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Cantieri edili: l’uso di gruppi elettrogeni trasportabili e i rischi elettrici

Cantieri edili: l’uso di gruppi elettrogeni trasportabili e i rischi elettrici
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio elettrico

30/04/2021

Un documento dell’ATS Milano si sofferma sull’uso di gruppi elettrogeni trasportabili nei cantieri edili e sulla riduzione del rischio elettrico. I gruppi elettrogeni, le indicazioni della normativa, i limiti d’uso e i requisiti di sicurezza.

Milano, 30 Apr – Nelle attività edili o di ingegneria civile, nelle zone non elettrificate o laddove non sia possibile usufruire di un’alimentazione proveniente dalla rete fissa del distributore di energia elettrica, generalmente si sopperisce utilizzando gruppi elettrogeni, insiemi costituiti da un motore accoppiato ad un generatore elettrico con la funzione di produrre energia e alimentare una rete.

 

Riguardo all’uso di queste attrezzature, anche con riferimento a quanto riportato in “ Imparare dagli errori”, la rubrica che si occupa degli infortuni lavorativi, abbiamo tuttavia potuto constatare come non siano inusuali gli infortuni in relazione ai rischi elettrici.

 

Per parlarne e favorire la prevenzione ci soffermiamo oggi sul quaderno tecnico “Cantieri edili. Uso di gruppi elettrogeni trasportabili. Riduzione del rischio elettrico” pubblicato dall’ ATS della Città Metropolitana di Milano.

 

Un quaderno tecnico, a cura del dott. Mauro Baldissin (Tecnico della Prevenzione), che, benchè non recente (è del 2018), riporta utili indicazioni e presenta una possibile lista di controllo correlata all’uso di gruppi elettrogeni trasportabili.

 

 

L’articolo di presentazione del documento si sofferma sui seguenti argomenti:


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Il quaderno tecnico e i gruppi elettrogeni nei cantieri edili

Il quaderno tecnico ricorda che nei cantieri edili se gli apparecchi elettrici utilizzatori “non necessitano di potenze elevate e il cantiere viene rimosso in breve tempo, vengono normalmente utilizzati piccoli gruppi generatori trasportabili ( gruppi elettrogeni), in genere monofase per potenze fino a 2 kW e anche trifase per potenze da 2 kW a 6 kW, equipaggiati con motori a scoppio alimentati a benzina a due o quattro tempi”.

 

Riguardo a questi gruppi elettrogeni, chiamati impropriamente anche “mobili” o “portatili”, spesso ci si pone dubbi “sulle modalità di realizzazione della protezione contro i contatti indiretti, che nel caso più comune di alimentazione dell’impianto da rete fissa viene garantita con il collegamento delle masse ad un impianto di terra e con l’installazione di interruttori differenziali”.

 

Il quaderno tecnico si sofferma sulla problematica evidenziata e vuole fornire “un aiuto a quanti si occupano della valutazione e gestione dei rischi a vario titolo (datori di lavoro, coordinatori per la sicurezza, RSPP, ecc.)”.

 

Gruppi elettrogeni: normativa e separazione elettrica

Si segnala che il D.lgs. 81/2008 al Titolo III (Capo III - Impianti e apparecchiature elettriche) “obbliga il datore di lavoro ad adottare i provvedimenti necessari al fine di salvaguardare i lavoratori dai rischi di natura elettrica (art. 80)”.

 

I rischi elettrici insiti nelle apparecchiature e negli impianti elettrici devono essere individuati e valutati con riferimento alle pertinenti norme tecniche, “ad esempio dalle norme CEI che rappresentano, con le altre norme tecniche emanate da organismi di normazione appartenenti a uno Stato membro dell’Unione europea, oppure aderente allo Spazio economico europeo (SEE), la regola dell’arte”.

 

Dopo aver ricordato alcune norme di riferimento, come la norma CEI 64-8 e la norma CEI 11-20, il documento indica che in relazione alla loro mobilità, i gruppi elettrogeni “si distinguono in:

  • trasportabili,
  • carrellati,
  • fissi.

 

In particolare la protezione contro i contatti indiretti mediante separazione elettrica “è applicabile ai gruppi elettrogeni trasportabili con tensione del generatore fino a 500 V: tutte le parti attive (parti in tensione nel servizio ordinario) del generatore e dei circuiti sono isolate da terra; un guasto all’isolamento che mette in contatto una fase con il telaio (massa) all’interno di un apparecchio utilizzatore, non determina un passaggio di corrente nella persona in contatto con il telaio stesso, in quanto il circuito guasto non si chiude verso terra”.

 

In questo senso con la separazione elettrica – continua il quaderno tecnico – “la sicurezza della persona dal contatto indiretto si basa quindi su due barriere: l’isolamento della parte attiva dalla massa del componente elettrico e l’isolamento del sistema elettrico da terra”.

