C., sentito come testimone, per la ditta D. ne costituisce un esempio), ma soprattutto altre imprese si erano succedute, sulla base dei piani di lavoro indicati nella sentenza impugnata, alternandosi e incrociandosi in esecuzione delle Dia presentate dal P.R., anche quale coordinatore per la progettazione e la esecuzione.”
L’imputato è stato dunque ritenuto responsabile dalla Cassazione “sia in ragione della gestione per contratto dei rischi interferenziali determinati dal succedersi nel cantiere di una pluralità di imprese edili strutturate ed artigiane fin dalla data del conferimento dell’incarico della progettazione, sia per la gestione di fatto di tale posizione di garanzia sul luogo di lavoro, come coerentemente il giudice di merito ha tratto spunto dalla testimonianza del C.”.
Dunque P.R. di fatto “aveva assunto verso il committente tale posizione di garanzia e, come rappresentato nel testimoniale, la aveva esercitata sul campo.”
Vediamo un’altra applicazione del principio di effettività alla figura del coordinatore di cantiere.
In Cassazione Penale, Sez.IV, 7 maggio 2020 n.13844, la Suprema Corte ha confermato la condanna di “S.F., quale coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori”, per aver “omesso di verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione da parte dell’impresa esecutrice delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento in relazione all’evoluzione dei lavori” e per non aver “segnalato al committente, previa contestazione scritta, l’inosservanza delle disposizioni degli artt.7, 8 e 9 del D.Lgs.n.494/96 [ora D.Lgs.81/08, n.d.r.] o le violazioni del contratto e proposto la sospensione dei lavori, ovvero l’allontanamento dell’impresa esecutrice dal cantiere.”
In conseguenza di ciò “era così accaduto che il 9 giugno 2006, nel corso delle opere di consolidamento dell’abitato in località …, mentre le due persone offese erano intente ad eseguire lavori di demolizione di una vecchia struttura senza l’adozione di alcuna misura di sicurezza, il solaio era crollato provocando loro varie lesioni.”
Tra i suoi motivi di ricorso in Cassazione, la difesa dell’imputato lamenta che “l’Ing. S.F. non aveva ricevuto alcun incarico di coordinatore per la progettazione o di coordinatore per l’esecuzione dei lavori da parte del committente Comune di …”.
Tuttavia, come si vedrà, S.F. aveva redatto il PSC.
Come ricordato dalla Suprema Corte, la Corte d’Appello ha correttamente “rimarcato la carenza del piano di sicurezza e coordinamento redatto dall’imputato, trattandosi di un documento contenente una mera elencazione di norme, ma privo delle linee guida necessarie a dare attuazione alle misure di prevenzione dei rischi specifici in quel cantiere, da adottare per le lavorazioni e le opere di demolizione da eseguire.”
Inoltre, per quanto attiene all’aspetto che più di tutti qui ci interessa, “quanto alla titolarità della posizione di garanzia, contestata in questa sede di legittimità, i giudici di appello danno atto che nei motivi di gravame [motivi di ricorso, n.d.r.] lo S.F., pur negando un atto di incarico formale di coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori, aveva ricevuto dal Comune di … l’incarico di redigere un piano di sicurezza, piano le cui evidenti carenze hanno messo a rischio l’incolumità fisica dei lavoratori, ponendosi in rapporto di causalità con gli eventi lesivi.”
Per tali motivi S.F. è stato condannato in tale veste.
Concludiamo questa breve (e ovviamente non esaustiva) rassegna con un rapido cenno ad una sentenza di questo mese ( Cassazione Penale, Sez.IV, 8 novembre 2024 n.41172) con cui la Corte ha confermato la responsabilità dell’imputato, in qualità di datore di lavoro dell’impresa esecutrice, per l’infortunio occorso ad un suo dipendente all’interno di un cantiere.
La Cassazione precisa qui che, “premesso che nessun dubbio sussistesse sulla posizione di garanzia rivestita dall’imputato nei confronti delle persone offesa, […] del tutto infondate dovevano ritenersi le deduzioni inerenti alla mancanza di colpevolezza in ragione della “percepita” funzione di coordinatore nella figura del E.E., nei confronti del quale la Corte d’Appello aveva invece ritenuto che lo stesso avesse solo operato quale direttore dei lavori e progettista delle opere e non anche come coordinatore dei lavori in fase di progettazione e esecuzione ed era, conseguentemente, stato assolto dagli addebiti imputati; ciò in ragione della qualità di datore di lavoro dell’imputato e di destinatario degli obblighi descritti nell’atto di esercizio dell’azione penale.”
In linea con quanto stabilito dalla Corte d’Appello, anche la Cassazione - riconoscendo la configurabilità concettuale della figura del Coordinatore di cantiere “di fatto”, non ravvisabile però nel caso sottoposto al suo giudizio - ha ritenuto che, nel caso di specie, stante la responsabilità del datore di lavoro in relazione alle contestazioni che gli erano state mosse in relazione al POS, “ogni valutazione in ordine alla presenza di un coordinatore “di fatto” non era in alcun modo idonea a escludere gli obblighi gravanti sul datore di lavoro, la cui elusione - a propria volta - è da porre in diretto rapporto causale con l’evento contestato.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro