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Emergenza amianto e ricerca

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi da amianto

14/10/2004

Il Cnr fa il punto sul recente Decreto Ministeriale che determina e disciplina le attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto.

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Ha fornito un fondamentale contributo al Decreto ministeriale n. 248 del 29 luglio 2004 (che disciplina le attività di recupero dei prodotti e beni contenenti amianto o fabbricati con questo materiale), l’attività di ricerca condotta dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) negli ultimi 10 anni.

Da ora in poi, infatti, per valutare la pericolosità dei materiali con amianto si ricorrerà proprio alla metodica basata sull’“Indice di rilascio”, ideata nel 1996 da Paolo Plescia dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Cnr.
Si tratta di un strumento di valutazione più moderno di quelli adottati dagli altri paesi.

“Il metodo, che è stato sviluppato su incarico del Ministero della Salute, consente di determinare in maniera oggettiva il rischio. Esso, infatti, si fonda sulla determinazione del cosiddetto “indice di rilascio”, ossia di un parametro che considera lo stato di aggregazione del materiale che contiene l’amianto e, conseguentemente, ne rileva la maggiore o minore facilità con cui viene rilasciato”, spiega Anna Marabini, rappresentante del Cnr presso la Commissione Nazionale Amianto, ex art. 4 Legge 257/92.

“Un materiale con amianto in buono stato”, prosegue Marabini, “può infatti non essere dannoso, mentre lo è sicuramente quello in cui è disaggregato e libero di disperdersi”.
Ma non si limita a questo il contributo del Cnr al Decreto. Nei 10 anni in cui si è occupato del problema della nocività di questo materiale cancerogeno, utilizzato in più di 3.000 prodotti (dalle condutture di acqua potabile alle coperture dei tetti, dalle pasticche dei freni ai tessuti), il team dei ricercatori dell’Ente ha studiato anche i possibili sistemi di recupero della sostanza.

“Attualmente, i rifiuti di amianto si ‘incapsulano’ per renderli meno pericolosi, impedendo loro di rilasciare fibre in aria. Questa soluzione però”, spiega Plescia, “non elimina il problema poiché il prodotto così ottenuto richiede comunque uno smaltimento in discarica. I processi da noi brevettati, invece, sono in grado di modificare completamente le fibre di amianto, sia dal punto di vista chimico che morfologico, trasformandole in sostanze inerti, non tossiche e riutilizzabili mediante procedimenti di tipo termico, chimico o meccanochimico”.
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