Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme
Roma, 28 Mar – I vari aspetti del lavoro che implicano l’esposizione ai rischi psicosociali, e in particolare allo stress lavoro correlato, sono indicati dalle aziende europee tra i fattori di rischio maggiormente presenti nel mondo del lavoro. E gli “importanti cambiamenti che stanno intervenendo nel mondo del lavoro” rendono questi rischi ancora più rilevanti. Rischi che, “collegati al modo in cui il lavoro è concepito, organizzato e gestito, nonché al contesto economico e sociale del lavoro, comportano un aumento del livello di stress e possono causare un grave deterioramento della salute fisica e mentale”.
Tra l’altro i fattori di rischio psicosociale sono anche percepiti nelle aziende “come più difficili da gestire rispetto ad altri; quasi un’impresa su cinque che riferisce di avere a che fare con clienti difficili o di essere soggetta a pressioni sui tempi indica di non avere le informazioni o gli strumenti adeguati per far fronte al rischio in modo efficace”. Problematica, quest’ultima, che riguarda specialmente le micro e le piccole imprese: circa il 33 % delle imprese con oltre 20 dipendenti, nell’Unione Europea a 28, “riferisce di avere un piano di azione per prevenire lo stress lavoro-correlato e la percentuale aumenta con l’aumentare delle dimensioni dell’impresa”. E tuttavia, anche nelle medie e grandi imprese c’è una gestione critica del rischio: “appena poco più della metà delle imprese oggetto dell’indagine nell’UE a 28 (53%) riferisce di avere informazioni sufficienti su come includere i rischi psicosociali nelle valutazioni dei rischi”.
Le principali difficoltà che si presentano nella gestione dello stress
Questi sono alcuni degli aspetti centrali del fenomeno stress e delle problematiche connesse alla sua gestione a livello europeo, affrontate nella ricerca realizzata nell’ambito del Progetto REST@Work - Reducing stress at work e raccolte nel documento “REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL).
Nelle conclusioni della ricerca, che abbiamo presentato in questi mesi sul nostro giornale, si conferma il quadro delle “criticità nella gestione del rischio stress lavoro-correlato presenti nella maggior parte degli 8 Paesi” (Francia, Grecia, Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Spagna, Ungheria) che hanno contribuito all’indagine desk preliminare e all’indagine sul campo realizzata mediante questionari e focus group.
Riprendiamo alcune delle tematiche, emerse già nell’analisi desk preliminare, relative alle politiche nazionali e alle principali difficoltà che si presentano nella gestione dello stress:
- “lo stress viene preso sempre più in considerazione nella valutazione dei rischi ma, a seguito della valutazione, per lo più risulta l’assenza di tale rischio;
- rare sono le misure preventive attuate;
- scarso il coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti in particolare nelle micro e piccole imprese;
- mentre si evidenzia, quale fattore particolarmente critico, la disattenzione, ampiamente diffusa nei Paesi coinvolti (fatte alcune eccezioni), nei confronti dell’esigenza di supporto delle PMI nella valutazione e gestione dello stress”.
È poi l’indagine sul campo, realizzata medianti questionari e focus group, che hanno fornito un quadro molto più chiaro e dettagliato della realtà degli 8 paesi in cui si è svolta la ricerca:
- “la valutazione del rischio stress è per i lavoratori (42%) un’attività ignota o di cui sanno che non è stata effettuata (40%), dato quest’ultimo confermato anche da RLS e DL;
- per le misure di prevenzione adottate, quasi il 50% dei lavoratori non è a conoscenza del coinvolgimento dei lavoratori, il 46,9% non sa di cosa si stia parlando;
- gli RLS dichiarano di essere stati coinvolti nel 6,6% dei casi;
- tra gli RLS coinvolti quelli che lo sono stati nell’intero processo di valutazione sono solo il 15%;
- le iniziative di sensibilizzazione hanno riguardato, nel 51,6% dei casi, distribuzione di opuscoli e dépliant;
- la formazione specifica nei confronti dello stress, nell’82% dei casi, non è stata effettuata, secondo quanto dichiarato dai lavoratori”.
