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Come migliorare la sicurezza nello stoccaggio dell’idrogeno?

Come migliorare la sicurezza nello stoccaggio dell’idrogeno?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio esplosione, Atex

05/02/2024

Un intervento si sofferma sullo stoccaggio di idrogeno e fornisce indicazioni per la costruzione e verifica delle attrezzature in pressione. I metodi di stoccaggio e trasporto, l’infragilimento e l’attacco da idrogeno.

Brescia, 5 Feb – Visto che l’elevata emissione di anidride carbonica o diossido di carbonio (CO2) nell’atmosfera è considerata responsabile del cambiamento climatico in atto, stanno aumentando gli sforzi della Comunità internazionale per trovare delle soluzioni per ridurre le emissioni.

 

Le fonti energetiche rinnovabili consentono di ottenere energia elettrica senza emissione di CO2, tuttavia “eolico e solare producono energia elettrica legata alle condizioni meteo, e, mentre in condizioni di assenza di vento o sole non danno energia, in condizioni favorevoli forniscono un surplus di produzione, ovvero energia non richiesta immediatamente per l'uso. Si pone quindi il problema di accumulare questo surplus”.

E l’idrogeno “si propone come una soluzione”: l’energia ottenuta da fonti rinnovabili “può essere utilizzata per produrre idrogeno e questo può essere stoccato, trasportato e ritrasformato in energia elettrica o utilizzato come combustibile”.

 

A parlare in questi termini di idrogeno e a fornire informazioni sullo stoccaggio e la verifica della sicurezza delle attrezzature in pressione è un intervento che si è tenuto al convegno SAFAP “ Sicurezza e affidabilità delle attrezzature a pressione” (online, 16-18 novembre 2021).

 

Nell’intervento “Lo stoccaggio di idrogeno. Aspetti della costruzione e verifica delle attrezzature in pressione”, a cura di M. Oss (Inail - Uot di Bolzano) e R. Longo (Inail - Uot di Catanzaro), dopo una descrizione della situazione attuale delle modalità di produzione e gestione dell’idrogeno, gli autori focalizzano l’attenzione, come già anticipato, “sugli aspetti relativi alla sicurezza nello stoccaggio ed alle procedure di controllo della costruzione e di verifica delle attrezzature in pressione” contenenti idrogeno.

 

Nel presentare l’intervento ci soffermiamo in particolare sui seguenti argomenti:


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Le caratteristiche dell’idrogeno e l’immagazzinamento

Riguardo alle caratteristiche dell’idrogeno si indica che tale sostanza chimica sulla terra si trova quasi esclusivamente legata in composti chimici. L’idrogeno è “molto reattivo con tutti gli agenti ossidanti come l’ossigeno, il cloro, il protossido d’azoto, ecc., e le reazioni sono accompagnate da un elevato sviluppo di calore. In presenza di una fonte di innesco le reazioni possono diventare esplosive, soprattutto se avvengono in ambienti chiusi. Infatti l’energia richiesta per innescare l’idrogeno in aria è estremamente bassa”.

 

Si segnala poi, tra le altre cose, che l’ idrogeno “è l’elemento con la molecola più piccola e più leggera (densità: 84 g/m3 a 15°C e 1 bar), si sposta molto velocemente verso l’alto e riesce a penetrare nei materiali normalmente impermeabili ai gas”. E “ha scarsa densità energetica in termini di volume, che viene aumentata attraverso un aumento della pressione”, ma ha però “una densità energetica in massa che supera quella di tutti i più comuni carburanti”.

 

Riprendiamo una tabella, presente nelle slide, che mostra la densità energetica di alcuni carburanti e le tecnologie di immagazzinamento:

 

 

L’idrogeno e i metodi di stoccaggio e trasporto

L’intervento si sofferma poi sui processi di produzione (con riferimenti ai cosiddetti “idrogeno verde”, “idrogeno grigio”, “idrogeno blu” e “idrogeno turchese”) sull’utilizzo dell’idrogeno (che può essere “utilizzato come combustibile nei motori a combustione interna oppure nelle celle a combustibile” per “produrre energia elettrica”) e sui metodi di stoccaggio e trasporto.

