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Rischio CEM: la valutazione del rischio dei lavoratori con DMIA

Rischio CEM: la valutazione del rischio dei lavoratori con DMIA
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi fisici

25/05/2022

Un intervento si sofferma sulla esposizione ai campi elettromagnetici con riferimento alla valutazione del rischio e alle misure di tutela per i portatori di dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA). La normativa, i rischi e la prevenzione.

Brescia, 25 Mag – Nelle aziende, nei luoghi di lavoro, alcuni lavoratori possono essere considerati particolarmente a rischio nell’esposizione ai campi elettromagnetici, anche in considerazione dei “possibili effetti indiretti dell’esposizione:

  • interferenze con attrezzature o dispositivi medici impiantati attivi;
  • interferenze con dispositivi impiantati passivi, es.: protesi articolari, chiodi, fili o piastre di metallo;
  • effetti su schegge metalliche, tatuaggi, piercing etc;
  • rischio di proiettili a causa di oggetti ferromagnetici non fissi in un campo magnetico statico;
  • innesco involontario di detonatori;
  • innesco di incendi o esplosioni a causa di materiali infiammabili o esplosivi;
  • scosse elettriche o ustioni dovute a correnti di contatto quando una persona tocca un oggetto conduttore in un campo em e uno dei due non è collegato a terra”.

 

A ricordare in questi termini i possibili effetti indiretti dell’esposizione ai campi elettromagnetici e a fornire utili informazioni per i rischi dei lavoratori e gli obblighi dei datori di lavoro in relazione alla presenza di dispositivi medici impiantati attivi, è un intervento al corso base “Valutazione del rischio da campi elettromagnetici” che si è tenuto durante un webinar del 14 dicembre 2021 nell'ambito dell'accordo di collaborazione INAIL - Regione Toscana per lo sviluppo e la diffusione del Portale Agenti Fisici.

 

Ci soffermiamo oggi sull’intervento “Esposizione ai campi elettromagnetici: valutazione del rischio e misure di tutela anche in riferimento ai portatori di DMIA”, a cura di Rosaria Falsaperla (Inail – Settore Ricerca - Dipartimento Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale).

 

L’articolo di presentazione dell’intervento affronta i seguenti argomenti:

 


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I campi elettromagnetici, la normativa e i valori di esposizione

L’intervento analizza molti aspetti relativi ai campi elettromagnetici e alla normativa connessa, ad esempio con riferimento a:

  • direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici),
  • decreto legislativo del 01 agosto 2016, n. 159 - Attuazione della direttiva 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) e che abroga la direttiva 2004/40/CE
  • decreto legislativo 81/2008 – Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Riguardo alle modifiche operate al Testo unico dal D.Lgs. 159/2016 e agli articoli 206 e 207 si sottolinea che il Capo IV ‘non riguarda la protezione da eventuali effetti a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione’ e i valori limite di esposizione (VLE) “non riguardano i soggetti particolarmente sensibili al rischio”.

 

L’intervento si sofferma poi sui valori limite di esposizione, sui VLE relativi agli effetti sanitari e sui VLE relativi agli effetti sensoriali, e sui valori di azione (VA).

 

I campi elettromagnetici e i dispositivi medici impiantabili attivi

Ricordiamo, seguendo quanto riportato dalla relatrice, che un dispositivo medico impiantabile attivo (DMIA) è “qualsiasi dispositivo medico attivo destinato ad essere impiantato interamente o parzialmente mediante intervento chirurgico o medico nel corpo umano o mediante intervento medico in un orifizio naturale e destinato a restarvi dopo l'intervento”. Ad esempio:

  • “pacemaker (PMK)
  • defibrillatori (ICD)
  • impianti cocleari
  • stimolatori neurali
    • stimolatori spinali
    • stimolatori nervi periferici
    • stimolatori cerebrali”.

 

Riprendiamo dall’intervento una immagine relativa ai dispositivi medici impiantabili attivi (Fonte: Eugenio Mattei – ISS):

 

 

L’intervento si sofferma in particolare sul funzionamento dei pacemaker: 

  • “generatore, a sua volta fornito di una fonte di energia (pile al litio)
  • circuiti di sensing in grado di rilevare e di riconoscere gli stimoli spontanei provenienti dal cuore del paziente
  • elettrocateteri che consentono allo stimolo elettrico di essere condotto alle cavita cardiache”.

Si indica che la funzione di SENSING, “che permette di evitare competizione tra il PACING del pacemaker e la regolare attività cardiaca, rende più vulnerabile il dispositivo alle interferenze elettromagnetiche (EMI, ElectroMagnetic Interference). 

 

Questi i possibili malfunzionamenti da EMI: 

  • “inibizione o sincronizzazione con il segnale interferente (frequenze comprese tra circa 2 e 9 Hz); il pacemaker può confondere il segnale interferente con quello dell’attività cardiaca spontanea e stimolare sincronizzandosi con esso, o inibirsi; se l’interferenza si verifica in assenza di attività cardiaca del paziente, è la condizione che può comportare rischi sanitari più elevati;
  • commutazione a funzionamento asincrono da EMI anche in presenza di battito spontaneo (frequenze superiori a circa 9 Hz); si verifica quando i segnali rilevati sono a frequenza troppo elevata per essere generati da un’attività cardiaca naturale; il pacemaker interrompe la modalità di funzionamento ‘a domanda’ stimolando ad una frequenza prefissata anche in presenza di battito spontaneo;
  • innesco di stimolazione ventricolare ad alta frequenza”. 

