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Rischio biologico: come determinare le spore fungine in atmosfera

Rischio biologico: come determinare le spore fungine in atmosfera
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi da agenti biologici

07/02/2017

Una nuova pubblicazione Inail si sofferma sulla procedura sperimentale per la determinazione di spore fungine in atmosfera. Viene proposto un metodo che può correlare l’insorgenza delle malattie respiratorie con la salubrità dell’ambiente lavorativo.


Roma, 7 Feb – I nostri articoli hanno rilevato come uno dei rischi spesso non conosciuti o sottovalutati nei luoghi di lavoro sia il rischio biologico dove agente biologico, come indicato dal D. Lgs. 81/2008, può essere ‘qualsiasi microorganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni’.

E parte dell’esposizione umana ad agenti biologici è dovuta al ai microorganismi trasportati dall’aria che costituiscono una porzione del bioaerosol, quel “complesso di particelle solide sospese nell'aria provenienti da organismi biologici, compresi i microrganismi (virus, batteri e funghi e loro spore) e i frammenti di materiali biologici, come i residui vegetali, i pollini e i peli di animali”.

Se il bioaerosol, un sottoinsieme del materiale particolato atmosferico (PM), è associato ad una vasta gamma di effetti avversi sulla salute umana, in particolare si segnala che le spore fungine “possono rappresentare grandi porzioni del materiale particolato dell'aria”: “l'esposizione a lungo termine a spore fungine, che rappresentano la struttura fondamentale della riproduzione e della diffusione dei funghi, è correlata a sintomi respiratori ed a sintomi da sindrome tossica da polvere organica”.


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A presentare in questi termini il rischio biologico correlato al bioaerosol e in particolare alle spore fungine è un documento elaborato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) dell’Inail che si sofferma sull’analisi di ergosterolo nel bioaerosol come indicatore della presenza di spore fungine in atmosfera.

 

In “Procedura sperimentale per la determinazione di spore fungine in atmosfera” - documento a cura di Patrizia Di Filippo, Carmela Riccardi, Donatella Pomata, con la collaborazione di Francesca Buiarelli (Università Sapienza di Roma) – si segnala che luoghi di lavoro con atmosfere potenzialmente inquinate da bioaerosol possono essere, ad esempio, i “laboratori di ricerca biotecnologica, le aziende farmaceutiche, le aziende agro-alimentari e quelle di allevamento del bestiame, o quelle che lavorano nel campo del trattamento dei rifiuti, ma anche tutti i luoghi di lavoro o di vita che possono subire contaminazioni indirette”.

 

E si ricorda che varie norme tecniche – ad esempio le norme UNI EN ISO 14698-1:2004, UNI EN ISO 14698-2:2004, UNI 11108:2004, UNI EN 13098:2002, UNI CEN/TS 16115-1:2011, UNI EN 14031:2005 - riportano sia i principi generali che i metodi per il controllo della biocontaminazione e la valutazione e interpretazione dei dati. Tuttavia questi metodi presentano spesso errori e tempi lunghi di analisi. Al contrario, l’utilizzo di indicatori della presenza generica di microorganismi ridurrebbe i costi e velocizzerebbe l’informazione, vantaggi che sarebbero superiori allo svantaggio di non individuare tra le specie presenti quelle vitali e/o particolarmente dannose”.

E dunque l’obiettivo del lavoro è quello di proporre “l’analisi di ergosterolo nel bioaerosol come indicatore della presenza di spore fungine in atmosfera”.

 

Riguardo ai funghi e alle spore fungine nel documento si segnala che il fungo “può essere un patogeno che causa infezioni, un aeroallergene, o entrambe le cose insieme”. E se per causare infezioni, “il fungo deve poter crescere a temperatura corporea, proprietà questa comune ad un ristretto numero di specie fungine”, gli allergeni fungali “includono spore da patogeni delle piante come Cladosporium e Alternaria”. E quindi i “microrganismi vitali (anche definiti viable), compresi i funghi, possono causare malattie nell’organismo ospite, in dipendenza dal potenziale patogeno, dal numero di microorganismi presenti nell’organismo ospite, dall’integrità di difesa dell’ospite. Ma “mentre le infezioni possono essere causate solo da cellule fungine vitali, la componente fungina non ha bisogno di essere viable per suscitare una reazione allergica”.

