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Assunzione di stupefacenti e licenziamento: una recente sentenza

Assunzione di stupefacenti e licenziamento: una recente sentenza
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

27/07/2017

L’assunzione di stupefacenti (cannabis) “in assenza di tossicodipendenza” e senza “alcuno stato di alterazione psicofisica registrato nello svolgimento delle mansioni”: conseguenze sul sistema disciplinare e sul rapporto di lavoro.


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Una recente e interessante sentenza del Tribunale di Milano (Trib. Milano, Sez. Lav., 13 giugno 2017 n.15954) affronta il tema degli accertamenti sanitari - effettuati dal medico competente -  finalizzati alla “verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti” previsti dall’articolo 41 comma 4 del D.Lgs.81/08 e, in particolare, si sofferma sul collegamento tra questi accertamenti, le contestazioni disciplinari, il giudizio di idoneità/inidoneità alla mansione e il licenziamento.

 

Questi i fatti. Nel luglio del 2016 “il ricorrente, dipendente di s.p.a. con qualifica di Operatore di Esercizio”, è stato “invitato dalla datrice all’esecuzione, il giorno successivo, di un accertamento medico teso a verificare l’assenza di alcooldipendenze e tossicodipendenze, all’esito del quale lo stesso veniva rinvenuto positivo al metabolita THC (cannabis) e, conseguentemente, dichiarato temporaneamente inidoneo allo svolgimento della mansione di Conducente Gomma per poi essere destituito dal servizio in data…2016, a seguito di procedimento disciplinare, principiato con lettera di contestazione […] nella quale si legge: “il giorno…2016 alle ore… veniva sottoposto agli accertamenti tossicologici periodici prescritti dalla Legge per le mansioni cd a rischio, ai sensi di quanto previsto dall’art. 41 del d.lgs. 81/2008, presso la struttura sanitaria di riferimento […]. L’esito degli esami effettuati, a noi pervenuto in data …2016, è risultato positivo e pertanto le contestiamo l’uso di droghe, sostanze psicotrope e/o stupefacenti. Le contestiamo, inoltre, che con tale comportamento, cui è seguito necessariamente il giudizio di inidoneità alla mansione formulato da Medico competente, Lei ha reso impossibile lo svolgimento dette mansioni proprie della figura professionale a Lei attribuita”.

 

La sentenza sottolinea che “appare, pertanto evidente […] come il [ricorrente] sia stato destituito dal servizio in relazione al mero dato dell’avvenuta assunzione volontaria di sostanze stupefacenti di tipo cannabinoidi ed alla conseguente sopravvenuta impossibilità della prestazione, determinata dal comportamento del lavoratore, in relazione alla asserita inidoneità alla mansione propria della figura professionale attribuita allo stesso (Conducente Gomma).”

E il Tribunale prosegue: non risulta, dunque, contestato al ricorrente alcuno stato di alterazione psicofisica registrato nello svolgimento delle mansioni di conducente, con significativo incremento della pericolosità per la pubblica incolumità della prestazione resa, in ragione delle sue caratteristiche tipologiche, ma esclusivamente la pregressa assunzione di stupefacente, alla stregua di condotta irresponsabile ed eticamente censurabile, potenzialmente rischiosa per la pubblica incolumità, in ultima analisi incompatibile con le mansioni assegnate.”

 

In particolare - precisa la sentenza - “appare altresì utile premettere come, nel caso di specie, sia stata registrata la presenza del principio attivo (Delta9-THC-COOH) in concentrazione superiore al cut off di legge (>15 mg/ml), in assenza di specificazione del valore di concentrazione del principio attivo il che, se da un lato consente di ritenere con ragionevole certezza l’avvenuta assunzione volontaria attraverso inalazione diretta (anche a confutare l’inverosimile tesi difensiva dell’inalazione involontaria o passiva della sostanza), dall’altro non consente di stabilire con certezza la verosimile epoca dell’assunzione, la distanza della stessa dal momento del test - risultando la permanenza del principio attivo nelle urine per diversi giorni dopo l’assunzione - e, pertanto, lo stato potenziale o attuale ed il relativo grado di alterazione delle capacità ed attitudini personali, tra cui quella di svolgimento delle mansioni lavorative.”

