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Imparare dagli errori: ancora infortuni connessi al rischio di asfissia

Imparare dagli errori: ancora infortuni connessi al rischio di asfissia
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio chimico

24/03/2022

Esempi di infortuni professionali correlati alle attività in ambienti confinati o sospetti di inquinamento. I lavori di manutenzione a bordo di una nave e il travaso di gas butano. Gli infortuni, i rischi e il DPR 177/2011.

Brescia, 24 Mar – Come ricordato nella rubrica “ Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni professionali, tra i tanti infortuni mortali che nei mesi scorsi hanno ricordato all’opinione pubblica e politica le criticità nelle tutele dei lavoratori, molti riguardano gli ambienti confinati e gli ambienti sospetti di inquinamento.

Gli incidenti avvenuti mostrano che per fermare questi infortuni non sono bastate né le campagne di prevenzione né le normative come il DPR 177/2011, recante un regolamento che ha ormai alle spalle più di dieci anni di applicazione.

Gli ambienti confinati continuano ad essere, ancora oggi, ad alto rischio per l’incolumità di lavoratori e soccorritori.

 

Torniamo dunque a parlarne in “ Imparare dagli errori” riportando esempi di infortuni connessi al rischio di asfissia e, dunque, alla presenza di un’atmosfera asfissiante che incide sull’assunzione (anossia anossica), sul trasporto (anossia anemica), sull’utilizzazione a livello cellulare (anossia istotossica) dell’ossigeno. Ricordiamo, dunque, che ci si può trovare in situazioni di asfissia sia per carenza di ossigeno, che per la presenza di agenti chimici tossici aerodispersi che creano anossia anemica e anossia istotossica.

 

Gli infortuni sono tratti dall’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

 

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:


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Spazi ed ambienti confinati
Informazione e formazione dei lavoratori (D. Lgs. n. 81, 9 aprile 2008, Artt. 82 e 66 e DPR n. 177/2011)

 

Gli infortuni lavorativi e i rischi di asfissia

Il primo caso riguarda lavori di manutenzione a bordo di una nave traghetto ormeggiata in un porto.

Si deve effettuare la pulizia delle sentine. In particolare si deve provvedere allo svuotamento della “cassa vuota” ovvero di uno spazio confinato che raccoglie gli scarichi dal garage basso (nella stiva) e che è collocata all’interno di un altro spazio confinato “spazio vuoto” adiacente al suddetto garage. Tale svuotamento viene effettuato automaticamente tramite apposita pompa collocata nella sala macchine. Essendo tale pompa guasta, due lavoratori si portano nello “spazio vuoto” aprono il passo d'uomo della “cassa vuota” per procedere allo svuotamento. Ciò determina la fuoriuscita di gas tossico (idrogeno solforoso) che provoca il decesso per asfissia dei due lavoratori.

 

Questi i fattori causali rilevati nella scheda:

  • “il lavoratore apriva uno spazio confinato contenente gas tossici”;
  • “l'ambiente (spazio vuoto) era stato ventilato nei giorni precedenti ma non presentava sistemi di ventilazione per supplire alla fuoriuscita di gas tossici dalla ‘cassa vuota’”;
  • “il lavoratore non indossava DPI a protezione delle vie respiratorie né imbracature per il recupero immediato”. 

 

Il secondo caso riguarda un infortunio accaduto presso un deposito di GPL in una stazione di servizio in fase di bonifica.

Un lavoratore e un collega stanno travasando dalla cisterna il gas butano in forma liquida rimasto sul fondo della stessa cisterna, a causa delle basse temperature di quei giorni. Per compiere l'operazione l'infortunato, in modo scorretto, scende nel cavedio dove svita la valvola per far uscire il butano liquido da raccogliere in un secchio, che il collega avrebbe issato sul piano di campagna e sversato nel campo vicino. Il piccolo ambiente di lavoro si satura di gas butano in fase di evaporazione, provocando lo stordimento dell'infortunato e la seguente asfissia.

 

I fattori causali rilevati:

  • l’infortunato “accedeva in un luogo angusto e iniziava in modo scorretto il travaso del butano liquido”;
  • “il butano liquido evapora velocemente”;
  • “mancato utilizzo del respiratore”. 

 

Gli spazi confinati: le ipotesi di rischio e il DPR 177/2011

Per aumentare la consapevolezza dei rischi e raccogliere qualche spunto per migliorare la prevenzione possiamo fare riferimento ad un documento, già presentato sul nostro giornale e pubblicato dall’Azienda Sanitaria Locale n. 5 della Regione Liguria.

 

Il “ Documento sintetico: lavori in spazi confinati DPR 177/11” ha l’obiettivo di fornire una guida minima per la scelta dei provvedimenti e delle procedure da adottare in conformità con la normativa Dlgs 81/2008 e DPR 177/2011.

Ricordiamo, tuttavia, che il DPR 177/2011, come indicato dall’ Interpello 10/2015 del 2 novembre 2015, non si applica alle lavorazioni disciplinate dal d.lgs. 272/1999 (primo caso di infortunio presentato) con riferimento all’espletamento di operazioni e servizi portuali, alle operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale.

