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Un’errata applicazione di una direttiva sulla protezione dei dati personali

Un’errata applicazione di una direttiva sulla protezione dei dati personali
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

29/08/2017

Una sentenza dell’alta corte europea ha dato ragione ad una cittadina messicana, i cui diritti alla riservatezza erano stati violati durante una serie di interviste televisive.


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Certamente i nostri lettori ricorderanno che in Italia la direttiva europea sulla sicurezza dell’ambiente di lavoro venne a suo tempo recepita con la legge 626/94. Da più parti si avanzarono delle perplessità sulla correttezza di questo recepimento, tant’è vero che l’allora procuratore di Torino, Guariniello avanzò un ricorso all’alta corte di giustizia, segnalando un possibile errato recepimento, laddove la legge faceva riferimento “ai rischi dell’ambiente di lavoro”, invece che “a tutti i rischi”.

 

La corte di giustizia dette ragione a Guariniello e torto all’Italia; il governo fu obbligato a emanare frettolosamente la legge 39/2002, che all’articolo 21 correggeva il testo della legge precedente.

La situazione è stata poi integralmente sanata con la pubblicazione del decreto legislativo 81/2008, che fà appunto riferimento a tutti i rischi dell’ambiente di lavoro, evidentemente sia di origine accidentale e ambientale, sia di origine criminosa.

Vediamo in breve il ragionamento seguito dalla corte di giustizia davanti a questo ricorso di una interessata al trattamento.

Il ricorso è stato presentato da una interessata messicana, che aveva conquistato una ottima posizione in Spagna come cantante popolare.

 

A seguito del licenziamento del suo agente teatrale, quest’ultimo in numerose trasmissioni radio televisive raccontò affari personali, riferiti a questa cantante, che violavano il suo diritto all’onore e al rispetto della vita privata.

 

In particolare questi affari personali facevano riferimento a:

  • il suo orientamento sessuale, che aveva aspetti omosessuali e bisessuali;
  • il fatto che la cantante avesse deciso di abortire per motivi professionali,
  • il ruolo che essa aveva giocato nell’utilizzo di stupefacenti da parte del suo compagno dell’epoca ed infine
  • i maltrattamenti e le umiliazioni che essa aveva inflitto al suo ex compagno.

 

L’interessata eccepiva una violazione dell’articolo 8 della convenzione abbia sui diritti dell’uomo, che prevede esplicitamente che ogni persona abbia diritto al rispetto della sua vita privata e familiare

 

Per correttamente inquadrare la faccenda, occorre anche ricordare che la ricorrente si era rivolta per ben due volte alla magistratura spagnola, che le aveva dato torto, perché l’interpretazione delle leggi vigenti in Spagna su questi argomenti non sembravano tutelare il suo diritto alla protezione della vita privata.

 

Questa è la ragione per cui la ricorrente si è rivolta all’alta corte di giustizia europea, che si è pronunciata con una sentenza meritevole di esame, perché offre linee guida chiare e valide.

 

L’opinione della corte è particolarmente interessante perché non tocca soltanto il diritto al rispetto della vita privata della cantante in causa, ma prende anche in esame il comportamento dei giornalisti, e di chiunque comunque partecipi ad una trasmissione televisiva e radiofonica, che deve tener conto, nella misura possibile, dell’impatto che potrebbero avere le informazioni e le immagini pubblicate, prima della loro diffusione.

 

In particolare, certi avvenimenti della vita privata e familiare meritano una protezione particolarmente attenta, proprio nel rispetto dell’articolo 8 della convenzione, ed obbligano quindi i giornalisti a dimostrare un adeguato livello di prudenza e l’adozione di appropriate precauzioni in fase di trattamento.

A questo punto, toccava alla magistratura nazionale fare una valutazione delle emissioni televisive contestate, in modo da definire un punto di equilibrio tra il diritto all’informazione del popolo e il diritto alla protezione della vita privata della ricorrente.

 

La corte si è spinta ancora più in là, osservando ad esempio, che il giudizio negativo espresso dalla magistratura spagnola, nei confronti del ricorso della cantante, aveva portato all’affermazione che oggi il fatto che una persona sia omosessuale non possa essere considerata come una condizione disonorevole e da deplorare. Il magistrato in questione tuttavia non aveva esaminato il fatto che se terzi si esprimono liberamente su questi aspetti della vita privata della ricorrente, durante trasmissioni alle quali essa non era presente e non era stata invitata, essi violano la vita privata della ricorrente, non protetta dal diritto alla libertà d’espressione dei giornalisti.

 

I magistrati spagnoli inoltre avevano dato una interpretazione alquanto peculiare del fatto che la diffusione della notizia, che la ricorrente avesse favorito il consumo di stupefacenti da parte del compagno, costituisse più una violazione dei diritti del compagno, più che della ricorrente.

Questa interpretazione della magistratura spagnola è stata totalmente rigettata dalla corte europea, che ha ritenuto del tutto non corretta questa interpretazione.

 

Continuando in una disamina delle sentenze pronunciate a livello di magistratura spagnola, la corte conclude affermando che la magistratura non era entrata sufficientemente in profondità dell’analisi della possibilità di violazione dei diritti della ricorrente, anche perché la legislazione spagnola in merito, che avrebbe dovuto recepire le indicazioni della direttiva europea e della convenzione sui diritti dell’uomo, lasciava molto a desiderare.

 

La corte ha pertanto accolto il ricorso, segnalando al Parlamento spagnolo che avrebbe dovuto intervenire rapidamente per correggere le anomalie presenti nella legislazione in vigore.

 

Alla luce di queste illustrazioni, mi sembra che il parallelo con quanto accadde in Italia per il recepimento della direttiva sulla sicurezza dell’ambiente di lavoro sia del tutto appropriato.

 

La sentenza(formato PDF)

 

 

Adalberto Biasiotti



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