 

Il Tribunale di Milano accoglie il ricorso del lavoratore (in base all’art.1 c.48 L.92/2012), dichiara l’illegittimità del provvedimento di destituzione dal servizio del ricorrente e condanna la s.p.a. alla immediata reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed al pagamento, in favore dello stesso, di un’indennità risarcitoria.

Il tutto sulla base delle argomentazioni che seguono.

 

Anzitutto, il Giudice ricorda che “la materia degli accertamenti sanitari atti a verificare l’assenza di tossicodipendenza e di assunzione di droghe, sostanze stupefacenti e psicotrope è regolata dai provvedimenti della Conferenza Unificata Stato Regioni nn. 99/2007 e 178/2008 e dalla Circolare Regione Lombardia del 22/01/2009 […] nei quali si annoverano, tra le mansioni che comportano rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute propria o dei terzi, anche in riferimento ad un’assunzione solo sporadica di stupefacenti, quelle inerenti alle attività di trasporto, con conseguente necessità di sottoposizione dei lavoratori a test, eventualmente senza preavviso, ed a monitoraggi periodici in capo di esito positivo.”

E “in caso di accertamento di “stato di tossicodipendenza il datore di lavoro, ai sensi dell’art.125 3° co., d.p.r. n.309/1990 è tenuto a rimuovere il lavoratore dall’espletamento della mansione che comporta rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi. Quanto alle conseguenze sul rapporto di lavoro, in relazione ad uno stato di tossicodipendenza accertato, l’art.9 della Conferenza Unificata prevede redibizione del lavoratore a mansioni diverse da quelle a rischio, fermo il diritto alla conservazione del posto ove il lavoratore si sottoponga a cure riabilitative, per un periodo non superiore ai tre anni ai sensi dell’art 124 d.p.r. cit..”

 

Invece “nel caso di assunzione volontaria di droghe in assenza di tossicodipendenza, non è prevista alcuna norma legislativa che preservi la posizione di lavoro, prevedendosi esclusivamente un’inidoneità temporanea alla mansione a rischio, rimettendo la valutazione della eventuale rilevanza disciplinare al datore di lavoro. L’art. 45 all.A) R.D. n.148/1931, richiamato nell’opinamento di destituzione dal servizio del… punisce chi, “durante il servizio, in funzioni attinenti alla sicurezza dell’esercizio, è trovato in istato di ubriachezza; o chi, anche se non addetto a tali funzioni, venga trovato abitualmente in istato di ubriachezza’’, disposizione, ad opinione del giudicante, applicabile per analogia alle alterazioni psicofisiche determinate dalla volontaria assunzione di sostanze stupefacenti.”

 

Dunque - conclude il Tribunale - “così riassunto il panorama normativo e pattizio, in merito alla destituzione del ... deve osservarsi quanto segue.

Non può ritenersi disciplinarmente rilevante il mero rilievo della pregressa assunzione di sostanze psicotrope, sia pure riferito a lavoratore adibito a mansioni a rischio, in assenza di dimostrazione, attuale o presuntiva, dell’esistenza di una concreta alterazione psicofìsica atta a determinare il rischio per l’incolumità, propria o altrui, in relazione alla tipologia delle mansioni assegnate.”

Infatti “laddove, come nel caso di specie, venga accertata la mera presenza del metabolita THC nelle urine al di sopra del limite di cut off, univocamente sintomatico di assunzione volontaria ma compatibile con un’assunzione sporadica o saltuaria, e potenzialmente risalente ad un momento ben antecedente rispetto alla prestazione lavorativa, la sanzione della destituzione dal servizio risulta accedere ad un contegno al quale non può ascriversi rilevanza disciplinare per la natura del tutto astratta e presuntiva dell’interferenza con lo svolgimento delle mansioni e, per traslato, della determinazione del rischio a carico della collettività.”

 

Venendo poi al tema del licenziamento, il Tribunale sottolinea che “una sanzione con tale carica di afflittività, quale quella del recesso unilaterale dal rapporto di lavoro, non può, in altri termini, che conseguire ad evenienze di accertata effettiva - e non meramente potenziale - alterazione della capacità all’idoneo svolgimento delle mansioni, in relazione a comportamenti individuali o abitudini di vita che, nel caso di assunzione di sostanze psicotrope, non possono prescindere dal rilievo dell’effettiva concentrazione della sostanza nel sangue e dello specifico grado di interferenza delle capacità cognitive e percettive e delle relative abilità, in relazione non soltanto alla tipologia di mansioni assegnate, ma anche alle specifiche circostanze di tempo e di luogo in cui le stesse vengono disbrigate.”

