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Pubbliredazionale - Tecnostress: a rischio 1,8 milioni di lavoratori
Roma, 22 Lug - Sono 2 milioni i lavoratori a rischio tecnostress in Italia. Il giornalista Enzo Di Frenna, presidente di Netdipendenza Onlus, lo rivela nel nuovo libro “Prevenzione tecnostress in azienda e sicurezza sul lavoro”, in cui ha individuato nove categorie a rischio: networkers, lavoratori ict, operatori di call center, commercialisti, giornalisti, pubblicitari e analisti finanziari. Nel complesso si tratta di 1.849.732 lavoratori che fanno largo uso di computer, internet, smartphone e tecnologie mobili touchscreen. «In Italia ci sono 22 milioni di “mobile surfer” e 7,3 milioni di “mobile workers, secondo i dati del Politecnico di Milano e Assinform. I lavoratori digitali sono forte in aumento. Tra febbraio e maggio scorso Netdipendenza Onlus ha realizzato quindi due ricerche da cui emerge che il tecnostress è un rischio professionale per almeno due milioni di lavoratori, che possono contrarre la nuova malattia», spiega Di Frenna.
Il libro è in uscita in questi giorni e contiene anche un sondaggio condotto tra i 2 mila operatori dell’Associazione Nazionale Formatori Sicurezza sul Lavoro (AiFOS), che applicano il Testo Unico 81/2008 e aiutano le aziende a prevenire incidenti, infortuni e malattie professionali. Il 60% dei formatori ritiene che il tecnostress sia un rischio per la salute dei lavoratori, mentre l’80% rivela che i lavoratori lamentano alcuni dei disturbi tipici del tecnostress: mal di testa, ipertensione, alterazione della memoria, ansia, insonnia e disturbi gastriintestinali. Secondo i formatori dell’AiFOS i lavoratori sono poco informati sul rischio tecnostress e il 90% ritiene necessaria un’adeguata formazione per prevenire la malattia professionale.
Per questo motivo Netdipendenza Onlus ha progettato il primo corso sul “Rischio tecnostress lavoro correlato”, autorizzato dall’AiFOS ai sensi del Testo Unico 81/2008, a cui possono partecipare lavoratori, datori di lavoro, medici, psicologi e operatori della sicurezza (Rls, Rssp, Aspp), ottenendo un attestato valido che risponde all’obbligo normativo di valutare lo stress nelle aziende, entrato in vigore nel 2010, ed effettuare gli interventi di formazione previsti dalla normativa. Il corso sarà presentato ufficialmente alla fiera Ambiente Lavoro, che si terrà a Bologna dal 16 al 18 ottobre, rivolgendosi ai professionti chi si occupano di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il libro di Di Frenna contiene in apertura tredici interventi sul tecnostress firmati da esponenti delle istituzioni, associazioni di categoria e grandi imprese: Lorenzo Fantini, direttore della divisione salute e sicurezza del ministero del Lavoro e presidente della Commissione sullo stress lavoro correlato; Giuseppe Lucibello, direttore generale dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail); Raffaele Guariniello, giudice presso la Procura di Torino, esperto di salute e sicurezza sul lavoro; Alberto Zunino, direttore generale dell’Associazione Nazionale dei Contact Center in Outsourcing (Assocontact); Paolo Angelucci, presidente dell’Associazione Italiana per l’information Technology (Assinform); Michele Ficara Manganelli, presidente di Assodigitale; Mario Modica, direttore generale Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti; Rocco Vitale e Francesco Naviglio, presidente e segretario generale dell’Associazione Nazionale Formatori Sicurezza sul Lavoro (AiFOS); Matteo Meroni, direttore del quotidiano PuntoSicuro e amministratore di MegaitaliaMedia; Mario Civetta, presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Roma; Giuseppe De Paoli, responsabile Sindacato Networkers - UIL Tucs; Davide Draghi, country manager Sony Mobile Italia; Agostino Santoni, amministratore delegato Cisco Italia. Il tono dei loro interventi converge sulla necessità di prevenire il tecnostress nell’epoca dell’economia digitale.
