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Procedure per lavorare in sicurezza con agenti cancerogeni e mutageni
Roma, 12 Feb – Laddove nei luoghi di lavoro non sia possibile sostituire gli agenti potenzialmente cancerogeni con altri agenti non pericolosi per la salute o meno pericolosi nelle condizioni di utilizzo, è necessario applicare precise misure tecniche, organizzative o procedurali e idonee procedure volte a ridurre al minimo il numero di lavoratori esposti e a ridurre a valori più bassi la durata e l’intensità dell’esposizione.
Per parlare delle procedure di carattere più generale e delle procedure di carattere più specifico in ambito sanitario, ci soffermiamo sul contenuto del documento - realizzato dalla Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (CONTARP) dell’ Inail - dal titolo “ Agenti cancerogeni e mutageni. Lavorare sicuri”.
Il documento, su cui PuntoSicuro si è già soffermato in relazione alle misure organizzative e all’uso di dispositivi di protezione generali, dedica alle “procedure corrette” un intero capitolo, partendo da una serie di procedure di carattere generale.
Infatti in generale, per poter lavorare in sicurezza con agenti cancerogeni e/o mutageni, “è necessario attenersi alle seguenti raccomandazioni:
- isolare le lavorazioni in aree predeterminate, provviste di segnaletica e accessibili solo al personale autorizzato;
- utilizzare le quantità di sostanze strettamente necessarie allo svolgimento dell'attività;
- seguire le istruzioni riportate sull'etichetta del prodotto e sulla relativa scheda di sicurezza, per ciascuna fase di utilizzo, stoccaggio, smaltimento;
- attenersi scrupolosamente alle procedure fornite dal Datore di Lavoro;
- pulire regolarmente i locali, le attrezzature e le strumentazioni;
- accertarsi che il luogo di lavoro sia dotato di doccia di emergenza e lava-occhi;
- assicurare che gli agenti siano conservati, manipolati e trasportati in condizioni di sicurezza, anche ai fini dello smaltimento, utilizzando contenitori ermetici ed etichettati in modo chiaro e leggibile, secondo le indicazioni di legge;
- smaltire i residui con riferimento alle procedure di smaltimento dei rifiuti o alle schede di sicurezza dei prodotti;
- prima di lasciare il luogo di lavoro, lavarsi accuratamente le mani e dismettere gli abiti da lavoro che potrebbero risultare contaminati e riporli separatamente dagli indumenti puliti;
- conservare le sostanze in armadi chiusi e aspirati, dotati di ripiani provvisti di dispositivi antiribaltamento e di contenimento di eventuali sversamenti, tenendo conto delle possibili incompatibilità tra diverse sostanze”.
E si sottolinea che “nelle aree di lavoro in cui c’è rischio di esposizione è vietato assumere cibo e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca ed applicare cosmetici”.
Veniamo invece ad alcune procedure più specifiche per la manipolazione di chemioterapici antiblastici in campo sanitario, ricordando che nel documento, che riporta alcune schede delle principali sostanze potenzialmente cancerogene e/o mutagene, è presente anche una scheda dedicata ai chemioterapici antiblastici (CA).
Riguardo a queste procedure si segnala che la preparazione, la somministrazione e lo smaltimento dei CA “dovrebbero avere luogo in un ambiente chiamato UFA (Unità Farmaci Antitumorali), rispondente ai seguenti requisiti:
- centralizzazione;
- accesso riservato al personale autorizzato, identificato tramite cartellino;
- isolamento dal resto della struttura sanitaria;
- presenza di: zona filtro ove riporre i DPI per gli addetti e i dispositivi di emergenza; punto di decontaminazione, munito di lavandino a pedale e lavaocchi di sicurezza; efficace sistema di ventilazione (almeno 6 ricambi d’aria/ora); cappa a flusso laminare verticale di classe II con filtri ad alta efficienza (HEPA); porta d’ingresso a battente con apertura verso l’esterno; segnaletica di sicurezza; sistema di interfono o viva voce, completo di pulsante di emergenza; pavimenti e pareti facilmente lavabili”.