Inoltre, “che il mero dato dell’assunzione di sostanze psicotrope non possa dedursi a base del licenziamento lo si ricava altresì dall’analisi dell’assetto normativo e pattizio innanzi riportato, laddove si prevede il diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo non superiore ai tre anni, previa rimozione del lavoratore dalle mansioni comportanti rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi, ed assegnazione a mansioni diverse sino all’esito delle cure riabilitative, nel caso di accertamento di “stato di tossicodipendenza”, condizione nella quale v’è, viceversa, da presumere una significativa ed attuale incidenza sulle concrete attitudini allo svolgimento della mansione di Conducente Gomma. Lo stesso art. 45 all. A) R.D. n. 148/1931, testualmente richiamato nell’opinamento di destituzione, si riferisce a chi, durante il servizio, in funzioni attinenti alla sicurezza dell’esercizio, sia trovato in istato di ubriachezza, così lasciando intendere che il rilievo disciplinare della condotta non possa ricondursi al mero uso (o abuso) di sostanze alcoliche o psicotrope, ma alla alterazione delle capacità del soggetto, circostanza non contestata e del tutto indimostrata nel caso di specie.”

Infine, “né, del resto, può validamente sostenersi la riconducibilità del recesso alla sopravvenuta inidoneità alla mansione, per causa riconducibile al dipendente medesimo. Il giudizio di inidoneità alla mansione del Medico Competente inizialmente assunto appare avere connotazioni chiaramente cautelari, stante anche la sua durata temporanea” e “risulta compensato, sotto il profilo della compatibilità della situazione con l’assetto aziendale, dall’adibizione del [lavoratore] a mansioni alternative, rispetto alle quali il lavoratore veniva giudicato idoneo […], non suffragato da alcuna definitiva valutazione di inidoneità, intervenuta anteriormente alla destituzione e, per altro, per tabulas contraddetto dal successivo giudizio di idoneità del …2017”.

 

In conclusione, “trattandosi, pertanto, di fatto (la registrata la presenza del principio attivo Delta9-THC- COOH in concentrazione superiore al cut off di legge nelle urine del ricorrente), di per sé sprovvisto di connotazioni disciplinari, in assenza di prova alcuna circa la concreta ed attuale interferenza con il disbrigo delle mansioni assegnate o, quanto alla sopravvenuta e definitiva inidoneità alle mansioni, manifestamente insussistente, non può che farsi applicazione dell’art.18 4° comma, l.300/1970, che sancisce il diritto del lavoratore alla tutela reintegratoria cd attenuata, ed al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto, pari ad €… dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, nella misura massima di dodici mensilità, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali calcolati dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione. La regolamentazione delle spese di lite segue la regola della soccombenza […]”.

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

Tribunale di Milano, Sez. Lav. - Sentenza n. 15954 del 13 giugno 2017 - Il mero dato dell’assunzione di sostanze psicotrope non può dedursi a base del licenziamento

 