 

Si sottolinea poi che tra i luoghi di lavoro a rischio, a causa della presenza di funghi, “ci sono le industrie della trasformazione del legno, di trasformazione e stoccaggio di prodotti vegetali, le aziende agricole e di stoccaggio dei cereali, le industrie farmaceutiche, i laboratori di biotecnologie e di produzione di alcolici, l’industria alimentare per la lavorazione di insaccati, formaggi, funghi, pesce, i forni per il pane, le biblioteche e i luoghi di restauro dei libri, gli allevamenti di bestiame e in genere qualsiasi luogo di lavoro con scarso ricambio d’aria, buio ed umido, o provvisto di sistemi di climatizzazione scarsamente manotenuti, come indicato anche nel documento Inail “Allergia al lavoro. I principali allergeni presenti nei luoghi di lavoro”.

 

Rimandando ad altri articoli di approfondimento il tema delle conseguenze e dell’esposizione a bioaerosol nei luoghi di lavoro, continuiamo l’articolo segnalando che il Dit dell’Inail ha “studiato la componente fungina del bioaerosol, attraverso l’uso dell’ergosterolo, come biomarcatore”, dove per biomarcatore si intende un “composto chimico più facilmente analizzabile e che sia un indice della presenza di strutture biologiche complesse più grandi e bioattive, pertanto non facilmente determinabili”. E l’ergosterolo è un “lipide presente principalmente nella membrana plasmatica dove contribuisce ad una varietà di funzioni cellulari, compresa la fluidità, la permeabilità, e l'integrità della membrana; inoltre controlla l'attività di alcuni enzimi legati alla membrana stessa”.

 

Nel documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, gli autori indicano che i metodi più comunemente utilizzati per la determinazione delle spore fungine nel bioaerosol “prevedono la conta dei microorganismi utilizzando il microscopio, metodo che presenta errori dovuti alla scarsa accuratezza del conteggio stesso e all’incertezza dell’identificazione delle entità microbiche. Inoltre, tali tecniche comportano lunghi tempi di analisi. Di conseguenza, sono scarse le informazioni disponibili sulla concentrazione microbica nei diversi ambiti lavorativi. A causa di ciò, e anche della variabilità della risposta individuale all’esposizione microbica, non sono stati ancora definiti limiti di esposizione occupazionali”.

 

Si segnala che “attualmente, sono disponibili soltanto proposte orientative, definite da un gruppo di lavoro coordinato dall’Unione Europea, che indicano la qualità dell’aria in funzione della carica microbica (CFU m-3). Tale indicazione è limitata solo ai microorganismi viable, causa di infezioni”.

 

In definitiva, conclude il documento, “il metodo proposto dal Dit dell’Inail, basato sullo studio della concentrazione di ergosterolo, se utilizzato in maniera continua in ambiti lavorativi, darebbe indicazioni sull’andamento e sulle variazioni della concentrazione di spore fungine aerodisperse sia viable che non-viable. Tali studi, condotti in parallelo con analisi epidemiologiche, potrebbero correlare l’insorgenza delle malattie respiratorie con la salubrità dell’ambiente lavorativo e fornire informazioni riguardo alle misure da adottare a tutela della salute dei lavoratori”.

 

Riportiamo, in conclusione, l’indice del documento Inail:

 

Premessa

 

1. Il bioaerosol e gli ambienti di lavoro

1.1. Funghi e spore fungine

 

2. Ricerca della componente fungina del bioaerosol

2.1. Metodo analitico per la determinazione della componente fungina aerodispersa

2.1.1. Estrazione

2.1.2. Purificazione

2.1.3. Derivatizzazione

2.1.4. Analisi in Gas Cromatografia associata a Spettrometria di Massa

2.2. Analisi quantitativa

2.2.1. Rette di calibrazione in soluzione e qualità del dato

2.2.2. Rette di calibrazione in matrice e qualità del dato

2.3. Fattori di conversione per convertire il biomarker in massa fungina

2.4. Quantità di spore fungine trovate in un’atmosfera suburbana/rurale

2.4.1. Campionamento

2.4.2. Analisi

 

3. Conclusioni

 

Bibliografia

RIFERIMENTI LEGISLATIVI

 

 

 

Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’Inail, “Procedura sperimentale per la determinazione di spore fungine in atmosfera”, a cura di Patrizia Di Filippo, Carmela Riccardi, Donatella Pomata, con la collaborazione di Francesca Buiarelli (Università Sapienza di Roma), versione 2016, pubblicazione gennaio 2017 (formato PDF, 133 kB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Procedure per la determinazione di spore fungine in atmosfera”.

 

 

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