 

Si indica che “le modalità di stoccaggio dell'idrogeno sono molteplici” e “attualmente le più impiegate sono:

  • come gas compresso (CGH2) in serbatoi in grado di resistere a pressioni fino a 1000 bar;
  • come liquido criogenico (LH2) in serbatoi criogenici (il punto di ebollizione dell’idrogeno a 1 bar è -252,76 °C)”.

 

Inoltre “altri significativi sistemi di accumulo sono:

  • nei materiali:
  • “nei solidi (per assorbimento), come idruri metallici ottenuti dalla reazione chimica reversibile dell’idrogeno con diverse sostanze. Ad esempio pellet di metallo pressato, inseriti in bombole a pressione massima di 40 bar (20 °C), possono immagazzinare circa 1 kg di idrogeno con un contenuto energetico di 33 kWh, e questo può poi essere rilasciato ad una pressione di 1-2 bar”;
  • “in sostanze organiche (idruri chimici come metanolo, ammonio, acido formico ecc.). Ad esempio la tecnologia LOHC (‘Liquid Organic Hydrogen Carrier’) prevede che l’idrogeno venga legato chimicamente al dibenziltoluene (H 0-LOHC) per formare il peridrodibenziltoluene (H 18-LOHC). L’idrogeno così stoccato può essere conservato a pressione atmosferica e temperatura ambiente e può essere trasportato senza pericolo in normali serbatoi o in tubazioni. Successivamente il peridrodibenziltoluene può essere deidrogenizzato per riavere l’idrogeno, e il ciclo può ricominciare senza limiti. C’è molta disponibilità di dibenziltoluene, non è tossico, è difficilmente infiammabile (anche se caricato a idrogeno), resta liquido da -34 a +360 °C”.

 

L’intervento si sofferma, in particolare, su due casi di stoccaggio:

  • stoccaggio come gas compresso in contenitori a pressione
  • stoccaggio come liquido criogenico in serbatoi criogenici.

 

Lo stoccaggio, l’infragilimento e l’attacco da idrogeno

Veniamo, infine, ad alcune indicazioni relative alla verifica delle attrezzature in pressione in acciaio contenenti idrogeno.

 

Si indica che i serbatoi in pressione in acciaio per lo stoccaggio dell’idrogeno “rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva PED 2014/68/UE. L’esercizio degli stessi, in Italia, è disciplinato dal DM 329/2004 e dal DM 11/04/2011. Se le bombole sono trasportabili sono soggette alla direttiva TPED e all’ADR”.

 

Si sottolinea poi che molta attenzione “deve essere posta all’effetto dell’infragilimento e dell’attacco da idrogeno:

  • per infragilimento da idrogeno (UNI ISO/TR 15916:2018) si intende “una significativa perdita di duttilità di alcuni materiali metallici se esposti all’idrogeno. La duttilità descrive la proprietà dei materiali di deformarsi plasticamente sotto carico prima di rompersi. A livello atomico, affinché avvenga l’infragilimento, le molecole dell’idrogeno devono in primo luogo dissociarsi in atomi prima che possano diffondersi nella struttura metallica. L’idrogeno atomico va ad occupare direttamente il reticolo metallico del materiale sotto forma di atomi interstiziali. Difetti reticolari aumentano la capacità di assorbimento. Quando questi atomi di idrogeno si ricombinano in minuscole cavità della struttura metallica per formare molecole biatomiche di idrogeno, generano una pressione dall'interno della cavità. Questa pressione può aumentare fino a originare, già a bassi carichi, rotture improvvise. Gli acciai ad alta resistenza alla trazione risultano spesso più suscettibili all’infragilimento degli acciai a bassa resistenza alla trazione”.
  • per attacco da idrogeno (UNI ISO/TR 15916:2018) si intende “un fenomeno di infragilimento da idrogeno subito da molti acciai strutturali basso-legati a temperature maggiori di 200°C. Si tratta di una degradazione non reversibile della microstruttura dell’acciaio causata da una reazione chimica fra l’idrogeno atomico che si diffonde e il carbonio dell’acciaio, con conseguente formazione di metano che non fuoriesce dal metallo ma si raccoglie nelle cavità, esercitando una pressione che provoca la formazione di cricche. Si ha la decarburazione dell'acciaio e la conseguente perdita di resistenza e di duttilità. La severità dell’attacco da idrogeno aumenta con l’aumento della temperatura e della pressione”.