E in caso di guasto “la corrente che attraversa la persona” (dipende dal prodotto di capacità per tensione) “è ritenuta trascurabile se il prodotto dell’estensione del sistema elettrico, in metri, per la tensione del generatore, in volt, non supera 100.000 V· m”.

In pratica “per una tensione U = 230 V i circuiti possono arrivare fino ad una lunghezza complessiva (somma di tutti i cavi multipolari) di circa 430 m, mentre per una tensione U = 400 V i circuiti possono arrivare fino ad una lunghezza complessiva (somma di tutti i cavi multipolari) di circa 250 m; in ogni caso la lunghezza complessiva dei cavi non può superare 500 m”.

 

Gruppi elettrogeni: limiti d’uso e requisiti di sicurezza

Veniamo dunque ai limiti d’uso e ai requisiti di sicurezza che nel documento, in relazione a quanto indicato in precedenza, sono così sintetizzati:

  1. La protezione per separazione elettrica si adatta a impianti poco estesi: il gruppo elettrogeno deve essere posizionato il più vicino possibile alla zona di utilizzo dell’energia elettrica e i cavi di collegamento devono avere un’estensione più breve possibile, senza superare il limite complessivo (somma di tutti i cavi multipolari) di 430 m a 230 V e di 250 m a 400 V, questo per ridurre sia la capacità dei cavi sia la probabilità di danno meccanico agli stessi.
  2. L’isolamento e la protezione meccanica dei circuiti (cavi) deve essere particolarmente curata e controllata: assume particolare importanza l’utilizzo di cavi tipo H07BQ-F, H07RN-F o FG7O-K per gli organi di collegamento (prolunghe) e un loro adeguato controllo periodico per evitare che si stabilisca un primo guasto a terra, il quale sarebbe difficilmente rilevato. Può essere utile l’utilizzo di avvolgicavi industriali (conformi alla norma EN 61316) che consentono di effettuare le eventuali giunzioni spina-presa in posizione sollevata dal suolo e di utilizzare il cavo in modo più ordinato. Deve essere posta attenzione alla lunghezza totale del cavo sull’avvolgicavo, a prescindere da quella necessaria per il collegamento.
  3. Possono essere utilizzati sia apparecchi utilizzatori (elettroutensili, apparecchi di illuminazione, ecc.) di classe I (predisposti per il collegamento al conduttore di protezione) sia di classe II (in doppio isolamento).
  4. Gli apparecchi, il polo di terra delle prese a spina e la massa del gruppo elettrogeno devono essere interconnessi tramite un conduttore equipotenziale (isolato da terra): i componenti devono essere collegati tra loro ma non a terra; l’impianto di terra non deve quindi essere realizzato. Il polo di terra delle prese a spina a bordo del gruppo elettrogeno deve essere collegato al telaio (massa) del gruppo elettrogeno stesso e non a terra (collegamenti indicati in verde nel disegno). In questo modo viene realizzata la protezione contro i contatti indiretti.

 

Il documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, si sofferma sullo schema di collegamento e indica che risulta “inutile l’aggiunta di un interruttore differenziale (generale) a protezione del gruppo elettrogeno: questo non può intervenire, anche se da 30 mA, perchè in caso di guasto verso massa, anche di polarità diverse, la somma delle correnti attraverso il dispositivo differenziale sarebbe comunque nulla”.

 

Le correnti di corto circuito erogabili da un gruppo elettrogeno – continua il quaderno – “sono modeste rispetto a quelle riscontrabili sugli impianti alimentati dalla rete in bassa tensione. Sicchè potrebbe rendersi necessario utilizzare interruttori con curva caratteristica di intervento di tipo B, la cui corrente di intervento automatico Im e circa 3÷5 volte la sua corrente nominale In”.

 

Il documento riporta un esempio e indica, infine, che “in alternativa e a favore della sicurezza, è auspicabile proteggere con un proprio dispositivo differenziale ogni apparecchio utilizzatore (potendo escludere quelli in doppio isolamento), garantendo così l’interruzione automatica del circuito nel caso prospettato.

 

Concludiamo rimandando alla lettura integrale del documento, che riporta ulteriori dettagli, immagini e avvertenze riguardo ai rischi elettrici e che, come indicato in premessa, presenta anche una “Lista di controllo per l’operatore” per l’uso di gruppi elettrogeni trasportabili.

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

ATS della Città Metropolitana di Milano, “Cantieri edili. Uso di gruppi elettrogeni trasportabili. Riduzione del rischio elettrico”, quaderno tecnico a cura del dott. Mauro Baldissin (Tecnico della Prevenzione) e con la responsabilità scientifica del dott. ing. Massimo Rho, Attività 222 – Verifiche attrezzature di lavoro e impianti, A222-MS003 rev00 del 30/03/2018.

 

 

 

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