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Attività sanitarie: le indicazioni per proteggersi dal virus SARS-CoV-2

Attività sanitarie: le indicazioni per proteggersi dal virus SARS-CoV-2
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Sanità e servizi sociali

01/04/2020

Un aggiornamento di un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità riporta indicazioni sui dispositivi di protezione secondo le più consolidate evidenze scientifiche. I dispositivi, la formazione le modalità di trasmissione del virus.

Roma, 1 Apr – Con la consapevolezza che “tra i soggetti maggiormente a rischio d’infezione da SARS-CoV-2 vi sono in primis gli operatori sanitari e con l’intento di garantire pienamente la loro salute e sicurezza” è stato predisposto un aggiornamento del rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità ( ISS) dal titolo “Indicazioni ad interim per un utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-CoV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da COVID-19) nell’attuale scenario emergenziale SARS-CoV-2”. Abbiamo già presentato la prima versione del rapporto (14 marzo 2020) nell’articolo “ Come prevenire il coronavirus nelle strutture residenziali sociosanitarie?”.

 

Il rapporto – ora nella versione del 28 marzo 2020 – fa riferimento alle “più consolidate evidenze scientifiche ad oggi disponibili a tutela della salute dei lavoratori e dei pazienti e agli orientamenti delle più autorevoli organizzazioni internazionali, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità” ed è stato inserito in una recente circolare del Ministero della Salute, la Circolare del 29 marzo 2020 che ha in oggetto e in allegato il documento dell’Istituto Superiore di Sanità nella versione aggiornata.

 

Nel nuovo documento è stato aggiunto un allegato per fornire ulteriori “dettagli sulle evidenze scientifiche disponibili a oggi circa le modalità di trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2 che influiscono sulla scelta dei dispositivi di protezione”, ma sono “meglio specificate le manovre e procedure in grado di generare aerosol” e sono fornite “note operative utili a individuare quei contesti assistenziali ove l’organizzazione del lavoro, resasi necessaria in condizioni di emergenza, ha portato alla concentrazione di molti pazienti COVID-19 in specifiche unità; in tali casi, sia per la possibile presenza di pazienti sottoposti a manovre e procedure a rischio di generare aerosol sia per un uso più razionale dei DPI potrebbe essere preso in considerazione il ricorso ai FFP” (facciali filtranti, ndr), “ove disponibili”.

Tuttavia si specifica che i FFP, “nell’attuale scenario emergenziale e di carenza di tali dispositivi, devono essere resi disponibili, secondo un criterio di priorità, agli operatori a più elevato rischio professionale che svolgano manovre e procedure in grado di generare aerosol o che operino in un contesto di elevata intensità assistenziale e prolungata esposizione al rischio”.

 

L’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:

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L’uso dei dispositivi FFP e delle mascherine chirurgiche

Nel rapporto (Rapporto ISS n. 2/2020 Rev.), curato dal Gruppo di Lavoro ISS Prevenzione e Controllo delle Infezioni, si ricorda che lo scenario emergenziale COVID-19 “è caratterizzato in questa fase da una grave carenza di disponibilità e possibilità di approvvigionamento di DPI nel mondo”. E si evidenzia poi che i DPI “devono essere considerati come una misura efficace per la protezione dell’operatore sanitario solo se inseriti all’interno di un più ampio insieme di interventi che comprenda controlli amministrativi e procedurali, ambientali, organizzativi e tecnici nel contesto assistenziale sanitario”, come descritto nel documento.

 

Nella situazione attuale a livello nazionale e mondiale, “risulta fondamentale perseguire l’obiettivo volto alla massima tutela possibile del personale, dotandolo, in base alle evidenze scientifiche, di dispositivi di protezione individuale di livello adeguato al rischio professionale a cui viene esposto e che operino in un contesto di elevata intensità assistenziale e prolungata esposizione al rischio”.

Tuttavia si segnala che le posizioni delle agenzie internazionali sulle raccomandazioni sono differenziate.

Al momento anche i CDC (Centers for Diseases Control and Prevention) - con un documento del 10 marzo 2020 - ed ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) “che avevano adottato un atteggiamento precauzionale, non escludendo in via teorica e in assenza di consolidate evidenze una trasmissione per via aerea, si sono allineate sull’uso in sicurezza delle mascherine chirurgiche in assenza o scarsa disponibilità di filtranti facciali (FFP) a eccezione delle attività che prevedano manovre e procedure a rischio di generare aerosol in cui risulta necessario l’uso dei FFP”.