Si ricorda tuttavia che in mancanza di “UFA”, si può “impiegare un isolatore, apparecchiatura che costituisce una barriera fisica tra l’area di lavoro e il resto dell’ambiente. L’operatore vi accede attraverso manicotti dotati di guanti (glove-box); l’interno è mantenuto in sovrappressione da un apporto di aria continuo”.
Nel documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, è presente uno schema esplicativo d’isolatore e anche una indicazione dei DPI monouso utilizzabili.
Veniamo alle procedure operative per la manipolazione di chemioterapici antiblastici.
Riguardo alla preparazione dei farmaci è bene:
- “lavare il piano di lavoro con ipoclorito di sodio (5%) o altro detergente idoneo. La stessa operazione va compiuta a fine attività;
- porre sotto cappa tutto l’occorrente per la preparazione e operare mantenendosi al centro della cappa;
- nella ricostituzione dei farmaci liofilizzati, per evitare spandimenti e nebulizzazioni, impiegare siringhe con attacco Luer Lock o, in alternativa: siringhe con aghi da insulina prive di stantuffo, siringhe con filtri idrofobici etc.;
- nella preparazione di farmaci contenuti in fiale, prima di aprire la fiala verificare l’assenza di liquido residuo nella parte superiore. Quindi, avvolgerne il collo con una garza sterile. Infine, aprire la fiala spingendo con le mani verso l’esterno;
- nella preparazione di farmaci in flaconi da fleboclisi, proteggere l’ago della siringa dosatrice con garza sterile, indi introdurre il farmaco nel flacone perforando la parte centrale del tappo.
Nel rimuovere la siringa dal flacone, proteggere con garza sterile il punto di fuoriuscita dell’ago. Riempire preventivamente il deflussore da applicare al flacone con una soluzione compatibile con il farmaco. Infine, proteggere con garza sterile l’estremità a valle del tubo di collegamento del deflussore”.
Dopo aver ricordato che per il trasporto verso i pazienti è bene “trasportare i farmaci all’interno di vassoi a bordi rialzati” e per tragitti lunghi si possono “immettere i contenitori (siringhe e flaconi) in recipienti a tenuta”, vengono fornite alcune indicazioni procedurali per la somministrazione:
- “nella somministrazione per via endovenosa, porre sotto il braccio del paziente un telino monouso impermeabile nella parte inferiore, per evitare spandimenti. L’eventuale addizione di CA deve avvenire tramite deflussore dotato di un raccordo a Y, attorno al quale devono essere sistemate garze sterili;
- nella somministrazione per via orale, estrarre le compresse dal flacone facendole scivolare in un contenitore destinato al paziente. Se le compresse sono contenute in blister, comprimere l’involucro direttamente nel contenitore per il paziente;
Ricordando che il documento si sofferma anche su manutenzione delle cappe, smaltimento dei residui e comportamento in caso di contaminazione accidentale, riportiamo in conclusione alcune indicazioni relative alle misure igieniche.
Ad esempio all’interno dell’UFA bisogna evitare di: “correre; pettinarsi; truccarsi; fumare; mangiare e/o bere; masticare chewing-gum; conservare cibi o bevande”.
Inoltre:
- “prima di indossare i guanti, togliere anelli, bracciali e orologi da polso, indi disinfettare le mani;
- mentre s’indossano i guanti, non toccarsi la testa né il viso;
- lavarsi le mani dopo aver tolto i guanti”.
E infine si fa presente che:
- “tutto il personale (medici, farmacisti ospedalieri, infermieri, tecnici di laboratorio, addetti alle pulizie, manutentori) a contatto con CA deve essere adeguatamente informato e formato sugli ambienti di lavoro, i DPI e le procedure;
- è buona norma allontanare le lavoratrici gestanti, puerpere o in allattamento dalle aree in cui si è esposti a CA. Ciò perché alcuni studi hanno evidenziato una correlazione tra danni alla riproduzione femminile e manipolazione di determinati CA (es. Mostarde azotate, Nitrosouree, Metotrexato)”.
INAIL - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione, “ Agenti cancerogeni e mutageni. Lavorare sicuri”, a cura di Maria Ilaria Barra, Francesca Romana Mignacca, Paola Ricciardi (formato PDF, 9.83 MB).
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RTM
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