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Rispondi Autore: Alberto Rosso - likes: 1
27/07/2017 (09:07:12)
Quindi, tralasciando l'aspetto inerente il licenziamento, giusto o sbagliato che sia, non si può essere tossicodipendenti, ma è permesso drogarsi un pochino ed ogni tanto......
Mah....
Rispondi Autore: Fausto pane - likes: 2
27/07/2017 (09:44:17)
Buongiorno.
Pertanto, una volta ripristinato il ruolo di addetto alla movimentazione merci, siccome il giudice ha detto che in quel ruolo uno può anche drogarsi ogni tanto, l'addetto si drogherà, prima o poi farà dei danni a sé stesso e/o a terzi ed il suo Datore di Lavoro sarà chiamato a risponderne in sede di giudizio. La norma ha raggiunto il suo scopo: condannare chi cerca di evitare danni a persone e cose. Mi pare evidente che tutto sia così normale che non ci si possa più nemmeno indignare di certe sentenze. Alla faccia del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e dipendente.
Buone vacanze.
Rispondi Autore: Stefano - likes: 0
27/07/2017 (14:28:36)
Secondo me invece la sentenza è giusta e Alberto e Fausto non hanno letto bene. Non esiste alcuna prova che il lavoratore abbia mai lavorato sotto effetto di stupefacenti, pertanto il lavoratore non era da licenziare. Cosa non torna?
Per fare un paragone è come se sabato sera bevo mezza bottiglia di vino e lunedì mi licenziano per questo.
Rispondi Autore: matteo - likes: 0
27/07/2017 (17:00:39)
non torna che se la legislazione specifica ha imposto accertamenti per la ricerca retroattiva di ASSUNZIONE di sostanze stupefacenti, non si capisce perchè poi tali accertamenti non servano di fatto a nulla se non a pagare i drug test....
Rispondi Autore: matteo - likes: 1
27/07/2017 (17:03:02)
anche questo non torna del resto: "l’art.9 della Conferenza Unificata prevede redibizione del lavoratore a mansioni diverse da quelle a rischio, fermo il diritto alla conservazione del posto ove il lavoratore si sottoponga a cure riabilitative, per un periodo non superiore ai tre anni ai sensi dell’art 124 d.p.r. cit."
Rispondi Autore: fausto pane - likes: 3
27/07/2017 (17:06:02)
Buongiorno.
Ho letto bene, e ho anche scritto che, nel caso di incidente, il datore di lavoro ne risponderà, ed ora aggiungo, con l'aggravante di essere a conoscenza del fatto che il lavoratore abbia fatto uso di sostanze stupefacenti prima del manifestarsi dell'evento, e non ha agito per evitare che l'evento si manifestasse.
Lo so anchi'io che un licenziamento per una canna non è giusto, ma non è neanche giusto che sempre e comunque il datore di lavoro sia chiamato a rispondere per fatto altrui. Tutto qui.
Saluti
Rispondi Autore: Alberto Bellini - likes: 2
27/07/2017 (17:24:05)
Come al solito il problema viene ribaltato sul DL e sulla struttura aziendale che si trova a dover gestire l'ennesima limitazione lavorativa con tutte le conseguenza del caso.
Rispondi Autore: MF - likes: 1
28/07/2017 (09:54:40)
Secondo me l'Azienda poteva gestire il caso in maniera diversa. Esempio dopo il test poteva:
- parlare con il lavoratore e dirgli a quello che andava incontro;
- cambiarlo di mansione in attesa di nuovi test;
- farli un ulteriore test tossicologico.
Nel caso risulti ancora positivo allora è giusto il licenziamento.

Mi sembra che giocarsi il posto di lavoro per due canne e soprattutto al primo test mi sembra eccessivo.
Rispondi Autore: Stefano - likes: 1
28/07/2017 (11:02:26)
Concordo in pieno con MF, non volevo sminuire la cosa nel precedente messaggio ma solo dire che la sentenza è corretta, mentre i commentatori prima di me erano indignati. Nessuno ha detto che ci si possa drogare ogni tanto, ma di certo non è motivo di licenziamento.
Giusto per fare un altro esempio: se sono un datore di lavoro e trovo un lavoratore che usa la motosega senza mettere guanti e cuffie e lo licenzio, avrò fatto un errore e il giudice darà ragione all'operaio licenziato, questo non significa però che ogni tanto posso lavorare senza DPI.... ci sono modi corretti e modi scorretti di agire ed i dettagli sono importanti
Rispondi Autore: matteo - likes: 0
28/07/2017 (11:47:17)
non mi pare esista una (ben precisa) legislazione specifica sui guanti per la motosega, mentre esiste (ben chiara) per la materia in discussione.. nessuno mi sta spiegando perchè il lavoratore dovrebbe mantenere il posto di lavoro senza accedere ai programmi di recupero, come specificatamente scritto nella legge..
qui non si fa morale, qui si prende atto che già molte leggi sono imprecise e interpretabili, ma almeno quelle univoche andrebbero applicate così come sono senza voli pindarici
Rispondi Autore: matteo - likes: 1
28/07/2017 (11:49:40)
nessuno inoltre mi sta spiegando, se passa la posizione espressa nella sentenza, a cosa diamine serve fare il drug test una volta all'anno come previsto dal legislatore
Rispondi Autore: MF - likes: 1
28/07/2017 (15:13:42)
Il drug Test serve eccome. E comunque la legge non dice che bisogna licenziare, attenzione! Bisogna recuperare la persona e dare un'idoneità temporanea. O sbaglio? Mai letta la parola licenziamento.
Rispondi Autore: enzo - likes: 2
29/07/2017 (17:05:48)
si resta indignati anche per l'articolo e la sentenza, poichè non cambia la posizione del lavoratore, bensì quella del Datore di Lavoro, corresponsabile in solido con il MC, pertanto secondo art. 18 della legge 300/70 il lavoratore resta in una posizione di giudizio insindacabile, da parte di chi? nè legale ne sanitario ancor di più aziendale. BUONE VACANZE
Rispondi Autore: Stefano - likes: 1
31/07/2017 (08:37:45)
Matteo scrive: "mentre esiste (ben chiara) per la materia in discussione.. nessuno mi sta spiegando perchè il lavoratore dovrebbe mantenere il posto di lavoro senza accedere ai programmi di recupero"