Le specificità delle micro e piccole imprese
Infine i focus group, svolti in tutti i paesi partner, hanno permesso di descrivere le specificità delle micro e piccole imprese e centrare le questioni fornendo linee di indirizzo su cui agire.
Ad esempio si è ricordato che:
- “tenere conto delle specificità della micro e piccola impresa non necessariamente significa semplificare il messaggio, ma è necessario precisarlo tenendo conto delle peculiarità”;
- “nelle imprese con meno di 10 dipendenti, la dimensione affettiva è molto importante, il che significa che convivendo si riesce a risolvere più facilmente le difficoltà; tuttavia, la forte componente affettiva può favorire le molestie”;
- “il dialogo, spesso informale nelle PMI, è una prima risposta”;
- “eventi gravi sono così destabilizzanti in una micro o piccola impresa che possono mettere in crisi ogni ulteriore azione di prevenzione, in particolare per i rischi psicosociali”;
- “nelle piccole aziende è il datore di lavoro che crea l’ambiente di lavoro, e il suo atteggiamento può indurre paura a discutere di stress lavoro-correlato. D’altra parte i dipendenti potrebbero essere troppo riluttanti ad affrontare l’argomento in quanto potrebbe pensare che non c’è alcun spazio per il cambiamento”;
- “è quindi sul datore di lavoro che bisogna puntare prioritariamente in termini di crescita delle conoscenze e di consapevolezza”;
- “i rischi psicosociali sono sottovalutati o mal interpretati attribuendo spesso maggiore importanza ai conflitti interpersonali piuttosto che a problemi legati all’organizzazione del lavoro”;
- “i datori di lavoro spesso non sono consapevoli della portata dei rischi psicosociali e non conoscono gli strumenti esistenti per affrontarli”;
- “difficoltà nell’accesso alla formazione e all’informazione per le micro e piccole imprese”.
Rimandando alla lettura integrale del documento, che riporta ulteriori indicazioni e anche possibili strategie di intervento nelle PMI, riportiamo in conclusione alcune indicazioni e orientamenti relativi alla normativa vigente e futura.
Si sottolinea che, a più di dieci anni dall’emanazione dell’ Accordo quadro sullo stress lavoro-correlato dell’8 ottobre 2004, l’indagine preliminare condotta nell’ambito del progetto REST@Work “conferma le ‘significative differenze’ nella legislazione e nelle prassi degli Stati membri: 3 Paesi su 8 non hanno ancora recepito l’Accordo europeo, mentre in uno di essi lo si applica solo ai settori le cui organizzazioni di riferimento hanno firmato l’Accordo stesso. Mentre 6 paesi su 8 prevedono, più o meno esplicitamente, un riferimento allo stress nel loro quadro giuridico di tutela dai rischi connessi al lavoro”.
Questa situazione porta, infine, a pensare – continua il documento - se “ormai i tempi non siano maturi per trasformare l’Accordo quadro in una disposizione legislativa e quindi in una direttiva figlia della Direttiva Quadro 89/391”. Una disposizione di questo tipo, anche se non sarebbe “la soluzione a tutti i problemi di gestione del rischio stress”, permetterebbe tuttavia almeno di “rendere omogenea in tutta la comunità europea la tutela di lavoratori e lavoratrici nei confronti di questo specifico rischio”.
Tiziano Menduto
“ REST@Work - REducing STress at Work. Stress lavoro correlato: un rischio da gestire insieme”, a cura di Christian Nardella, Feliciano Iudicone, Silvia Sansonetti (Fondazione Giacomo Brodolini), Fulvio D’Orsi (ITAL-UIL) e Gabriella Galli (UIL), pubblicazione realizzata all’interno del progetto REST@Work - REducing STress at Work co-financed by the European Union under the Programme Social Dialogue – DG EMPL (formato PDF, 3,77 MB).
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