 

Si ricorda poi che l’infragilimento da idrogeno “è contrastato da una corretta progettazione ed una adeguata selezione dei materiali”. 

Si ricordano inoltre vari documenti che hanno esaminato “il problema della rottura improvvisa dei recipienti contenenti idrogeno”, ad esempio:

  • “EIGA GASEOUS HYDROGEN STATIONS IGC Doc 15/06/E Revision of Doc 15/96 and Doc 15/05;
  • EIGA HYDROGEN CYLINDERS AND TRANSPORT VESSELS Doc 100/20 Revision of D 100/11;
  • UNI EN ISO 11114-1:2020 - Bombole per gas - Compatibilità dei materiali della bombola e della valvola con i gas contenuti - Parte 1: Materiali metallici;
  • UNI EN ISO 11114-4:2017 - Bombole trasportabili per gas - Compatibilità dei materiali della bombola e della valvola con i gas contenuti - Parte 4: Metodi di prova per la scelta dei materiali metallici resistenti all’infragilimento da idrogeno;
  • UNI ISO/TR 15916:2018 - Considerazioni di base per la sicurezza dei sistemi a idrogeno”.

E dallo studio dei report di incidenti che riguardano i contenitori di idrogeno “l’EIGA raccomanda di prestare la massima attenzione al controllo della superficie interna. Difetti di fabbricazione superficiali, critici per geometria e stress localizzati, oppure difetti derivanti dall’utilizzo, come pitting di corrosione dovuti alla presenza di prodotti non congruenti con quelli previsti, sono spesso la causa scatenante del cedimento improvviso del serbatoio. Questi difetti danno infatti inizio a cricche accelerate dalla presenza di idrogeno e dal numero di cicli di carico e scarico a cui è sottoposto il componente”. Un fattore di aggravio – continuano i relatori – “è l’utilizzo di alte pressioni ed alta purezza dell’idrogeno”.

Si ritiene poi che l'effetto di infragilimento da i drogeno “sia massimizzato quando l'impurità dell'ossigeno è inferiore a 10 ppm/V, ma diminuisce con l'aumentare dell'impurità fino al punto che livelli di ossigeno superiori a 200/300 ppm/V inibiscono completamente l'effetto di infragilimento da idrogeno”. Infine si ritiene “che, per gli acciai al carbonio sotto i 10 bar, l'effetto dell'idrogeno nel causare infragilimento a temperatura ambiente sia minimo, mentre le pressioni di idrogeno sopra i 25 bar hanno un effetto maggiore”.

 

Rimandiamo in conclusione alla lettura integrale delle slide relative all’intervento che si soffermano su vari altri aspetti connessi alle procedure di verifica delle attrezzature in pressione in acciaio contenenti idrogeno:

  • scelta dei materiali
  • progettazione e costruzione
  • verifiche dei recipienti non saldati
  • verifiche dei recipienti saldati
  • verifiche di installazione  

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ SAFAP 2021 - Sicurezza e affidabilità delle attrezzature a pressione”, atti del convegno SAFAP 2021, editing di Francesca Ceruti e Daniela Gaetana Cogliani, edizione 2021

 

 

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