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Contaminazione microbiologica: ci sono valori di riferimento?

Contaminazione microbiologica: ci sono valori di riferimento?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi da agenti biologici

08/01/2018

Una pubblicazione Inail affronta il tema della contaminazione microbiologica delle superfici. Focus sui valori di riferimento relativi alla contaminazione nel settore sanitario-farmaceutico e nel settore alimentare.

Roma, 8 Gen – Attraverso il contenuto del documento “ La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”, realizzato da Contarp e dal Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale dell’ Inail, il nostro giornale si è soffermato in precedenti articoli sul tema del controllo microbiologico delle superfici negli ambienti di lavoro partendo dalla considerazione che la valutazione del rischio di esposizione dei lavoratori ad agenti biologici costituisce un preciso adempimento di legge per il datore di lavoro. E abbiamo ricordato come, da questo punto di vista, il monitoraggio della contaminazione microbiologica aerodispersa e/o depositata sulle superfici rappresenti un percorso obbligato per controllare lo stato igienico e verificare la salubrità ambientale nei luoghi di lavoro.

 

Ci sono dati di letteratura e documenti tecnici con indicazioni operative, indici e/o criteri per la valutazione dello stato igienico, applicabili trasversalmente nei diversi contesti di lavoro? Ed esistono livelli di concentrazione cui eventualmente riferirsi per la valutazione dei risultati delle misure?

 

Valori di riferimento relativi alla contaminazione microbica delle superfici

Per rispondere a queste domande, torniamo a sfogliare il documento Inail in relazione alla presenza di eventuali valori di riferimento relativi alla contaminazione microbica delle superfici

 

Il documento premette, innanzitutto, che “non esistono standard o riferimenti normativi, né sono stati reperiti lavori in cui siano proposti valori indicativi o ‘indici’ di riferimento come per la contaminazione aerodispersa”. E la maggior parte dei lavori reperiti in letteratura, inoltre, “riporta valori finalizzati a valutare l’efficacia delle azioni di sanificazione condotte. Altri, infine, pur riferendosi ai protocolli di pulizia adottati, indicano termini di accettabilità delle condizioni esistenti”.

 

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Il rischio biologico
Formazione sui rischi specifici dei lavoratori che operano con agenti biologici del Gruppo 3 (Art. 37 D.Lgs. 81/08)

 

Il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta diverse tabelle, suddivise per settore lavorativo, in cui sono indicate le metodiche utilizzate per l’analisi microbiologica delle superfici, i valori di riferimento proposti da vari autori e l’eventuale riferimento a specifici indicatori di contaminazione.

 

Riguardo in particolare ai dati di letteratura presentati in tabella, con riferimento specifico al settore sanitario-farmaceutico, si indica che la presenza di una carica batterica < 2,5 UFC/cm2 (conta microbica in relazione alle unità formanti colonie) su “superfici ospedaliere, quali letti, sedie, tavoli, arredi vari e l’assenza di S. aureus (considerato come organismo indice della contaminazione da patogeni), sono stati ritenuti da alcuni autori parametri utili ai fini della valutazione del rischio di infezione (Amodio et al., 2014)”. Sono riportati, inoltre, altri valori di conta microbica totale indicati come standard microbiologico per le superfici sottoposte a frequenti contatti negli ospedali.

 

Si segnala poi che se sono stati considerati valori di riferimento di contaminazione elaborati per gli ambienti sanitari in genere, in realtà i locali ospedalieri “sono caratterizzati da diversi livelli di rischio di infezione a seconda del tipo di attività che vi si svolge, della presenza e della tipologia dei pazienti (dall’ingresso alle sale operatorie)”.

E a questo proposito alcune linee guida francesi distinguono l’ambito ospedaliero in “zone” e “i limiti di accettabilità della contaminazione post sanificazione variano a seconda delle zone stesse” con riferimento anche alla presenza di pazienti più o meno deperiti/defedati:

  • Zona 0: “assenza di rischio (le parti esterne);
  • Zona 1: assenza di rischio (reparto amministrativo e logistico);
  • Zona 2: a basso rischio (reparto di pazienti non defedati);
  • Zona 3: rischio significativo (reparto di pazienti defedati);
  • Zona 4: rischio elevato (reparto di pazienti molto defedati);
  • Zona 5: rischio molto elevato (reparto di pazienti altamente defedati)”.