 

Il documento della ASL ligure, pur nella complessità delle diverse situazioni negli ambienti confinati”, indica che le ipotesi di rischio si possono ricondurre essenzialmente a tre fattispecie:

  1. configurazione dello spazio e delle vie di uscita; Per esempio:
  • l’accesso all’area di lavoro avvenga attraverso un’apertura di dimensioni ridotte (es. una botola). L'uscita o le operazioni di salvataggio in situazioni critiche potrebbero pertanto risultare più complesse (Necessità procedure in caso di emergenza).
  1. carenza di ossigeno; Ciò può accadere per esempio:
  • quando si verifica una reazione tra alcuni tipi di terreno e l’ossigeno contenuto nell’aria;
  • a seguito della reazione tra le acque sotterranee, il gesso e calcare, dalla quale si produce anidride carbonica;
  • nelle stive delle navi, nei container da carico, nei camion da trasporto, ecc. come conseguenza della reazione del carico stesso con l’ossigeno presente nell’ambiente
  1. presenza di sostanze tossico/nocive, infiammabili o comburenti. Queste possono per esempio:
  • accumularsi all’interno di condotte, tombini e cavità collegate al sistema fognario;
  • invadere cisterne o serbatoi tramite le condotte di collegamento;
  • filtrare all’interno di fosse e cavità in terreni contaminati, come vecchie discariche e impianti per il gas.
  • Essere:
    1. Sostanze liquide e solide che, se perturbate, possono improvvisamente riempire l'ambiente o rilasciare gas. Le sostanze non agglomerate, come quelle granulose, possono solidificare parzialmente o formare degli accumuli all'interno dei silos, causando ostruzioni che possono collassare inaspettatamente.
    2. Residui all’interno di cisterne, serbatoi o depositi su superfici interne, che possono emettere gas, fumi o vapori.

In ogni caso il rischio principale è dovuto alla “possibile presenza di atmosfera incompatibile con la vita. I gas e vapori possono essere presenti perché fanno parte del ciclo produttivo o perché si sviluppano per processo chimico”.

 

Riprendiamo dal documento alcune indicazioni relative all’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 14 Settembre 2011Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell’articolo 6, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”.

 

Il documento indica che il DPR, in attesa della definizione di un complessivo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, prevede per imprese e lavoratori autonomi:

  • obbligo di specifica informazione, formazione e addestramento a tutto il personale impiegato, compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati., con verifica di apprendimento e aggiornamento relativamente ai rischi che sono propri degli ‘ambienti confinati’ e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che in tali contesti debbono applicarsi. Tale obbligo in aggiunta agli obblighi già su di essi gravanti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
  • obbligo di possedere dispositivi di protezione individuale (es.: maschere protettive, imbracature di sicurezza, etc.), strumentazione e attrezzature di lavoro (es.: rilevatori di gasi, respiratori, etc.) idonei a prevenire i rischi propri delle attività lavorative e di aver effettuato, a tutto il personale impiegato, attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi;
  • obbligo di presenza di personale esperto, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale in attività in ‘ambienti confinati’, assunta con contratto di lavoro subordinato o con altri contratti (in questo secondo caso, necessariamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003) con la necessità che il preposto, che sovrintende sul gruppo di lavoro, abbia in ogni caso tale esperienza (in modo che alla formazione e addestramento il ‘capo-gruppo’ affianchi l’esperienza maturata in concreto);
  • rispetto integrale degli obblighi in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC) e relativi alla parte economica e normativa della contrattazione di settore, compreso il versamento dell’eventuale contributo all’ente bilaterale di riferimento;
  • applicazione delle regole della qualificazione dell’impresa appaltatrice e di qualunque soggetto della “filiera”, incluse le eventuali imprese subappaltatici. Il subappalto è consentito solo a condizione che sia espressamente autorizzato dal datore di lavoro committente (il quale dovrà, quindi, verificare il possesso da parte dell’impresa subappaltatrice dei requisiti di qualificazione) e che venga certificato, ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003”.

 

Sempre il “documento sintetico” ricorda che in caso di appalto, va garantito che:

  • prima dell’accesso nei luoghi di lavoro, tutti i lavoratori impiegati nelle attività (compreso il datore di lavoro, ove impiegato nelle medesime attività) devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente su tutti i rischi esistenti che possano essere presenti nell’area di lavoro (compresi quelli legati ai precedenti utilizzi), e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività. E’ previsto che tale attività debba essere svolta per un periodo sufficiente e adeguato allo scopo della medesima e, comunque, non inferiore ad un giorno;
  • il datore di lavoro committente individui un proprio rappresentante, adeguatamente formato, addestrato ed edotto di tutti i rischi dell’ambiente in cui debba svolgersi l’attività dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività che in tali contesti si realizzino, svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenze di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente;
  • durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o ‘confinati’ sia adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o ridurre al minimo i rischi propri di tali attività, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco”.

 

Rimandiamo alla lettura del documento che riporta ulteriori dettagli e che raccoglie diverse misure di prevenzione applicabili a questi particolari ambienti di lavoro.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 3230 e 10306 (archivio incidenti 2002/2018).

 

Scarica le schede da cui è tratto l'articolo:

Imparare dagli errori - Ancora infortuni connessi al rischio di asfissia – le schede di Infor.mo. 3230 e 10306.

 


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Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
24/03/2022 (07:28:41)
Nel primo caso, i due morti a Messina, non sono morti per asfissia ma per intossicazione acuta visto che l'idrogeno solforoso (H2S) è un gas tossico.

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