E' appunto per questo motivo che il Datore di lavoro ha sbagliato, perché avrebbe dovuto agire proprio come hai detto, e non licenziando la persona. Continuo a credere che non state leggendo bene l'articolo.
Non ho capito il commento di Enzo.

Attenzione che io non sto esprimendo un mio punto di vista personale, quindi non sto additando nessuno come moralista, sto dicendo che la sentenza è perfettamente in linea con la legge.
Rispondi Autore: matteo - likes: 0
31/07/2017 (12:02:44)
Stefano: "E' appunto per questo motivo che il Datore di lavoro ha sbagliato, perché avrebbe dovuto agire proprio come hai detto, e non licenziando la persona"
Non è esatto, perchè il DDL non deve agire in tal senso:
dalle contro-analisi in poi non è il DDl che deve gestire o promuovere il recupero, ma il SERT; dall'articolo non emerge in nessun punto che la sentenza parli di come il lavoratore abbia iniziato il percorso di recupero.
Il DDL deve limitarsi a prendere atto se il percorso di recupero sia inizato o no; se non è iniziato, per come ha scritto il legislatore, la conservazione del posto di lavoro NON è più garantita.
Il parere dei giudici invece è chiaramente molto diverso da quanto specificato dalla legge, perchè introduce l'impossibilità a licenziare indipendentemente dall'accesso ai programmi di recupero e introduce l'onore della prova dell'effettivo stato di alterazione del lavoratore durante l'attività.. cose che nessuna legge prevedeva...
Rispondi Autore: MF - likes: 0
31/07/2017 (12:09:08)
No Matteo,
" Qualora dagli accertamenti eseguiti il lavoratore risulti positivo ai test, il medico competente esprime un giudizio di inidoneità temporanea alla mansione ed invia il lavoratore al Servizio per le Tossicodipendenze (SERT) dell'ASL."
Leggendo l'articolo sembra che non siano stati presi provvedimenti del genere, è per quello che è illegittimo il licenziamento.
Rispondi Autore: silvio ventroni - likes: 2
31/07/2017 (12:17:38)
Dott. ssa Guardavilla ,
ringraziandola sempre per il suo contributo ,
le chiedo gentilmente se può rispondere alla seguente domanda ;
Esempio :
Se il soggetto in questione , avrebbe ,
in orario e mezzo di lavoro e con presenza del principio attivo Delta9-THC- COOH in concentrazione inferiore al cut off di legge nelle urine , ammazzato qualche d'uno .
quali sarebbero stati gli esiti giudiziari è disciplinari ??????
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
31/07/2017 (22:28:51)
Sarà interessante vedere cosa accade in Appello, se ci sarà, come è probabile. Un'altra domanda (retorica) interessante è questa: se fosse stato fermato dalla polizia stradale, in quelle condizioni, cosa sarebbe successo? Comunque va ringraziata la Dott.sa Guardavilla che presenta con competenza giuridica più unica che rara sentenze interessantissime. Una vera giurista, in un mondo dove vi sono troppi giudizi spannometrici, e non mi riferisco a quelli dei giudici
Rispondi Autore: AL - likes: 2
01/08/2017 (15:16:33)
Dubini, ha ancora il dente avvelenato con Catanoso?
Non ne ha avuto abbastanza?
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 1
03/08/2017 (15:25:56)
Qui si parla di stupefacenti, non di cantieri. Meno sostanze nei luoghi di lavoro, e nelle discussioni. E meno alcolisti anonimi.