E nelle linee guida si indica che se la frequenza dei controlli microbiologici “per le zone 2 e 3 è considerata facoltativa”, per la zona 4 “deve essere stabilita una periodicità e per la zona 5 il controllo è sistematico (circa due volte l’anno)”. E non vengono dati “valori di riferimento per organismi indicatori, ma si riporta che la presenza di alcuni organismi, come Staphylococcus spp., Aspergillus spp., Acitenobacter spp., Enterobacteriace, Pseudomonas spp., altri batteri Gram-negativi e lieviti, indica la necessità di effettuare ulteriori indagini (Assistence Publique Hospital de Paris - 2004)”.

 

Il documento si sofferma poi su altre ricerche, sempre relative al settore ospedaliero, che riportano valori di riferimento specifici per tipologia di ambiente, ad esempio con riferimento a:

  • ambulatori chirurgici Inail; 
  • autoambulanza; 
  • studi dentistici; 
  • clean room e ambienti controllati nel settore farmaceutico.

 

Il documento si sofferma, infine, sulle superfici nel settore alimentare che “possono costituire un substrato di crescita per la flora microbica, essendo una riserva di potenziali elementi nutritivi derivati dai residui alimentari. Tale flora microbica può essere disseminata per mezzo dell’aria e dell’acqua, per veicolazione da parte del personale di produzione e/o per contatto diretto con il prodotto. Per queste ragioni deve essere verificata l’efficacia della pulizia e della disinfezione, attraverso tecniche microbiologiche validate, che impiegano piastre a contatto o tamponi (Dossier Igiene della Biolife Italiana, 2009)”.

 

Alcuni autori ritengono che, “rispetto alle 50 UFC/piastra suggerite come limite per gli ospedali (APHA, 1970), per le superfici adibite alla preparazione del cibo sia accettabile una conta < 150 UFC/piastra. Altri autori, per le superfici destinate alla preparazione dei cibi, ritengono accettabili livelli di sanificazione che mantengano la carica batterica mesofila al di sotto di 10 UFC/cm2, con una presenza di coliformi totali ≤ 1 UFC/cm2 e l’assenza di Salmonella (legge 30/04/62 n. 283) e di Listeria monocytogenes (regolamento CE n. 2073/2005).

 

Sempre in Francia nella “Guide du bionettoyage, Commission Centrale des Marchés” (1990) gli ambienti in cui sono trattati gli alimenti cucinati “sono classificati in ‘zone’, analogamente a quanto operato per il settore ospedaliero e farmaceutico, a ognuna delle quali sono attribuiti limiti di concentrazione diversi, compresi tra 0,2 e 5 UFC/cm2”.

 

In relazione ai dati presenti nelle tabelle del documento, appare chiaro – indicano in conclusione gli autori - che se “non esiste omogeneità nell’interpretazione dei risultati analitici sia tra i diversi settori lavorativi che all’interno dello stesso settore”, si osservano tuttavia alcune “indicazioni ricorrenti”.

Ad esempio diverse norme tecniche “propongono l’individuazione di differenti ‘zone’ all’interno di una stessa tipologia di ambiente di lavoro, caratterizzate da livelli diversi di rischio biologico e/o di possibilità di contaminazione, anche in funzione della diversa suscettibilità delle persone ivi presenti (vedi ambiti ospedalieri)”. E questo tipo di approccio “potrebbe essere utile per altri ambienti di lavoro e l’individuazione delle zone effettuata:

a) per ambienti normati, in base alla norma (ambienti sanitari, farmaceutici, clean room);

b) per ambienti non normati, in base agli esiti della valutazione del rischio biologico, avvalendosi eventualmente delle indicazioni contenute nelle norme tecniche di altri settori lavorativi.

 

Concludiamo l’articolo segnalando che nel documento viene presentato un ulteriore approfondimento sui dati relativi a:

  • contaminazione batterica;
  • contaminazione fungina.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail – Contarp - Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale, “ La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”, documento a cura di Raffaella Giovinazzo (Contarp centrale), autori: Simona Barca, Luigi Caradonna, Genoveffa Giaquinta, Raffaella Giovinazzo, Elena Guerrera, Marina Mameli, Gabriella Marena, Teresa Mastromartino e Daniela Sarto (Contarp), Antonella Mansi e Paola Tomao (Dimeila), con la collaborazione di Annalaura Carducci e Marco Verani (Laboratorio di Igiene e Virologia Ambientale dell’Università di Pisa) e Anna Molinari e Eleonora Masala (Laboratorio di Prevenzione dell’Agenzia della Tutela della Salute della Brianza), edizione 2017 (formato PDF, 1.34 MB).

 

 

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