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Cosa fare se si viene coinvolti in una sparatoria?

Cosa fare se si viene coinvolti in una sparatoria?
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

11/03/2019

I mezzi di comunicazione di massa danno ogni tanto notizia di sparatorie che vedono coinvolti passanti ed altri soggetti affatto innocenti. Che fare in queste critiche situazioni?



Nell’ambito delle Nazioni Unite, è stato da tempo organizzato un servizio che cura la formazione di tutti gli operatori, appartenenti alle varie organizzazioni Nazioni Unite, come ad esempio l’Unesco, quando vanno in missione all’ estero. Negli ultimi tempi il programma di formazione, che deve essere obbligatoriamente seguito e superato ogni due anni, ha visto l’inserimento di un nuovo modulo dal titolo: “active shooter incident”.

 

Questo modulo prende proprio in considerazione l’evento che il soggetto in missione, nel proprio paese o all’estero, si trovi improvvisamente coinvolto in una sparatoria, per solito perpetrata da uno o due attaccanti, che si introducono in luoghi pubblici o aperti al pubblico ed improvvisamente cominciano a sparare con armi automatiche. La caratteristica di questo attacco è che l’attaccante non sceglie bersagli specifici, ma spara indiscriminatamente sulla folla. A questo punto ci si domanda quale potrebbe essere il comportamento che dovrebbe assumere una persona, coinvolta in questo tragico evento, per diminuire il rischio cui è esposta.

Gli esperti suggeriscono tre diversi modelli di comportamento, vale a dire la fuga, il nascondersi ed addirittura il contrastare l’attaccante.

 

È evidente che, ove sia possibile fuggire dal luogo a rischio, senza attirare l’attenzione dell’attaccante, e questa di gran lunga la soluzione migliore. Ecco perché, durante il già menzionato corso di formazione, somministrato dall’ufficio salute e sicurezza delle Nazioni Unite, si raccomanda, quando ci si trova in locali pubblici, di effettuare una rapida ricognizione delle vie di fuga. Al ristorante, ad esempio, può esser opportuno scegliere un tavolo relativamente vicino ad una via di fuga, per facilitare la messa in sicurezza del soggetto attaccato.

 

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La seconda alternativa offerta ipotizza che sia possibile raggiungere un nascondiglio, dove chiudersi dentro, barricando la porta ed appoggiando mobilio alla porta stessa, in modo da trattener eventuali colpi che l’attaccante spari contro la porta, dall’esterno. In certi casi tuttavia non è possibile fuggire e non è possibile raggiungere un nascondiglio, senza attirare l’attenzione dell’attaccante. In questi casi si raccomanda di stendersi per terra, possibilmente gettando sulla faccia della salsa di pomodoro o del ketchup, in modo da sembrare già feriti. L’esperienza mostra che l’attaccante è alla caccia di nuovi bersagli e non spara su bersagli già colpiti.

 

Il terzo scenario fa evidentemente riferimento ad un caso estremo, quando ogni altra alternativa è inaccessibile. Anche in questo caso, l’esperienza dimostra che l’attaccante è spesso un soggetto psichicamente instabile, che non è preparato a fronteggiare una reazione violenta dei soggetti attaccati; questa reazione violenta si può manifestare con il lancio di oggetti contro attaccante e l’esperienza dimostra che, se più soggetti attaccati reagiscono in questo modo, è probabile che l’attaccante fugga.

 

Infine un’altra importante raccomandazione riguarda il modello di comportamento da tenere quando arrivano le forze dell’ordine sul posto. Le forze dell’ordine sono sotto estrema tensione e non sono in grado di individuare rapidamente quale soggetto sia l’attaccante e quale soggetto possa essere una vittima innocente. Ecco perché, quando si deve andare incontro alle forze dell’ordine, occorre depositare qualsiasi bagaglio, e tenere le mani bene in vista con le dita divaricate, per dimostrare di non avere alcun oggetto pericoloso in mano. Sono comportamenti che ormai l’esperienza ha confermato essere assai efficaci e raccomando che tutti i responsabili del servizio prevenzione e protezione, che abbiano occasione di formare personale che viene inviato in missione all’estero, per periodi più o meno lunghi, dedichino un certo spazio anche alla formazione su questi casi estremi.

 

 

 

Adalberto Biasiotti

 



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Rispondi Autore: CARMELO GIANNI' - likes: 0
11/03/2019 (16:50:51)
Da molto tempo ho inserito l'argomento "Minaccia armata o presenza di un folle" tra quelli trattati negli incontri formativi per Rischio specifico, durante i quali discuto con i discenti proprio di queste problematiche.
Può apparire un aspetto poco pertinente tra quelli da trattare e che a volte suscita ilarità, ma nella realtà ci si può imbattere in un folle che minaccia i presenti per motivi di carattere religioso o d razza oppure in un semplice rapinatore armato.
Suggerisco a tutti i colleghi formatori di portare anche questo argomento tra gli altri previsti dall'Accordo Stato/Regioni del 21/12/2012

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