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Proposta di un Servizio di Prevenzione e Protezione interno obbligatorio

Proposta di un Servizio di Prevenzione e Protezione interno obbligatorio

Autore:

Categoria: RSPP, ASPP

07/03/2017

La proposta di un Servizio di Prevenzione e Protezione interno obbligatorio e l’idea di normare il numero di risorse umane necessarie. Perché questi cambiamenti sono utili e opportuni. Capitolo 3. A cura di Donato Eramo.

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Pubblichiamo la proposta di un nostro lettore, con grande esperienza di lavoro in materia di salute e sicurezza sul lavoro - di un Servizio di Prevenzione e Protezione interno obbligatorio e di “normare” un numero sufficiente di “risorse umane” del Servizio di Prevenzione e Protezione, ad integrazione delle attuali indicazioni fornite dal D.Lgs. 81/2008.

Una proposta che suddividiamo in tre parti perché sia adeguatamente argomentata e possa promuovere una discussione ed un confronto sul tema.

La prima parte "Una proposta per cambiare il servizio di prevenzione e protezione" ha fotografato la situazione attuale, la seconda parte "Le criticità organizzative e il servizio di prevenzione e protezione"si è soffermata nel dettaglio delle criticità organizzative e gestionali e questa terza parte descrive l’utilità e opportunità delle novità proposte.

 

 

Proposta di un Servizio di Prevenzione e Protezione interno obbligatorio

 

Entrando in definitivo nel merito di queste considerazioni, la “proposta” di un Servizio di Prevenzione e Protezione interno obbligatorio rispetto alle caratteristiche generali e specifiche dell’azienda, può essere determinante - più in particolare rispetto ai fattori di rischio da gestire in aziende di piccole, medie e grandi dimensioni - nel momento in cui il D.Lgs. 626/1994 prima ed il D.Lgs. 81/2008 hanno sempre sottolineato l’importanza e la centralità del ruolo, e soprattutto dei compiti, che deve svolgere il Servizio. Questo mancato obbligo generale non è una questione marginale, e da non sottovalutare, in quanto il “confronto” deve essere colmato soprattutto dai “Soggetti Istituzionali” e dalle “Parti Sociali” preposti, nel più breve tempo possibile, per i richiamati compiti assegnati dal Testo Unico al Servizio di Prevenzione e Protezione. Compiti che altro non sono che quella necessità di regia di attività di coordinamento come azioni “catalizzatrici” interne all’azienda, intese come attività atte a favorire idonei processi di integrazione tra tutti i soggetti coinvolti in materia di Salute, Sicurezza sul Lavoro ed Ambiente, ed assicurare, nel tempo, il citato benessere organizzativo e gestionale nel campo della prevenzione, soprattutto per il principale obiettivo aziendale riguardante una significativa diminuzione, se non l’abbattimento, degli infortuni, delle malattie professionali, degli incidenti sul lavoro e soprattutto degli infortuni mortali.

 

Pertanto c’è da chiedersi oggi se rendere “obbligatorio” un numero sufficiente di risorse umane del Servizio di Prevenzione e protezione “interno” sia necessario, utile ed opportuno.

 

A parere dello scrivente, soprattutto per l’accennato ruolo di Dirigente che ha ricoperto come responsabile dell’Unità Operativa di Sicurezza sul Lavoro in un’azienda di grandi dimensioni, la risposta riguarda principalmente il fatto che bisogna partire dalla consapevolezza oggettiva che la responsabilità penale è “personale”. Infatti come noto non è possibile la sostituzione del Datore di Lavoro, del Dirigente, del Preposto e del Lavoratore rispetto ad un altro soggetto quando si deve rispondere di un illecito penale in materia di Salute, Sicurezza sul lavoro ed Ambiente. Parimenti la responsabilità penale del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione in materia di sicurezza sul lavoro - contrariamente a quanto non previsto dal Testo Unico - è oggettivamente parallela alla responsabilità del Datore di Lavoro, del Dirigente, del Preposto e del Lavoratore, in quanto ove il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione “disattendesse”, per imprudenza, imperizia e negligenza, e per quanto richiesto dall’art. 33 del D.Lgs. 81/2008 “Compiti del servizio di prevenzione e protezione”, ma più in particolare ove il Responsabile disattendesse, per mancanza oggettiva di conoscenze, competenze ed esperienza, il compito riguardante “l'individuazione dei fattori di rischio, la valutazione di tutti i rischi e l'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale”, la responsabilità professionale – o la così detta colpa professionale -  sarebbe evidente come lo dimostrano le sentenze di Cassazione in materia. E’ opportuno pertanto rivedere e riconsiderare, oggi più di ieri, l’effettivo ruolo svolto dal Responsabile e dagli Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione in quanto, storicamente ed erroneamente, gli stessi sono stati considerati esenti da questi aspetti di responsabilità, per il presunto mero ruolo di coordinamento e di supporto al Datore di Lavoro in materia di Salute, Sicurezza sul Lavoro ed Ambiente in quanto il D.Lgs. 81/2008 non ne prevede, espressamente, sanzioni.