 

Proprio per questo – continua il rapporto ISS – “le indicazioni contenute nel documento devono trovare una applicazione a livello locale, che le declini tenendo conto anche dei contesti organizzativi e delle specifiche caratteristiche individuali di rischio dei lavoratori. A tale proposito, considerando sempre la necessità di garantire la disponibilità di FFP per tutti gli operatori che eseguono procedure in grado di generare aerosol, si potrà valutare l’utilizzo di FFP, in relazione alle specifiche attività e prestazioni erogate, alle modalità di organizzazione del lavoro e ad una valutazione del rischio complessivo e individuale; ad esempio, in:

  • contesti organizzativi ove vengono concentrati pazienti con infezione COVID-19, soprattutto quando alcuni dei pazienti sono sottoposti a manovre in grado di generare aerosol, e l’utilizzo di FFP può consentire all’operatore di utilizzare lo stesso DPI per un periodo di tempo più lungo;
  • occasioni in cui sulla base di una attenta valutazione del rischio (caratteristiche individuali dell’operatore, caratteristiche strutturali degli ambienti), si ritenga necessario adottare in via precauzionale una protezione superiore”.

 

La formazione degli operatori e la scelta dei dispositivi

Si ribadisce poi la necessità che tutti gli operatori sanitari coinvolti in ambito assistenziale:

  • “siano opportunamente formati e aggiornati in merito ai rischi di esposizione professionale, alle misure di prevenzione e protezione disponibili, nonché alle caratteristiche del quadro clinico di COVID-19, al fine di permettere uno screening degli accessi o dei pazienti ricoverati che permetta una quanto più rapida identificazione dei casi sospetti. Pertanto la partecipazione a corsi disponibili online dovrebbe essere resa obbligatoria, laddove non siano già state effettuate iniziative di formazione.
  • siano edotti sull’importanza di adottare, nell’assistenza a tutti i pazienti, le precauzioni standard, con particolare attenzione all’igiene delle mani prima e dopo ciascun contatto con il paziente, prima di manovre asettiche e dopo esposizione a liquidi biologici o contatto con le superfici vicine al paziente. L’igiene delle mani nell’assistenza a tutti i pazienti rappresenta una protezione importante anche per l’operatore stesso, oltre che per il rischio di infezioni correlate all’assistenza”.

 

Rimandando alla lettura integrale dei principi generali de della tabella dettagliata che indica, per i vari contasti lavorativi, i DPI e i dispositivi medici raccomandati, riprendiamo le indicazioni relative alla selezione dei dispositivi di protezione.

 

Nell’attuale scenario emergenziale COVID-19 italiano si indica che la selezione del tipo deve tenere conto del rischio di trasmissione di SARS-CoV-2.

E questo dipende da:

  • “tipo di trasmissione (da droplets e da contatto);
  • tipo di paziente: i pazienti più contagiosi sono quelli che presentano tosse e/o starnuti; se tali pazienti indossano una mascherina chirurgica o si coprono naso e bocca con un fazzoletto la diffusione del virus si riduce notevolmente;
  • tipo di contatto assistenziale - Il rischio aumenta quando:
    • il contatto è ravvicinato (< 1 metro) e prolungato (> 15 minuti).
    • il contatto è di tipo ripetuto o continuativo, tale da aumentare il tempo complessivo di esposizione sia in ospedale che in altri ambiti assistenziali territoriali (come ad esempio operatori del territorio coinvolti nella assistenza medica ripetuta e/o continuata di casi sospetti e confermati di COVID-19)
    • si eseguono manovre e procedure a rischio di produrre aerosol delle secrezioni del paziente (esempi: rianimazione cardiopolmonare, intubazione, estubazione, broncoscopia, induzione di espettorato, terapie in grado di generare nebulizzazione, NIV, BiPAP, CPAP, tampone nasofaringeo, anche effettuato in comunità)”.

Si ribadisce ancora che in questo contesto emergenziale e di carenza di DPI, i filtranti facciali devono prioritariamente essere “raccomandati per gli operatori sanitari impegnati in aree assistenziali dove vengano effettuate procedure a rischio di generazione di aerosol”. E “l’attività assistenziale prolungata e/o continuata con pazienti sospetti/probabili/confermati, in via precauzionale è considerata a maggiore rischio, e come tale, è necessario valutare l’uso dei filtranti facciali in base alla disponibilità e in base alla valutazione del rischio della struttura, effettuata dal datore di lavoro con la collaborazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente”.

 

Le evidenze sulle modalità di trasmissione del virus

Ci soffermiamo, infine, brevemente sul nuovo allegato al documento relativo alle evidenze sulle modalità di trasmissione di SARS-CoV-2.