Lorenzo Fantini, dirigente del ministero del Lavoro, conferma che il tecnostress è un nuovo rischio per la salute dei lavoratori e si impegna a includere il problema nelle linee guida dello "Stress lavoro correlato", di cui all’articolo 28 del Testo Unico 81 del 2008. «Lo stress è certamente un rischio che interesserà un numero sempre maggiore di lavoratori – spiega Fantini – e ciò perché la società moderna è sempre più digitale e veloce: si fa un largo uso di tecnologie informatiche, strumenti di videocomunicazione, e soprattutto di Internet, che ormai è come un grande archivio universale a cui attingere informazioni di continuo. Poi ci sono i ritmi di lavoro, spesso incalzanti: i manager e i lavoratori dell’information and communication technology, ad esempio, sono fortemente esposti al rischio tecnostress». Fantini, in qualità di presidente della Commissione permanente sullo Stress promossa dal ministero del Lavoro, incaricherà un gruppo di esperti e tecnici per capire in che modo il tecnostress incide sulla salute del lavoratore e predisporre eventuali indicazioni per ridurre e prevenire il rischio nelle aziende moderne. Un segnale importante, che coinvolge per la prima volta il Ministero del Lavoro sul rischio tecnostress.
Anche Giuseppe Lucibello, direttore generale dell’Inail, si schiera per la prevenzione della nuova malattia professionale. «Credo che lo stress lavoro correlato e il tecnostress rappresentino in qualche modo “l’amianto del futuro” – dichiara Lucibello - cioè una condizione diffusa e ad alto rischio per la salute dei lavoratori, che può invalidare anche in modo grave».
La conferma che si tratti di una vera emergenza arriva anche dal giudice Raffaele Guariniello della Procura di Torino, autore della prima sentenza sul tecnostress nel 2007, in seguito a una inchiesta nei call center. Il magistrato lancia un monito: «Se un’azienda deve redarre il Documento valutazione Rischio Stress lavoro correlato e lavora, ad esempio, nel settore dell’Information Technology o nel settore editoriale dove si usano molto le nuove tecnologie, deve includere sicuramente il rischio tecnostress. Si applica, in sostanza, il Testo Unico 81/2008, articoli 28 e 29 sulla valutazione dei rischi sanzionata con la pena dell’arresto e dell’ammenda, e 36 e 37 sull’informazione e formazione dei lavoratori.» Guariniello rivela anche che, presso il suo ufficio, continuano ad arrivare denunce di lavoratori che lamentano la patologia del tecnostress: «Di recente si è rivolto in Procura un impiegato di una grande azienda che, per lavoro, usa parecchio le nuove tecnologie e lamenta disturbi alla salute. Il datore di lavoro e le strutture aziendali, a quanto pare, non hanno risolto il problema. Stiamo procedendo con gli accertamenti medici e tecnici, con l’ausilio di consulenti del Politecnico».
Tra le nove categorie prese in esame nel libro di Di Frenna ci sono gli operatori di call center, su cui sono state effettuate le prime inchieste della magistratura. Lo conferma lo stesso Guariniello: «I call center tornano spesso alla nostra attenzione, poiché facciamo abitualmente indagini sulle malattie professionali. L’informazione digitale oggi è presente in modo massiccio e si possono verificare casi nuovi di tecnostress. Ciò rientra nei nuovi rischi professionali che bisogna valutare, come prevede la normativa». Gli operatori di “contact center in outsourcing” sono 80 mila in Italia e sono, ancora oggi, tra le categorie più esposte. Lo spiega bene nel libro il direttore generale di Assocontact, Alberto Zunino: «Attualmente stiamo portando avanti con Inail e altri interlocutori un progetto sul tema del rumore, che notoriamente è tra le problematiche che causano il tecnostress.»
Un’altra categoria esposta sono i lavoratori delle imprese di information technology. Il presidente di Assinform, Paolo Angelucci, rappresenta 1500 aziende del settore e dichiara che «il tecnostress si previene intervenendo sul carico di lavoro». Altre soluzioni? Un’adeguata formazione per la prevenzione del rischio. Il consiglio vale anche per le altre categorie. Per la prima volta, infatti, entrano nella “lista nera” i commercialisti. Sono tecnostressati dall’uso eccessivo delle nuove tecnologie: dai software contabili che si aggiornano di continuo, dalle scadenze fiscali impellenti che spesso gestiscono con tablet e smartphone. Lo conferma Mario Civetta, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Roma – 10 mila iscritti – con un intervento nel libro che chiarisce subito la situazione: «I commercialisti sono tra le categorie maggiormente esposte ai rischio da tecnostress. L’aumento progressivo della pressione fiscale si è accompagnato, nell’arco di un decennio, a una iper produzione di norme – su diversi livelli – ma soprattutto in materia fiscale. Il commercialista è chiamato a districarsi in questo labirinto normativo, assumendo decisioni delicate per conto del cliente-contribuente, scelte che impegnano risorse economiche, in tempi rapidissimi e con scarse possibilità di rimediare ad errori. Negli ultimi anni l’intero campo di azione dei commercialisti è andato sempre più ad intersecarsi con sofisticati strumenti informatici. Lontani dall’epoca in cui le dichiarazioni dei redditi venivano compilate a mano, il lavoro è sempre più dipendente da software complessi, e in questo ambito l’interazione tra il fattore umano, sempre più decisivo, e i sistemi informatici è decisamente fonte di tecnostress.»