Rispondi Autore: Angelo F. - likes: 1
05/08/2017 (04:57:02)
Perdonatemi ma, pur condividendo il parere che il datore di lavoro debba sfortunatamente attenersi passo passo a quanto previsto per legge se vuole licenziare il dipendente, trovo comunque parte della norma e dei relativi commenti parecchio approssimativi e "faciloni". Si parla di garanzia del mantenimento del posto di lavoro per 3 anni e di "rimansionamento". Ora, la domanda sorge spontanea: quanti di voi gestiscono una piccola o media impresa? Se un mio dipendente assunto per svolgere una determinata mansione, non é più "temporaneamente idoneo" (3 anni!!) A causa della sua volontà di assumere (forse prima, forse durante o forse dopo il lavoro) stupefacienti, perché devo trovare una mansione per "ricollocarlo"? Soprattutto, siamo sicuri che esista una mansione del genere?
Perche se ricolloco una risorsa mi aspetto che ci sia un "buco" organizzativo in cui porla. Ma se quel buco non c'è? Lascio a casa qualcun'altro per dare spazio al ricollocamento? Ha senso? Sarei più propenso ad assumere un nuovo dipendente che non ha lavoro, e che quella cannetta ogni tanto non se la fuma, piuttosto che curarmi delle sorti lavorative di uno che sa di non dover fumare la cannetta ma lo fa comunque. Credo che sarebbe più opportuno lasciar decidere al DL se cercare di recuperarlo o "lasciarlo andare"... ad ogni modo la legge dice altro, e la mia spassionata riflessione lascia il tempo che trova...
Rispondi Autore: AR - likes: 2
05/08/2017 (18:14:42)
Quoto completamente Angelo F. nel suo intervento.
Nelle piccole medie aziende il personale è una risorsa ma anche un costo per l'azienda. Queste situazioni devono essere gestite con attenzione senza sottovalutare le ripercussioni che può avere una organizzazione.
Credo che ci sia qualcosa da rivedere in questa sentenza è più in generale in questo ambito.
Mi pongo la domanda anche io: "a cosa serve il drug test?"
Rispondi Autore: giuseppina pergola - likes: 1
17/01/2018 (21:12:15)
sono stato licenziato per le assenze non giustificate quindi giusta causa.ora sono in una comunità.posso essere rintegrato una volta guarito
Rispondi Autore: Barabba Libero - likes: 0
13/02/2018 (15:15:15)
Perdonate l'intrusione.
Vorrei ricordare a tutti i benpensanti e perbenisti, che chi si fa le canne non è diverso da chi beve birra, da chi beve caffè, da chiunque trovi piacere in una sostanza alterante.
Vorrei ricordare che ci sono persone che non bevono, non fumano, non si bucano, non pippano, ma possono andare fuori di testa e tagliare le braccia ai controllori con un machete.

Vorrei dunque porre un quesito: è giusto perseguitare chi, senza nuocere alla salute o alla libertà degli altri, si prende (o perde) del tempo per se stessi?
E' quindi giusto puntare il dito contro gli altri, senza avere esperienza diretta della cosa?

Inoltre, vorrei ricordare che il fantomatico Metabolita (che sembra il nome di un nemico di Mazinga) THC è principio NON attivo, ma esausto. ERGO, per persone con difficoltà ad apprendere e comprendere, se una persona si fuma una canna il sabato, state tranquilli che di domenica non è fatto.