 

E’ necessario anche soffermarsi ed evidenziare - a supporto della “proposta” presentata - che il Servizio di Prevenzione e Protezione è inteso dal D.Lgs. 81/2008, come l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’Azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali presenti all’interno dell’azienda. Inoltre tra i compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione, oltre a quelli già accennati riguardanti la valutazione di tutti i rischi, c’è l’elaborazione, per quanto di competenza, dei sistemi, delle procedure di sicurezza per le varie attività aziendali, la partecipazione a specifiche riunioni periodiche di sicurezza per le varie attività aziendali, la proposta di programmi di informazione, formazione e addestramento dei Lavoratori ed i programmi di formazione dei Dirigenti (ex D.Lgs n. 106/2009) e dei Preposti. Tematiche articolate, complesse e di particolare rilevanza che devono necessariamente integrarsi nei processi aziendali interni svolti a tutti i livelli organizzativi e gestionali e con varie altre realtà esterne aziendali.

 

Questa “proposta” inoltre è supportata da numerosi ed autorevoli studi che riguardano in primo luogo “l’informazione, la formazione e l’addestramento” e in secondo luogo i “Costi”.

 

In materia di prevenzione infatti alcune particolari attività richieste dal D.Lgs 81/2008 riguardano soprattutto l’impostazione di Programmi di Informazione (forniscono conoscenze utili alla identificazione dei rischi), di Programmi di Formazione (hanno l’obiettivo di trasferire ai lavoratori ed a tutti i soggetti del sistema di prevenzione e protezione conoscenze e procedure utili ad acquisire competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti), e di Programmi di Addestramento (hanno lo scopo principale di fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di impianti, macchine, attrezzature, sostanze, dispositivi, procedure di lavoro) che sono oramai ritenuti i migliori strumenti organizzativi e gestionali per favorire la già richiamata riduzione degli infortuni, delle malattie professionali, degli incidenti sul lavoro e degli infortuni mortali.

 

L’obiettivo invece dei citati “Costi” che vengono registrati in materia di Salute, Sicurezza sul Lavoro ed Ambiente, ma che vengono gestiti di rado all’interno di aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, è quello di controllare e gestire i Costi Totali che altro non sono che la sommatoria dei Costi Diretti (cioè i costi sostenuti dal Datore di Lavoro all’accadimento del singolo evento, come può essere un infortunio, una malattia professionale, un incidente sul lavoro, un infortunio mortale, etc.), dei Costi Assicurativi (sono gli oneri conseguenti al trasferimento del rischio finanziario a compagnie assicurative, pubbliche o private) e dei Costi Preventivi (sono i costi conseguenti all’adozione delle misure di prevenzione e protezione), i quali a tutt’oggi sono completamente ignorati e sottovalutati dal Datore di Lavoro e dal Management, in quanto nascosti nelle pieghe nel “Bilancio” aziendale. Infatti questi “Costi” non si riescono ancora a leggerli alla stessa stregua di altre “perdite” riportate nel Bilancio aziendale; in altri termini ed in estrema sintesi, per focalizzare meglio l’attenzione oggi si ignora: “quanto costa un infortunio e quanto costa prevenirlo”. In materia di prevenzione e protezione, che riguarda sostanzialmente, come fatto cenno, l’abbattimento o la riduzione degli infortuni, delle malattie professionali, degli incidenti sul lavoro e degli infortuni mortali, vengono sottovalutati dal Management aziendale le possibili oscillazioni “Bonus-Malus” dei Costi Assicurativi che in una situazione di “Bonus” assicurativo pubblico (INAIL) o privato (Compagnie Assicuratrici) potrebbe indirizzare lo stesso Management a “investire” una buona percentuale del Bonus in formazione, informazione ed addestramento, o in misure di prevenzione e protezione, ed avere la garanzia “certificata” dall’Ente assicurativo, pubblico e/o privato che esso sia, che gli infortuni, le malattie professionali e gli incidenti sul lavoro sono in concreta riduzione, o addirittura totalmente abbattuti. Per contro, il “Malus” non può che rappresentare in primo luogo e concretamente un cattivo status organizzativo e gestionale in materia che dovrebbe allarmare in primo luogo il Management aziendale per l’aumento “certificato” degli infortuni, delle malattie professionali, degli incidenti sul lavoro e nei casi più gravi per gli infortuni mortali, in secondo luogo per l’aumento significativo dei Premi assicurativi e di tutti quei “Costi diretti”, come per esempio i costi per le necessarie sostituzioni degli infortunati, i costi per le spese amministrative e legali a seguito di indagini ispettive per infortuni o malattie professionali, i costi per l’adeguamento a nome di impianti, macchine ed attrezzature in caso di ispezione degli Enti esterni di controllo dello Stato, i costi per i danni materiali prodotti ai beni aziendali dovuti ad incidenti sul lavoro, l’aumento dei costi di manutenzione per ripristinare la normale conformità all’atto della messa in esercizio di impianti, macchine e d attrezzature  e altri costi altrettanto rilevanti e significativi che in questo contesto non posso essere analizzati nel loro complesso, se non in un secondo momento.

