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Cadute dall’alto: il percorso per una corretta analisi dei rischi

Cadute dall’alto: il percorso per una corretta analisi dei rischi
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio cadute e lavori in quota

16/07/2013

Un intervento si sofferma sulla gestione del rischio cadute dall’alto indicando problemi e proponendo buone prassi. Le statistiche, l’analisi dei rischi, la protezione collettiva, le imbragature, gli ancoraggi, i DPI di collegamento e la documentazione.

Modena, 16 Lug – Gli articoli di PuntoSicuro testimoniano la presenza di svariati progetti, linee guida, buone prassi, disposizioni normative relative alla prevenzione delle cadute dall’alto. Poi è sufficiente sentire la cronaca degli incidenti che avvengono quotidianamente o leggere alcune statistiche, come quelle elaborate dall’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering, per capire che qualcosa non va. Una statistica di Vega Engineering, aggiornata il 30 settembre del 2012, indica infatti che la principale causa di incidente professionale mortale è la caduta di persona dall’alto (24,5%).
Se, nonostante tutte le azioni preventive intraprese, le  cadute dall’alto sono ancora la principale causa delle morti sul lavoro, c’è da chiedersi se stiamo percorrendo la strada migliore per migliorare la sicurezza dei lavoratori.

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A chiederselo è Paolo Casali (Sicurpal) nell’intervento “Gestione del rischio cadute dall’alto tra problemi e buone prassi” relativo al seminario (Modena, 4 dicembre 2012) dal titolo “ A Modena la sicurezza in pratica. Gestione della sicurezza nei cantieri”.
 
Il relatore indica che i valori relativi alle cadute dall’alto rilevati nelle statistiche “sono, con molte probabilità, l’effetto di:
- scarsa informazione e formazione ai lavoratori:
- errata valutazione dei rischi da parte di chi esegue l’intervento in copertura;
- in copertura salgono persone assolutamente ignare dei rischi esistenti;
- mancanza di conoscenza della normativa vigente;
- chi progetta sistemi anticaduta spesso non ha la competenza né i titoli, realizzando quindi sistemi non sicuri”.
 
Dopo una panoramica della normativa nazionale e regionale (con particolare riferimento alla L.R. n. 2 del 2 marzo 2009 della Regione Emilia Romagna e al D.R. del 5 settembre 2012 della Regione Sicilia), l’intervento affronta il tema della analisi dei rischi.
 
In caso di rischio di caduta dall’alto “l’analisi dei rischi potrebbe seguire questo percorso:
- posso utilizzare sistemi di protezione collettiva?
- se NO, come si posiziona l’operatore per le compiere le lavorazioni/manutenzioni?
- scelta del tipo di imbragatura;
- scelta del tipo di DPI (trattenuta della caduta, posizionamento, caduta impedita);
- scelta del tipo di ancoraggio ( Linea Vita)”. 
 