 

Si indica che la trasmissione delle infezioni da coronavirus, “incluso il SARS-CoV-2, avviene nella maggior parte dei casi attraverso goccioline - droplets (≥ 5μm di diametro) generate dal tratto respiratorio di un soggetto infetto soprattutto con la tosse o starnuti ed espulse a distanze brevi (< 1 metro)”. Queste goccioline “non rimangono sospese nell’aria ma si possono depositare sulle mucose nasali od orali o sulle congiuntive di un soggetto suscettibile soprattutto nel corso di contatti stretti tra persona e persona. SARS-CoV-2 si può anche trasmettere per contatto diretto o indiretto con oggetti o superfici nelle immediate vicinanze di persone infette che siano contaminate da loro secrezioni (saliva, secrezioni nasali, espettorato), ad esempio attraverso le mani contaminate che toccano bocca, naso o occhi. Studi su altri coronavirus, quali il virus della SARS e della MERS, suggeriscono che il tempo di sopravvivenza su superfici, in condizioni sperimentali, oscilli da 48 ore fino ad alcuni giorni (9 giorni) in dipendenza della matrice/materiale, della concentrazione, della temperatura e dell’umidità, anche se tale dato si riferisce alla possibilità di rilevazione di RNA del virus e non al suo isolamento in forma infettante”. Inoltre dati sperimentali più recenti relativi alla persistenza del virus SARS-CoV-2, “confermano la sua capacità di persistenza su plastica e acciaio inossidabile fino a 72 ore e su rame e cartone fino a 4 e 24 ore, rispettivamente, mostrando anche un decadimento esponenziale del titolo virale nel tempo”.

 

Si segnala che i dati attualmente disponibili non supportano la trasmissione per via aerea di SARS-CoV-2, “fatta eccezione per i possibili rischi attraverso procedure che generano aerosol se eseguite in un ambiente inadeguato (non in stanza di isolamento con pressione negativa) e/o in caso di utilizzo di dispositivi di protezione individuali (DPI) inadeguati. È probabile per contro che la trasmissione attraverso il contatto con superfici contaminate, in particolare nelle immediate vicinanze di un paziente COVID-19, abbia un ruolo, mentre quello via aerosol rimane ancora una ipotesi solo sperimentale”.

 

Tuttavia – conclude il rapporto – “in considerazione delle conoscenze in via di continuo aggiornamento, non è possibile ad oggi escludere definitivamente la possibilità di generazione di aerosol nel caso COVID-19 con sintomi respiratori, come anche riportato da alcuni organismi istituzionali quali CDC ed ECDC”. Per questo motivo “la procedura del tampone respiratorio è stata inserita tra quelle a rischio di generare aerosol”.

Pertanto, per un principio di precauzione, “CDC ed ECDC, in situazioni di scenario epidemiologico non emergenziale che preveda la sufficiente disponibilità di DPI, raccomandano l’uso di filtranti facciali DPI in tutte le pratiche di tipo assistenziale diretto in pazienti COVID-19, con priorità nei confronti di operatori sanitari a più elevato rischio poiché impegnati in procedure assistenziali a rischio di generazione aerosol”.

Recentemente l’OMS ha ribadito che, le nuove evidenze “non modificano le conoscenze sulla trasmissione naturale del virus, e pertanto mantiene le stesse indicazioni nel contesto della trasmissione da droplet e da contatto, dell’uso delle mascherine chirurgiche per l’assistenza sanitaria ai pazienti con COVID-19 e i respiratori facciali per le procedure e i setting a rischio di generazione aerosol”.   

 

Rimandiamo alla lettura integrale dell’allegato per ulteriori dettagli sulle modalità di trasmissione del nuovo coronavirus.

 

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

Ministero della Salute, Direzione generale della prevenzione sanitaria, Ufficio 5 Prevenzione delle malattie trasmissibili e profilassi internazionale - Circolare n. prot. 10736 del 29 marzo 2020 - oggetto “Indicazioni ad interim per un utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-CoV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da COVID-19) nell’attuale scenario emergenziale SARS-COV-2 – aggiornato al 28 marzo 2020.

 

DECRETO-LEGGE 25 marzo 2020, n. 19 - Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

 

 

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Rispondi Autore: Lazzaro Palumbo - likes: 0
02/04/2020 (10:34:23)
Purtroppo, gli ospedali si sono mossi in ritardo e solo a seguito delle indicazioni ISS. La WHO già nel 2019 aveva fornito tutte le indicazioni e le procedure. La scarsa cultura della sicurezza ha rivelato tutte le sue conseguenze.
Rispondi Autore: CARLO RAMPICHINI - likes: 0
07/05/2021 (05:18:18)
SI PUO' USCIRE?
Rispondi Autore: CARLO RAMPICHINI - likes: 0
07/05/2021 (05:20:40)
HO 80 ANNI VACCINATO LA 2° DOSE IL 13 APRILE CI SONO NOVITA' PER USCIRE?

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