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La contaminazione microbiologica delle superfici nei luoghi di lavoro

La contaminazione microbiologica delle superfici nei luoghi di lavoro
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi da agenti biologici

12/05/2017

Una pubblicazione Inail affronta il tema della contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi. Gli obiettivi della pubblicazione e una panoramica sulle procedure e sulle tecniche di misura della contaminazione delle superfici.

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Roma, 12 Mag – Se gli adempimenti relativi alla gestione dei rischi di esposizione ad agenti biologici sono affrontati nei Titoli X (agenti biologici) e X-bis (ferite da taglio e da punta nel settore ospedaliero e sanitario) del d.lgs. 81/2008, più in generale “occorre ricordare anche l’obbligo di assicurare, nei luoghi di lavoro, condizioni igieniche adeguate (art. 64; Allegato IV, p.to 1.3)”. E il controllo ambientale dei livelli di contaminazione microbiologica permette di “conoscere le concentrazioni dei microrganismi presenti, escludere la presenza di eventuali patogeni e valutare l’efficacia delle misure adottate per il contenimento del rischio”.

In particolare l’attenzione deve essere rivolta al controllo dello stato igienico dei “due principali veicoli di contaminazione microbiologica, cioè l’aria e le superfici con cui i lavoratori sono in contatto nello svolgimento delle loro attività”.

 

A parlare in questi termini della contaminazione ambientale e a focalizzare l’attenzione, in questo caso, sulle superfici, è una recente pubblicazione - frutto di una collaborazione tra Contarp e Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale (Dimeila) dell’ Inail – dal titolo “La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”.

 

Il documento, arricchito anche da due contributi esterni, si colloca sulla scia di una serie di pubblicazioni in tema di rischio biologico, edite da Inail e ha l’obiettivo di individuare criteri ed elaborare strumenti operativi utili alla “valutazione del rischio di esposizione ad agenti biologici negli ambienti di lavoro, includendo in essa lo svolgimento di indagini sul campo e di laboratorio e i requisiti prestazionali del personale tecnico adibito alle analisi microbiologiche”.

 

Nelle premesse il documento ricorda che l’aria e le superfici di attrezzature, piani, apparecchiature e indumenti di lavoro, così come delle mani dei lavoratori “possono rappresentare importanti veicoli di contaminazione microbiologica e potenziali fonti di trasmissione di agenti infettivi”. E riguardo all’analisi dei rischi l’indisponibilità, per i biocontaminanti, di “valori limite ufficiali che definiscano la soglia di rischio o di salubrità ambientale rende difficoltosa la valutazione dei risultati delle misure quantitative. Tuttavia, nel caso di attività con esposizione potenziale o accidentale ad agenti biologici, conoscere i livelli e la tipologia di contaminanti presenti e la loro variazione temporale e spaziale consente di rilevare la presenza di eventuali fonti di contaminazione o di amplificazione microbica, intervenendo tempestivamente con adeguate misure di prevenzione o di contenimento”.

 

In particolare si specifica poi che la contaminazione microbiologica delle superfici “può avvenire per contatto con altre superfici contaminate (oggetti, utensili, mani del lavoratore ecc.) e per sedimentazione”. Ed è importante ricordare la “correlazione esistente tra aerodispersione e sedimentazione gravitazionale dei biocontaminanti e i fattori in grado di influire su di essa (dimensioni e densità delle particelle sospese nell’aria, livelli di umidità, ventilazione ambientale ecc.)”: “maggiore è la contaminazione dell’aria, maggiore sarà il numero dei microrganismi che sedimentano per gravità”. E in questo senso il monitoraggio microbiologico delle superfici “viene, pertanto, condotto anche per determinare il fall out microbico su aree o punti critici ai fini dell’esposizione”.

 

Ma “come evincere informazioni utili alla conoscenza del fenomeno, nel caso in cui misure ripetute sulla stessa superficie diano risultati altamente disomogenei tra di loro? Quale è lo stato dell’arte in tema di monitoraggio microbiologico delle superfici? È possibile evincere dai dati di letteratura e dai documenti tecnici reperibili sull’argomento indicazioni operative, indici e/o criteri per la valutazione dello stato igienico, applicabili trasversalmente nei diversi contesti di lavoro”? 

Il volume dell’Inail, con l’intento di rispondere a tali quesiti, raccoglie proprio lo stato dell’arte sulla tematica “contaminazione microbiologica su superfici di ambienti di lavoro”.

 

In particolare il Capitolo 4, attraverso l’analisi di documenti tecnici e pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali, presenta una “panoramica sulle procedure e sulle tecniche di misura della contaminazione delle superfici”.

 

Infatti i risultati ottenuti nel monitoraggio microbiologico delle superfici “dipendono dalla selezione di una o più tecniche appropriate in funzione delle caratteristiche dell’ambiente, delle superfici da esaminare, degli obiettivi del monitoraggio”. E ad oggi “non è stato individuato un metodo ottimale, ufficialmente riconosciuto per monitorare i livelli di igiene delle superfici o rilevare la presenza di uno specifico microrganismo patogeno in campo occupazionale”.

