Le aggressioni in ambiente sanitario: trattazione razionale o emotiva?
L’argomento “aggressioni in ambiente sanitario”, insieme a tutto il pacchetto dei rischi psicosociali, negli ultimi anni è diventato sempre più attenzionato.
Premessa l’impossibilità di trattare un argomento così complesso in poche righe, proviamo ad analizzare sinteticamente alcuni aspetti a cominciare dal chiarire alcuni aspetti circa le statistiche del fenomeno.
In questo senso, infatti, è importante evidenziare che, diversamente da quelli infortunistici, i dati sulle aggressioni sono molto più aleatori e soggettivi.
Ogni dato, infatti, è riferito ad una segnalazione volontaria di un evento che il NIOSH definisce come un “atto di violenza fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro” e, quindi, soprattutto nei casi delle aggressioni verbali, potenzialmente da riferirsi ad una ampia varietà di comportamenti e di percezioni soggettive o culturali.
Dato atto di quanto sopra e considerando che, ormai, il rischio aggressioni è sempre più spesso riconosciuto come “rischio lavorativo” da valutare ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. 81/08, proviamo ad analizzare alcune misure di prevenzione e protezione che l’attuale Letteratura scientifica raccomanda.
Al netto della costituzione del gruppo aziendale per l’analisi del fenomeno, con i limiti sintetizzati sopra, della implementazione di un percorso di supporto psicologico a favore della persona aggredita e di eventuali aggiustamenti organizzativi (possibilmente andare in coppia, non indossare monili, layout degli ambienti di lavoro ecc.), gli interventi di prevenzione e protezione indicati portano con sé vari punti di forza e, ahimè, anche non pochi punti di debolezza.
Prendiamo ad esempio la Vigilanza Privata che, in linea generale, è individuata come una delle principali misure di prevenzione ma che, sostanzialmente, è regolata dal cosiddetto TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ovvero il Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 e smi) con particolare riferimento agli articoli 133 e 134.
L’articolo 133, in particolare, recita che “Gli enti pubblici, gli altri enti collettivi e i privati possono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari od immobiliari”.
Il DM 85/99 e il DM 154/09 ne hanno poi ampliato il raggio di azione ma solo per alcune attività (porti, aeroporti e ferrovie) tra cui, però, non vi sono le aziende sanitarie che, quindi, possono utilizzare il servizio di vigilanza privata solo nella modalità originaria.
Infine, sebbene con la L. 101/2008, sia stata assegnata alle Guardie Giurate la funzione di incaricati di un pubblico servizio, l’unica occasione che per Norma hanno possibilità di arrestare dei malviventi è prevista dall’art. 383 c.p.p.: arresto da parte del privato, quindi come qualsiasi cittadino.
Un altro esempio di misura preventiva spesso richiamata è la Video sorveglianza che, oltre a rappresentare un potente mezzo per l’analisi post aggressione, può essere un utile strumento di deterrenza.
Tuttavia, l’installazione di questo tipo di strumenti non è immediata ma è regolata da percorsi autorizzativi complessi conformi a quanto previsto dall’Articolo 4 L. 300/70, con particolare riferimento all’obbligo di accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di tale accordo, alla necessità di autorizzazione da parte della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro.
Dipendendo da fattori non del tutto controllabili dal datore di lavoro, va da sé che tale misura difficilmente può essere inserita come misura preventiva all’interno del documento di valutazione dei rischi.
Potremmo continuare a scrivere e discutere di punti di forza e debolezza di tante altre misure, dai pulsanti di emergenza (comunque legati all’intervento di qualcuno che normalmente, con i limiti di cui sopra, è la vigilanza privata), ai limiti di intervento delle Forze dell’Ordine (soprattutto quando si parla di interventi in aree psichiatriche), dai posti fissi di polizia nei pronti soccorso, alla discrezionalità del singolo medico circa l’uso di misure contenitive sul paziente, dai dettami (buoni propositi) e punti deboli della Legge 113/2020 fino ai grandi temi legislativi compresi quelli attinenti alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari.
Concludo questa breve sintesi su un argomento complesso e delicato come quello delle aggressioni, con alcuni spunti di riflessione: da quanto sopra, risulta quanto mai evidente e chiaro come, nell’attuale contesto normativo, siano spuntate le armi a tutela del personale sanitario.
Viceversa, dalla trattazione e dall’esperienza quotidiana, appare in tutta nitidezza quanto siano fondamentali le competenze personali quali la capacità di comunicare efficacemente, di gestire il proprio stato d’animo durante una relazione interpersonale/professionale e di approcciarsi in maniera corretta alle tecnologie quali email, social, ecc., che non di rado sono fonti di equivoci, litigi e, quindi, anche di aggressioni.
Sun Tzu è stato un generale e filosofo cinese, vissuto probabilmente fra il VI e il V secolo a.C. e a lui è attribuito uno dei più importanti trattati di strategia militare di tutti i tempi dove, tra i tanti, spicca il seguente ammonimento: “Il miglior generale è quello che non deve combattere mai”.
Ecco, in un’epoca dove non si parla più tanto di quoziente d’intelligenza (QI) quanto, invece, di quoziente d’intelligenza emotiva (QIE), risulta sempre meno accettabile che la formazione scolastica e professionale non sia rivolta anche a questo tipo di crescita personale.
Massimo Ughi
RSPP Azienda USL Toscana Nord Ovest – Area Livornese
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Rispondi Autore: Pablo - likes: 0 | 01/10/2024 (18:56:49) |
Considerazioni molto interessanti, anche alla luce dei tentativi sempre più frequenti di diversi auditor di inserire le aggressioni/molestie come rischio professionale in qualunque settore. |