La legge dovrebbe licenziare in tronco le persone che si fanno trovare in EVIDENTE stato di alterazione A LAVORO.
Quello che uno fa' nella propria vita privata, perdonatemi il francese, ma sono stracazzi suoi.
Rispondi Autore: avv Rolando Dubini - likes: 2
03/10/2018 (10:53:31)
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 22 febbraio – 24 maggio 2018, n. 12994

Presidente Doronzo – Relatore Di Paola

Fatto e diritto

Rilevato che:

la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del primo giudice con cui è stata rigettata la domanda di impugnativa del licenziamento disciplinare intimato al lavoratore, conducente di linea, perché trovato positivo agli accertamenti tossicologici periodici prescritti dalla legge per le mansioni c.d. “a rischio”;

per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso V.A. , affidato a sette motivi;

la società ha resistito con controricorso;

è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c.;

Considerato che:

il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;

V.A. – denunciando violazione dell’art. 7, comma primo, L. n. 300 del 1970, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. – si duole che la Corte di Appello abbia ritenuto violato il “minimum etico” nella condotta del lavoratore, integrata dal consumo di sostanze stupefacenti leggere (i.e.: cannabis), con conseguente non necessità di affissione del codice disciplinare; inoltre – denunciando violazione dell’art. 7 L. n. 300 del 1970, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. – lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto disciplinarmente rilevante l’inidoneità fisica del lavoratore, semmai integrante un giustificato motivo oggettivo, nonché il consumo di droghe, non sanzionato da alcuna norma di legge, né dal r.d. n. 148 del 1931, contemplante, quale causa di destituzione (non applicabile analogicamente), solo l’ubriachezza durante l’orario di lavoro;

ancora – denunciando violazione degli artt. 7 L. n. 300 del 1970, 41 e 45 r.d. n. 148 del 1931, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. – si duole che la predetta Corte abbia ritenuto proporzionata la sanzione del licenziamento, dovendo, invece, venire al più in considerazione la sanzione della multa per inosservanza di norme di prevenzione contro gli infortuni;

inoltre – denunciando violazione dell’art. 7, L. n. 300 del 1970, del protocollo di accompagnamento dei lavoratori positivi ai test antidroga del 30.10.2007 e del 18.9.2008, nonché degli artt. 2078 c.c. e 1374 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. – lamenta che il giudice di appello non abbia considerato obbligatorio e necessario il predetto protocollo, il quale prevede il licenziamento non in caso di positività al test antidroga, ma all’esito dei controlli e infruttuosità di tutti i percorsi e monitoraggi previsti dal protocollo stesso;

ulteriormente – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. n. 300 del 1970, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. – si duole che il giudice di appello abbia qualificato il licenziamento come disciplinare e non per giustificato motivo oggettivo da impossibilità sopravvenuta della prestazione per inidoneità fisica del lavoratore;

ancora – denunciando violazione dell’art. 183, comma settimo, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. – lamenta che il giudice di appello non abbia dato seguito alla richiesta istruttoria volta a dimostrare che il lavoratore, nei giorni precedenti al controllo, era stato esposto a forti quantità di fumo passivo;

infine – denunciando violazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. – si duole che il giudice di appello, attesa la novità della questione, non abbia compensato le spese dei gradi di giudizio.

Ritenuto che:

il primo motivo è infondato, poiché viola certamente il “minimo etico” il consumo di sostanze stupefacenti ad opera di un lavoratore adibito a mansioni di conducente di autobus, definite “a rischio”, a prescindere dal mancato riferimento, nell’ambito del r.d. n. 148/1931, alla descritta condotta; del resto, il mancato riferimento in questione non è significativo, avuto riguardo all’epoca di emanazione del testo normativo, contemplante l’unico modo, allora in uso, di alterazione della psiche, integrato dallo stato di ubriachezza;

il secondo, terzo e quinto motivo, da trattare congiuntamente perché connessi, sono infondati, giacché il consumo di droghe è stato contestato quale addebito disciplinare in sé (e tale è stato correttamente considerato dal giudice di merito), sull’evidente presupposto della sua idoneità, avuto riguardo alle specifiche mansioni espletate dal lavoratore, a compromettere irrimediabilmente l’elemento fiduciario; va in proposito richiamato il principio secondo cui “in tema di licenziamento per giusta causa, l’onere di allegazione dell’incidenza, irrimediabilmente lesiva del vincolo fiduciario, del comportamento extralavorativo del dipendente sul rapporto di lavoro (nella specie, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti), è assolto dal datore di lavoro con la specifica deduzione del fatto in sé, quando lo stesso abbia un riflesso, anche solo potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto, compromettendo le aspettative di un futuro puntuale adempimento, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività, perché di gravità tale, per contrarietà alle norme dell’etica e del vivere comuni, da connotare la figura morale del lavoratore, tanto più se inserito in un ufficio di rilevanza pubblica a contatto con gli utenti”; quanto al profilo della proporzionalità della sanzione, il relativo giudizio è sorretto, nel caso, da motivazione sufficiente e non contraddittoria, avuto riguardo alla delicatezza delle mansioni esercitate dal lavoratore nonché al connesso potenziale pregiudizio insito nel consumo di sostanze stupefacenti, pur leggere (per un caso analogo v. Cass. n. 6498/2012, che ha cassato – in ragione della motivazione inadeguata rispetto alla clausola generale di cui all’art. 2119 c.c. – la sentenza della Corte territoriale che, nel dichiarare illegittimo per difetto di proporzionalità il licenziamento di un impiegato di banca trovato in possesso di sostanze stupefacenti, aveva evidenziato trattarsi di droghe “leggere”, detenute per uso personale, e non a fini di spaccio, in circostanze di tempo e luogo compatibili con l’ipotesi del consumo non abituale);

