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La voce dei cittadini europei in materia di protezione dei dati personali

La voce dei cittadini europei in materia di protezione dei dati personali
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

12/09/2017

SUna recente iniziativa della commissione europea che può rappresentare un'ottima occasione perché ogni cittadino europeo manifesti il suo punto di vista agli organi istituzionali.


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Non capita di frequente, ma talvolta le istituzioni europee si attivano in modo da consentire ai cittadini europei di esprimere direttamente il loro punto di vista sulle possibili iniziative legislative.

È proprio questa la iniziativa che desidero illustrare ai lettori, perché tratta un tema di estrema importanza per tutti i cittadini europei.

 

L'obiettivo di questo consultazione pubblica è quella di ricevere i punti di vista di tutti coloro che sono coinvolti, vale a dire tutti cittadini europei, circa la diffusione meno vincolata di informazioni che li riguardino, afferenti alla sicurezza di tutti i cittadini. Questa iniziativa scaturisce direttamente dal fatto che è ormai imminente l'entrata in vigore a pieno regime del regolamento generale sulla protezione dei dati, che modificherà in modo significativo le precedenti disposizioni legislative.

 

Tanto per evitare malintesi, il documento di richiesta di parere mette subito in evidenza che tutti coloro che desiderano esprimere un parere in merito vengono rassicurati circa il fatto che i dati che verranno raccolti, vale a dire nome e l'indirizzo di posta elettronica, verranno adeguatamente protetti.

 

Questi dati verranno gestiti esclusivamente per queste finalità, secondo regole molto restrittive.

Dopo aver dato ampie assicurazioni a coloro che partecipano alla consultazione pubblica, si passa alla presentazione di una serie di quesiti, che riguardano i limiti entro cui le autorità europee, incaricate di vigilare sulla sicurezza dei cittadini, possano e debbano scambiarsi informazioni che possono avere un riflesso significativo sulla sicurezza anticrimine dei vari paesi.

 

L'esperienza recente ha mostrato che spesso lo scambio di dati fra le istituzioni nazionali e le istituzioni europee, in materia di sicurezza dei cittadini, non è sufficientemente rapido e completo, anche perché nei vari paesi esistono dei limiti alla quantità di informazioni che possono essere scambiate fra organi di indagine e di polizia, anche a livello di sicurezza nazionale, ed altre istituzioni. Ancora una volta, le recenti esperienze dimostrano che una veloce ed accurata circolazione dei dati, afferenti ad esempio a soggetti sospetti, può avere benefici significativi, ai fini di incrementare il livello di sicurezza della popolazione.

 

Ad esempio, in un caso recente, la informazione afferente al fatto che un iman era stato assolto da un giudice non era stata fatta circolare a tutte le nazioni potenzialmente interessate. La ragione è legata al fatto che una assoluzione da parte di un giudice, in alcuni paesi, può comportare il fatto che questa informazione non abbia bisogno di essere fatta circolare, mentre la informazione afferente ad una possibile condanna può essere fatta circolare.

 

In realtà, l'esperienza ha dimostrato che la conoscenza del fatto che si sia avviato un procedimento giudiziario penale nei confronti di un soggetto rappresenta un elemento comunque importante per le forze dell'ordine, anche se poi successivamente il soggetto in questione viene assolto. Appare del tutto ragionevole ipotizzare che se un soggetto viene rinviato a giudizio cinque volte, e cinque volte viene assolto, rappresenta comunque un soggetto che merita una certa attenzione, anche perché determinate circostanze che hanno portato alla assoluzione in un certo contesto potrebbero portare ad una condanna in un contesto diverso, oppure in un paese diverso, con leggi diverse.

 

Questa maggiore libertà di circolazione delle informazioni afferenti a soggetti potenzialmente criminali richiede però un approccio molto meno restrittivo, rispetto alla situazione esistente, ed ecco la ragione per la quale la commissione europea giustamente ha cercato di avviare un processo che permetta di conciliare esigenze di sicurezza anticrimine del cittadino con esigenze di protezione dei dati personali.

 

Ricordo a tutti i lettori che un analogo problema si è posto in Italia, a seguito di una crescita esponenziale degli impianti di videosorveglianza. Un tempo si riteneva che questi impianti potessero costituire una violazione dei diritti alla privacy del cittadino, ma l'esperienza ha dimostrato che i cittadini invece sono felicissimi di vedere installati questi impianti, che numerose volte hanno permesso di ricostruire eventi connessi ad una scena del crimine.

 

Oggi è del tutto normale, a fronte di una rapina o altro evento delittuoso, che le forze dell'ordine prendano contatto con tutte le attività, nelle vicinanze della scena del crimine, che sono dotate di impianti di videosorveglianza, per acquisire le immagini ed eventualmente individuare elementi preziosi per la ricostruzione degli eventi e l'individuazione di responsabili.

 

L'aumento di allerta terrorismo, presente in molti paesi europei, fa sì che nel delicato equilibrio tra diritto alla protezione dei dati e diritto alla sicurezza dei cittadini, la attenzione si sposti sempre di più verso il secondo aspetto, rispetto al primo.

 

Il documento (pdf)

 

Adalberto Biasiotti



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