 

Nel capitolo sono analizzate le principali tecniche utilizzabili. Ne riportiamo alcune brevi indicazioni:

- piastre sterili a contatto (RODAC - Replicate Organism Direct Agar Contact): “l’utilizzo delle piastre RODAC è molto diffuso, sia come tecnica a se stante che in associazione ad altre, anche per la facilità di utilizzo. Una limitazione di questo metodo è data dall’impossibilità di raggiungere alcuni punti critici quali angoli e curvature, per cui tale metodo può essere utilizzato solo su superfici lisce. Altro limite è riscontrabile in caso di carica batterica molto elevata, in quanto vi è il rischio di sottostimare la conta batterica a causa dell’aggregazione delle colonie batteriche sulla superficie e della loro confluenza”;

- tamponi sterili: “permettono di effettuare il campionamento microbiologico anche su superfici difficili da raggiungere”. Questa metodologia “viene preferita per campionare su superfici lisce non porose di ambienti sia indoor che outdoor (ad esempio, superfici in acciaio, pareti, piastrelle, laminati di legno, ecc.)”. L’uso di tamponi “permette di ottenere informazioni sia di tipo qualitativo che quantitativo”. Nel documento viene fatta una comparazione tra tamponi e piastre a contatto;

- ATP bioluminescenza: “l’utilizzo dell’ATP bioluminescenza prevede, per il campionamento, lo strofinamento di un tampone sulle superfici da analizzare”. La reazione di bioluminescenza “si attiva con livelli di ATP estremamente bassi e la quantità di luce emessa è direttamente proporzionale alla quantità di ATP presente nel campione ed è espressa come numero di Unità di Luce Relativa (RLU). L’analisi di bioluminescenza non permette di discriminare né il tipo né la specie di contaminante, ma di fatto può rapidamente fornire un’indicazione dei livelli di contaminazione”. Nel documento viene fatto un confronto tra ATP bioluminescenza e tecniche di microbiologia classica;

- metodo sponge-bag: la spugna “può essere impiegata sia per analisi quantitative che qualitative”. La spugna “va strisciata, esercitando una pressione sulla superficie in esame, sia in senso orizzontale che verticale e, al termine del campionamento, ricollocata nel sacchetto originario, in cui viene aggiunto un volume noto di soluzione conservante. I campioni devono essere analizzati nel più breve tempo possibile, non oltre le 24 ore dal prelievo. La metodica sponge-bag è molto utilizzata nel settore alimentare per la valutazione dello stato igienico delle superfici”. Nel documento viene fatto un confronto tra sponge-bag e tampone.

 

Rimandando alla lettura integrale del documento, che riporta anche utili tabelle e prospetti riepilogativi delle tecniche più comunemente utilizzate nei vari settori lavorativi, concludiamo riportando alcune considerazioni finali.

 

Si indica che nell’ambito dei metodi microbiologici classici “la tecnica delle piastre a contatto risulta la più semplice e facilmente standardizzabile mediante l’utilizzo di applicatori opportuni, anche se non priva di limitazioni, prima tra tutte i lunghi tempi di attesa tra campionamento e risultati dell’analisi. In presenza di superfici irregolari è opportuno integrarne l’impiego con l’uso di tamponi; in caso di necessità di risultati immediati - per la gestione rapida di eventuali deviazioni dalle condizioni operative standard - o per finalità di HACCP è possibile utilizzare l’ATP bioluminescenza, previa successiva conferma del risultato attraverso indagini che si avvalgano di metodologie proprie della microbiologia classica”. E in definitiva, la letteratura “dimostra ancora scarsa uniformità di utilizzo delle varie metodiche disponibili nei diversi contesti lavorativi, probabilmente indice della difficoltà di impiego di una stessa metodica in tutti i contesti di interesse”.

 

L’indice del documento:

 

1. Premessa

 

2. La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi

- Ambienti “sanitari”

- Ambienti “non sanitari”

 

3. Aspetti normativi

- La normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro

- Normazione tecnica e linee di indirizzo

 

4. Panoramica sulle principali tecniche di campionamento ed analisi

 

5. Virus e ambienti di lavoro

 

6. Valori di riferimento relativi alla contaminazione microbica delle superfici

 

7. La sanificazione e disinfezione delle superfici

- I disinfettanti

- Disinfezione in campo alimentare

- Disinfezione in ambiente sanitario

- Classificazione degli strumenti in ambito sanitario ai fini della disinfezione

 

8. Il controllo della contaminazione microbiologica su superfici di ambienti di lavoro nell’esperienza del laboratorio di prevenzione dell’ATS della Brianza

 

9. Conclusioni

 

10. Allegati

a) Vie di trasmissione degli agenti infettivi

b) Attività dei disinfettanti

c) Disinfettanti per superfici ambientali semicritiche (a) o scarsamente critiche (b)

d) Classificazione CLP dei principi attivi dei disinfettanti

 

11. Glossario

 

12. Bibliografia

 

 

Inail – Contarp - Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale, “ La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”, documento a cura di Raffaella Giovinazzo (Contarp centrale), autori: Simona Barca, Luigi Caradonna, Genoveffa Giaquinta, Raffaella Giovinazzo, Elena Guerrera, Marina Mameli, Gabriella Marena, Teresa Mastromartino e Daniela Sarto (Contarp), Antonella Mansi e Paola Tomao (Dimeila), con la collaborazione di Annalaura Carducci e Marco Verani (Laboratorio di Igiene e Virologia Ambientale dell’Università di Pisa) e Anna Molinari e Eleonora Masala (Laboratorio di Prevenzione dell’Agenzia della Tutela della Salute della Brianza), edizione 2017 (formato PDF, 1.34 MB).

 

 

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