è infondato il quarto motivo, poiché non è stata censurata la ratio decidendi secondo cui il percorso completo di monitoraggio non avrebbe potuto confermare l’assenza di assunzione di sostanze, quale requisito richiesto per essere riammessi nelle funzioni;

è infondato il sesto motivo, in difetto di certezza circa l’idoneità dell’espletamento del mezzo istruttorio richiesto ad invalidare le conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito (cfr., sul punto, Cass. n. 5654/2017: “Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento”);

è inammissibile il settimo motivo, poiché “in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione” (così Cass., SU, n. 14989/2005);

le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali ed 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 2
03/10/2018 (10:54:59)
La sentenza della Cassazione riguarda una diversa vicenda rispetto a quella ottimamente commentata, come sempre, dalla Dott.ssa Guardavilla
Rispondi Autore: MICHELE LUZZANA - likes: 1
27/11/2018 (17:22:09)
volevo ricordare agli scenziati che non esiste un caso di morte causato da cannabis( o qualsiasi nome vogliate) in tutto il mondo. Detto questo non vedo perche' in un paese libero non puo' essere libero un suo cittadino.
sapete chi ha vietato la marjuana in italia?Un personaggio pelato,disertore(scappato in svizzera per non svolgere il dovere militare) sotto la spinta di un nano con baffetti ridicoli.
avete mai sentito una guerra dei giamaicani?
e' ormai riconosciuto in tutto il mondo che la cannabis non distrugge niente e nessuno,mentre mio fratello con quelle macchinette da poker nei bar si e' mangiato ditta,famiglia e casa.Io fumo da quando avevo 14 anni (oggi ne ho 50) e non ho mai saltato un giorno di lavoro perche' fumato.
Cari puritani di sta cippa informatevi e vedrete che se alla sera tutti fumassero una cannetta non ci sarebbe nemmeno violenze all'interno delle mura domestiche.
L'importante e' comportorsi da lavoratore sul lavoro
Rispondi Autore: MICHELE LUZZANA - likes: 1
27/11/2018 (17:30:56)
dimenticavo di ricordare a tutti che nonostante tutte queste belle norme sulla sicurezza ci sono sempre 1000 morti all'anno, sapete dirmi quanti sono morti per marjuana?
se uno fuma sul lavoro dategli un bel calcio nel culo,ma a casa propria una persona deve essere libera
Rispondi Autore: Davide redondo - likes: 2
10/05/2019 (22:18:09)
La droga, e le canne, vi bruciano i neuroni.
Rispondi Autore: carla - likes: 0
24/03/2021 (00:37:54)
E se il lavoratore fosse un insegnante?..quali sono le norme e le eventuali sanzioni? Certo che quando osserviamo certi nostri comportamenti e pensiamo da lucidi, ci vergogniamo e ci diciamo che mai avremmo pensato di arrivare a un certo punto, a partecipare ad una certa riunione in un certo modo... si prova tanta vergogna e forse quando questa diventerà insopportabile per liberarcene ci libereremo anche di questo veleno. Ciao
Rispondi Autore: Domenico - likes: 0
30/05/2021 (19:08:08)
Salve volevo sapere se posso essere sottoposto a screening antidroga anche se ancora non ho una mansione a rischio, ma ho solo effettuato un corso in azienda, posso rifiutare lo screening visto il mio contratto da lavoratore non a rischio?

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