 

I campi elettromagnetici e la valutazione del rischio dei lavoratori con DMIA

 L’intervento si sofferma sull’attuale quadro normativo europeo/nazionale anche con riferimento al Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017 e segnala che, per quanto riguarda i campi elettromagnetici, “il Nuovo Regolamento, analogamente alla precedente direttiva, stabilisce che i dispositivi medici devono essere progettati e fabbricati in modo tale da eliminare o ridurre per quanto possibile: ‘i rischi ragionevolmente prevedibili connessi a influssi esterni o a condizioni ambientali, quali campi magnetici, effetti elettrici ed elettromagnetici esterni, scariche elettrostatiche, radiazioni collegate a procedure diagnostiche o terapeutiche, pressione, umidità, temperatura, variazioni di pressione e di accelerazione o interferenze nel segnale radio’”. E “si presumono conformi ai requisiti essenziali i dispositivi fabbricati in conformità a norme tecniche armonizzate comunitarie e alle norme tecniche nazionali che le recepiscono”.

In particolare si ricordano:

  • CEI EN 45502-1 (maggio 2016): “Impianti per chirurgia Dispositivi medici impiantabili attivi. Requisiti generali per la sicurezza, la marcatura e le informazioni fornite dal fabbricante”
  • CEI EN 45502-2-1 (aprile 2005): “Dispositivi medici impiantabili attivi. Parte 2: Prescrizioni particolari per i dispositivi medici impiantabili attivi destinati a trattare la bradi-aritmia (pacemaker cardiaci).

 

Sono poi definiti dei limiti di esposizione?

 

L’intervento riporta alcune indicazioni relative:

  • ai campi magnetici statici con riferimento alle raccomandazioni contenute nel documento “Guidelines on limits of exposure to static magnetic fields (2009)” ,
  • ai campi magnetici a 50 Hz con riferimento alle raccomandazioni, in mancanza di specifiche informazioni da parte del fabbricante, dell’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH).

 

Riguardo poi ai riferimenti per la valutazione del rischio dei lavoratori con DMIA, sono riportate alcune indicazioni tratte dalla famiglia delle norme CENELEC EN 50527 aggiornate alla direttiva 2013/35/UE.

Ad esempio riguardo alla valutazione generale:

  • “l'assunto di base è che i dispositivi medici funzionino correttamente, qualora non siano superati i livelli di esposizione stabiliti per la popolazione 1999/519/CE senza includere alcuna media temporale) quando impiantati e programmati conformemente alle buone pratiche mediche (approccio derivato da EN 45502-2-1)
  • definita una lista di apparati che si assume producano campi elettromagnetici che non eccedono i livelli di riferimento per la popolazione”.

O riguardo alla valutazione specifica.  Infatti “potrebbe essere necessario effettuare una valutazione specifica:

  • “i lavoratori sono portatori di DMIA più vecchi;
  • ai lavoratori sono state comunicate avvertenze speciali (l’immunità dell’impianto nelle condizioni dell’impianto e nelle impostazioni dei parametri non sono compatibili con livelli di riferimento della Raccomandazione 1999/519/CE)
  • è difficile adeguare la postazione di lavoro o le attività lavorative per garantire che l’esposizione non superi i livelli di riferimento di cui alla raccomandazione 1999/519/CE”.

 

E per la valutazione del rischio specifico c’è l’Allegato A con riferimento a:

  • approccio non clinico: “Valutazione della compatibilità tra immunità del DMIA e livelli di esposizione CEM. La valutazione può basarsi su: misure, calcoli, informazioni fornite dal costruttore. Definizione delle aree ad accesso prolungato/transitorio e delle aree interdette (effetti dell’interferenza clinicamente accettabili o no).
  • approccio clinico: Il lavoratore con DMIA è esposto nel luogo di lavoro o in laboratorio (condizione di esposizione simulata) sotto osservazione clinica. Si verifica il comportamento del DMIA ad es. mediante telemetria. Tale approccio potrebbe non individuare un margine di sicurezza, a meno di svolgere test provocativi”.

 

In ogni caso, indipendentemente dal percorso seguito, “il processo di valutazione deve comunque terminare con l’individuazione delle aree di accesso (continuativo/ transitorio) o di interdizione per il lavoratore. Un eventuale esito di questo processo potrebbe anche comportare la modifica della mansione lavorativa”.

 

Quale dei due approcci adottare, clinico/non clinico? E in quali circostanze?

Queste alcune risposte:

  • test non clinici: “preferibili nei casi generali con condizioni di esposizioni standardizzate (esposizione a stazione RB...)
  • test clinici: utili nella valutazione del singolo caso (ad es. sorgenti di segnali complessi, necessita di valutare la mansione specifica di un lavoratore…). Deve essere effettuato sotto controllo medico e con la collaborazione del produttore del dispositivo. Limiti: potrebbe sollevare questioni etiche; non consente di studiare tutte le funzioni/programmazioni del device; non consente di definire margini di sicurezza”.

 

Concludiamo rimandando alla lettura integrale delle slide relative all’intervento e segnalando che la relatrice si sofferma anche su:

  • metodi clinici e metodi non clinici;
  • vari casi studio
  • sviluppi e progetti futuri.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

“Esposizione ai campi elettromagnetici: valutazione del rischio e misure di tutela anche in riferimento ai portatori di DMIA”, a cura di Rosaria Falsaperla (Inail – Settore Ricerca - Dipartimento Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale), intervento al corso base “Valutazione del rischio da campi elettromagnetici”.

 


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