A questo proposito il relatore offre diversi chiarimenti:
- perché utilizzare sistemi di protezione collettiva: le protezioni collettive sono da preferire: “perché sono di più facile utilizzo; possono essere utilizzate da più persone contemporaneamente; non richiedono corsi di informazione e formazione per il loro utilizzo; sono indicate come preferibili dal Testo Unico (art. 15, 90, 111 D.L. 81/2008)”;
- nel caso non siano installati i dispositivi di protezione collettiva (DPC): “se non sono presenti le protezioni collettive occorre utilizzare sistemi di protezione contro le cadute dall’alto composti da diversi elementi, anche non tutti presenti contemporaneamente, l’elenco è indicato nell’art. 115 del D.L. 81/2008. Possono essere presenti anche con i DPC se questi non eliminano completamente tutti i rischi” (esempio: un parapetto sui bordi non elimina i rischi di caduta per sfondamento del piano di calpestio);
- nel caso non siano installati i dispositivi di protezione collettiva, come si posiziona l’operatore per le compiere le lavorazioni/manutenzioni: il relatore ricorda che per rispondere occorre “conoscere quali operazioni – lavorazioni vengono effettuate nelle zone dove è presente il rischio di caduta. Occorre conoscere come saranno eseguite con particolare riferimento alla posizione di lavoro in funzione della zona in cui viene eseguita, alle possibili posizioni che l’operatore dovrà tenere, all’inclinazione del tetto, ecc. La zona di caduta si trova di fronte, dietro o sotto l’operatore? Ecco per esempio l’importanza di avere delle informazioni complete”; 
- scelta del tipo di imbragatura: “esistono differenti tipologie di imbragature, con particolare riferimento alla posizione degli attacchi, alle possibili soluzioni di utilizzo ed ai differenti accessori, ed ognuna corrispondente ad una specifica idoneità d’uso ed a relativa norma tecnica. Una imbragatura non idonea rappresenta un rischio grave”;
- scelta del tipo di DPI di collegamento: è di estrema importanza la conseguente scelta del dispositivo di collegamento tra l’imbragatura e l’ancoraggio. È “indispensabile una approfondita conoscenza delle tipologie, e qui può essere rilevante anche la conoscenza specifica delle differenze tra i diversi produttori”. Alcuni esempi che possono guidare nella scelta: “facilità d’uso, facilità di comprensione dell’utilizzo, leggerezza, resistenza nel tempo, tipologia di revisione periodica, ecc. In qualche caso è ragionevole proporre pure uno specifico prodotto se ritenuto più sicuro. Chi esegue un’analisi dei rischi e relativa proposta di soluzione ne è comunque responsabile in solido”;
- scelta del tipo di ancoraggio (ad esempio una linea vita in classe C): “alla fine di questa analisi viene scelta la tipologia di ancoraggio. Ne esistono 5 differenti tipologie divise in classi. Ulteriore importanza per decidere il tipo di ancoraggio è la tipologia di copertura, come materiale esterno, e la tipologia di struttura alla quale fissare saldamente l’ancoraggio, ad esclusione delle classi B ed E. Infine anche aspetti estetici od addirittura vincoli della Sovrintendenza ai Beni Culturali, partecipano alla scelta sulla tipologia di ancoraggio”.
 
L’intervento indica poi cosa richiede il Decreto legislativo 81/2008 per rispondere alle esigenze di sicurezza: 
- “eseguire un’analisi accurata della situazione;
- valutare le attività da eseguire;
- valutare la frequenza;
- scegliere i sistemi per eliminare i rischi;
- conformarsi alle norme tecniche specifiche;
- formare gli utilizzatori;
- informare come utilizzare i sistemi”. 
 
L’intervento si conclude con una panoramica degli adempimenti, dei documenti per un sistema anticaduta con riferimento a: 
- Progetto di posizionamento linea vita, con analisi dei rischi ed elenco dei DPI da utilizzare (D.L. 81 s.m.i. art 15, 26, 90, 91);
- verifica per calcolo della resistenza degli ancoraggi e della struttura a cui è ancorato (UNI EN 795);
- Conformità dei prodotti (D.L. 81 s.m.i. art. 115);
- Manuali tecnici di montaggio, uso e manutenzione (UNI EN 795);
- Test di verifica resistenza del fissaggio (UNI EN 795);
- Dichiarazione di corretto montaggio (D.L. 81 s.m.i.).
Questi documenti fanno parte del fascicolo del fabbricato (art. 91 e conforme all’allegato XVI, D.Lgs 81/2008) e debbono essere consultabili da chi sale in copertura.
 
Infatti “ogni volta che un operatore sale in copertura occorre:
- mostrare l’elaborato tecnico di copertura affinché l’operatore prenda conoscenza che in copertura è presente un sistema anticaduta;
- comprenda quali siano le eventuali zone di pericolo;
- comprenda quali D.P.I. sono necessari e come utilizzarli;
- riporti data e firma per presa visione”.
 
 
Gestione del rischio cadute dall’alto tra problemi e buone prassi”, a cura di Paolo Casali, SICURPAL, intervento al seminario “A Modena la sicurezza in pratica. Gestione della sicurezza nei cantieri” (formato  PDF, 3.23 MB).
 
 
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