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La responsabilità del committente per violazioni commesse dall’appaltatore

La responsabilità del committente per violazioni commesse dall’appaltatore
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Rischi da interferenze

22/07/2013

Il committente è destinatario degli obblighi di sicurezza sul lavoro e responsabile per le violazioni commesse dall’appaltatore o per un infortuno occorso a un suo dipendente se di fatto si ingerisce e interferisce con la sua organizzazione. Di G.Porreca.

 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Viene affrontato in questa interessante sentenza della Corte di Cassazione penale l’importante tema della individuazione delle responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro nel caso di appalti e subappalti ed in particolare della individuazione della responsabilità del committente anche per quanto riguarda un eventuale infortunio accaduto ad un dipendente dell’impresa appaltatrice. La Corte suprema fa riferimento in particolare al principio di effettività in base al quale il committente viene ritenuto responsabile per le eventuali violazioni ed inosservanze commesse dall’appaltatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro se lo stesso si ingerisce di fatto nella organizzazione della ditta appaltatrice e nell’esecuzione dell’opera appaltata e nel caso in cui sia riscontrabile un suo materiale coinvolgimento ed una sua concreta ingerenza nella realizzazione dell’opera stessa, dando ordini e disposizioni in merito alla sua esecuzione, gestendo altresì la effettiva organizzazione dell’impresa appaltatrice e facendo così venire meno di fatto il requisito principale di un appalto “genuino”  e cioè l’autonomia dell’appaltatore.

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Il fatto
La Corte d'Appello ha confermata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale nei confronti dell’amministratore di una società, in qualità di proprietaria di un edificio industriale e committente dei lavori appaltati per la ricostruzione dell’immobile medesimo, in ordine al delitto di cui all'art. 589, 2^ comma cod. pen. aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Presso il cantiere edile installato per la ricostruzione, a causa del crollo di una porzione di cornicione di un fabbricato, un operaio, mentre era intento insieme ad altri alla demolizione e taglio di muri dell’edificio industriale, veniva investito da pietre e calcinacci riportando lesioni che ne cagionavano il decesso. La ricostruzione dell'intero immobile era stata affidata, a mezzo di contratto di appalto, ad una società immobiliare di cui l’imputato era socio accomandatario e legale rappresentante, la quale aveva a sua volta sottoscritto dei contratti di subappalto con società ed imprese terze tra le quali la ditta alle cui dipendenze lavorava la vittima dell’infortunio.
 
L’imputato è stato ritenuto dal Tribunale responsabile del delitto ascritto in quanto titolare di una posizione di garanzia, essendo stato delegato in materia di sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro della società di cui era anche legale rappresentante, nonché direttore del cantiere e di soggetto che di fatto gestiva e sovrintendeva l'esecuzione dei lavori, avendo, nel caso specifico, disposto le demolizioni che avevano determinato il crollo che aveva travolto l'operaio e dando altresì direttive per la loro esecuzione. La Corte d'Appello, nel far proprio l'iter motivazionale della sentenza di primo grado, nel confutarle aveva ritenute infondate le ragioni poste a base del gravame proposto dal ricorrente.
 
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
L’imputato ha fatto ricorso in Cassazione adducendo diverse motivazioni. Con riferimento alla delega alla quale aveva fatto riferimento la Corte di Appello lo stesso ha sostenuto che a seguito della stessa non derivava alcuna posizione di garanzia nel cantiere atteso che essa risultava generica e sfornita di una specificazione del necessario relativo potere di spesa trattandosi quindi di un'attribuzione di potere senza però avere di fatto la disponibilità di autonomia finanziaria per poter garantire la corretta esecuzione della delega stessa. Per altro, ha sostenuto il ricorrente, l'intera opera di recupero dell'immobile, teatro dell'infortunio, era stato appaltata ad un’impresa appaltatrice il cui legale rappresentante era stato ritenuto colpevole, essendo lo stesso gravato dalla posizione di responsabile in materia di prevenzione all'interno del cantiere avendone la gestione, il quale, a sua volta, aveva stipulato contratti di subappalto con altre imprese per l'esecuzione di opere frazionate. Pertanto, secondo il ricorrente, non era lui a dover assicurare il coordinamento tra le maestranze presenti in cantiere, bensì il legale rappresentante della impresa aggiudicataria della realizzazione di tutte le opere. Ha sostenuto altresì il ricorrente di non aver rivestito in cantiere un ruolo sovraordinato che lo poneva in condizioni di effettuare concreti interventi a tutela della incolumità dei lavoratori e che comunque non vi era stata l’asserita ingerenza nell'esecuzione dei lavori.
 
È pur vero, ha aggiunto il ricorrente, che anche il committente può essere destinatario delle norme antinfortunistiche, ma solo quando riduca l'autonomia dell'appaltatore e si ingerisca nell'esecuzione delle opere, circostanza questa non verificatasi nel caso in esame.
 
Le decisioni della suprema Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso ritenendo le motivazioni manifestamente infondate. La questione portata al vaglio della Corte d’Appello, ha precisato la suprema Corte, prospettata come violazione di legge, non ha riguarda la carenza dei presidi antinfortunistici che hanno determinato la morte dell'operaio ma la sussistenza in capo all’imputato della posizione di garanzia. La Sez. IV ha rilevato che dall’istruttoria svolta era emerso che il ricorrente rivestisse non solo la qualità di Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione della società proprietaria complesso immobiliare oggetto della ristrutturazione, committente dei lavori, con specifica delega in materia di sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro e di direttore di cantiere ma, soprattutto, che lo stesso di fatto gestiva e sovrintendeva l'esecuzione delle opere edili e che inoltre, nel caso specifico, aveva disposto le demolizioni che avevano determinato il crollo del cornicione che aveva travolto la vittima dando altresì direttive in merito.
 
La Sez. IV ha posto in evidenza, altresì, che i giudici di appello avevano innanzitutto affermato la sussistenza del nesso di causalità tra la morte dell'operaio e la violazione di norme antinfortunistiche, inosservanze peraltro non contestate dal ricorrente, e che inoltre era emerso chiaramente da prove e testimonianza che il committente aveva avuto un effettivo potere di ingerenza nel processo lavorativo in corso nel cantiere. Nel porre, infine, in evidenza che era comunque emerso il mantenimento da parte dell'imputato dei poteri direttivi generali in ordine all'organizzazione del cantiere la Sez, IV ha così concluso affermando che “secondo l'insegnamento della suprema Corte in punto di responsabilità per ingerenza il committente risponde penalmente degli eventi dannosi comunque determinatisi, in ragione dell'attività di esecuzione svolta dal subappaltatore, quando si sia ingerito nell'esecuzione dell'opera mediante una condotta che abbia determinato o concorso a determinare l'inosservanza di norme di legge, regolamento o prudenziali, poste a tutela dell'altrui incolumità”.
 
 
 
 
 

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