 

Queste “buco” informativo di valutazione di tutti i Costi sopportati, a parere dello scrivente, non aiuta di certo il Datore di Lavoro ed il Management a decisioni e/o scelte mirate in materia Salute, Sicurezza sul Lavoro ed Ambiente e non aiuta il compito di supporto del Responsabile del  Servizio di Prevenzione e Protezionequando gli è richiesto espressamente dal D.Lgs. 81/2008 di proporre al Datore di Lavoro mirati adempimenti, con relative previsioni economiche, come per esempio la proposta di “Programmi di informazione, formazione ed addestramento” per i Lavoratori e Corsi di formazione per i Dirigenti ed i Preposti. Tutto questo nell’ottica almeno di una razionalizzazione e di una riduzione significativa dei Costi Totali sopportati in materia che sfuggono completamente al Datore di Lavoro ed al Management in quanto “nascosti” nelle pieghe del Bilancio aziendale.

 

In conclusione, questa “proposta” deve essere da stimolo per allargare una “discussione” ed un “confronto” tra le Associazioni professionali più significative dei “Responsabili ed Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione”, i “Soggetti Istituzionali” e le “Parti Sociali”.

 

Pertanto è utile ed opportuno sottolineare di nuovo lo spirito con cui lo scrivente, in base ad una esperienza più che quarantennale in materia, ha voluto indicare la necessità di rendere “obbligatorio” un numero sufficiente di risorse umane del Servizio di Prevenzione e Protezione interno, in tutte le Aziende pubbliche e private, in analogia al pari obbligo stabilito dal Testo Unico sia per il Servizio di Prevenzione e Protezione all’interno di specifiche aziende sia per i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, con l’obiettivo principale di ridurre, se non azzerare, dove obiettivamente possibile, gli infortuni, le malattie professionali, gli incidenti sul lavoro e soprattutto gli infortuni mortali.

 

Infine, in parallelo alla accennata opportunità di un confronto dei “Soggetti” istituzionali e “Parti” sociali nazionali con pari soggetti presenti in altri Paesi della Comunità Europea, per quanto riguarda i citati Costi sostenuti in azienda, vale la pena ricordare che la Salute, la Sicurezza sul Lavoro e l’Ambiente, oltre ad essere un diritto di ogni lavoratore, rappresenta un “fattore economico” rilevante sia per le aziende, sia per il sistema Italia. Infatti secondo l’analisi dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro il Costo degli infortuni, delle malattie professionali, degli incidenti sul lavoro e degli infortuni mortali si aggira, ogni anno, intorno al 4% del PIL mondiale; in Italia invece, secondo l’Ocse, il Costo si aggira intorno al 3% del PIL, vale a dire decine e decine di miliardi di Euro, dove è altresì utile ricordare che un miliardo di Euro equivale a due mila miliardi di vecchie lire. Un tema, questo del Costo economico della “non sicurezza” sul lavoro, che non può essere più sottovalutato, in una economia italiana, oggi, già duramente provata da una lunga crisi.

 

 

Donato ERAMO

Dirigente d’Azienda Industriale già Director Occupational Safety - RSPP e Formatore per la Sicurezza RPA AIFOS

 

 



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Rispondi Autore: Kendo - likes: 0
07/03/2017 (08:57:36)
Una delle tante proposte per aumentare burocrazia, costi con risultati attesi pari a zero.
Rispondi Autore: Leonardo Lione - likes: 0
07/03/2017 (11:44:15)
il tema posto è complesso e di non facile soluzione. finora si rimasti concentrati solo sul Responsabile del SPP. in realtà , come del resto viene accennato, si dovrebbe parlare della centralità del Servizio di PP. e allora l'attenzione andrebbe posta in relazione non solo della dimensione dell'impresa: sicuramente potrebbe valere per le grandi, qualche dubbio per le medie, senz'altro no per le piccole. ma altro elemento, che spesso passa in secondo piano, da prendere in considerazione è l'entità dei rischi, dell'indice infortunistico e degli incidenti accaduti nelle singole aziende.
vi sono delle attività, per le quali dovrebbe applicarsi una maggiore semplificazione, che già gli attuali adempimenti sono sovradimensionati e spropositati.
ritengo, quindi che, partendo proprio dagli addetti ai lavori e da chi ha maturato una consistente esperienza, si potrebbe sviluppare una discussione per apportare al decreto 81 quelle modifiche che si rendono necessari per smantellare la burocrazia di tanti adempimenti ed introdurre sistemi di buone pratiche facilmente riconoscibili ed attuabili.
Rispondi Autore: Aldo Di giandomenico - likes: 0
08/03/2017 (18:33:43)
il Signore che ha scritto questo articolo, penso che non si rende conto che l'esperienza non si inventa, penso proprio che questa grande esperienza non la vedo dopo avere scritto questo articolo.

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