Un forte allarme lo lancia anche Mario Modica, direttore generale dell’Associazione italiana Pubblicitari professionisti (32 mila operatori): «I pubblicitari vivono sempre connessi e la patologia del tecnostress è in agguato. A me capita spesso di dormire con il tablet e lo smartphone a portata di mano. Se arriva un messaggio, sono pronto a rispondere. E ciò, purtroppo, anche in orari extralavoro. La tecnologia degli schermi ci segue ovunque. Indubbiamente in molti casi la tecnologia favorisce la produttività, ma in altri c’è il rischio di assuefazione. Uno dei rischi principali è l’insonnia. Si dorme poco e con l’ansia di accontentare il cliente, che può telefonarci o messaggiare in qualunque momento. Un altro rischio correlato è la perdita di lucidità durante la giornata lavorativa. Oppure, si posso manifestare altri sintomi tipici del tecnostress: calo della concentrazione, mal di testa, ipertensione, stanchezza cronica».
Per ridurre l’impatto del tecnostress nei luoghi di lavoro c’è chi propone di rendere obbligatoria la “pausa digitale”. L’idea arriva da Orazio Carabini, vicedirettore del settimanale “L’Espresso”: «La connessione perenne ha creato un problema di sovrautilizzo del proprio potenziale. E' in atto una richiesta da parte dei lavoratori digitali di vivere periodi di isolamento dalla connessione, anche contrattualizzata, come sta accadendo ad esempio in America. Credo che la “pausa digitale” andrebbe inserita nel Contratto Nazionale dei Giornalisti: alcuni periodi in un anno, oppure brevi periodi durante la giornata lavorativa. Ne beneficerebbe anche la qualità produttiva.» Ma c’è anche chi consiglia di realizzare corsi di formazione per mettere a conoscenza i lavoratori digitali dei rischi alla salute a cui vanno incontro. Come ad esempio Giuseppe De Paoli, responsabile Sindacato Networkers - UIL Tucs: «In Italia lavorano circa un milione di networker e il rischio tecnostress li riguarda molto da vicino. La “techno-invasione” non distingue più tra lavoro e vita privata. Si usano le nuove tecnologie in qualunque momento della giornata. Uno studio britannico pubblicato lo scorso anno sostiene che la ripetuta esposizione a tablet, smartphone, iphone, possa condizionare le connessioni tra neuroni e creare un danno al cervello. E’ molto importante quindi fare informazione e formazione per tutelare la salute dei lavoratori.»
Nel libro del presidente di Netdipendenza Onlus interviene anche l’onorevole Antonio Boccuzzi, parlamentare del Pd impegnato nella tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, unico superstite dell’incendio che si propagò nel 2007 negli stabilimenti della ThyssenKrupp, uccidendo sei operai. «E’ necessario che il Parlamento adotti nuove misure per prevenire il tecnostress nei luoghi di lavoro, aggiornando la normativa esistente», dice. Tra le aziende impegnate a prevenire lo stress legato all’uso delle nuove tecnologie vi sono Cisco e Sony Italia, che illustrano nel libro la loro esperienza. «L’onnipresenza della connettività, la mobilità, il proliferare di piattaforme e servizi rischiano di sovraccaricare le persone nella loro giornata lavorativa – spiega Agostino Santoni, amministratore delegato Cisco Italia – e per questo motivo, ogni due anni conduciamo una survey sullo stress correlato al lavoro e chiediamo ai medici del lavoro che visitano periodicamente i dipendenti di fornirci un’indicazione sul livello di stress riscontrato, analizzandone sintomi e cause. A livello individuale, diamo a chiunque senta di aver bisogno di aiuto un supporto specializzato, tramite il nostro Employee & Family Assistant Program. Inoltre organizziamo corsi per imparare a gestire situazioni di stress personale e professionale e può essere utile favorire momenti di pausa, situazioni di relax anche nel contesto della giornata lavorativa. Ad esempio con open space progettati con criterio e disponibilità di luoghi di relazione diversi dalla “sala riunioni”. Oppure vi sono ulteriori misure che applichiamo, come ad esempio la possibilità di prenotare massaggi e cure fisioterapiche». Davide Draghi, country manager di Sony Mobile Italia, invece dà la sua ricetta per prevenire il tecnostress: «Il segreto sta nella capacità dei singoli individui di guidare la tecnologia secondo le proprie esigenze, invece che subirne l’invasiva presenza.»
Nelle 320 pagine del libro di Di Frenna il tecnostress viene affrontato sotto il profilo scientifico, medico, psicologico e formativo. I sintomi che la malattia professionale può generare possono essere anche gravi: ipertensione, emicrania, stanchezza cronica, disturbi cardiocircolatori e gastrointestinali, alterazione ritmo mestruale, depressione, attacchi di panico, disturbi della memoria, calo del desiderio. Inoltre favorisce l’ assenteismo, che rappresenta un rischio d’impresa. «Solo puntando sulla formazione e sull’organizzazione aziendale, la valutazione dei rischi stress e tecnostress si trasformerà da “obbligo” in “opportunità” per le aziende», spiega Rocco Vitale, sociologo del lavoro e presidente di AiFOS. Sull’argomento interviene anche Matteo Meroni, direttore del quotidiano PuntoSicuro, testata giornalistica leader nel settore salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: «La velocità operativa imposta (o consentita) dall'utilizzo degli attuali sistemi di telecomunicazione è certamente molto differente rispetto a quella di solo una decina di anni fa e rende l'attività umana più efficace ma anche mentalmente più faticosa. PuntoSicuro, la testata quotidiana che dirigo e che si occupa di sicurezza sul lavoro fino dal 1999, data anche la sua natura online e quindi una maggiore affinità rispetto alle testate cartacee, ha trattato diverse volte del tema tecnostress . Operare in un contesto multitasking dove allo stesso momento ci troviamo ad avere a che fare con differenti strumenti di lavoro (smartphone, computer, telefono d'ufficio) che al loro interno hanno a loro volta differenti strumenti di lavoro (servizi e-mail, sms, agenda, social network) da un lato ha creato molte opportunità ma dall'altro potrebbe avere ricadute sulla salute del lavoratore che si trova in momenti di crisi, sovraccaricato di comunicazioni da processare e nella sensazione di non essere in grado di gestire i compiti che gli sono assegnati. Oggi diventa quindi sempre più necessario operare un monitoraggio del tema stress lavoro-correlato che è stato recentemente normato ma per il quale nei fatti si è prodotta solo molta carta in più e poca salute e sostanza. Lo psicologo del lavoro è ancora una figura semi-fantastica che poco è chiamata a concorrere alla diffusione del benessere come dovrebbe essere oggi necessario in gran parte delle organizzazioni».
Un intero capitolo del libro è dedicato alle soluzioni e ai consigli utili. Tra le tecniche di prevenzione ci sono la meditazione, lo yoga, l’uso di erbe officinali, la danzaterapia e lo sport. La proposta formativa di “tecnostress management” progettata da Netdipendenza Onlus prevede la conoscenza delle interazioni uomo-macchine e i benefici offerti dai metodi olistici, tra cui la bioarchitettura per imparare a organizzare gli “uffici rilassanti”. «Non a caso presentiamo le nuove ricerche a luglio – aggiunge Di Frenna – cioè nel periodo in cui si dovrebbe pensare alle ferie e al meritato riposo. Invece molti si portano il lavoro in vacanza, sempre connessi col tablet e cellulare a portata di mano. In questo modo il cervello non si riposa mai». Un primo assaggio delle tecniche e metodi per difendersi dalla nuova malattia professionale si terrà a settembre, durante la sesta edizione di “No Tecnostress Day” organizzata da Netdipendenza Onlus, durante la quale sarà presenterà una Guida pratica per i lavoratori.
Il nuovo libro sul tecnostress è possibile acquistarlo sul sito della onlus o sulla piattaforma di print on demand www.lulu.com.
RPS
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